Immobile in locazione deteriorato dall'uso: chi paga?

Ilaria Pietroletti
26 Maggio 2022

Il conduttore, quando restituisce la cosa locata, è esonerato dalle conseguenze derivanti dal deterioramento o dal consumo della cosa stessa, qualora siano riconducibili al suo uso conforme al contratto; tuttavia, le parti ben possono regolare in modo diverso, nell'ambito del sinallagma tra loro specificamente concordato, gli effetti della condizione in cui versa il bene al momento della riconsegna.

Questi i richiami effettuati dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15839 del 17 maggio 2022, che ha confermato la sentenza della Corte di Appello capitolina, dichiarando inammissibile sia il ricorso principale che quello incidentale interposti dalle parti.

I fatti. Il caso risale all'anno 2002, quando veniva stipulato tra due aziende un contratto di affitto di una porzione di un capannone sito in Frosinone. A distanza di due anni la conduttrice esercitava il suo diritto di recesso ma la locatrice, adducendo la sussistenza di danni alla cosa locata, ne rifiutava la riconsegna e continuava a fatturare i canoni per i mesi successivi.

In mancanza di pagamento da parte della affittuaria, la proprietà otteneva ingiunzione di pagamento per un totale di sedici decreti, tutti ritualmente opposti e riuniti in unica causa, all'esito della quale il Tribunale: 1. revocava i decreti; 2. dichiarava risolto il contratto per intervenuto recesso; 3. dichiarava illegittimo il rifiuto opposto dalla locatrice in ordine alla riconsegna; 4. riconosceva che la conduttrice aveva causato danni per 46.000 euro; 5. effettuava la compensazione parziale con il deposito cauzionale e condannava la locatrice a restituirne il residuo.

Proposto appello da entrambe le parti, con sentenza del 2018 la Corte di merito romana rigettava entrambi i gravami.

Il giudizio di legittimità. Avverso la predetta sentenza è stato avanzato ricorso in Cassazione da parte della locatrice, cui ha resistito la conduttrice con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale

Con il gravame principale è stata denunciata la violazione dell'art. 1590 c.c., in quanto il Collegio avrebbe dovuto limitarsi a valutare se i danni accertati in corso di giudizio dai periti (sia in sede di ATP che di Ctu) derivavano, o meno, dalla mancata esecuzione delle opere di piccola manutenzione, per determinare la legittimità del rifiuto alla riconsegna manifestato dalla ricorrente.

Il motivo, tuttavia, è stato ritenuto inammissibile poiché volto ad ottenere un terzo grado di merito in ordine alle condizioni in cui era stato riconsegnato il capannone.

Con il ricorso incidentale, invece, sono state denunciate la violazione dell'art. 155 c.p.c. e la falsa applicazione degli artt. 1590, 1362, 1363, con riferimento alle clausole 13 e 17 del contratto di affitto.

Il primo motivo è stato anch'esso ritenuto inammissibile, giacché finalizzato ad una ricostruzione alternativa degli esiti istruttori, incluse le valutazioni dei consulenti tecnici, secondo una ricostruzione che non si contrapponeva neppure in modo integrale a quanto, invece, era stato accertato dal giudice del merito.

Con il secondo motivo la ricorrente ha sostenuto che, in ottemperanza all'art. 1590 c.c., essa aveva utilizzato il bene in conformità al contratto, dunque, i danni derivanti dall'uso protratto dei carrelli elevatori dovevano ritenersi conformi alla destinazione, con esimente dell'obbligo di ripristino al momento della riconsegna.

Tuttavia, la doglianza è risultata inammissibile poiché non ha identificato in quali errori del giudice si sarebbe concretizzata la violazione ermeneutica invocata e per di più ha introdotto argomentazioni di natura fattuale.

Inoltre, in tema la Corte ha condiviso le affermazioni dei giudici del merito secondo cui era vero che l'uso dei carrelli elevatori doveva ritenersi conforme alla destinazione prevista in contratto ma non era, comunque, circostanza tale da esimere il conduttore dall'obbligo di ripristino al momento della riconsegna, secondo quanto stabilito negli artt. 13 e 17 dell'accordo. In tali clausole, infatti, le parti avevano liberamente stabilito, in deroga all'art. 1590 c.c., che l'immobile doveva essere restituito «nello stato e consistenza così come consegnatogli», senza quindi che il conduttore sia sgravato dagli effetti del deterioramento «risultante dall'uso».

Ciò posto, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi compensando le spese processuali.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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