Illegittima la mera riduzione della retribuzione stabilita nel contratto di prossimità non dipendente da alcuna riorganizzazione lavorativa
13 Maggio 2022
Massima
E' illegittima, per violazione dell'art. 8 D.L. 138/2011 conv. con mod. in L. n. 148/2011, la mera riduzione di retribuzione stabilita, in misura del 15%, dal contratto di prossimità, nonostante l'espressa delega contenuta nell'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, in quanto non definibile quale intervento di disciplina del rapporto di lavoro. Il caso
Una Fondazione, in data 6 novembre 2013, aveva sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo di prossimità per fronteggiare una profonda crisi aziendale, ove era disposta una riduzione della retribuzione spettante ai lavoratori nella misura del 15%.
Alcuni lavoratori impugnavano la trattenuta loro effettuata, ritenendo che la clausola dell'Accordo di prossimità che la consentiva fosse illegittima, in quanto in contrasto sia con l'art. 8 del D.L. n. 138/2011 sia con l'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011.
Soluzioni giuridiche
La pronuncia in commento è interessante in quanto contribuisce alla definizione dei limiti derogatori riconosciuti alla contrattazione di prossimità.
Relativamente all'estensione interpretativa dell'elenco di cui all'art. 8 del D.L. n. 138/2011 è bene segnalare come la giurisprudenza abbia espresso sin da subito l'esigenza di una interpretazione restrittiva alla luce della estrema eccezionalità che la stessa presenta nell'ordinamento lavoristico.
Sul punto la Corte Costituzionale aveva precisato sin da subito il fatto che: “trattandosi di norma avente carattere chiaramente eccezionale, non si applica oltre i casi e i tempi in essa considerati” (Corte Cost. n. 221/2012).
Tuttavia, se una interpretazione estensiva analogica della norma, volta ad applicare la stessa ad ipotesi escluse dell'elenco in essa contenuto, è da escludersi, non tutti i problemi interpretativi possono dirsi risolti.
I problemi interpretativi riguardano ora la “consistenza” delle singole possibilità di deroga contenute nell'elenco dell'art. 8. Talune ipotesi in esso contenute presentano, almeno potenzialmente, un contenuto molto ampio.
Esempio, forse, più plateale di ciò è proprio l'ipotesi delle “modifiche alla disciplina del rapporto di lavoro”, oggetto della Sentenza in esame.
Tale nozione, a ben vedere, si potrebbe estendere sino a ricoprire tutto il diritto del lavoro, fatti salvi esclusivamente i limiti costituzionali ed eurounitari.
Già la prima giurisprudenza di merito aveva posto l'accento sulla necessità di evitare tuttavia una eccessiva estensione delle ipotesi di deroga contemplate dalla norma, che avrebbe finito per svilire del tutto la natura eccezionale della stessa.
Con una nota pronuncia, già la Corte d'Appello di Firenze, ad esempio, aveva concluso che “una tale ‘eccezionalità' deve allora di necessità guidare l'analisi dell'interprete, tenuto a dare, non solo all'elenco di cui al comma 2, ma all'intera disposizione una stretta interpretazione” (Corte Appello Firenze 20 novembre 2017).
La Suprema Corte, nella sentenza in commento, muove proprio dalla natura eccezionale dell'art. 8 e della necessità di una interpretazione “restrittiva” che si limiti ad una interpretazione “letterale delle disposizioni”.
Esclude dunque la legittimità di un accordo di prossimità unicamente finalizzato alla riduzione delle retribuzioni in quanto “le modalità di disciplina del rapporto di lavoro” non possono che interpretarsi nel senso di accordi di rimodulazione organica delle regole di svolgimento della prestazione lavorativa, nel suo complessivo assetto: orario, mansioni, organizzazione complessiva delle relazioni interne all'impresa che implichi un proporzionato ri-equilibrio dei reciproci doveri delle parti del rapporto di lavoro. Osservazioni
Sin dai primi commenti all'art. 8 del d.l. n. 138/2011, la dottrina aveva sottolineato come la norma presentasse problemi applicativi in quanto la formulazione non consentiva di individuare precisamente quali istituti del rapporto di lavoro esattamente ricomprendesse.
Nel solco tracciato dalla Corte costituzionale, la giurisprudenza si sta attestando su interpretazioni restrittive, di cui la pronuncia in commento è l'ultimo esempio.
Tuttavia, se la pronuncia in commento era per certi versi ampiamente prevedibile.
Si trattava di un contratto di prossimità che si limitava a una riduzione stipendiale, senza null'altro concedere ai lavoratori, viene da chiedersi cosa accadrebbe in situazioni meno nette.
Ad esempio, quale è la modifica organizzativa “minima” per considerare legittima una riduzione stipendiale? E quale controllo giurisprudenziale “di adeguatezza” è ammissibile? Minime note bibliografiche
G. Bulgarini d'Elci, Il contratto di prossimità: un'opportunità per le imprese, il Giuslavorista.
G. Buscema, Contratti di prossimità, il Giuslavorista.
A. Perulli, La contrattazione collettiva di prossimità: teoria, comparazione e prassi, in RIDL, 2013, 4. |