Responsabilità da umidità di risalita dal vespaio
05 Maggio 2022
Una condomina proprietaria di una unità abitativa a piano terra ha convenuto in giudizio il condominio lamentando umidità di risalita dal cosiddetto vespaio. A seguito di CTU era emerso che la causa dell'umidità era da individuarsi nel fatto che, in fase di realizzazione, il pavimento dell'appartamento della condomina era stato appoggiato direttamente su del materiale di riporto presente nel vespaio, senza prevedere drenaggio o areazione alla pavimentazione superiore. Dunque si chiede la valutazione dell'effettiva responsabilità tra proprietario e condominio.
In termini prettamente tecnici, nel campo delle costruzioni edilizie, il vespaio altro non è che un sistema di isolamento del terreno (o dello scantinato) di un edificio dall'umidità del suolo. Scopo principale è quindi quello di salvaguardare la struttura da possibili infiltrazioni di acqua e dall'eventuale umidità di risalita. Premesso ciò, si osserva che in giurisprudenza sussistono orientamenti diversi in merito alla proprietà del vespaio. Invero, secondo un primo orientamento, il “vespaio” rientra nella nozione di suolo comune, poiché si tratta di un manufatto, il quale, realizzando una intercapedine di isolamento tra il piano terra e il piano di posa delle fondazioni, svolge una funzione di conservazione delle strutture portanti dell'intero edificio e, solo in via complementare, da utilità anche al pavimento del piano terra, preservandolo dal danno da umidità proveniente dal suolo comune (Trib. Palermo 14 febbraio 2001); l'intercapedine tra il piano di posa delle fondamenta di un edificio condominiale e la prima soletta del piano interrato è di proprietà comune, a meno che non risulti diversamente dai titoli d'acquisto (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23304). Tuttavia, però, esiste altro orientamento (opposto) che non include i vespai tra i "beni comuni" previsti dall'articolo 1117 c.c., considerandoli manufatti distinti dalle fondazioni e al servizio esclusivo dell'unità immobiliare al pian terreno, con la conseguenza che le spese per la loro manutenzione erano ritenute a carico del condomino proprietario di quel piano, unico fruitore di un bene esclusivo (Cass. civ., sez. II, 07 giugno 1993 n. 6357; App. Roma, 2 settembre 2008, n. 3354; Trib. Como 20 ottobre 2004, n. 1332). Più di recente, sono ritornati sull'applicabilità del primo orientamento. Invero, i giudici di legittimità hanno contestato il ragionamento della Corte territoriale che aveva ritenuto il vespaio sottostante alla superficie dell'unità immobiliare al piano terreno come bene di proprietà esclusiva del proprietario del piano terreno; quindi la Corte di merito escludeva che i danni lamentati dal proprietario di tale unità immobiliare causati dal cattivo stato del vespaio dovessero essere sopportati per l'intero dal condominio. Si legge in questo provvedimento “Cosi' decidendo in punto di diritto, la Corte territoriale si è discostata dal principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass., civ., sez. II, 17 marzo 1999, n. 2395; Cass., civ., sez. II,15 febbraio 2008, n. 3854; Cass., civ., sez. II, 14 febbraio 2012, n. 2157; Cass., civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23304), secondo cui l'intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni, costituente il suolo dell'edificio, e la superficie del piano terra, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, appartiene, come parte comune, a tutti i condomini, in quanto destinata all'aerazione e alla coibentazione del fabbricato(in tal senso Cass. civ. sez. II, 24 luglio 2017, n. 18216). Dal punto di vista tecnico, inoltre, si richiama la vicenda del Tribunale di Palermo del 14 febbraio 2001: dalle relazioni di consulenza tecnica era emerso che le infiltrazioni d'umidità lamentate dal ricorrente provenivano dal sottosuolo condominiale ed avevano aggredito nel tempo anche le pilastrature, apparse lesionate per ossidazione delle armature metalliche, espandendosi progressivamente anche ai muri perimetrali di tompagno ed al piano di calpestio di pianterreno, poggiati tutti su materiali di riporto. Secondo il giudice siciliano, così individuata l'origine dell'umidità nella proprietà condominiale, era alquanto ovvio che la spesa per ridurre in pristino l'appartamento del ricorrente doveva gravare interamente sul condominio convenuto che, non solo ha l'onere di eseguire le opere di conservazione dei beni comuni, ma ha anche l'obbligo di impedire che da tali beni derivino danni a terzi, ed in specie alla proprietà individuale del singolo condomino. Non solo! Il giudice contesta il richiamo alla pronuncia Cass. n. 6357/1993 che considera il vespaio d'isolamento come un'opera di proprietà individuale che reca utilità esclusiva al pavimento di piano terra (si richiama l'orientamento a favore della condominialità del vespaio). In conclusione, nonostante l'orientamento (minoritario), la giurisprudenza è concorde nel ritenere che salvo che nel regolamento contrattuale, nel rogito o nei titoli di acquisto sia specificata la proprietà del vespaio, eventuali spese per la sua costruzione e manutenzione sono da ripartire tra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà. In assenza di ulteriori aspetti tecnici e, in particolare, della citata giurisprudenza, appare chiaro che il Condominio è responsabile della manutenzione del vespaio (salvo valutare meglio ulteriori profili di natura tecnica e delle cause delle infiltrazioni). |