Responsabilità precontrattuale e locazione

26 Maggio 2022

Secondo l'opinione ribadita anche recentemente dalla Corte di Cassazione, la previsione dell'art. 1337 c.c. in tema di responsabilità precontrattuale fissa un precetto di portata generale destinato a trovare applicazione anche nel caso in cui le parti concludano un contratto che, pur essendo valido, risulti tuttavia dannoso - o comunque non conveniente - per la parte che sia stata vittima del comportamento scorretto dell'altra parte in sede di trattative. La regola è destinata a trovare applicazione anche nel caso di stipulazione di un contratto di locazione. Nel testo che segue, vengono presi in esame i profili concreti relativi all'applicazione della norma - intesa nel senso indicato - all'ipotesi del contratto di locazione.
Il quadro normativo

L'art. 1337 c.c. (“Trattative e responsabilità precontrattuale”) dispone che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.

Con la sentenza 14 febbraio 2022, n. 4715, la Corte di Cassazione ha esaminato nuovamente tale regola ed è giunta alla conclusione che questa non si riferisce soltanto all'ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha la più ampia portata di una clausola generale volta ad imporre l'osservanza del canone della buona fede nelle trattative finalizzate alla conclusione del contratto.

Così dovendosi intendersi il significato e la portata della norma, secondo la sentenza citata della Corte di Cassazione - ma il principio era già stato affermato da Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024 - la violazione dell'obbligo del comportamento secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto viene ad assumere rilievo non solo nel caso in cui il contratto non si concluda in ragione della rottura ingiustificata delle trattative o nel caso in cui si concluda il contratto ma questo sia invalido o inefficace ma anche nel caso in cui le parti concludano un contratto che sia valido ma che risulti tuttavia pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto.

La portata della norma viene così estesa: essa, infatti, viene a costituire il mezzo atto a porre rimedio anche alla condotta che conduca alla conclusione di un contratto che, pur valido, non sia però conveniente (o comunque non sia conveniente quanto avrebbe potuto essere se non si fosse avuto l'effetto del comportamento scorretto della controparte contrattuale) per la parte danneggiata.

Da segnalare che, così inteso il significato della norma, per ciascuna delle parti contraenti essa “implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto” (v. sempre Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2022, n. 4715).

Alla luce di questa interpretazione della norma viene ad essere escluso - quanto agli effetti della sua applicazione - che in favore del soggetto vittima del comportamento di mala fede della controparte possa riconoscersi il solo interesse negativo: ove il precetto fissato dalla norma sia violato dovrà riconoscersi invece in favore del contraente danneggiato un risarcimento del danno che andrà commisurato al “minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l'interferenza del comportamento scorretto di una delle parti, e comunque avendo riguardo a tutti i danni collegati a tale comportamento da un rapporto conseguenziale e diretto” (Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2008, n. 24795).

Viene così ad aversi un ulteriore strumento diretto a porre riparo alle condizioni di squilibrio del contratto addebitabili ad una delle parti, strumento che si aggiunge a quelli che la disciplina del contratto già pone a disposizione del contraente che sia leso dall'inadempimento o comunque dal comportamento contrario alla legge o ai patti della controparte contrattuale.

Da sottolineare come i principi così affermati escludano anche (come era stato segnalato già da Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024) la fondatezza dell'affermazione - che nel passato era stata formulata dalla giurisprudenza - secondo cui una volta concluso il contratto resterebbe preclusa la possibilità di invocare responsabilità per le vicende antecedenti la stipula.

L'applicazione del principio di cui all'art. 1137 c.c. all'ipotesi della locazione

Il principio che si è segnalato ha una portata assai ampia ed è destinato a trovare applicazione relativamente ad ogni contratto. Esso trova applicazione certamente anche nei confronti del contratto di locazione.

In chiave generale può affermarsi - quanto al contratto di locazione - che in applicazione del principio enunciato le parti saranno tenute anche nelle trattative ed in vista della conclusione del contratto di locazione a comportarsi secondo buona fede e dovranno astenersi da comportamenti che siano - per usare le parole della più recente sentenza ricordata -maliziosi o anche solo reticenti” dovendo ciascuna delle parti fornire “alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto”.

Nel caso di violazione di questo obbligo la parte danneggiata potrà pretendere pur nel caso in cui il contratto sia concluso il risarcimento del danno che corrisponderà - come si è detto - al “minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l'interferenza del comportamento scorretto di una delle parti”: risarcimento che, comunque, dovrà essere considerato e valutato “avendo riguardo a tutti i danni collegati a tale comportamento da un rapporto conseguenziale e diretto”.

È chiaro che - come è sempre stato affermato a proposito dell'applicazione della regola fissata dall'art. 1337 c.c. - anche con riguardo all'ipotesi del contratto di locazione “nel valutare se sia applicabile la clausola generale dell'art. 1337 c.c. il giudice di merito, dopo avere individuato il comportamento della parte che si assume contrario ai doveri di correttezza” (Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2019, n. 18748), dovrà valutarne con attenzione gli effetti poiché solo in relazione a questi dovranno considerarsi le conseguenze sul piano risarcitorio.

Da sottolineare, poi, come l'ipotesi che qui si considera sia del tutto distinta ed ulteriore rispetto alle ipotesi che si prospettano in relazione - da un lato - alla presenza di vizi del bene locato e - dall'altro lato - agli inadempimenti in cui una delle parti del contratto incorresse relativamente agli obblighi che fossero stabiliti dal contratto. Qui, infatti, si tratta degli effetti che siano prodotti sul contenuto del contratto e sullo svolgimento del rapporto che ne deriva dai comportamenti contrari alla buona fede che siano intervenuti precedentemente alla conclusione del contratto in sede di svolgimento dell'attività indirizzata alla stipulazione di questo.

I profili di carattere soggettivo

Consideriamo, dunque, le ipotesi concrete che possono presentarsi nel caso della locazione.

Un primo profilo da considerare deriva dalla posizione dei soggetti interessati.

Al riguardo va fatta distinzione tra la posizione del locatore e la posizione del conduttore: nei due casi le ipotesi concrete del comportamento che violi la buona fede potranno essere infatti differenti.

Consideriamo, innanzitutto, la posizione del locatore.

La prima e più frequente ipotesi di violazione del dovere di correttezza da parte del locatore può consistere nella mancata comunicazione al (futuro) conduttore di aspetti del bene oggetto della futura locazione che potrebbero avere peso ai fini della valutazione della convenienza della locazione. Potrebbe trattarsi per esempio di reticenza circa caratteristiche specifiche del bene o circa la non idoneità del bene a soddisfare particolari esigenze del futuro inquilino. Potrebbe trattarsi anche dell'eventuale affermazione da parte del locatore - o comunque del suo comportamento volto a creare nel futuro inquilino il convincimento - circa la presenza nel bene oggetto del futuro contratto di locazione di caratteri che invece nella realtà fossero assenti.

Gli aspetti cui si è fatto ora cenno (peraltro soltanto in via esemplificativa) possono presentarsi in concreto con modalità diversificate sì che non è possibile tracciarne in via preventiva un quadro completo. L'indagine dovrà essere compiuta caso per caso dovendosi verificare in modo preciso e specifico le diverse situazioni.

Da sottolineare come gli aspetti segnalati suggeriscano l'opportunità che durante la trattativa indirizzata alla stipulazione di un contratto di locazione sia prestata attenzione a che delle modalità di conduzione delle trattative e del comportamento delle parti in vista della conclusione del contratto debba potere essere fornita in un momento successivo la prova.

È chiaro, comunque, che nei casi che si sono indicati - sulla scorta del principio che stiamo considerando - l'inquilino potrebbe pretendere il risarcimento del danno: risarcimento che - atteso che comunque l'ipotesi che si considera è quella della conclusione di un contratto che sia valido ma che non sia conveniente per il conduttore - potrebbe consistere nella riduzione del canone della locazione in misura corrispondente al peso da attribuirsi agli aspetti relativamente ai quali si fosse avuto il silenzio o la reticenza dell'(allora futuro) locatore.

Quanto alla posizione del conduttore, anche da parte di questi potrebbero esservi reticenze - o anche false dichiarazioni - circa condizioni rilevanti e decisive per la scelta del locatore di stipulazione del contratto e comunque per la scelta delle condizioni alle quali il contratto sia dal locatore accettato e concluso.

Non sembra che - trattandosi della posizione del conduttore - tali reticenze o false dichiarazioni possano riguardare i caratteri del bene da locarsi (i caratteri del bene infatti dovrebbero essere già pienamente conosciuti dal locatore) ma potrebbero invece concernere aspetti propri della posizione e delle condizioni del conduttore (tra questi potrebbero essere compresi anche gli aspetti relativi alle condizioni di solvibilità del conduttore), oppure l'uso che il conduttore intendesse fare dell'immobile, o anche le condizioni personali del conduttore o di altro soggetto che potessero presentare rilievo relativamente all'utilizzo del bene. Anche in questo caso non è possibile tracciare un quadro completo delle diverse ipotesi dovendo piuttosto affidarsi ad un'analisi da condursi caso per caso.

Da sottolineare, peraltro, come nei casi ora indicati relativi al comportamento scorretto dell'(allora futuro) conduttore appaia difficile affrontare il tema con riguardo al profilo del risarcimento: è assai difficile infatti individuare in questi casi le corrette modalità concrete di risarcimento che possano considerarsi idonee a porre rimedio agli effetti del comportamento contrario alla buona fede che fosse stato tenuto dal conduttore. Rilevato come appaia incerta la praticabilità in questo caso della soluzione (speculare rispetto a quella della riduzione del canone nel caso di comportamento scorretto del locatore) della maggiorazione del canone in relazione alle mancate o scorrette comunicazioni di cui si fosse reso responsabile il conduttore, una strada verso cui potrebbe essere opportuno orientarsi per dare soluzione a questi problemi potrebbe essere quella del risarcimento in forma specifica.

I profili di carattere oggettivo

Un secondo profilo che rileva ai fini della soluzione delle questioni che stiamo esaminando ed in relazione al quale deve essere fatta distinzione tra i casi che si presentano è quello relativo alle diverse fattispecie di locazione, per le quali vi è diversità di disciplina del rapporto.

La distinzione va operata, innanzitutto, con riguardo alle due specie principali di locazioni: le locazioni abitative e le locazioni non abitative. Nei due casi la possibilità che trovi applicazione il principio che stiamo considerando si presenta in chiave diversa anche perché il testo del contratto e gli elementi anche economici del rapporto nei due casi possono essere - e di norma sono - regolati in modo distinto.

Nel caso delle locazioni abitative, va ricordato che per i contratti “agevolati” la l. n. 431/1998 prevede che il canone e molti altri aspetti del contratto debbano rispettare quanto è fissato da una serie di disposizioni che rendono assai rigido il contenuto del rapporto contrattuale (devono essere rispettate infatti le norme della l. n. 431, le disposizioni del decreto ministeriale previsto dagli artt. 2 e 4 della l. n. 431 ed infine anche le previsioni degli accordi territoriali di cui all'art. 2 della l. n. 431). Proprio perché il contenuto del contratto di locazione in questo caso è per la massima parte eterodeterminato e prefissato, è ridotta la possibilità che si prospetti l'eventualità di conseguenze dannose specifiche derivanti dal comportamento secondo mala fede di una delle parti nelle trattative.

Una fattispecie che rientra nel campo delle locazioni agevolate in relazione alla quale potrebbe esservi spazio perché si prospettino gli effetti del comportamento di mala fede di uno dei contraenti è forse quella delle locazioni transitorie, rispetto alle quali potrebbe ipotizzarsi che in sede di trattative fosse affermata la ricorrenza (in capo all'una o all'altra delle parti: da ricordare che in base a quanto dispone l'art. 5 della l. n. 431/1998 l'esigenza transitoria che può giustificare la stipulazione del contratto di locazione transitoria può essere anche esigenza propria del locatore) di una fattispecie di transitorietà che nella realtà non sussistesse. La possibilità che una tale eventualità si verifichi però è limitata da un lato alla luce del fatto che, secondo quanto prevede il d.m. 16 gennaio 2017, dell'esigenza transitoria posta alla base del contratto deve essere fornita la prova attraverso un documento da allegare al contratto stesso e dall'altro lato dal fatto che nel caso di insussistenza dell'esigenza transitoria il contratto deve essere ricondotto - ex art. 13 della l. n. 431 - alla tipologia della locazione “libera” (e cioè alla tipologia della locazione di cui al comma 1 dell'art. 2 della stessa l. n. 431) sì che non sembra possa esservi spazio per una (diversa ed ulteriore) pretesa risarcitoria da parte del contraente che fosse stato vittima del comportamento di mala fede nelle trattative tenuto dall'altro contraente.

Per le locazioni abitative libere (le locazioni di cui al comma 1 dell'art. 2 della l. n. 431/1998) il fatto che il contenuto del contratto sia lasciato per la maggior parte (salvo l'aspetto relativo alla durata del rapporto) alla libera determinazione delle parti rende invece assai più facile la possibilità che trovino applicazione i principi in tema di responsabilità per il danno derivante dalla scorretta conduzione delle trattative.

Quanto alle locazioni non abitative, poi, si nota che per queste il contenuto del contratto è solo parzialmente predeterminato dalla legge: il contratto dovrà rispettare i limiti di durata fissati dall'art. 27 della l. n. 392/1978 e le regole circa la rinnovazione del contratto fissate dalla stessa legge e tutte le altre disposizioni dettate dalla legge n. 392, ma un certo spazio per la determinazione ad opera delle parti di alcuni contenuti del contratto - soprattutto con riguardo al contenuto relativo alla misura del canone - è comunque lasciato alla libera determinazione delle parti (ed è chiaro che rispetto a questo spazio vi è la possibilità che il comportamento di mala fede nelle trattative che fosse tenuto dall'uno o dall'altro dei - futuri - contraenti potesse avere effetto in danno dell'altro contraente).

Appunto con riguardo a questi effetti potrebbe ipotizzarsi una responsabilità di carattere risarcitorio del contraente che nelle trattative non avesse rispettato il canone della buona fede.

Anche in questo caso, comunque, non è possibile prefigurare in modo preciso le diverse situazioni: solamente l'esame delle singole e specifiche situazioni concrete consentirà di individuare le fattispecie rispetto alle quali i principi affermati in tema di responsabilità dall'art. 1337 c.c. potranno trovare applicazione.

L'ipotesi del contratto preliminare di locazione

Resta da dire che anche con riguardo alla locazione va tenuto fermo il principio affermato dalla giurisprudenza che nega l'applicabilità della previsione dell'art. 1337 c.c. con riguardo al contratto preliminare.

Si afferma, a questo proposito, che il contratto preliminare è atto che implica il superamento dello stadio precontrattuale, costituendo un accordo perfettamente compiuto benché proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo: dal che si trae la conseguenza che al contratto preliminare non sia applicabile l'art. 1337 c.c. (v., in questo senso, Cass. civ., sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 20989).

Orbene, deve ritenersi che anche nel caso del contratto preliminare di locazione le valutazioni che potranno operarsi alla stregua dell'art. 1337 c.c. circa gli effetti del comportamento che violasse il canone della buona fede dovrebbero restare limitate alla fase delle trattative e non potrebbero comprendere la fase della sottoscrizione di un eventuale contratto preliminare di locazione.

In conclusione

Alla luce di quanto si è osservato può dunque affermarsi che:

  • il principio enunciato dall'art. 1337 c.c. - che secondo l'orientamento oramai consolidato della Corte di legittimità è destinato a trovare applicazione anche nel caso in cui il contratto venga stipulato ed è diretto al riconoscimento del diritto del contraente danneggiato dal comportamento della controparte che nelle trattative non si è comportata secondo buona fede ad ottenere il risarcimento del danno - trova applicazione anche nel caso della locazione;
  • nel caso della locazione, deve farsi distinzione - nel valutare l'applicabilità del principio anzidetto - tra la posizione ed il ruolo del locatore e la posizione ed il ruolo del conduttore;
  • sempre in tale caso deve farsi distinzione tra le ipotesi di locazione abitativa e quelle di locazione non abitativa;
  • anche nel caso della locazione resta escluso dall'orbita di applicabilità della regola fissata dall'art. 1337 c.c. il contratto preliminare.
Riferimenti

Celeste, Fallimento delle trattative nella vendita di un immobile e risarcimento danni per responsabilità precontrattuale, in Immob. & proprietà, 2016, 417;

Ferrari, Preliminare del contratto di locazione, bussola in Condominioelocazione.it;

Piselli, Deve essere risarcita la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto, in Guida al diritto, 2022, fasc. 12, 50.

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