Separazione e divorzio giudiziale del beneficiario di a.d.s.: infranta la limitazione dell'indelegabiltà degli atti personalissimi

Roberto Masoni
31 Maggio 2022

Sussiste legittimazione attiva del beneficiario di a.d.s., tramite il proprio amministratore di sostegno, a promuovere giudizio di separazione personale, senza necessità di nomina di curatore speciale per lo svolgimento di detto giudizio.
Massima

Sussiste legittimazione attiva del beneficiario di a.d.s., tramite il proprio amministratore di sostegno, a promuovere giudizio di separazione personale, senza necessità di nomina di curatore speciale per lo svolgimento di detto giudizio.

L'amministratore di sostegno non ha bisogno di autorizzazione del giudice tutelare per coltivare le liti promosse dall'assistito in epoca anteriore alla sottoposizione alla protezione, dato che manca in tale ipotesi la necessità di compiere la preventiva valutazione giudiziale in ordine all'interesse ed al rischio economico per il beneficiario.

Il caso

La Corte d'appello di Firenze ha dichiarato il difetto di rappresentanza della beneficiaria in capo all'amministratore di sostegno nel giudizio d'appello proposto avverso pronunzia di separazione giudiziale con addebito all'amministrata.

Assumendo che il potere di rappresentanza non rientrava tra i poteri rappresentativi conferiti ex art. 405 c.c. dal giudice tutelare all'ads., in ogni caso esigendosi la nomina di un curatore speciale, come prevede la disciplina dettata dal divorzio per l'interdetto.

La pronunzia è stata gravata di ricorso per cassazione articolato sulla scorta di tre motivi di doglianza: in primis, è stato contestato l'assunto secondo cui l'a.d.s. potesse rappresentare il beneficiario senza necessità di nomina di curatore speciale; l'erroneità dell'affermazione della Corte territoriale laddove ha ritenuto il vizio inemendabile ed insanabili ai sensi dell'art. 182 c.p.c.; da ultimo sono state contestate le valutazioni sul merito della ritenuta addebitabilità della separazione alla moglie.

La questione

La questione sottoposta all'attenzione della Corte di legittimità riguarda la possibilità per l'amministratore di sostegno di rappresentare, anche in sede processuale, il beneficiario, che intenda esercitare taluni diritti personalissimi, quali quello di separarsi o di divorziare. Come pure l'applicabilità della disciplina divorzile che per l'interdetto richiama la necessità di nominare un curatore speciale.

Le soluzioni giuridiche

La Corte nomofilattica ha confermato il giudicato della Corte d'appello, per quanto ne abbia corretto la motivazione, nella sostanza accogliendo il primo motivo di ricorso (mentre ha poi ritenuto assorbito il secondo motivo).

Si afferma così che, se non è necessaria la nomina di un curatore speciale per l'espletamento del giudizio, pur inerente a diritti personalissimi, tuttavia l'a.d.s. può rappresentare il beneficiario nel giudizio di separazione personale, con ciò intendendo dare «continuità anche in tema di amministrazione di sostegno» a quanto statuito dalla medesima Corte in tema di interdizione (Cass. civ., n. 14699/2018).

Osservazioni

I. La capacità processuale compete ex art. 75, comma 1, c.p.c. a quanti «hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere». In mancanza della capacità di agire, le persone possono stare in giudizio «rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità» (art. 75, capoverso, c.p.c.).

In materia divorzile, con riguardo all'interdetto giudiziale convenuto in giudizio, è previsto che possa essere nominato un curatore speciale (art. 4, comma, 5, l. div.).

Inizialmente, la Cassazione legittimò l'interdetto ad agire in giudizio, in qualità di attore, tramite curatore speciale (Cass. civ., 21 luglio 2000, n. 9582, pronunzia richiamata dalla decisione che si annota), estendendo analogicamente il tenore della previsione normativa divorzile che letteralmente richiama la posizione dell'interdetto laddove sia convenuto in giudizio.

Diversa è la situazione in cui versa la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno.

Per essa il discorso è diversificato, dato che il beneficiario «conserva capacità di agire» con riguardo ai profili che non siano stati ablati dal decreto del g.t. ex art. 405 c.c. (art. 409, primo comma, c.c.)

Come ha chiarito la pronunzia in oggetto, consegue che lo stesso disabile, potrebbe agire in giudizio autonomamente a tutela dei propri diritti soggettivi; ovvero, quando sia previsto in decreto e l'ads ritenga necessario promuovere un giudizio nel suo interesse, egli stesso potrebbe agire in sua vece, previa autorizzazione del g.t., al riguardo ritenendo non necessaria la nomina della figura del curatore speciale (dell'interdetto, come previsto dalla disciplina divorzile).

II. In tempi recenti, un importante e diffusa posizione dottrinale (Anelli, 285-287) riteneva inammissibile il conferimento di delega al rappresentante del disabile con riguardo a profili, decisioni e scelte afferenti la sfera personalissima della sua vita, quali quelli afferenti separazione e divorzio. Ciò alla stregua della tradizionale impostazione civilistica che esclude la delegabilità nel compimento di atti detti personalissimi (quali, testamento e matrimonio: Santoro Passarelli, 25).

Negata la legittimazione dell'amministratore di sostegno per compiere tali atti in sostituzione del beneficiario, si ritiene che unicamente a quest'ultimo andrebbe riconosciuta la libertà di decidere le sorti del proprio rapporto di coniugio, anche perchè la nuova forma di protezione conserva la capacità matrimoniale in capo al beneficiario (Bonilini, 479-480).

In diversa prospettiva si è posta l'interpretazione giurisprudenziale.

In particolare, la giurisprudenza di merito, a partire da due pronunzie coeve del Tribunale di Modena (Trib. Modena 25 e 26 ottobre 2007, press. Stanzani e Rovatti), ha ritenuto ammissibile la domanda di divorzio congiunto presentata dall'amministratore di sostegno in luogo della parte incapace. In quanto la sostituzione di quest'ultimo nel compimento degli atti inerenti la vita familiare permette di valorizzare la personalità del disabile anche nelle scelte di vita più personali, pena la lesione dei suoi diritti fondamentali, attraverso i quali si esplica la personalità umana; con conseguente emarginazione della persona dall'esercizio di diritti umani fondamentali ed esclusione dal consorzio umano e sociale. Dato che si è chiarito (da parte del primo giudicato geminiano): «sposarsi, separarsi, divorziare rappresentano probabilmente gli atti con cui massimamente si esplica e si sviluppa in pieno la personalità umana che la Repubblica si è incaricata di promuovere, rimuovendone gli ostacoli (art. 2 Cost.)».

Questo alto obiettivo si iscrive nell'alveo della protezione della cura personae del disabile, che costituisce il cuore della nuova protezione personalizzata ed individualizzata, maggiormente attenta ai profili personali ed esistenziali del disabile, piuttosto che a quelli tradizionali di natura patrimoniale, massimamente tutelati da interdizione ed inabilitazione, secondo un'ottica economicistica, che invera di sè il testo originario del codice civile.

Come è stato ben notato, la giurisprudenza ha compreso che «l'indisgiungibilità tra titolarità ed esercizio del diritto andava infranta al fine di assicurare al disabile l'esercizio effettivo di diritti irrinunciabili, quali, appunto, quella separazione ed il divorzio» (R. Rossi, 41)

In quest'ottica solo di recente si è usciti dal circolo vizioso creato dalla categoria degli atti personalissimi, nell'ottica di tutelare in modo sostanziale ed effettivo i diritti fondamentali del disabile.

Di recente, il principio è stato affermato dalla S.C. con riguardo all'ammissibilità per il tutore di presentare domanda di separazione giudiziale per l'interdetto (Cass. civ., 6 giugno 2018, n. 14669, pure richiamata dalla decisione in epigrafe). Dato che negare tale legittimazione significherebbe impedire al soggetto debole di esercitare un diritto fondamentale.

Con la pronunzia in epigrafe, al principio è stata conferita continuità di effetti, estendendone l'ambito a tutte le misure di protezione, quindi anche con riferimento alla sostituzione rappresentativa ad opera dell'a.d.s., relativamente alla domanda di separazione giudiziale riguardante il beneficiario.

Si è poi precisato che, laddove l'incarico di a.d.s. venga conferito ad un avvocato, il g.t. può autorizzarlo a stare in giudizio personalmente ex art. 86 c.p.c., senza necessità di rilascio di procura alle liti ad altro difensore, dato che la rappresentanza sostanziale (conferita col decreto di nomina) gli attribuisce (ex art. 75 c.p.c.) anche il relativo potere processuale, in quanto «funzionale alla tutela delle situazioni sostanziali per le quali gli è stato attribuito il potere rappresentativo» (Cass. civ., 6 marzo 2019, n. 6518).

III. A completamento della tematica sottoposta al suo esame, la pronunzia epigrafata ha ribadito principi tralatici, con riguardo alla tematica della necessità dell'autorizzazione del giudice tutelare per la promozionedi giudizi aventi come parti minori sottoposti a tutela (art. 374, comma 1, n. 5, c.c.). Il principio risulta direttamente applicabile all'amministrazione di sostegno, in forza del richiamo diretto contenuto nell'art. 411, comma 1, c.c. (all'art. 374 c.c.), di talchè l'a.d.s. è tenuto a richiedere l'autorizzazione al g.t. (Cass. civ., 6 marzo 2019, n. 6518 cit.).

Nella decisione epigrafata si afferma che l'a.d.s. deve richiedere autorizzazione al g.t. solo in ipotesi di inizio ex novo del giudizio, in considerazione del tenore letterale della norma richiamata (art. 374, n. 5, c.c.); viceversa, lo stesso può proporre l'atto d'appello senza necessità di autorizzazione, trattandosi di attività di “prosecuzione del giudizio”in precedenza instaurato.

Identico principio di diritto è ribadito laddove l'a.d.s. (o il tutore) sia chiamato in giudizio a fronte di iniziativa giudiziaria intrapresa da altri e perciò in veste di convenuto (pacificamente, Cass. civ., 14 gennaio 1943, n. 53; Cass. civ., 14 aprile 1975, n. 1417; Cass. civ., 30 settembre 2015, n. 19499; Cass. civ., 18 giugno 2018, n. 16060; Cass. civ., 6 marzo 2019, n. 6518 cit.).

Riferimenti
  • Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1986, IX° ed., 25.
  • Anelli, Separazione e divorzio dell'infermo di mente, in Fam. Dir., 2008, 3, 280 e segg, nota sostanzialmente adesiva a Trib. Modena 25 e 26 ottobre 2007.
  • Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2018, II° ed., 477 ss.
  • Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018, 575.
  • R. Rossi, Amministrazione di sostegno: questioni e soluzioni, Milano, 2019, Officina del diritto, 41 ss.

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