Osservatorio sulla Cassazione – Aprile 2022

La Redazione
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06 Maggio 2022

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di Aprile.

Intermediari: responsabili anche i consiglieri non esecutivi per carenze informative in prodotti di investimento

Cass. Civ. – Sez. II – 28 aprile 2022, n. 13345, sent.

In tema di responsabilità dei consiglieri non esecutivi di società autorizzate alla prestazione di servizi di investimento, è richiesto a tutti gli amministratori, che vengono nominati in ragione della loro specifica competenza anche nell'interesse dei risparmiatori, di svolgere i compiti loro affidati dalla legge con particolare diligenza e, quindi, anche in presenza di eventuali organi delegati, sussiste il dovere dei singoli consiglieri di valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e contabile, nonché il generale andamento della gestione della società, e l'obbligo, in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di irregolarità commesse nella prestazione dei servizi di investimento, di assumere ogni opportuna iniziativa per assicurare che la società si uniformi ad un comportamento diligente, corretto e trasparente, non potendo a tal fine assumersi come causa esimente l'assenza di segnalazioni da parte degli amministratori delegati o delle altre strutture di controllo interno.

L'amministratore si paga i compensi senza autorizzazione assembleare: è bancarotta

Cass. Pen. – Sez. V – 27 aprile 2022, n. 16183, sent.

Gli esborsi a titolo di pagamento di competenze, in assenza di delibera assembleare che stabilisca la misura degli stessi, integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione laddove la loro congruità non sia fondata su dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata ed oggettiva valutazione e di ritenere quindi congrua la somma versata, e non frutto di mero arbitrio dell'amministratore.

Danno da perdita di capitali conferiti in società fiduciaria e responsabilità solidale

Cass. Civ. – Sez. Unite – 27 aprile 2022, n. 13143, sent.

In caso di capitali conferiti a società fiduciarie di cui alla L. n. 1966 del 1939, lo strumento giuridico utilizzato per l'adempimento è quello del mandato fiduciario senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione dei capitali medesimi, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti; conseguentemente la società fiduciaria che abbia mal gestito il capitale conferito, e che non sia quindi in grado di riversarlo ai mandanti perché divenuta insolvente, risponde sempre ed essenzialmente del danno correlato all'inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario, e la relativa obbligazione, quand'anche azionata mediante l'insinuazione concorsuale, e quand'anche parametrata all'ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un'obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato, la quale concorre, ai sensi dell'art. 2055 c.c., con quella eventuale dell'organo (il Mise) chiamato a esercitare l'attività di vigilanza.

Nel caso di società fiduciaria posta in l.c.a., l'ammissione allo stato passivo determina, sia per i creditori ammessi direttamente a seguito della comunicazione inviata dal commissario liquidatore ai sensi della L. Fall., art. 207, comma 1, sia per i creditori ammessi a domanda ai sensi dell'art. 208 stessa Legge, l'interruzione della prescrizione con effetto permanente per tutta la durata della procedura, a far data dal deposito dell'elenco dei creditori ammessi, ove si tratti di ammissione d'ufficio, o a far data dalla domanda rivolta al commissario liquidatore per l'inclusione del credito al passivo, nel caso previsto dalla L. Fall., art. 208; tale effetto, ai sensi dell'art. 1310, comma 1, c.c., si estende anche al Mise, ove coobbligato solidale per il risarcimento del danno da perdita dei capitali fiduciariamente conferiti nella società soggetta a vigilanza divenuta insolvente.

L'amministratore della capogruppo non è automaticamente anche amministratore di fatto di una controllata

Cass. Pen. – Sez. V – 21 aprile 2022, n. 15638, sent.

Non può ritenersi che la titolarità da parte dell'agente della carica di amministratore della società capogruppo (ovvero la sua identificazione con la holding) implichi di per sé l'assunzione della qualifica di amministratore di fatto delle società controllate, a meno che l'esercizio dei poteri di direzione e coordinamento del gruppo non si traduca specificamente in atti gestione di fasi o settori delle controllate, limitandone dell'autonomia e riducendo gli amministratori di diritto a meri esecutori materiali delle direttive impartite

Bancarotta fraudolenta documentale: è sufficiente il dolo generico

Cass. Pen. – Sez. V – 20 aprile 2022, n. 15268, sent.

In tema di reati fallimentari, con riferimento al reato di bancarotta fraudolenta documentale, è sufficiente a integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell'amministratore formale, la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell'amministratore di fatto.

Ancora sul dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi di società bancarie

Cass. Civ. – Sez. II – 19 aprile 2022, n. 12436, sent.

Il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie, sancito dall'art. 2381 c.c., commi 3 e 6 e art. 2392 c.c., non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario ed, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega.

Trattamento fiscale della rinuncia del socio-amministratore al TFM

Cass. Civ. – Sez. VI -14 aprile 2022 n. 12222, ord.

La rinuncia da parte del socio-amministratore al trattamento di fine mandato costituisce dal punto di vista giuridico un incasso, come tale suscettibile di essere tassato, in quanto per un verso presuppone la possibilità di disporre di una somma di denaro, costituisce espressione della volontà di patrimonializzare la società e pertanto presuppone il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, "utilizzato" e per un altro verso arricchisce un soggetto giuridico - la società - che appartiene al rinunciante in quanto socio della stessa, il quale altrimenti si gioverebbe, attraverso lo schermo della personalità giuridica.

Dalla cancellazione di una società non derivano effetti automatici di rinuncia dei crediti

Cass. Civ. – Sez. VI – 13 aprile 2022, n. 12064, ord.

L'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l'estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare

Cessione di ramo d'azienda, principio di inerenza del debito e responsabilità solidale

Cass. Civ. – Sez. Trib. - 11 aprile 2022 n. 11678, sent.

In tema di responsabilità del cessionario del ramo di azienda per i debiti del cedente, il principio della inerenza del debito, desumibile dall'art. 2560 c.c., è applicabile anche ai debiti tributari, a condizione che il contribuente provi che è stato ceduto un ramo di azienda, inteso come entità economica organizzata in maniera stabile rispetto alla azienda principale, dotata di una sua autonomia funzionale. Il contribuente è tenuto altresì a provare, tramite esibizione dei libri contabili nonché del certificato previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 3, che il debito tributario del quale viene preteso il pagamento inerisce non già al ramo di azienda ceduto, ma è riconducibile ad altro ramo aziendale, rimasto di proprietà del cedente ovvero ceduto a terzi.

Società costituita in Italia e poi ricostituita in un altro Stato membro: rinvio alla CGUE per la legge applicabile

Cass. Civ. – Sez. II – 11 aprile 2022, n. 11600, ord. interlocutoria

La Corte di Cassazione rimette alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione relativa all'assoggettamento di una società che abbia mantenuto il centro della propria attività nello Stato d'origine al diritto dello stato di destinazione non solo per quanto concerne la sua costituzione, ma anche in relazione alla sua gestione, chiedendo, in particolare, se gli artt. 49 e 54 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società (s.r.l.), applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al funzionamento e alla gestione della società qualora la società, trasferita la sede e ricostituita la società secondo il diritto dello Stato membro di destinazione, mantenga il centro della sua attività nello Stato membro di partenza e l'atto di gestione in questione incida in modo determinante sull'attività della società.

Per escludere la natura distrattiva serve la prova stringente del vantaggio compensativo infragruppo

Cass. Pen. – Sez. V – 1 aprile 2022, n. 12198, sent.

Per escludere la natura distrattiva di un'operazione tra società appartenenti ad un gruppo, non è sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l'interessato fornire l'ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene. Deve essere allegata dall'imputato, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell'operazione, l'esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall'atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresì produttivo per la fallita di benefici, sia pure indiretti, i quali si rivelino concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione stessa che derivino anche in favore della fallita.