Clausole abusive nei contratti dei consumatori: i principi processuali nazionali non possono pregiudicare il principio di effettività

Redazione scientifica
20 Maggio 2022

Con una rivoluzionaria pronuncia, la Corte di Giustizia ha affermato che il diritto dell'Unione osta ad una normativa nazionale che limiti, a causa degli effetti dell'autorità di cosa giudicata, il potere dei giudici nazionali, in particolare dell'esecuzione, di valutare l'eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali nei contratti dei consumatori.

La Corte, riunita in Grande Sezione, si è pronunciata su due domande di pronuncia pregiudiziale, vertenti sull'interpretazione degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

Le fattispecie concrete di cui alle cause c-693/19 e c-831/19 riguardavano procedimenti di esecuzione forzata avviati dinanzi al Tribunale di Milano, sulla base di decreti ingiuntivi divenuti definitivi in quanto non opposti dal debitore.

In tale contesto i giudici italiani dell'esecuzione rilevavano il carattere abusivo della clausola penale e della clausola che prevedeva un interesse moratorio dei contratti di finanziamento, sulla base dei quali i creditori avevano ottenuto i decreti ingiuntivi divenuti definitivi.

Osservavano, tuttavia, che il giudice che aveva emesso il decreto ingiuntivo non si era pronunciato sul carattere abusivo delle clausole e che il decreto era divenuto definitivo, per cui risultava precluso al giudice dell'esecuzione la valutazione del carattere abusivo delle clausole.

Di qui la domanda pregiudiziale rivolta alla Corte di Giustizia: gli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE ostano ad una normativa nazionale che limiti i poteri dei giudici nazionali, in particolare dell'esecuzione, quanto alla valutazione dell'eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali?

Preliminarmente, la Corte ha ricordato l'importanza che il principio dell'autorità di cosa giudicata riveste sia nell'ordinamento giuridico dell'Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici.

Ha evidenziato inoltre che il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13/CEE si fonda sull'idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista, da cui la non vincolatività delle clausole abusive e il potere del giudice di verificare d'ufficio tale carattere.

Ciò chiarito, i giudici hanno sottolineato che il diritto dell'Unione non armonizza le procedure applicabili all'esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, ed esse sono pertanto soggette all'ordinamento giuridico interno degli Stati membri.

Le disposizioni procedurali nazionali devono tuttavia soddisfare il principio di effettività, vale a dire assolvere un'esigenza di tutela giurisdizionale effettiva e, sotto tale profilo, ha ritenuto la Corte che, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non possa essere garantito.

La Corte di Giustizia ha affermato, in definitiva, che il diritto dell'Unione osta ad una normativa nazionale che limita i poteri dei giudici, ed in particolare dell'esecuzione, di valutare l'eventuale carattere abusivo di clausole nei contratti stipulati con i consumatori.