La pronuncia interna passata in giudicato resiste al diritto europeo sopravvenuto?

Redazione scientifica
19 Maggio 2022

Il diritto dell'Unione non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetta di porre rimedio alla violazione di una disposizione del diritto dell'Unione.

La Corte di legittimità ha affermato che il diritto UE non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, in caso di ravvisato contrasto con il diritto UE.

La vicenda riguardava l'opposizione proposta da un dipendente statale avverso il decreto ingiuntivo notificatogli dal Ministero per la restituzione delle somme corrisposte in esecuzione di una sentenza cassata (riguardante il pagamento di differenze retributive).

L'opposizione era stata accolta dal Tribunale, sull'assunto che la pronuncia della Cassazione era superata dalle sentenze della Corte di Giustizia e della CEDU, che avevano affermato principi diversi con quelli posti alla base del giudicato.

Il giudice d'appello riformava tale sentenza, affermando che in forza del giudicato il Ministero aveva titolo per ottenere la restituzione di quanto corrisposto al lavoratore e che la pronuncia interna passata in giudicato resisteva al diritto europeo sopravvenuto.

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione il dipendente, lamentando la violazione della direttiva 77/187/CE e del principio dell'effetto diretto e vincolante nell'ordinamento nazionale delle sentenze della Corte di Giustizia dell'UE.

Nell'assunto di parte ricorrente, in particolare, il giudicato avrebbe dovuto essere applicato tenendo conto della sentenza della Corte di Giustizia dell'UE, ovvero compiendo quella verifica che la CGUE aveva ritenuto necessaria (il verificarsi o meno di un peggioramento retributivo sostanziale all'esito del passaggio del lavoratore dall'ente locale al MIUR).

La Corte ha rigettato il ricorso, richiamando i principi affermati dalla Corte di Giustizia in plurime pronunce (per tutte: Corte di Giustizia, 4 marzo 2020, in causa C-34-19, punti 65-71 e giurisprudenza ivi citata) e richiamati dalla giurisprudenza di legittimità.

In esse il giudice dell'Unione ha evidenziato che «qualora le norme procedurali interne applicabili prevedano la possibilità per il giudice nazionale di ritornare su una decisione munita di autorità di giudicato, tale possibilità deve essere esercitata per ripristinare la conformità della situazione oggetto di giudizio alla normativa dell'Unione».

In caso diverso, «il diritto dell'Unione non impone che per tenere conto dell'interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto adottata dalla Corte, un organo giurisdizionale nazionale debba necessariamente riesaminare una sua decisione che goda dell'autorità di cosa giudicata».

Per questi motivi, la Corte di legittimità ha ritenuto corretta nel caso di specie la pronuncia della Corte d'appello nella parte in cui affermato che «il giudicato (di cui alla sentenza della Corte di legittimità n. 4668/2008), non poteva essere posto in discussione dalla sentenza della CGUE 6 settembre 2011, in causa c-108/10, Scattolon.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.