Va premesso che lo schema di disegno di legge governativo sulle disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario (approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 maggio 2022) è intervenuto con il metodo dell'interpolazione del testi base (d.lgs 545 e 546/92) inserendo una serie di norme più o meno condivisibili che meritano - almeno quelle più rilevanti - un breve commento.
Tra gli obbiettivi primari individuati nella relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della Giustizia Tributaria del 31 giugno 2021 erano ricompresi il rafforzamento della specializzazione dei giudici tributari con abbandono del regime part time e l'affermazione dello loro indipendenza.
Ebbene solo in parte é stato raggiunto il primo obbiettivo mentre il secondo è stato pretermesso.
Va sicuramente apprezzato l'abbandono definitivo del “mantenimento conservativo” dell'attuale magistratura onoraria e la scelta strategica di fondo per una magistratura professionale a tempo pieno con “esclusività di funzioni” reclutata per pubblico concorso (come prescritto dall'art. 97 della Costituzione).
L'affidabilità di una giurisdizione transita dalla “professionalita'” di chi è chiamato ad esercitarla e dunque si basa sulla “specializzazione” tecnico/scientifica del giudice: connotato questo strettamente legato al modello del giusto processo.
È vero che anche il giudice part time può essere professionale per scrupolosità, adeguata preparazione, costanza nell'impegno ma solo la esclusività della funzione ne garantisce la reale “specializzazione” che richiede studio e approfondimento continuativo delle tematiche fiscali nonché reiterazione delle decisioni sulle varie casistiche: compiti che mal si conciliano con l'esercizio congiunto di altre professioni o con i gravosi incombenti derivati dall'appartenenza ad altri settori giurisdizionali.
L'esperienza del giudice a tempo pieno è dunque scelta obbligata ed andrà alimentata con sistemi adeguati di formazione predisposti - non solo nella fase iniziale - ma nel corso di tutta la vita professionale mediante previsione di un obbligo di “formazione continua” dispensata da un organismo didattico permanente quale, ad esempio, una Scuola superiore di formazione della magistratura tributaria.
Altrettanto dicasi per l'aggiornamento tecnologico visto che la giustizia tributaria è ormai in buona parte gestita on line con modalità di udienze “da remoto” ed è stata definitivamente avviata l'organizzazione del processo tributario telematico (PTT) con passaggio dall'analogico al digitale. E non a caso tra le future materie di esame è stata giustamente inserita l'informatica giuridica.
Inutile ricordare che il giudice deve essere non solo preparato sul piano giuridico e scientifico ma anche perfettamente aduso alle moderne tecnologie che concorrono all'efficienza e velocizzazione del sistema.
Destano invece perplessità i criteri di riorganizzazione prefigurati nella bozza del testo legislativo.
La questione più spinosa certamente riguarda la riduzione dell'età per la cessazione dal servizio (destinata ad essere portata da 75 a 70 anni) al fine evidente di sfoltire incisivamente l'organico della magistratura tributaria: misura forse necessaria per il forte calo di contenzioso che ha caratterizzato questi ultimi anni ma che finirà per azzerare la maggior parte delle posizioni apicali non sostituibili nell'immediato con i nuovi ingressi di giudici privi di anzianità e grado occorrente per raggiungere le posizioni vacanti (si parla di eliminazione di 700 giudici, 30 presidenti di commissione e 110 presidenti di sezione).
Anche la formazione del nuovo organico soggiace a complicati meccanismi di reclutamento in mancanza di una chiara disciplina transitoria.
È mantenuta la permanenza in Commissione (fino a 70 anni) degli attuali giudici tributari (part time) ricompresi nel ruolo unico all'1.1.2022 che saranno destinati a coesistere con i magistrati tributari (full time) reclutati per concorso con laurea minima in giurisprudenza (c.d. doppio binario), con quelli delle magistrature ordinarie già in carico che abbiano optato per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria (per un max. di 100 unità), con gli altri giudici tributari presenti in Commissione con 6 anni di anzianità che abbiano optato per il concorso (per i primi due bandi) e siano in possesso di laurea in giurisprudenza od economia e commercio (con una riserva di posti del 15%).
Manca - come si vede - un riconoscimento effettivo delle professionalità acquisite (che hanno un valore ben superiore al possesso di titoli di laurea) che avrebbero dovuto essere quanto meno previlegiate con un concorso “riservato” per titoli [Il concorso per titoli non rappresenta una mera formalità in quanto l'attribuzione dei punteggi di graduatoria passa attraverso i parametri dell'esperienza (durata e cariche rivestite nel servizio) diligenza (tempestività dei depositi) laboriosità (produttivita) attitudine (qualità dei provvedimenti ed attività didattica o scientifica)] laddove gli attuali giudici laici intendessero optare per l'esclusività delle funzioni.
Invero, sottoporre i giudici laici a prove di esame significa presupporre una sorta di inadeguatezza dei servizi resi fino ad ora.
Va ricordato, peraltro, che il requisito legittimante per costoro annovera anche la laurea in economia e commercio.
Appare dunque irrazionale escludere analoga condizione per nuovi ingressi.
L'accesso negato al concorso ai laureati in economia contrasta con il patrocinio “ampio” tuttora riservato in giudizio anche ai commercialisti cui è riconosciuta l'abilitazione alla difesa dall'art. 12 del d.lgs. n. 546/1992 (norma che andrà comunque ridimensionata nel novero tuttora amplissimo dei soggetti qualificati per l'assistenza tecnica).
Non vi è dubbio - del resto - che la materia fiscale presuppone conoscenze contabili ed aziendali che sono appannaggio più del commercialista che del giurista (tra le prove di esame sono stati inseriti anche elementi di contabilità e bilancio) per cui non sembra logico espungere questa categoria dall'accesso concorsuale.
È rimasta invece lettera morta la “consacrazione” di indipendenza dei giudici tributari.
Invero l'organizzazione degli organi di giurisdizione tributaria, con l'inquadramento e l'amministrazione del personale giudicante - pur nel rispetto delle prerogative del Consiglio di Presidenza - avrebbe dovuto essere trasferita alla Presidenza del Consiglio dei ministri (come tutte le giurisdizioni speciali) ed invece continuerà a rimanere sotto il controllo e l'indirizzo del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) al pari delle Agenzie fiscali che sono parti del giudizio tributario, con grave vulnus dei principi di autonomia e terzietà che costituiscono l'essenza stessa della giurisdizione.
Di conseguenza - nonostante le contrarie indicazioni provenienti da quasi tutti i precedenti progetti di legge - è stata mantenuta l'originaria denominazione di Commissioni tributarie (valorizzante più la funzione amministrativa che quella giurisdizionale) anzichè quella più appropriata di Tribunali e Corti di appello tributarie.