Appalto di opere: il committente è sempre responsabile ex art. 2051 c.c.
20 Maggio 2022
Il committente, anche in seguito alla stipula di un contratto di appalto, resta sempre responsabile ex art. 2051 c.c. nei confronti dei terzi che subiscono danni durante l'esecuzione delle opere appaltate in quanto, con la consegna dell'immobile oggetto dei lavori all'appaltatore, non viene meno il suo obbligo di custodia che incontra l'unico limite nel caso fortuito; questo, naturalmente, non esclude la responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell'appaltatore. Così ha deciso la Cassazione con l'ordinanza n. 12909/2022.
Fatti di causa. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 19 giugno 2019, confermava la decisione di primo grado che aveva condannato ex art. 2051 c.c. la Società “L'Immobiliare di P. E. e C. S.a.s.” e P.E., proprietarie/committenti, e la E.S. S.r.l., quale ditta appaltatrice, al risarcimento dei danni subiti dalla F 38 F S.n.c. e dalla F.R. S.r.l. dei danni da queste ultime subiti in conseguenza dell'incendio sviluppatosi dal tetto del fabbricato, ove erano ubicate le unità immobiliari da loro condotte in locazione, durante l'esecuzione dei lavori d'impermeabilizzazione del tetto da parte della suddetta ditta appaltatrice su incarico delle stesse proprietarie. Avverso tale sentenza “L'Immobiliare di P. E. e C. S.a.s.” e P.E. proponevano ricorso in Cassazione affidandolo a due motivi.
Le ricorrenti:
Ragioni della decisione. La Suprema Corte ha esaminato solo il primo motivo di ricorso, ritenendolo poi infondato, mentre ha dichiarato inammissibile il secondo motivo in quanto la censura muoveva da un fraintendimento della sentenza impugnata ed era comunque inammissibile per carenza d'interesse. La Suprema Corte, pertanto, all'esito ha rigettato il ricorso ed ha condannato le ricorrenti al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese di giudizio.
a) Custodia La Suprema Corte, esaminando il primo motivo del ricorso, ha ritenuto infondata la censura osservando che, secondo un orientamento consolidatosi in seguito alle sue numerose pronunce (Cass. 17/3/2021, n. 7553; Cass. 11/6/2021, n. 16609; Cass. 4/11/2021, n. 31601; Cass. 18/12/2021, n. 41709), la conclusione di un contratto di appalto di opere non comporta in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente in quanto non può sostenersi che la consegna dell'immobile per l'esecuzione dei lavori equivalga al trasferimento del ruolo di custode verso i terzi atteso che, se così fosse, si verificherebbe un'ipotesi di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi non è parte dello stesso contratto.
La Suprema Corte, con l'ordinanza in esame, ha inteso ribadire che la stipula di un contratto di appalto tra il committente e l'appaltatore non può incidere surrettiziamente sulla sfera giuridica del terzo nel senso di deprivarlo del proprio diritto al risarcimento dei danni nei confronti del committente/custode. Invero, il committente può disporre l'esecuzione delle opere da eseguirsi su un determinato bene proprio in quanto ha su quest'ultimo un potere giuridico o di fatto che non può non conservare anche durante l'esecuzione delle stesse opere appaltate; se dunque, rispetto all'appaltatore, il titolare del suddetto potere è il committente, allo stesso modo egli rispetto ai terzi è un custode. L'autonomia dell'appaltatore, quindi, rimane un aspetto di natura tecnica ed esclusivamente endo-processuale mentre, in relazione agli illeciti extracontrattuali, si riverbera sulla responsabilità solidale di cui all'art. 2055 c.c. a prescindere dai casi in cui l'appalto sia ab origine concepito come un mero schermo o che nella fase di esecuzione si sia radicalmente svuotato, ossia a prescindere dai casi in cui l'appaltatore abbia agito come un mero nudus minister.
b) Caso fortuito Per quanto riguarda il caso fortuito che, ex art. 2051 c.c., esclude la responsabilità del custode, la Suprema Corte ha precisato che in caso di appalto non può automaticamente coincidere con l'inadempimento agli obblighi del contratto da parte dell'appaltatore. Ciò sia perché in questo modo si finirebbe per sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito e sia perché si configurerebbe una modalità peculiare e riduttiva tale da reintrodurre, in altro modo, un'abusiva contrattualizzazione della fattispecie. L'imprevedibilità/inevitabilità, dunque, non deve essere degradata ad una vuota fictio, bensì afferire ad una condotta dell'appaltatore non percepibile in toto dal committente.
La Suprema Corte ha affermato anche che, nel caso oggetto di esame, avendo la Corte di Appello espressamente escluso l'emergenza di elementi idonei a risalire alle cause dell'incendio ha, pertanto, correttamente escluso il caso fortuito (in quanto non v'era prova che il fatto dell'appaltatore avesse assunto quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità ed autonoma incidenza causale rispetto all'evento dannoso, tali da integrare il caso fortuitoche avrebbe liberato il committente/custode), il cui onere probatorio incombeva sul committente/custode.
L'esigenza di un maggior rigorismo probatorio. Sull'esimente del fortuito la Suprema Corte è tornata, soprattutto di recente, ad esigere un rigore (assertivo e) probatorio maggiore da parte del custode che intenda liberarsi dalla responsabilità oggettiva che l'art. 2051 c.c. pone a suo carico.
Si segnala in merito Cass. civ., sez. III, 2 maggio 2022, n. 13729, nella quale la Suprema Corte ha sunteggiato alcune delle massime più coerenti sul tema degli ultimi 3 anni e nella quale viene espressamente affermato che “A seguito delle pronunce che vengono di seguito citate, questa Suprema Corte ha rivalorizzato l'obbligo di custodia ponendo a carico del custode la prova del caso fortuito in termini più rigorosi che in passato. Si consideri Cass., 23 gennaio 2019 n. 1725, secondo la quale il custode comunque deve predisporre quanto necessario per prevenire danni attinenti alla cosa custodita; il caso fortuito, pertanto, sarà integrato dalla condotta del terzo o del danneggiato soltanto se si traduca in una alterazione imprevista e imprevedibile dello stato della cosa. A sua volta Cass., 29 gennaio 2019 n. 2345 rileva che è necessario tenere conto della natura della cosa per cui quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, quanto di più il possibile pericolo è prevedibile e superabile dal danneggiato con normali cautele, e quindi quanto più è l'efficienza causale della sua condotta imprudente che giunge, eventualmente, a interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno ovvero a espungere la responsabilità del custode. La Cass., 12 maggio 2020 n. 8811 rileva ancora che la responsabilità ex art. 2051 c.c. impone al custode, presunto responsabile, di provare l'esistenza del caso fortuito, considerato comunque che i suoi obblighi di vigilanza, controllo e diligenza gli impongono di adottare tutte le misure idonee per prevenire e impedire la produzione di danni a terzi. La Cass., 13 gennaio 2021, n. 456 da ultimo conferma che il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode la prova cd. liberatoria mediante dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità”. |