Composizione negoziata della crisi: la visione industriale

24 Maggio 2022

La procedura per la composizione negoziata della crisi offre grandi possibilità non solo per garantire la continuità aziendale dell'impresa, ma anche per superare rigidità e problematiche del sistema previgente. A tal fine, è necessario che tutti gli attori coinvolti comprendano la portata del proprio ruolo e si adoperino per un comune obiettivo.

Oltre al suo connotato innovativo, la procedura di composizione negoziata offre certamente, nella sua ampia discrezionalità di impostazione e conduzione, un profilo di grande responsabilità all'imprenditore: lo chiama cioè ad assumersi la piena responsabilità delle scelte assunte fino al giorno prima, in un'ottica di totale trasparenza – non solo rispetto agli altri, ma prima ancora rispetto a sé stesso – rispetto al reale funzionamento del suo sistema aziendale.

Si torna alla fonte, alla finalità di un'impresa in concreto: il profitto. Senza il profitto non esiste sostenibilità; e la mancanza di profitto sottopone l'impresa ad un giudice supremo costituito dal mercato, che ne decreta la fine non con una sentenza, ma con l'asfissia progressiva.

La prima scelta da compiere, in vista della composizione, è se valga la pena salvare qualcosa di molto compromesso oppure se non sia meglio ripartire ex novo, su un altro terreno, per ricostruire una nuova realtà utilizzando le competenze e le risorse ancora in grado di esprimere valore. In questa scelta l'imprenditore ha un nemico dentro di sé da cui deve guardarsi: la vergogna o quel sentimento di insistenza cieca sulle proprie convinzioni che si manifesta con la chiusura ad ogni critica oggettiva. Ha una sfida che deve affrontare: superare una cultura che identifica il fallimento di un percorso con il fallimento di tutta l'esistenza dell'imprenditore, verso l'ammissione che l'infallibilità imprenditoriale non esiste e che più che alla caduta nel percorso ci si deve allenare alla capacità di rialzarsi. Questo terrore dell'onta oscura è probabilmente il nemico culturale più presente e dannoso, che ha tenuto gli imprenditori lontani dall'ottica di intervento e che di conseguenza ha portato alle storture della continuità di imprese che per anni si sono trascinate in una deriva progressiva, sfociata poi in danni sociali con indebitamenti abnormi rispetto al fatturato e alla dimensione del business.

L'intervento chirurgico della ristrutturazione è tanto efficace quanto prima lo si programmi, e spesso intervenire tardi significa non riuscire a salvare le sorti di una rilevante parte dell'impresa o peggio di tutta la sua storia. Ammettere che un modello di business non funziona più e che si deve modificare sostanzialmente l'ingegneria della propria realtà è il primo passo per concentrare ed ottimizzare le tante risorse necessarie a ristrutturare un'impresa. Da questo punto e con questo sguardo l'imprenditore può davvero rimettersi su un cammino nuovo con la speranza di riuscire a far rinascere una realtà che potrebbe avere fattezze molto diverse da ciò che è stata in passato.

Nel momento in cui si deve rivedere il proprio concetto di impresa, nasce l'esigenza di comprendere come e con chi fare questo lavoro. Innanzitutto, i fondamentali di questa attività si possono definire in tre concetti: profittabilità, sostenibilità finanziaria, fattibilità realistica nel contesto. In questa attività di revisione l'imprenditore ha necessità di avere vicino a sé figure che conoscano il mercato in cui opera, che siano in grado di simulare scenari sotto il profilo economico e finanziario, professionisti che gli possano fornire l'affrancamento dei valori sotto il profilo contrattuale e strutturale. Queste figure non devono avere condizionamenti che limitino la libertà di manifestare la verità delle cose, devono tuttavia essere liberi da interessi correlati o da legami storici troppo forti, che condizionino l'oggettività. Idealmente devono essere operatori di specifiche materie che intervengono formando una squadra chiamata al letto dell'impresa in difficoltà, per cercare di organizzare un delicato intervento chirurgico. Non vanno confusi con i medici generici che hanno assistito l'impresa nel lungo corso della sua esistenza, devono essere specialisti chiamati all'intervento di risanamento. L'Esperto pare che sia stato immaginato con questi profili dal legislatore, che non ha voluto pescare le competenze dall'albo degli operatori delle procedure concorsuali, popolato di professionisti che si sono trovati a gestire imprese per lo più malate terminali nel corso degli anni e che hanno svolto un lavoro di onoranze funebri delle imprese, attività che è certamente risultata utile per vigilare sulla corretta applicazione delle norme fallimentari ma che raramente è riuscita a portare applicazione di logiche industriali e di continuità alle ristrutturazioni aziendali.

Comporre le crisi aziendali si può sintetizzare nell'andare dritti all'obiettivo di dare continuità alle attività, cercando di limitare i danni a carico di tutti i creditori. Dal punto di vista realistico, si può immaginare di salvare tutto il valore che si può calcolare nella differenza tra impresa operativa in bonis e liquidazione concorsuale dei beni. Un'affermazione piuttosto semplicistica che però fa pensare ai rischi di deriva e strumentalizzazione che negli anni non sono mancati e che costituiscono certamente un monito che accende il focus sulle possibili conseguenze negative di tanta libertà messa nelle mani dell'imprenditore.

Per creare connessione tra l'obiettivo della continuità e i possibili rischi, considerato il fatto che la guida dell'azienda rimane saldamente nelle mani dell'imprenditore, è senz'altro necessario comprendere in quali ambiti si deve immaginare di concentrare la vigilanza, per evitare, da una parte, che continui ad essere condotto un percorso di impresa che peggiori il livello di indebitamento, e, dall'altra, che i valori dell'attivo possano realmente essere messi in vendita, per il soddisfacimento dei creditori pur garantendo la continuità aziendale. Nel nuovo scenario l'imprenditore dovrebbe essere in grado di risanare per distribuire e poi ripartire per la strada del rilancio, una teoria da “stop and go” di una gara dove il fattore tempo è un altro degli elementi chiave.

Passare da un immobile in proprietà ad un immobile in affitto, per esempio, è una delle logiche più concrete dell'applicazione di questo principio, in quanto il miglior soddisfacimento dei creditori può essere perseguito con la vendita di un bene così rilevante, ma allo stesso tempo il bene stesso deve restare a disposizione per un arco temporale ampio, soprattutto nelle industrie manufatturiere, a causa dei costi rilevanti del trasferimento o della reinstallazione degli impianti e macchinari di produzione, prima di un possibile trasferimento.

L'imprenditore, quindi, deve emanciparsi da una gestione ordinaria e deve mettere a fuoco il più chiaramente possibile i confini tra il passato e il futuro, come a definire nel tempo un prima e un dopo che abbiano la loro autonomia patrimoniale e finanziaria. È attraverso questo stacco e questa evidenza che si possono offrire ai creditori le giuste sensazioni di chiarezza ed equanime trattamento per categorie. Questo lavoro è a mio parere essenziale in quanto, nello svolgimento dell'attività d'impresa, la liquidità è un'entità che per definizione non ha possibilità di essere distinta nel turbinio delle operazioni quotidiane che si succedono e quindi va creata una struttura specifica di isolamento. Se non si genera una condizione tecnica di divisione è come cercare di separare dell'inchiostro versato in un secchio d'acqua dopo averla agitata.

Conti correnti separati, determinazione del credito e debito del passato rispetto a quello corrente gestito per la continuità, misurazione di crediti e debiti nel contesto di attività di appalto di servizi: sono tutti elementi da prendere in considerazione e da isolare per evitare la commistione indistinta degli elementi e quindi la difficoltà a definire un quantum preciso e un tempo nel quale riconoscerlo ai creditori. Per realizzare questo lavoro è necessario partire dalla continuità e dai fattori economici, finanziari e patrimoniali, necessari a garantire la continuità aziendale badando alla loro essenzialità, per poi definire ciò che si può destinare ai creditori sul tavolo delle negoziazioni.

Proprio per la flessibilità di questa procedura si potrebbe anche ipotizzare di offrire ai creditori un riconoscimento in due fasi: nella prima attraverso la liquidazione della parte sacrificabile di attivo, nella seconda mettendo a disposizione una parte del frutto della redditività che la continuità aziendale può offrire nel tempo. Questa ipotesi non si pone in contraddizione con quanto sopra, poichè l'isolamento finanziario attuato con conti correnti separati non significa che a fine percorso non si possa riconoscere una parte del profitto, quale ulteriore distribuzione di attivo per i creditori.

Queste ipotesi, tutte viste in chiave positiva, non possono da sole definire una garanzia sistemica all'approccio e quindi è essenziale anche strutturare dei meccanismi di vigilanza che possano tenere sotto controllo anche le derive negative o i cambi di direzione che allontanino dal risultato che tutti vogliono raggiungere. Si tratta pur sempre di un percorso e in qualsiasi progetto di ristrutturazione difficilmente si può essere indovini, è piuttosto auspicabile che si definisca un obiettivo e si progredisca congiuntamente per il suo perseguimento.

Andando a profilare le attenzioni da porre sui rischi maggiori della procedura, si possono elencare:

  • peggioramento del saldo indebitamento;
  • perdita dei valori dell'attivo o grave compromissione degli stessi;
  • disallineamento preferenziale di alcuni creditori a scapito di altri.

In contrappunto a questi rischi vanno elencato quelle che possono essere definite come opportunità:

  • conservazione dei valori di mercato dell'attivo;
  • mantenimento del valore di avviamento trasformabile anche in affitto o cessione;
  • mantenimento del maggior numero di posti di lavoro sia interni all'azienda che nelle aziende fornitrici;
  • mantenimento dell'ecosistema aziendale, intendendo per tale fatturato e profitti delle imprese clienti o fornitrici nel tempo.

A determinare caso per caso cosa sia meglio fare sono l'imprenditore e i suoi professionisti, che possono misurarlo e determinarlo, sapendo tuttavia che questo lavoro di stima e valutazione andrà posto sul tavolo della trasparenza e delle trattative con i creditori.

Tornando all'approccio “stop and go”, lo stesso va inteso anche sotto il profilo finanziario e a questo proposito il ruolo delle banche è essenziale. Accanto alle previsioni normative che hanno definito un po' genericamente il fatto che gli istituti non possano modificare i rapporti in essere a seguito dell'accesso a questa procedura, ci sono da coordinare gli obblighi imposti da Bankitalia e BCE in relazione alla classificazione dei crediti (UTP in particolare), e sotto questo punto di vista andrebbero immaginate delle norme di coordinamento dedicate a questa categoria di attori principali del sistema impresa.

La classificazione negativa alla prima segnalazione presso la Centrale Rischi e il blocco dell'operatività è ciò che oggi gli istituti mettono in atto soprattutto a causa dei timori di sanzioni da parte degli organi di vigilanza finanziaria. Si trovano in effetti tra due fuochi, gli istituti, e per questa ragione si deve immaginare di trovare un terreno di mezzo, sul quale trovare il modus operandi dentro questa procedura.

Gli accordi di stand still sono stati per anni la modalità più pratica, grazie alla quale gli istituti di credito si sono abituati a guardare con un'ottica più interessata alle posizioni delle imprese in crisi; e lo stesso percorso stragiudiziale all'interno del quale questi accordi sono normalmente conclusi potrebbe risultare adeguato anche alla composizione negoziale di categoria. Sarà necessario definire l'operatività su conti correnti nuovi o su rinnovate posizioni dello stesso istituto, ma anche in questo ambito la libertà di movimento e configurazione può essere un buon ingrediente per comporre la ricetta ad ogni diverso piatto.

Va definita tuttavia la via dell'adeguamento a un approccio istituzionalizzato per l'intero sistema, che – pur potendo contare sulla tranquillità della non revocabilità delle operazioni poste in essere durante lo svolgimento del percorso della procedura – è privo al momento di una collocazione specifica da dare, in termini di classificazione della posizione creditizia, ai crediti vantati verso le imprese che fanno ricorso a questa procedura.

Ciò che risulta essenziale sotto il profilo industriale, è la possibilità di anticipare fatture e crediti certi, operazioni che gli istituti ben conoscono nell'ambito dello svolgimento del rapporto con ogni impresa e che è un peccato interrompere solo per la segnalazione di accesso alla composizione negoziata. Oltre alla difficoltà per l'impresa di disporre della liquidità corrente per dare corso alla continuità aziendale, l'istituto perde completamente il controllo sulla posizione, che spesso per necessità assoluta viene deviata su altre posizioni o sistemi di anticipo ora disponibili anche on line. Sarebbe auspicabile che gli istituti possano impartire istruzioni alle loro funzioni corporate dedicate alle imprese, affinché si possano isolare le posizioni ante-procedura da quelle tipiche della procedura, mantenendo gli affidamenti concessi, ma nello stesso tempo modificando la vigilanza su anticipi e flussi in modo che i saldi complessivi delle loro posizioni non peggiorino oltre l'affidamento e soprattutto oltre quanto risultavano scoperti ante-procedura.

L'esperienza aiuterà la prassi, ma solo se ogni categoria di attori coinvolta farà la sua parte potranno salvarsi le molte imprese in crisi in un momento storico di particolare criticità e incertezza.

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