Quando ricorre il vizio di ultrapetizione?

Redazione scientifica
17 Maggio 2022

Sussiste il vizio di ultrapetizione (o extrapetizione) quando il giudice di merito, intromettendosi nel potere dispositivo delle parti, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, ovvero riconosca o rifiuti un bene della vita diverso da quello in contestazione, pronunziando così oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni delle parti.

La proprietaria di un fondo citava con ricorso ex art. 702-bis i proprietari del fondo superiore e confinante, affermando di aver subito dei danni al fabbricato di sua proprietà per effetto del crollo del muro di contenimento.

Chiedeva pertanto che venisse riconosciuta la responsabilità dei resistenti nel crollo del muro e che gli stessi venissero condannati alla ristrutturazione e alla o alla ricostruzione del muro, nonché al risarcimento del danno.

Si costituiva in giudizio uno dei resistenti, chiedendo il rigetto della domanda della ricorrente e, in via riconvenzionale, che l'attrice fosse condannata alla ricostruzione del muro e al risarcimento del danno.

La domanda principale veniva rigettata, mentre il Tribunale accoglieva quella riconvenzionale condannando la ricorrente a ricostruire a sua cura e spese il muro di contenimento, secondo le indicazioni contenute nella CTU.

Il Giudice di secondo grado confermava la sentenza di primo grado, affermando la responsabilità della proprietaria del fondo sottoposto che, oltre ad aver realizzato un muro di contenimento inadeguato, non si era curata della sua manutenzione.

La sentenza veniva quindi impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dalla parte soccombente nei due gradi di giudizio.

Delle doglianze proposte, quella che desta interesse ai nostri fini, concerne il profilo di violazione di giudicato interno, ovvero di extrapetizione o ultrapetizione della pronuncia con riferimento alla richiesta di ricostituzione del muro di contenimento.

Secondo la proprietaria del fondo inferiore la Corte d'Appello, al fine di respingere il primo motivo di gravame aveva rideterminato - restringendolo - l'ambito oggettivo delle domande proposte in primo grado dalla ricorrente e dalla resistente.

In particolare, la Corte d'appello, nel rigettare il motivo, aveva limitato alle particelle 415 e 398 l'estensione del muro oggetto di controversia, quando il Tribunale, con sentenza sul punto passata in giudicato, lo aveva descritto come posizionato per un primo tratto sul confine che divide la part. 398 dalla 112 e per un secondo tratto all'interno del terreno che assolve la funzione di corte comune alle partt. 415 e 414.

La Corte ha ritenuto il motivo infondato, atteso che sia la domanda principale che quella riconvenzionale concernevano la ricostruzione di un muro di contenimento crollato.

Invero, il «vizio di extrapetizione o di ultrapetizione ricorre solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del petitum e delle eccezioni hinc ed inde dedotte, ovvero su questioni che non siano state sollevate e non siano rilevabili d'ufficio attribuisca alla parte un bene non richiesto, e cioè non compreso nemmeno implicitamente o virtualmente nella domanda proposta».

Ne consegue che tale vizio «deve essere escluso qualora il giudice, contenendo la propria decisione entro i limiti delle pretese avanzate o delle eccezioni proposte dalle parti, e riferendosi ai fatti da esse dedotti, abbia fondato la decisione stessa sulla valutazione unitaria delle risultanze processuali, pur se in base ad argomentazioni o considerazioni non prospettate dalle parti medesime». (Cass. civ., n. 21745/2006; conf. Cass. civ., n. 2297/2011).

Nella specie, il Giudice aveva contenuto la propria pronuncia nei limiti di ciò che le parti avevano richiesto, sebbene sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle prospettate dalle parti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.