Recesso per giusta causa a fronte di sviamento della clientela e altre condotte dell'agente lesive del rapporto fiduciario con il preponente

Barbara Mandelli
20 Maggio 2022

In un contratto di agenzia, integra giusta causa di recesso del preponente la mancata restituzione spontanea da parte dell'agente di anticipi provvigionali su contratti poi disdettati...
Massima

In un contratto di agenzia, integra giusta causa di recesso del preponente la mancata restituzione spontanea da parte dell'agente di anticipi provvigionali su contratti poi disdettati, come d'altronde la circostanza del rilevante sviamento di clientela e dell'evidente mala fede nell'esecuzione contrattuale, alla stregua di fattori che non consentono la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto, stante il chiaro venir meno del vincolo fiduciario nel futuro adempimento puntuale delle obbligazioni incombenti sull'agente.

Il caso

Successivamente alla stipula di un contratto di agenzia a tempo indeterminato con una società assicurativa soggetta a direzione e controllo di una primaria compagnia di assicurazioni, l'agente si era lamentato, innanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di Fermo, di aver indebitamente ricevuto recesso per presunta grave violazione contrattuale individuata nel mancato versamento alla società di un importo ricavato da plurime disdette formulate dagli assicurati su fogli prestampati ritenute riferibili a condotta di storno da parte dell'agente e, più in generale, nella mala gestio che aveva determinato i clienti a recedere e rivolgersi all'agenzia della di lui moglie, riconducibile ad altra compagnia di assicurazioni.

In sede processuale, l'agente chiedeva che venisse dichiarata l'inesistenza della giusta causa del recesso e chiamava la società al versamento delle indennità di risoluzione previste dall'Accordo Nazionale Agenti, dell'indennità sostitutiva del preavviso, di una somma aggiuntiva pari a quella calcolata per l'agenzia sulla base dello schema di riferimento e disciplina di cui all'art. 12 A, maggiorata del 100%, e delle provvigioni maturate successivamente al recesso.

La compagnia di assicurazioni si difendeva fondando le proprie ragioni su: i) un debito dell'agente derivante da storni provvigionali per polizze pluriennali, disdettate e non pagate; ii) l'ammissione dello stesso agente di aver trasferito il portafoglio clienti.

Ciò aveva portato la compagnia ad intimare all'agente il recesso per giusta causa e, pertanto, a non considerare dovute le indennità di risoluzione, ritenendo legittima la sola richiesta di quelle di liquidazione. In nessun caso poteva essere accolta l'istanza di versamento di somma aggiuntiva pari a quella calcolata per l'agenzia sulla base dello schema di riferimento e disciplina di cui all'art. 12 A.

Il Giudice del Lavoro ha riconosciuto nelle condotte perpetrate dall'agente la fattispecie di storno di clientela mediante attività di persuasione e sollecitazione attiva posta in essere in virtù di una precipua volontà di trasferire il portafoglio clienti. Da ciò ne è conseguito che il recesso esercitato dalla compagnia di assicurazioni è stato considerato sorretto da giusta causa e l'agente così tenuto a restituire gli anticipi provvigionali riscossi, al netto delle indennità riconosciute in base alle provvigioni, oltre al ristoro dei danni patrimoniali.

La questione

La questione che si pone è la seguente: a fronte di quali condotte, attuate in concreto dall'agente, la compagnia di assicurazioni può invocare la giusta causa ai fini dell'esercizio legittimo del recesso e della determinazione degli emolumenti eventualmente da corrispondere?

Le soluzioni giuridiche

Di norma, ciascuna parte può recedere dal contratto per giusta causa, senza dare il preavviso e senza corrispondere la relativa indennità sostitutiva, quando l'altra si renda inadempiente ai propri doveri.

In particolar modo, nel contratto di agenzia, la giusta causa di recesso si configura soltanto nel caso in cui la parte attui un comportamento colpevole che impedisca in maniera assoluta la prosecuzione del rapporto (cfr. Corte di Appello di Palermo n. 1262/2021). Infatti, la possibilità di recesso per giusta causa è limitata all'inadempimento colpevole e di non scarsa importanza, tale da ledere in misura considerevole l'interesse della parte e da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto (anche se nell'opposta ipotesi di condotta colpevole del preponente, sembra comunque utile confrontare sul punto Cass. n. 1376 del 19 gennaio 2018 e Cass. n. 19300 del 29 settembre 2015).

Si applica, infatti, per analogia la disposizione di cui all'art. 2119 c.c., che permette a ciascuna delle parti di un contratto di lavoro subordinato di recedere ad nutum per giusta causa (cfr. Trib. Modena, n. 397/2021). È opinione comune che la norma contenuta nell'art. 2119 c.c. trovi applicazione all'agenzia in considerazione di una indubbia affinità esistente tra tale contratto e quello di lavoro subordinato, rinvenibile sotto l'aspetto della particolare natura del rapporto, che in entrambi i casi assume un carattere prevalentemente fiduciario, anche se con intensità differente, sia sotto l'aspetto dell'evidente analogia tra la disciplina prevista dagli artt. 1750-1751 c.c. e quella di cui agli artt. 2118-2119 c.c.

Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, 'l'istituto del recesso per giusta causa, previsto dall'art. 2119, comma 1, in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest'ultimo ambito il rapporto di fiducia - in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell'attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali - assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato' (Cass., sez. lav., 9 febbraio 2016, n. 2519; Cass., sez. lav., 26 maggio 2014, n. 11728).

La regola dettata dall'art. 2119 c.c. deve essere quindi applicata tenendo conto anche della diversa capacità di resistenza che le parti possono avere nell'economia complessiva dei due diversi rapporti contrattuali; in tale ambito, il giudizio circa la sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di recesso deve essere compiuto dal giudice di merito, tenendo conto delle complessive dimensioni economiche del contratto e dell'incidenza dell'inadempimento sull'equilibrio contrattuale (Cass. n. 1376/2018).

Rispetto a tale impostazione, un ulteriore sviluppo viene messo in luce da un recentissimo disposto del Tribunale di Milano (Trib. Milano n. 1662/2022), secondo il quale la violazione degli obblighi di lealtà e buona fede, addirittura anche quando non si concretizzi nella violazione di una norma contrattuale e non costituisca adempimento grave, appare potenzialmente idonea ad integrare gli estremi della giusta causa di recesso nella misura in cui si riflette sul rapporto fiduciario esistente tra le parti.

"Nella valutazione della giusta causa di recesso (...) l'accertamento del giudice non può essere limitato alla verifica delle violazioni delle norme contrattuali regolanti il solo rapporto agenziale ma, in virtù dell'obbligo sancito dall'art. 1749 c.c., deve considerare ogni invasione comunque lesiva, che viola i principi di lealtà e di buona fede, degli interessi delle parti. In questa ottica, pertanto, assumono rilievo non solo i comportamenti che si riflettono in modo diretto ed immediato sul sinallagma del contratto di agenzia, ma anche quelli i cui effetti si concretizzano in maniera mediata ed indiretta sui rapporti tra le parti, purché idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, particolarmente pregnante per tale forma di contratto, recando pregiudizio alle situazioni giuridiche soggettive dei contraenti" (Cass. 10732/2019).

Osservazioni

Come noto, la previsione sancita dall'art. 1750 c.c. della facoltà delle parti di recedere con preavviso dal rapporto di agenzia a tempo indeterminato deve intendersi integrata dalla facoltà di recedere senza preavviso a condizione che ricorra una giusta causa, e dunque il verificarsi di un fatto che impedisca la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.

Per quanto riguarda la determinazione dei confini della nozione di giusta causa, l'art. 1746 c.c. prevede, in maniera specifica, che l'agente, nell'esecuzione dell'incarico, debba tutelare gli interessi del preponente ed agire con lealtà e buona fede, adempiendo l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute.

La previsione dell'obbligo di comportarsi secondo lealtà e buona fede consente al Giudice di avere a disposizione un ampio strumento di valutazione del comportamento dei contraenti, dovendo l'accertamento che ne deriva avere ad oggetto non solo la verifica delle violazioni delle norme contrattuali regolanti il rapporto negoziale, ma, altresì, ogni violazione dei principi di lealtà e buona fede degli interessi delle parti che tenda a rimuovere definitivamente la fiducia di una parte nell'altra; a titolo esemplificativo, tali aspetti si possono concretizzare nelle ipotesi di appropriazione indebita di somme incassate per il preponente come nella violazione dell'esclusiva ovvero nello svolgimento di attività in concorrenza.

Nell'ambito di tale superiore ragionamento, non si può che condividere la scelta del Tribunale adito che ha evidenziato ulteriori e interessanti requisiti alla presenza dei quali si può ritenere legittimo il recesso del preponente. I fatti sono stati rivalutati in base alla loro idoneità a minare il vincolo fiduciario con la preponente ed è stata verificata la proporzionalità tra le violazioni ed il recesso alla luce delle ricadute sull'equilibrio sinallagmatico.

La giusta causa di recesso è stata allora individuata a seguito di una condotta dell'agente che, predisponendo moduli di disdetta e di richiesta di trasferimento, abbia indotto numerosi clienti a trasferire i contratti ad altra compagnia di assicurazione, di cui era agente la moglie. L'uniformità testuale delle richieste ricondotta all'opera della stessa mano, che aveva prestampato il modulo ed unilateralmente predisposto il contenuto, ha determinato attività di sviamento della clientela verso altra compagnia assicurativa, in violazione dei più volte citati doveri di buona fede e di fedeltà.

Stante la giusta causa del recesso ad nutum comunicato dalla preponente, secondo il giudicante, non spettano poi all'ex agente, al quale risulta imputabile il recesso, né l'indennità di mancato preavviso, né l'indennità di risoluzione ai sensi dell'art. 1751 c.c., atteso che risulta integrata la previsione ostativa relativa al fatto che il preponente abbia risolto il contratto per un'inadempienza tale da assurgere a causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.

Si osserva, in ultimo, che l'eventuale accertamento in sede giudiziale dell'illegittimità del recesso del preponente non avrebbe comunque condotto alla conseguenza del ripristino dell'originario rapporto di agenzia, risolvendosi semmai nel riconoscimento di talune indennità (cfr. Trib. Salerno 27 gennaio 2010).

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