Procedimento di convalida di licenza e sfratto

20 Maggio 2022

Il procedimento per convalida di licenza o sfratto è un procedimento sommario del quale il locatore può avvalersi, in alternativa al giudizio a cognizione piena di risoluzione contrattuale, al fine di ottenere con rapidità un titolo esecutivo per il rilascio della cosa locata.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 

Il libro IV, titolo I, capo II del codice di procedura civile disciplina uno speciale procedimento, detto per convalida, a tutela del locatore di immobili.

Il procedimento per convalida di licenza o sfratto è un procedimento sommario, del quale il locatore può avvalersi, nelle sole ipotesi indicate dall'art. 657 c.p.c., in alternativa al giudizio a cognizione piena di risoluzione contrattuale, al fine di ottenere con rapidità un titolo esecutivo per il rilascio della cosa locata.

A differenza del procedimento per ingiunzione, nel quale la fase sommaria si svolge inaudita altera parte, in quello per convalida il contraddittorio è addirittura rafforzato in detta fase poiché nell'atto introduttivo l'attore è tenuto ad avvertire espressamente l'intimato delle radicali conseguenze (cioè a dire la convalida dello sfratto) che l'art. 663 c.p.c. ricollega all'omessa comparizione e/o opposizione dello stesso.

All'udienza indicata nell'atto di citazione, se l'intimato non compare o comparendo non si oppone, invero, il giudice – vagliato nel primo caso con peculiare rigore il rispetto del principio del contraddittorio - convalida (la licenza o) lo sfratto, con un provvedimento in forma di ordinanza idoneo al giudicato sostanziale ed impugnabile soltanto con l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c. ovvero con l'appello, se pronunciato pur a fronte di una rituale opposizione, connotandosi in tale ipotesi quale sentenza in senso sostanziale.

Se, invece, l'intimato si oppone lo sfratto non può essere convalidato; su espressa richiesta del locatore il giudice potrà, ove l'opposizione non sia fondata su prova scritta e non ricorrano gravi motivi in senso contrario, emanare però un'ordinanza provvisoria immediatamente esecutiva con la quale ordina il rilascio dell'immobile.

Sia che venga emesso quest'ultimo provvedimento sia, di contro, che il giudice decida di denegarlo, a fronte dell'opposizione dell'intimato dovrà essere disposto il mutamento del rito in quello a cognizione piena di risoluzione contrattuale che si svolge ex art. 447-bis c.p.c. nelle forme del rito c.d. locatizio, modellato essenzialmente su quello del lavoro.

L'ambito di applicazione di tale procedimento è delineato dall'art. 657 c.p.c.

L'azione sommaria in questione può essere promossa, in alternativa al giudizio ordinario di risoluzione del contratto di locazione (che segue, ex art. 447-bis c.p.c., le forme del relativo rito), nelle ipotesi di sfratto per morosità e per finita locazione nonché di licenza per finita locazione.

Ambito di applicazione

Il procedimento per convalida può essere utilizzato nelle seguenti due ipotesi di carattere generale:

a) in considerazione dello spirare del termine di efficacia della locazione. L'art. 657 c.p.c., peraltro, attribuisce al locatore il potere di ricorrere al procedimento per convalida di licenza: a1) dopo la scadenza del contratto, al fine di ottenere la convalida dello sfratto per finita locazione; a2) prima della scadenza, al fine di ottenere la convalida della licenza per finita locazione, e cioè una condanna in futuro, comunque suscettibile di esecuzione forzata, al rilascio dell'immobile al momento della scadenza del contratto;

b) in caso di morosità del conduttore. In tale ipotesi, il locatore persegue innanzitutto l'obiettivo di ottenere una pronunzia costitutiva di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, ai sensi dell'art. 1453 c.c., cui segue la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile. Con l'introduzione del procedimento di convalida dello sfratto per morosità, il locatore può facoltativamente chiedere anche la condanna della propria controparte contrattuale al pagamento dei canoni scaduti e che verranno a scadere sino all'effettivo rilascio, mediante la pronunzia, da parte del medesimo giudice della convalida e dopo di essa, di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

A queste due fattispecie di carattere generale, l'art. 659 c.p.c. aggiunge quella della cessazione del rapporto d'opera in forza del quale è stato concesso il godimento del bene.

L'intimazione di licenza ai sensi dell'art. 657 c.p.c. non è ammissibile per denegare il rinnovo della locazione alla prima scadenza, per cui occorre invece proporre il ricorso previsto dall'art. 30, legge 27 luglio 1978, n. 392, di cui si tratterà nel prosieguo.

Il procedimento per convalida non può riguardare l'ipotesi di locazione di beni mobili. Infatti, l'art. 659 c.p.c. contiene un espresso riferimento agli immobili; inoltre, l'uso dei termini licenza e sfratto rimanda linguisticamente al concetto del bene immobile; infine, l'iter processuale si conclude con un provvedimento con cui si ordina il rilascio, che, alla stregua degli artt. 605 e 608 c.p.c., riguarda esclusivamente beni immobili.

La percorribilità del procedimento di convalida nei soli casi espressamente previsti dagli artt. 657 e ss. c.p.c., comporta che lo stesso non possa essere utilizzato, ad esempio, ove si chieda il rilascio di un immobile occupato sine titulo.

Benché nell'art. 657 c.p.c. si faccia espresso riferimento ai rapporti agrari, è dubbio se il procedimento per convalida possa essere adoperato per ottenere il rilascio del fondo dato in affitto, in quanto l'art.11 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, attribuisce la competenza esclusiva sulle controversie agrarie alla sezione specializzata agraria, la cui composizione collegiale appare incompatibile con la struttura del procedimento (Trib. Nocera Inferiore, sez. agraria, 18 aprile 2008, e Trib. Parma, 16 giugno 2005, entrambe in www.dejure.it).

In evidenza

In giurisprudenza si ritiene che il ricorso al procedimento speciale per convalida presuppone che sia stato stipulato un valido contratto di locazione.

Quindi, la forma scritta del contratto, richiesta dalla legge ad substantiam, costituisce presupposto di accoglibilità della domanda di convalida di licenza o di sfratto (cfr. Trib. Trani, 5 maggio 2008 n. 126, e Trib. Modena, 11 maggio 2011, in Arch. locazioni, 2011, 5, 671, quest'ultima relativa ad un caso in cui, per ragioni di diritto intertemporale, la forma scritta non era richiesta a pena di nullità)

Va poi ricordato che l'art. 1, comma 346, l. 311/2004, stabilisce che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

Dopo ampi contrasti sulla portata della disposizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che il contratto di locazione di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, contenente “ab origine” l'indicazione del canone realmente pattuito (e, dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell'art. 1, comma 346, della l. 311/2004, ma, in caso di tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza “ex tunc”, atteso che il riconoscimento di una sanatoria “per adempimento” è coerente con l'introduzione nell'ordinamento di una nullità (funzionale) “per inadempimento” all'obbligo di registrazione (Cass. civ., sez. un., n. 23601/2017).

Questo significa che se è necessario disporre di un contratto di locazione in forma scritta per promuovere il procedimento di convalida di licenza o sfratto, all'udienza il giudice potrà concedere all'intimante un termine per la registrazione del contratto ai fini della sanatoria retroattiva della relativa invalidità.

Introduzione del procedimento

La legittimazione attiva e passiva spetta, nel procedimento per convalida, alle parti del contratto di locazione

Quindi, titolare della legittimazione attiva all'esperimento dell'azione di licenza o di sfratto è, alla stregua degli artt. 657, 658 e 659 c.p.c. il locatore, il datore di lavoro nel caso di locazione d'opera, e il concedente se si ammetta il procedimento per convalida anche con riferimento ai rapporti agrari.

La legittimazione passiva è attribuita, specularmente, al conduttore, al lavoratore e all'affittuario.

Il procedimento per convalida deve essere proposto di fronte al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata. Si tratta di una competenza inderogabile. E' stato del resto precisato che qualora sia convenuta un'amministrazione dello Stato, non si applica la regola del foro erariale di cui agli artt. 25 c.p.c. e art. 6 r.d. 1611/1933 (Cass. civ., sez. III, ord., 8 giugno 2005, n. 11967).

Nel procedimento per convalida di sfratto, la questione di competenza, come ogni altra questione volta a contestare la domanda di merito, può ben essere sollevata già nell'udienza di comparizione, anche al fine di contrastare l'accoglimento dell'eventuale istanza finalizzata a conseguire l'ordinanza di rilascio, ma il suo esame è compiuto in quella sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale sicché, un'espressa decisione sulla questione di competenza non può essere qualificata come sentenza, dovendo detta questione essere comunque decisa nel conseguente giudizio a cognizione piena sulla domanda di merito (Cass., Sez. VI, 28 maggio 2019, n. 14476, che ha ritenuto quindi inammissibile il regolamento di competenza proposto contro detto provvedimento).

Il procedimento per convalida si introduce mediante la notificazione di un atto nel quale è contenuta: a) l'intimazione di rilascio dell'immobile locato o di sfratto dallo stesso; b) la citazione a comparire ad udienza fissa, ai fini della convalida dell'intimazione o dello sfratto. I due elementi dell'atto non sono separabili (Bucci-Crescenzi,106; Di Marzio, 144; Lazzaro – Preden - Varrone, 68).

L'art. 660 c.p.c. stabilisce che il locatore deve dichiarare nell'atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito. In caso contrario, l'opposizione tardiva prevista nell'art. 668 c.p.c. e qualsiasi altro atto del giudizio possono essergli notificati presso la cancelleria.

La citazione per la convalida deve essere redatta a norma dell'art. 125 c.p.c., e quindi deve contenere:

a) l'indicazione dell'ufficio giudiziario al quale si rivolge la domanda di convalida;

b) l'individuazione delle parti del procedimento;

c) l'enunciazione dell'oggetto della domanda, e cioè il rilascio dell'immobile;

d) le ragioni della domanda, specificando se l'intimante agisca in ragione della scadenza del contratto di locazione o per la morosità del conduttore;

e) le conclusioni, che nel caso di specie sono da individuare nella richiesta di convalida della licenza o dello sfratto;

f) l'invito a comparire ad un'udienza scelta dallo stesso intimante, la quale deve essere – salva la possibilità di abbreviazione prevista dall'art. 660 c.p.c. - di venti giorni liberi posteriori al perfezionamento della citazione;

g) la sottoscrizione della parte, se ha i requisiti per stare personalmente in giudizio, o del suo difensore.

L'art. 660 c.p.c. prescrive, a pena di nullità (Cass. civ., sez. I, 9 dicembre 2004, n. 23010; Frasca, 149; Lazzaro - Di Marzio, 143), che l'intimazione contenga l'avvertimento al conduttore che se egli non comparisce o, comparendo, non si oppone alla convalida, il giudice convaliderà la licenza o lo sfratto.

Se tale avvertimento manchi o sia incompleto, il giudice, se l'intimato non compaia in udienza, dovrà fissare un termine perentorio per la rinnovazione dell'atto di intimazione. La comparizione dell'intimato, al contrario, sana il vizio, salva possibilità, ove questi lo richieda, della fissazione di una nuova udienza, nel rispetto dei termini a comparire (Serpolla, 72).

Allorché tra la notificazione dell'intimazione e l'udienza fissata per la comparizione non vi sia lo spazio di tempo di venti giorni liberi prescritto dalla legge, le conseguenze saranno le medesime esaminate per il caso di mancanza o incompletezza dell'avvertimento di cui all'art. 660 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17151).

L'art. 660 c.p.c. vieta che la notifica dell'intimazione avvenga al domicilio eletto dal conduttore, onde evitare che costui, spinto dalla necessità di instaurare il rapporto locatizio, venga indotto ad eleggere, nel corpo dello stesso contratto, il proprio domicilio presso un luogo (p.es. presso la residenza del locatore) che gli impedisca di venire a conoscenza dell'intimazione, privandolo così del diritto di difesa. Il legislatore, quindi, tende ad assicurarsi che la scelta del conduttore di non comparire all'udienza di convalida sia consapevole (Lazzaro – Preden - Varrone, 78).

La stessa logica fonda la previsione dell'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c., per la quale, se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire all'intimato avviso dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione. L'avviso andrà inviato anche quando la notifica si sia perfezionata sulla base della procedura prescritta dell'art. 140 c.p.c. (Di Marzio, 155 e ss.; Frasca, 167 e ss.) ed è sempre necessario quando la notificazione sia stata eseguita a mezzo posta (sulla relativa indefettibilità in questa ipotesi, anche ove l'atto sia notificato ad una società v. Cass. civ., sez. VI, 9 novembre 2017, n. 26539).

L'omissione dell'invio dell'avviso previsto dall'art. 660 c.p.c. comporta la nullità della notificazione (Di Marzio, 157; Lazzaro – Preden - Varrone, 83) e la necessità di rinnovare la citazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c.

In considerazione delle cautele che l'ordinamento appresta per assicurare che il conduttore abbia effettiva conoscenza della pendenza del procedimento per convalida, in dottrina (Garbagnati, 308; Lazzaro – Preden - Varrone, 86) si esclude che la notificazione dell'intimazione possa essere effettuata ai sensi dell'art. 143 c.p.c., e cioè a persona di residenza sconosciuta. In tal caso, al locatore non rimarrà che adire il giudice per le vie ordinarie.

L'art. 663 c.p.c. contiene, al primo comma, una norma di chiusura in tema di notifiche dell'intimazione, volta ad assicurare l'effettiva conoscenza, da parte dell'intimato, della pendenza del procedimento.

Infatti, quando l'intimato non compare in udienza, il giudice, se risulta o appare probabile che lo stesso convenuto non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, deve ordinare che sia rinnovata la citazione, indipendentemente dalla regolarità della sua notifica.

Ai sensi del combinato disposto dell'art. 3 l. 742/1969, e dell'art. 92 r.d.12/1941, al procedimento per convalida non si applica, prima del mutamento del rito, la sospensione feriale dei termini processuali.

Udienza e provvedimenti del giudice

L'art. 660 c.p.c. dispone che le parti si costituiscono depositando in cancelleria l'intimazione con la relata o la comparsa di risposta (pure contenente domanda riconcenzionale: Cass., Sez. VI, 5 dicembre 2016, n. 24819) oppure presentando tali atti al giudice in udienza.

L'intimante, il quale deve stare in giudizio necessariamente con il patrocinio di un difensore alla stregua dell'art. 82 c.p.c., può dunque costituirsi, alla medesima stregua del convenuto, anche il giorno indicato nell'atto di citazione, presentandosi direttamente in udienza al giudice.

Tale facoltà non esclude, comunque, che l'intimante debba, ai sensi dell'art. 168 c.p.c., iscrivere a ruolo entro tale momento il procedimento.

Va poi precisato che l'udienza di convalida potrebbe non tenersi effettivamente nella data indicata nell'intimazione; infatti, ove il giudice assegnatario del procedimento non tenga udienza nel giorno indicato, troverà applicazione l'art. 168-bis c.p.c.

La compatibilità di questa regola con il rispetto del diritto di difesa del convenuto, anche alla luce delle gravi conseguenze che possono derivare dalle condotte assunte dallo stesso all'udienza di convalida, è stata posta in dubbio in dottrina. Infatti fino al giorno dell'udienza l'intimato può così non avere contezza del nominativo del giudice davanti al quale si terrà la sua udienza, dato che solo al momento della costituzione dell'attore potrà avvenire la designazione dello stesso, con conseguente difficoltà nell'avere indicazioni precise ai fini della comparizione, specie se personale, vieppiù in considerazione della circostanza che l'indicazione del giudice potrebbe determinare un rinvio d'ufficio all'udienza immediatamente successiva se nel giorno indicato nell'atto di citazione lo stesso non tiene udienza ex art. 168-bis, quarto comma, c.p.c. (PIOMBO, 14). Peraltro, la Corte Costituzionale ha ritenuto, con la sentenza n. 448 del 1998, che tale assetto non compromette il diritto di difesa del conduttore il quale ha cognizione del contenuto dell'avversa pretesa sin dalla notifica dell'atto introduttivo, che deve avvenire entro venti giorni liberi antecedenti l'udienza fissata per la convalida.

Nel corso della fase sommaria, l'intimato non ha la necessità, ma solo la facoltà, di nominare un difensore; infatti, ai sensi dell'art. 660, comma VI, c.p.c., può stare in giudizio personalmente.

Ai sensi dell'art. 662 c.p.c., in caso di mancata comparizione all'udienza del locatore intimante, il giudice non deve provvedere alla convalida dello sfratto o della licenza, ma gli effetti (processuali, non anche sostanziali: Cass. civ., sez. III, 18 giugno 1988, n. 4171; Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 1997, n. 9666) dell'intimazione cessano. A tale ipotesi viene equiparata quella della mancata iscrizione a ruolo del procedimento (Cass., Sez. III, 24 marzo 1983, n. 2082). Le spese restano in queste ipotesi a carico delle parti che le hanno anticipate, in applicazione analogica dell'art. 310 c.p.c. (Cass. civ., Sez. III, 30 settembre 2016, n. 19425).

La giurisprudenza prevalente nega che il conduttore, eventualmente comparso in udienza, possa richiedere al giudice la prosecuzione del giudizio (Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 1960, n. 2935; in senso contrario, Cass., Sez. III, 6 giugno 1975, n. 2263, e, in dottrina, Bucci - Crescenzi, 123; Frasca, 183; Garbagnati, 312-313; Preden, 443).

Se l'intimato non compare all'udienza o, pur comparendo, non si oppone, il giudice convalida lo sfratto o la licenza e dispone con ordinanza l'apposizione sull'intimazione della formula esecutiva.

Il provvedimento di convalida di sfratto, impugnabile esclusivamente con opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c. (nonché con appello se emesso in difetto dei presupposti contemplati dall'art. 663 c.p.c., ad esempio nonostante la comparizione dell'intimato: v. Cass., Sez. III, 13 giugno 2017, n. 14625, che esclude in ogni caso la necessità che il giudice del gravame rinvii in detta ipotesi al giudice di primo grado), ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione relativa alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata (cfr. Cass., Sez. III, 11 luglio 2017, n. 17049, la quale ha tuttavia precisato che ciò non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo). In particolare l'ordinanza di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione acquista efficacia di cosa giudicata sostanziale non solo sull'esistenza della locazione, sulla qualità di locatore dell'intimante e di conduttore dell'intimato, sull'intervento di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto, ma anche sulla sua qualificazione, se la scadenza del medesimo, richiesta e accordata dal giudice, è strettamente collegata alla tipologia del contratto (Cass., Sez. III, 11 gennaio 2017, n. 411).

Nell'ipotesi di opposizione alla convalida da parte dell'intimato, il giudice non potrà convalidare lo sfratto, ma dovrà disporre il mutamento del rito e la prosecuzione del giudizio nelle forme della cognizione piena, ai sensi del combinato disposto degli artt. 426 e 667 c.p.c.

Per opporsi alla convalida dello sfratto, il conduttore non deve adoperare formule sacramentali, né occorre che spieghi le ragioni della sua opposizione. E' sufficiente, invece, la sola manifestazione della volontà che l'intimazione non sia convalidata.

In caso di intimazione di sfratto per morosità, se l'intimato non nega di essere moroso, ma contestala misura del credito vantato dal locatore, il giudice, ai sensi dell'art. 666 c.p.c., può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere al convenuto un termine non superiore a venti giorni perché adempia. Se il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e pronuncia, su richiesta del locatore, decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.

In evidenza

In accordo con le regole generali, il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del giudizio di convalida di sfratto non costituisce sanatoria anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento, poiché opera il principio generale previsto dal terzo comma dell'art. 1453 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda di risoluzione contrattuale.

Costituisce deroga a tale regola generale quella contemplata, in favore del conduttore nell'ambito delle locazioni ad uso abitativo, dall'art. 55 della l. 392/1978che delinea uno specifico subprocedimento per la sanatoria della morosità da parte del conduttore di un immobile ad uso abitativo (e non anche ad altro uso: Cass. civ., sez. un., 28 aprile 1999, n. 272).

La sanatoria può avvenire alla prima udienza, se il conduttore versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tal sede dal giudice (sanatoria banco iudicis). Altrimenti, su richiesta del conduttore, il giudice, in caso di comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnargli un termine perentorio (Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 1995, n. 2232) non superiore a novanta giorni (detto termine di grazia), e solo in casi eccezionali sono a centoventi giorni, al fine di sanare la morosità.

Mentre si ritiene che il conduttore abbia il diritto potestativo di sanare banco iudicis la morosità (RICCI, 849), la concessione del c.d. termine di grazia rappresenta, al contrario, una facoltà discrezionale del giudice, in presenza di comprovate condizioni di difficoltà del conduttore (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 1992, n. 1830; DI MARZIO, 283), che deve allegarle e provarle (Cass. civ., sez. III, 3 giugno 1992, n. 6778).

Alla sanatoria il conduttore può avere accesso per non più di tre volte nel corso di un quadriennio, che diventano quattro volte complessive, se l'inadempienza si è protratta per non oltre due mesi ed è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi condizioni di difficoltà.

Il pagamento integrale di quanto dovuto, in udienza o nei termini assegnati, esclude la risoluzione del contratto: come precisato da Corte Cost. n. 79 del 2020 vi è quindi un effetto di protezione più ampio rispetto alla mera sanatoria della morosità, perché si va a preservare lo stesso rapporto negoziale.

Pur essendo esclusa la morosità, nell'ipotesi in cui residui il pagamento delle sole spese processuali non potrà escludersi, di contro, una risoluzione del contratto (cfr. Corte Cost. n. 79 del 2020).

Il proseguo del giudizio

Se l'intimato, comparso all'udienza, si oppone alla convalida, il giudice non potrà convalidare la licenza o lo sfratto; al contrario, dovrà disporre il mutamento del rito e la prosecuzione del giudizio nella cognizione piena, ai sensi degli artt. 426 e 667 c.p.c..

Al fine di opporsi alla convalida, è sufficiente che il conduttore manifesti la propria volontà che la licenza o lo sfratto non vengano convalidati, senza che debbano essere spiegate le ragioni di tale opposizione.

Anche in tale ipotesi, tuttavia, il locatore può ottenere un titolo che gli consenta di conseguire la restituzione del bene immobile locato, benché il processo prosegua nella cognizione piena: si tratta dell'ordinanza di rilascio ai sensi dell'art. 665 c.p.c., la cui concessione è peraltro subordinata, oltre all'istanza dell'intimante, alla circostanza che l'opposizione dell'intimato non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione e non ostino gravi motivi in senso contrario.

L'ordinanza con cui il giudice, a fronte dell'opposizione dell'intimato, una volta assunta la decisione sull'eventuale istanza di emanazione dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c., dispone il mutamento del rito e il prosieguo del giudizio costituisce la chiave di volta del procedimento per convalida: prima della sua pronunzia il procedimento si trova nella fase necessaria a cognizione sommaria, disciplinato dagli artt. 658 ss. c.p.c.; con essa si transita nella fase a cognizione piena, cui si applica il rito locatizio in virtù della previsione dell'art. 447-bis c.p.c.

Solo successivamente alla pronunzia dell'ordinanza di mutamento del rito diventerà efficace l'obbligo, sancito dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, di mediazione; allo stesso modo, solo nella fase a cognizione piena matureranno, secondo la disciplina del processo locatizio, le preclusioni assertive ed istruttorie, in funzione delle quali il giudice deve concedere il termine (opportunamente sfalsato) per il deposito delle memorie integrative.

E' dubbio se l'intimante possa proporre domande nuove dopo il mutamento del rito, anche se la giurisprudenza di legittimità più recente sembra si sia assestata in senso affermativo ( Cass. civ., sez. III, 23 giugno 2021, n. 17955; Cass. civ., sez. VI, 19 febbraio 2019, n. 4771; Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2017, n. 7423, quanto alla proponibilità delle domande sul pagamento dei canoni successivamente scaduti e la ripetizione dell'indennità di avviamento ; contra Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2003, n. 8411).

Non vi sono ostacoli, invece, alla proposizione di domanda riconvenzionale da parte del resistente, ossia dell'originario intimato, ciò che è del resto portato della possibilità per lo stesso di comparire anche personalmente all'udienza di convalida, senza l'assistenza di un avvocato

Al termine della fase a cognizione piena il giudice si pronuncia con sentenza sulla domanda di risoluzione in cui si trasforma automaticamente la domanda di convalida dello sfratto o della licenza (Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2853) e sulle altre domande proposte.

Riferimenti
  • Bucci - Crescenzi, Il procedimento per convalida di sfratto, Padova, 1990;
  • Di Marzio, Il procedimento per convalida di licenza e sfratto, Milano, 1998;
  • Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001, 149;
  • Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1979;
  • Giordano, Procedimento per convalida di sfratto, Bologna 2015;
  • Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2002;
  • Lazzaro - Preden - Varrone, Il procedimento per convalida di sfratto, Milano, 1978;
  • Piombo, Locazione. II) Controversie in materia di locazione, in Enc. giur. Treccani, Vol. XIX, 2001, 14;
  • Preden, Sfratto (procedimento per convalida di), in Enc. Dir., Milano, 1990,443;
  • Ricci, Lo sfratto per morosità secondo la legge 27 luglio 1978, n. 392, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, 849;
  • Serpolla, La convalida di sfratto – Processo e patologie, Milano, 2011.

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