Cessione del credito e opponibilità al fallimento del debitore ceduto

23 Maggio 2022

La Cassazione è tornata sul tema della cessione del credito nel caso di fallimento del debitore ceduto, ribadendo, in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, quali presupposti siano necessari ai fini dell'opponibilità della cessione al passivo fallimentare.
La massima

Il combinato disposto dell'art. 45 l.fall. con l'art. 1264 c.c. viene in rilievo, sotto il profilo dell'opponibilità della cessione, solo in caso di fallimento del debitore cedente, poiché la disciplina di riferimento, relativa alla circolazione dei diritti ex art. 2914 ss. c.c., mira a dirimere i possibili conflitti tra più cessionari ovvero tra i cessionari e i creditori del cedente. Va dunque data continuità all'orientamento per cui, in caso di fallimento del debitore ceduto, il cessionario è tenuto a dare la prova del credito e della sua anteriorità al fallimento, qualora venga in discussione la sua opponibilità, ma non anche la prova dell'anteriorità della cessione al fallimento.

Il caso

Il Tribunale di Roma rigetta l'opposizione allo stato passivo del fallimento di una società proposta da una società di factoring a seguito del diniego di ammissione del credito di cui risultava creditrice in forza di contratto di cessione. Tale pronuncia di rigetto viene impugnata dalla società di factoring (o meglio dalla sua mandataria che agiva per la riscossione del credito) avanti alla Corte di cassazione per violazione e falsa applicazione degli artt. 45 l.fall. e 1264 c.c ., nella parte in cui il Tribunale fonda il rigetto dell'opposizione sulla mancanza di prova della notifica della cessione al debitore ceduto anteriore alla dichiarazione di fallimento.

La società ricorrente rileva essenzialmente che: (i) il contratto di cessione si perfeziona con l'accordo tra cedente e cessionario a prescindere dalla notifica al debitore ceduto; (ii) il richiamo all'art. 45 l.fall., che costituisce il corrispettivo dell'art. 2914 c.c. in tema di pignoramento, opera solo per gli atti privi di data certa anteriore al fallimento; (iii) l'art. 45 l.fall. disciplina il caso del fallimento del cedente e non quello del ceduto, essendo in quest'ultimo caso indifferente per la curatela fallimentare che sia ammesso il cedente o il cessionario ed essendo possibile la cessione del credito successivamente alla declaratoria di fallimento.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso ritenendolo fondato in quanto: (i) nel caso di cessione del credito vantato verso un soggetto poi dichiarato fallito la legittimazione del creditore dipende dall'anteriorità del credito ceduto e non dalla anteriorità dell'atto di cessione, che può intervenire successivamente alla dichiarazione di fallimento; (ii) il combinato disposto dell'art. 45 l.fall. e dell'art. 1264 c.c. viene in rilievo, sotto il profilo dell'opponibilità della cessione, solo nel caso di fallimento del cedente, poiché la disciplina di riferimento mira a dirimere i conflitti tra più cessionari ovvero tra cessionari e creditori del cedente. Conclude quindi la corte che, nel caso di fallimento del debitore ceduto, il cessionario è tenuto a dare la prova del credito e della sua anteriorità al fallimento e non la prova della anteriorità della cessione al fallimento.

Le questioni giuridiche e la soluzione della Cassazione

Il credito può essere ceduto anche durante il procedimento fallimentare: ai fini dell'ammissione al passivo occorre solo l'anteriorità del credito

La Suprema Corte rileva che al fine dell'ammissione al passivo del fallimento risulta sufficiente che il credito sia munito, ai sensi dell'art. 2704 c.c., di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, potendo il credito essere ceduto anche posteriormente alla declaratoria di fallimento.

I giudici di legittimità arrivano a tale conclusione fondandosi sul tenore letterale della legge fallimentare che consente anche le cessioni intervenute dopo la dichiarazione di fallimento e, in particolare: sull'art. 56, comma 2, l.fall che non censente la compensazione per i crediti non scaduti se il credito è stato acquistato dal creditore dopo la sentenza dichiarativa di fallimento; sull'art. 127, ultimo comma, che esclude dal voto nel concordato fallimentare i creditori che hanno acquisito i crediti dopo la dichiarazione di fallimento e, infine, sull'art. 115 l.fall. che, con riferimento al pagamento ai creditori, prende specificamente in considerazione l'ipotesi di cessione di crediti (già ammessi al passivo) dopo la dichiarazione di fallimento, consentendo il riparto a favore dei cessionari che abbiano tempestivamente comunicato l'intervenuta cessione prima del riparto.

I giudici di legittimità non distinguono tra l'atto di cessione del credito e la notifica di tale cessione al debitore ceduto: mentre la sentenza impugnata dichiara la non ammissibilità del credito a causa della mancanza di prova della notifica della cessione anteriore alla data di dichiarazione di fallimento, la Corte di cassazione accoglie il ricorso e rinvia al Tribunale di Roma in quanto ritiene sufficiente l'anteriorità del credito e non necessaria la prova dell'anteriorità della cessione e quindi sembrerebbe, implicitamente, anche della notificazione della stessa, evento quest'ultimo logicamente successivo all'atto di cessione.

Ratio degli artt. 45 l.fall., 1264 c.c. e 2914 c.c. e irrilevanza nel caso di fallimento del debitore ceduto

La Suprema Corte precisa che il combinato dispostodell'art. 45 l.fall. e dell'art. 1264 c.c., ai sensi del quale sono opponibili al fallimento solo le cessioni di crediti le cui le formalità finalizzate a rendere la cessione opponibile al debitore ceduto (la sua accettazione o la notificazione al debitore ceduto) sono intervenute anteriormente alla dichiarazione di fallimento, riflette - nell'ambito concorsuale - il principio e la ratio che l'art. 2914 c.c. sancisce in caso di pignoramento, relativamente alla circolazione dei diritti.

Sulla base di tale ratio ritiene quindi che il suddetto combinato disposto venga in rilievo, con riferimento all'opponibilità della cessione, solo in caso di fallimento del cedente laddove tale normativa è utile, come l'art. 2914 c.c. in tema di pignoramento, a dirimere i conflitti tra più cessionari e tra i cessionari e i creditori del cedente.

Legittimazione del creditore ai fini del concorso: distinzione tra fallimento del cedente e fallimento del debitore ceduto

In conclusione, con riferimento alla legittimazione del creditore ai fini del concorso, rinviando semplicemente ai propri precedenti (Cass. 14 maggio 2014, n. 10454, per errore indicata come n. 10545/2014) e senza motivare nel dettaglio, i giudici di legittimità distinguono quindi tra:

  • il caso del fallimento del cedente con riferimento al quale occorre la prova non solo della anteriorità del credito ma anche della cessione, in quanto occorre dirimere il contrasto tra i creditori/aventi causa del cedente e il cessionario, e
  • il caso di fallimento del ceduto nel quale occorre solo la prova dell'anteriorità del credito e non della cessione rispetto alla dichiarazione di fallimento, in quanto non vi è nessun conflitto da dirimere tra il cessionario e i creditori del fallito, per i quali è indifferente che il credito sia vantato dal cedente o dal cessionario.

Osservazioni

Premessa: la cessione dei crediti nel caso di fallimento del debitore ceduto

La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento è costituita da un caso di cessione dei crediti vantati da una società nei confronti di un'altra, successivamente fallita, e ceduti ad una società di factoring che, in qualità di cessionaria, ha proposto domanda di ammissione al passivo del fallimento della debitrice. Non è specificato nella sentenza se la cessione fosse avvenuta anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento, se essa era pro solvendo o pro soluto, risultando soltanto chiaro che non vi era prova che la notifica della cessione fosse intervenuta prima del fallimento.

La Suprema Corte sancisce, in linea con i propri precedenti, che, con riferimento alla legittimazione del creditore ai fini della partecipazione al concorso nel fallimento del debitore ceduto, occorre che il credito ceduto sia munito di data certa anteriore al fallimento ai sensi dell'art. 2704 c.c., non essendo invece necessario che sia anteriore l'atto di cessione del credito (quindi anche la notificazione dello stesso al debitore ceduto o la accettazione della cessione da parte di quest'ultimo, atti entrambi logicamente posteriori all'atto di cessione).

A tale riguardo e ai fini dell'analisi che segue, giova ricordare brevemente che la cessione del credito è una fattispecie a formazione consensuale, bilaterale, tra la parte che cede il credito e la parte che lo acquista, rimanendo il debitore ceduto estraneo a tale rapporto: mentre l'effetto traslativo in capo al cessionario si verifica immediatamente con lo scambio del consenso tra cedente e cessionario, l'efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto si realizza soltanto con l'accettazione di quest'ultimo o l'avvenuta notifica della cessione, ai sensi dell'art. 1264 c.c. È infatti pacifico in dottrina e in giurisprudenza che il disposto dell'art. 1264 c.c. circa la necessità della conoscenza della cessione da parte del debitore ceduto (attraverso la notificazione o l'accettazione della cessione, che possono avvenire in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo idonei allo scopo) rileva non ai fini dell'effetto traslativo della cessione, ma ai fini dell'effetto liberatorio del debitore che pagando al cedente si libera soltanto se la cessione non gli era stata notificata o non era stata da lui accettata.

Si consideri inoltre che la Suprema Corte, nella sentenza Cass., sez. un., 28 agosto 1990, n. 8879, aveva affermato che, in caso di conflitto tra creditori anteriori e posteriori al fallimento ai sensi degli artt. 44 e 52 l.fall., la norma rilevante ai fini di accertare l'anteriorità del credito ceduto rispetto alla apertura del fallimento e la sua ammissibilità nel passivo è l'art. 2704 c.c., che riguarda l'efficacia delle scritture nei confronti dei terzi e non l'art. 2710 c.c. sulla loro efficacia probatoria tra imprenditori. Anche a seguito e in evoluzione di tale sentenza, la giurisprudenza è ora costante nel ritenere il curatore fallimentare, in sede di formazione del passivo, terzo rispetto al rapporto giuridico posto alla base della pretesa creditoria fatta valere con l'istanza di ammissione. Ciò non tanto in quanto egli non è successore del fallito (se pur, in alcuni casi, il curatore diviene parte anche sostanziale soggiacendo alle eccezioni legate alla vicenda negoziale e ponendosi quindi nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, ad esempio nel caso in cui agisce per ottenere l'adempimento di un contratto stipulato dall'impresa in bonis), ma in quanto la sua funzione è quella di tutelare la massa dei creditori e disciplinarne il concorso.

Alla luce di tale considerazione, come si approfondirà nel successivo paragrafo, al curatore del fallimento del debitore ceduto, terzo rispetto alle parti del rapporto, non importa l'avvenuta notificazione della cessione, ma l'esistenza del credito in data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento: il curatore tutela, infatti, la massa dei creditori ammettendo al passivo i crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento del debitore ceduto, non rilevando a tale fine la titolarità soggettiva di tale credito in capo al cedente o al cessionario. Come affermato dalla S.C. nella pronuncia in commento, ne consegue, in sede di verifica dei crediti nella procedura di fallimento del debitore ceduto, la necessità di verificare soltanto l'anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento ovvero la data certa anteriore al fallimento nelle scritture allegate come prova del credito ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2704 c.c. Diversamente nel caso del fallimento del creditore cedente, come si vedrà nel prosieguo, il curatore, per quanto sempre terzo rispetto alle parti e “garante” della massa passiva, non è insensibile alla avvenuta notifica della cessione: in tal caso proprio la sua funzione di tutelare la massa passiva del cedente gli impone di verificare che gli atti con i quali viene diminuito il patrimonio del fallito siano opponibili agli altri creditori proprio alla luce delle norme che disciplinano la circolazione dei diritti e quindi dell'art. 45 l.fall. (e dell'art. 2914 c.c.).

Per mera completezza si osserva chela fattispecie esaminata nella sentenza in commento riguarda una ipotesi di factoring, disciplinata dalla L. 52/1991, legge speciale rispetto alla disciplina codicistica degli artt. 1260 ss. c.c.. Non sembra che tale circostanza sia stata considerata dalla sentenza in commento, disciplinando d'altronde tale legge la diversa ipotesi di fallimento del cedente e, in particolare, introducendo un nuovo criterio di opponibilità della cessione a terzi che si aggiunge a quello di cui agli artt. 1264 e 2914 c.c.: il cessionario può infatti rendere opponibile il proprio acquisto agli altri aventi causa, ai creditori e al fallimento del cedente attraverso il pagamento totale o parziale del corrispettivo purché tale pagamento abbia data certa anteriore al momento in cui l'altrui acquisto viene reso efficace, al pignoramento o alla sentenza di fallimento.

Opponibilità della cessione dei crediti nel caso del fallimento del ceduto: ratio degli artt. 45 l.fall. e 1264 c.c. e art. 2914 c.c.

I giudici di legittimità nella sentenza in commento, in linea con il proprio precedente richiamato in motivazione e con le decisioni successive, affermano che il combinato disposto degli artt. 45 l.fall. e 1264 c.c. viene in rilievo solo in caso di fallimento del debitore cedente, poiché la disciplina di riferimento relativa alla circolazione dei diritti, di cui all'art. 2914 n. 2 c.c., riguarda il pignoramento che ha per oggetto un credito appartenente al debitore esecutato ed è finalizzata a dirimere i possibili conflitti tra cessionari ovvero tra cessionari e creditori del cedente.

Risulta, infatti, pacifico in dottrina e in giurisprudenza che l'art. 45 l.fall., stabilendo l'inefficacia rispetto ai creditori delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi se compiute dopo la dichiarazione di fallimento, rappresenta l'applicazione in sede concorsuale dei principi sanciti per la circolazione dei diritti dagli artt. 2914 ss. c.c. in tema di pignoramento, regolando con lo stesso criterio il conflitto tra la massa dei creditori del cedente fallito e il cessionario. L'art. 2914 n. 2 c.c. prevede, infatti, l'inopponibilità al creditore pignorante delle cessioni di credito che, sebbene anteriori al pignoramento stesso, siano poi state notificate al debitore ceduto o da questo accettate successivamente al pignoramento: il creditore procedente viene quindi assimilato ad un avente causa dal debitore esecutato attraverso il richiamo ai principi generali in materia di circolazione dei beni al fine della risoluzione dei conflitti tra due acquirenti dello stesso dante causa. Nello stesso modo l'art. 45 l.fall. riguarda il caso del fallimento dichiarato nei confronti del creditore cedente e non può applicarsi al diverso caso in cui il fallito è il debitore ceduto, in quanto non vi è in tal caso conflitto tra titoli di acquisto incompatibili aventi ad oggetto lo stesso credito, poiché il fallimento del debitore non può avanzare alcun diritto con riguardo alla cessione e la cessione stessa non arreca pregiudizio al ceto creditorio, considerato che è indifferente per il fallimento ammettere al passivo e pagare il cedente o il cessionario (la S.C., nella motivazione della sentenza in commento, richiama Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10454, che ritiene l'art. 45 l.fall., come l'art. 2904 c.c., diretto al fine di dirimere conflitti tra più acquirenti; nello stesso senso si sono espresse Cass, sez. IV, 13 maggio 2021, n. 12734; Cass., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6930 e Trib. Torino, 10 aprile 2014).

Nel caso dell'art. 45 l.fall. vi è, rispetto al caso del pignoramento disciplinato dall'art. 2914 c.c., la peculiarità che, diversamente dalla fattispecie del pignoramento nella quale rileva la notificazione della cessione dei crediti, nel caso del fallimento ciò che rileva è la sentenza dichiarativa di fallimento che non viene notificata ai terzi, ma solo iscritta nel Registro delle imprese e che da tale iscrizione produce automaticamente l'effetto di inopponibilità degli atti successivi. La norma mira, infatti, a tutelare il ceto creditorio da qualunque terzo e di fatto il patrimonio del fallito a garanzia dei creditori concorsuali e non soltanto il creditore pignorante come accade nel caso delle norme citate in tema di pignoramento: l'art. 45 l.fall. è finalizzato a disciplinare le controversie che riguardano i diritti che compongono l'attivo destinato a soddisfare i creditori, gli atti dispositivi posti in essere dal debitore in relazione a diritti reali e di credito che fanno parte del suo patrimonio e rientrano quindi nella garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c., affinché non vengano alienati depauperando la garanzia patrimoniale in spregio del ceto creditorio (a tale riguardo la pronuncia della S.C. in commento risulta in linea con i propri precedenti: Cass, sez. IV, 13 maggio 2021, n. 12734; Cass., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6930; Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10454), non mira invece a dirimere le liti che possono sorgere nell'ammissione al passivo in relazione ad atti compiuti anteriormente al fallimento, ma le cui formalità sono state poste in essere successivamente.

Come autorevolmente sostenuto, l'art. 45 l.fall. si pone come autonoma regola di conflitto nei rapporti tra creditori e qualunque soggetto cerchi di sottrarre beni all'attivo fallimentare: non si può applicare di per sé alla notifica della cessione del credito verso il debitore fallito. Ci sono infatti ipotesi in cui la notifica è rilevante per il fallimento e casi in cui la notifica non è opponibile: nel caso di fallimento del debitore ceduto, la formalità della notifica serve solo per rendere consapevole il debitore di quale sia il soggetto titolare del credito e legittimato a farlo valere nei confronti del fallimento, essendo il curatore indifferente rispetto al soggetto da pagare; nel diverso caso del fallimento del cedente, invece, l'opponibilità della cessione a seguito della notifica risulta rilevante al fine di dirimere il conflitto tra creditori del cedente e il cessionario, in quanto la cessione del credito depaupera il patrimonio del fallito e quindi non è indifferente per la massa dei creditori, per la quale il fallimento realizza di fatto un pignoramento generale sui beni del fallito, con la conseguente applicazione dei criteri di inefficacia degli atti successivi alla costituzione del vincolo di indisponibilità di cui all'art. 2914 c.c..

Differenza tra fallimento del debitore ceduto e del creditore cedente e possibilità di cessione anche in pendenza della procedura fallimentare

I giudici di legittimità, nello statuire l'erroneità della conclusione alla quale sono giunti i giudici di merito, pongono altresì l'accento sulla circostanza che la cessione del credito può legittimamente avvenire anche in costanza di procedura fallimentare come risulta dal tenore testuale delle norme.

In particolare, la Suprema Corte, richiamando il proprio precedente (Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10454), evidenzia come la legge fallimentare prende in considerazione anche le cessioni del credito intervenute dopo la sentenza dichiarativa di fallimento: l'art. 56, comma 2, l.fall. che prevede espressamente la possibilità di cessione del credito dopo la dichiarazione di fallimento escludendo in tal caso la possibilità di compensazione con i debiti verso il fallito; l'art. 127, ultimo comma, l.fall. che esclude il diritto di voto nel concordato fallimentare ai trasferimenti di crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento. In tale ottica, quindi, risulta non corretto il riferimento alla data certa ex art. 2704 c.c. anteriore al fallimento come condizione per l'opponibilità al fallimento della scrittura privata di cessione, ben potendo la cessione intervenire anche successivamente alla dichiarazione di fallimento.

A tale riguardo si deve considerare, come evidenziato dalla Suprema Corte, che anche l'art. 115 l.fall. espressamente prevede l'eventualità di cessione del credito durante la procedura fallimentare, statuendo che “se, prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l'intervenuta cessione”.

D'altronde ogni credito, per poter essere ammesso al passivo, deve essere accertato ai sensi dell'art. 93 l.fall. che riguarda ben appunto l'accertamento del credito, che deve essere anteriore alla data di dichiarazione di fallimento, e non l'accertamento dei suoi titolari se non per il profilo della legittimazione soggettiva ad insinuarsi al passivo e a partecipare ai riparti: nel caso di fallimento del ceduto, una volta accertata l'esistenza del credito risulta del tutto indifferente per il debitore il soggetto legittimato a ricevere il riparto, sia esso il cedente o il cessionario. Anzi, in tal caso, l'esclusione del credito dalla massa passiva costituirebbe un ingiustificato arricchimento per la procedura fallimentare e per gli altri creditori che, partecipando ai riparti in quanto ammessi al passivo, beneficerebbero di un passivo ridotto. Diverso il caso del fallimento del cedente, laddove invero tale soggettività risulta rilevante per la massa: in tale caso, infatti, il pregiudizio della cessione del credito è in re ipsa qualora si dichiari la cessione opponibile al fallimento, in quanto il credito esce dalla massa attiva fallimentare in pregiudizio ai creditori del cedente e, pertanto, tale effetto sarà legittimo solo se effettivamente la cessione è opponibile al fallimento ovvero qualora sia anteriore alla declaratoria di fallimento, per quanto sopra esposto. In tal caso, come sopra evidenziato, l'applicazione degli artt. 45 l.fall. e 2914 c.c. risulta fondamentale per preservare il patrimonio del fallito a vantaggio dei creditori e proteggerlo da eventuali collusioni del debitore con terzi compiacenti, finalizzate allo scopo di depauperare l'attivo costituito dai crediti oggetto di cessione: in caso di notifica o accettazione prive di data certa anteriore al fallimento, il credito sarà quindi considerato come ancora facente parte della massa attiva del fallito, anche se il diritto si è validamente trasferito, per effetto del consenso, al cessionario. Nel caso di fallimento del debitore ceduto, come correttamente rilevato dai giudici di legittimità in conformità con i propri precedenti, non viene in rilievo né il principio di cui all'art. 2914 c.c., in quanto non vi è un conflitto tra creditore pignorante (o meglio tra la massa dei creditori nel caso del fallimento) e il cessionario del credito, né l'art. 45 l.fall. con riferimento al credito verso il debitore ceduto e fallito, per il quale l'unico caso di conflitto che potrebbe ravvisarsi è l'ipotesi di eccezione di compensazione del credito acquisito in forza dell'atto di cessione con i debiti del creditore cessionario verso il fallito che avrebbe l'effetto di diminuire l'attivo a disposizione della massa dei creditori del fallito.

Come affermato dai giudici di legittimità nel precedente richiamato nella pronuncia in commento (Cass. 14 maggio 2014, n. 10454) e i successivi, conformi, nel caso quindi di fallimento del debitore ceduto, occorrerà accertare soltanto se il credito ceduto è già stato o meno ammesso al passivo: nell'ipotesi affermativa, il cessionario dovrà seguire la procedura di cui all'art. 115 l.fall., mentre in caso negativo, egli dovrà dimostrare solo l'esistenza del credito anteriore al fallimento e l'esistenza della cessione che sarà opponibile al fallimento anche se successiva alla sentenza declaratoria, senza dover provare di aver notificato al debitore o che questi abbia accettato la cessione con atto antecedente al fallimento. Peraltro, è stato osservato sia in dottrina che in giurisprudenza che la stessa domanda di insinuazione al passivo fallimentare vale come notifica al debitore ceduto e perfeziona anche nei confronti del debitore ceduto la legittimazione del cessionario a far valere il diritto di credito. L'anteriorità della cessione, come sopra detto, avrà quindi rilevanza solo ai fini della possibilità di compensazione di debiti che il cessionario ha maturato nei confronti del fallito, oppure in caso di concordato fallimentare ai fini della possibilità di esercitare il diritto di voto.

Conclusioni

La pronuncia in commento risulta allineata ai precedenti della Suprema Corte che distinguono tra il caso del fallimento del cedente dall'ipotesi del fallimento del debitore ceduto, affermando in tale ultimo caso la sufficienza, ai fini dell'ammissione allo stato passivo, della anteriorità del credito ceduto.

Il Tribunale di Roma, come già in precedenza il Tribunale di Sulmona, affermando la necessità della notifica della cessione al debitore ceduto in data anteriore al fallimento al fine della ammissione del cessionario al passivo del debitore ceduto fallito, ha forse preferito risolvere il conflitto tra la procedura fallimentare e il terzo cessionario del credito utilizzando le norme dell'esecuzione individuale, piuttosto che utilizzare la disciplina di protezione per i terzi di cui alla legge fallimentare, più favorevole. In tal modo però i giudici di merito hanno forzato tale disciplina, prevista per disciplinare i conflitti tra più acquirenti del credito, applicandola al caso di un solo acquirente che non risulta in conflitto con la massa passiva fallimentare.

Inoltre la Corte di Cassazione, nel caso di fallimento del debitore ceduto, focalizza l'attenzione sul momento in cui è sorto il credito e non sulla opponibilità della cessione dello stesso al debitore ceduto in forza della successiva notifica (o accettazione): i giudici di legittimità forniscono in tal modo maggior tutela al terzo cessionario di un credito del fallito dopo la sentenza di fallimento, che altrimenti - secondo l'indirizzo del Tribunale di Roma (e del Tribunale di Sulmona) - verrebbe pregiudicato nonostante la sentenza di fallimento non gli venga comunicata o notificata ma solo iscritta a Registro imprese. In tal caso, infatti, la conseguenza sarebbe rilevante nel caso in cui la cessione era pro soluto e il cessionario abbia pagato il corrispettivo per la cessione: alla luce dell'orientamento del Tribunale di Roma (e del Tribunale di Sulmona), il cessionario non potrebbe insinuarsi al passivo fallimentare né chiedere la ripetizione al cedente del corrispettivo pagato quale prezzo della cessione. Diversamente, secondo l'orientamento della Cassazione, il cessionario potrebbe insinuarsi al passivo del debitore ceduto per l'intero ammontare del credito acquistato anche nel caso di cessione perfezionata e perfino notificata dopo la sentenza dichiarativa di fallimento, della quale d'altronde non è detto avesse effettiva conoscenza, considerato il suo regime di iscrizione nel Registro imprese e non anche di notifica ai terzi.

Guida all'approfondimento

Sulla natura consensuale del contratto di cessione del credito e sulla non necessità della notifica o accettazione del ceduto ai fini del suo perfezionamento cfr. in giurisprudenza Cass. 13 luglio 2011, n. 15364; Cass. 5 novembre 2009, n. 23463; Cass. 26 aprile 2004, n. 7919; in dottrina ex multis cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997, 580 ss.; P. PERLINGERI, Della cessione dei crediti, in Commentario del codice civile, a cura di SCIALOJA-BRANCA, libro IV delle obbligazioni, Bologna – Roma, 1982, 159 ss.

Sulla terzietà del curatore fallimentare rispetto al rapporto di cessione del credito si vedano in giurisprudenza Cass., sez. un., 20 febbraio 2013, n. 4213; Cass. 26 luglio 2012, n. 13282; Cass. 9 maggio 2011, n. 10081; Cass. 22 ottobre 2009, n. 22430; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1543; Cass. 15 marzo 2005, n. 5582; in dottrina: M. RANIELI, Osservazioni a Cass. sez. un. 20 febbraio 2013 n. 4213 in tema di opponibilità della data certa nel procedimento di verifica del passivo, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2014, 407 ss.; G. FICARELLA, L'eccezione di carenza di data certa del documento nel procedimento di accertamento del passivo, Il Fallimento, 2014, 179 ss.; I. PAGNI, La formazione dello stato passivo: il ruolo del curatore e del giudice delegato, in A. JORIO – M. FABIANI (diretto da), Il nuovo diritto fallimentare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riforma, Bologna, 2010, 347 ss.; L. GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino 2011, 206 ss.; G. SCARSELLI, L'accertamento del passivo, Milano, 1991, 399 ss.

Sulla ratio dell'art. 45 l.fall. finalizzato a preservare il patrimonio attivo da atti fraudolenti idonei a depauperarlo cfr. in giurisprudenza Cass. 8 agosto 2013, n. 19025; Cass. 19 giugno 2008, n. 16669; in dottrina ex multis cfr. W. CELENTANO, Gli effetti patrimoniali e personali del fallimento per il fallito, in G. FAUCEGLIA – L. PANZANI, Fallimento e altre procedure concorsuali, Milano, 2009, I, 457 ss.; G. DE FERRA, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2002, 96 ss.; A. MAFFEI ALBERTI, Commentario alla legge fallimentare, Padova, 2000, 156 ss.

Sulla circostanza che l'art. 45 l.fall. è l'applicazione in sede concorsuale dei principi di cui all'art. 2914 c.c. cfr. in giurisprudenza Cass, sez. IV, 13 maggio 2021, n. 12734; Cass., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6930; Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10454; Cass. 7 maggio 2014, n. 9831; Cass. 14 marzo 2006, n. 5516; Cass. 22 marzo 2001, n. 4090; Cass. 29 dicembre 2000, n. 16235; in dottrina cfr. ex multis A. NATALE, La circolazione del credito nelle procedure concorsuali, Milano, 2018, 96 ss.; V. RINALDI, La cessione del credito, il fallimento del debitore ceduto e l'art. 45 della legge fallimentare, in Fallimento 2005, 1305 ss.; S. SATTA, Diritto fallimentare, Padova, 1996, 161 ss.; G. LO CASCIO, Il fallimento, Milano, 1988, 154 ss.; L. GUGLIELMUCCI, Lezioni di diritto fallimentare, Torino, 2003, 107 ss.

Sulla non necessità dell'anteriorità della cessione per l'ammissione del credito vantato dal cessionario nel passivo del debitore ceduto cfr. in giurisprudenza Cass, sez. IV, 13 maggio 2021, n. 12734; Cass., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6930; Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10454; Cass., sez. un., 20 febbraio 2013, n. 4213; Trib. Torino, 10 aprile 2014 e Trib. Rimini, 11 novembre 2014 (conformi anche Cass. 23 giugno 2016, n. 13086 e Cass. 15 luglio 2011, n. 15660 sull'onere del cessionario di dimostrare anteriorità della cessione solo ai fini dell'eventuale compensazione); in dottrina U. STEFINI, La cessione del credito, in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo diretto da P. SCHLESINGER, V. ROPPO e F. ANELLI, Milano, 2020, 202 ss.; G. FICARELLA, Opponibilità al fallimento del debitore ceduto della cessione di credito priva di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, Fallimento, 2015, 599 ss.; V. RINALDI, La cessione del credito, il fallimento del debitore ceduto e l'art. 45 della legge fallimentare, Fallimento 2005, 1305 ss.; A.A. DOLMETTA, Cessione dei crediti, Digesto disc. priv. sez. civ., Torino, 1987, 33 ss.

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