Espropriazione immobiliare: modalità di intervento dei creditori con diritto di prelazione risultante dai pubblici registri

Redazione scientifica
23 Maggio 2022

Il creditore che, al momento del pignoramento, ha un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, può intervenire nel processo di espropriazione forzata anche se non munito di titolo esecutivo, senza che siano necessari il deposito e la notifica dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili.

La vicenda riguardava una procedura di espropriazione immobiliare promossa da una società per azioni nei confronti dei debitori esecutati B. e D.P., nell'ambito della quale interveniva, tra gli altri creditori, la banca P.

In particolare, quest'ultima interveniva in forza di contratto di apertura di credito stipulato con una S.p.A., in relazione al quale gli esecutati B. e D.P. avevano prestato, quali terzi datori di ipoteca, garanzia reale sui loro immobili iscritta nei pubblici registri.

Alienati gli immobili, veniva predisposto il progetto di distribuzione del ricavato che riconosceva alla Banca intervenuta, quale creditore ipotecario di secondo grado, la somma di Euro 279.415,86.

La società cessionaria del credito della creditrice procedente contestava il riparto e, segnatamente,il credito dell'intervenuta, in quanto questa era intervenuta sine titulo e senza il rispetto delle modalità e delle forme prescritte dall'art. 499 c.p.c.

Con ordinanza, il g.e. pur dando atto che il contratto di apertura di credito non costituisce titolo esecutivo, reputava ammissibile l'intervento del menzionato istituto di credito in quanto fondato su un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.

La medesima società cessionaria proponeva opposizione ex artt. 512 c.p.c. e 617 c.p.c., ribadendo che l'avversario intervento era inammissibile ma il Tribunale respingeva l'opposizione e condannava l'opponente alla rifusione delle spese di lite.

Di qui il ricorso per cassazione proposto dalla società cessionaria del credito della procedente, la quale lamentava che il Tribunale aveva considerato ammissibile l'intervento della Banca P., pur essendo avvenuto in violazione delle modalità di cui all'art. 499 c.p.c.

La ricorrente riteneva che la banca intervenuta, non essendo munita di titolo esecutivo (non potendosi considerare tale il contratto di apertura di credito), avrebbe dovuto dare prova del proprio credito, allegando al ricorso l'estratto autentico notarile delle scritture contabili.

La Suprema Corte ha ritenuto la tesi infondata, perché confonde due distinti profili, l'uno relativo ai requisiti formali per l'intervento sine titulo nel processo esecutivo, l'altro attinente ai presupposti per la partecipazione alla distribuzione del ricavato.

Il fatto che il creditore privo di titolo esecutivo possa legittimamente intervenire nell'esecuzione rispettando le regole dettate nei primi tre commi dell'art. 499 cod. proc. civ. non vale a ritenere che lo stesso sia esonerato dall'onere di dare prova del proprio credito.

Nel caso de quo, era pacifico che la Banca P. fosse intervenuta nel processo espropriativo senza essere munita di un titolo esecutivo, posto che il contratto di finanziamento in apertura di credito difettava dei requisiti ex art. 474, comma 1, c.p.c.

Tuttavia, il suo intervento era ammissibile poiché la citata Banca era da considerarsi creditore che, al momento del pignoramento, aveva «un diritto di prelazione risultante da pubblici registri» (id est, l'ipoteca iscritta contro gli esecutati).

Non costituiva, cioè, requisito indefettibile per l'intervento il deposito dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili, prescritto per i creditori non muniti di titolo, ma titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili.

D'altro canto, ciò non esimeva il creditore intervenuto dall'onere di dimostrare la sussistenza e l'entità del suo credito, che è pure suscettibile di contestazioni da parte dell'esecutato e anche dai creditori concorrenti in sede di distribuzione del ricavato (Cass. civ. n. 7107/2015).

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