Delibera assembleare di esclusione dalla s.r.l. di uno dei due soci al 50%

03 Giugno 2022

Ai fini dell'esclusione del socio dalla s.r.l., l'omessa informazione da parte del socio all'amministratore della società dell'avvenuta notifica di un decreto ingiuntivo alla società, la cui conoscibilità avrebbe posto la società nella condizioni di potersi opporre, non configura una condotta qualificabile come grave inadempimento agli obblighi sociali...
Massima

Ai fini dell'esclusione del socio dalla s.r.l., l'omessa informazione da parte del socio all'amministratore della società dell'avvenuta notifica di un decreto ingiuntivo alla società, la cui conoscibilità avrebbe posto la società nella condizioni di potersi opporre, non configura una condotta qualificabile come grave inadempimento agli obblighi sociali né può affermarsi che sia stata tale omissione produttiva del danno patito dalla società, in quanto il danno avrebbe potuto comunque verificarsi anche in conseguenza dell'esito non vittorioso di un eventuale giudizio di opposizione, cosicché non sussiste una giusta causa di esclusione del socio ai sensi dell'art. 2473-bis c.c.

Il caso

È corrente una s.r.l., la quale ha una compagine sociale estremamente ristretta, componendosi di due soli soci. La partecipazione al capitale è paritaria (50% a ciascun socio), ma solo uno dei due soci riveste la qualità di amministratore. Sussiste una forte conflittualità fra i due soci. Tanto è vero che il socio non amministratore, in un separato procedimento, aveva presentato denunzia - sempre al Tribunale di Napoli – ai sensi dell'art. 2409 c.c.

Nel contesto di questa conflittualità, l'assemblea delibera l'esclusione del socio non amministratore. Al socio escluso viene imputato di avere ricevuto il testo di un decreto ingiuntivo notificato alla società, ma di averlo tenuto celato, senza consegnarlo all'amministratore della s.r.l., come avrebbe dovuto fare, affinché l'amministratore adottasse gli opportuni provvedimenti contro detto decreto ingiuntivo, in un'ottica di tutela della società. In effetti, poiché il decreto ingiuntivo era stato celato all'amministratore, la società non aveva potuto presentare opposizione, cosicché il decreto era divenuto definitivo, determinando un danno alla società, costretta a pagare il debito recato dal decreto ingiuntivo.

Il socio non amministratore escluso dalla società per i motivi che si sono indicati impugna la delibera assembleare di esclusione davanti al Tribunale di Napoli, chiedendone l'annullamento. Il giudice napoletano accoglie la domanda e annulla la delibera sia per l'indeterminatezza della clausola statutaria sui motivi di esclusione sia perché i fatti contestati al socio non configurano comunque una giusta causa di esclusione.

Le questioni

La sentenza del Tribunale di Napoli tratta due questioni principali:

  • se e in che misura siano valide le clausole dello statuto di s.r.l. concernenti l'esclusione del socio dalla compagine sociale;
  • i profili di annullabilità della delibera assunta dall'assemblea di s.r.l., con cui l'assemblea decide l'esclusione di un socio.
Osservazioni

È difficile trovare un articolo del codice civile, nell'ambito della disciplina della s.r.l., che sia più laconico di quello che disciplina l'istituto dell'esclusione del socio. La legge prevede che “l'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal caso si applicano le disposizioni del precedente articolo, esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale” (art. 2473-bis c.c.).

Seppure l'art. 2473-bis c.c. sia formulato in modo breve, esso è ricco di contenuti. La prima considerazione da svolgersi è che la tematica dell'esclusione del socio di s.r.l. è rimessa totalmente all'autonomia statutaria. Ne consegue che, se l'atto costitutivo nulla dice al riguardo, il socio non può essere escluso. Del resto l'esclusione del socio è un evento estremo, che pone fine al rapporto sociale. Poiché la società è un contratto, anche per essa vale il principio che “il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge” (art. 1372 comma 1 c.c.). Nel caso dell'esclusione, un socio è “forzato” ad andare via e dunque non ricorre certo il mutuo consenso; anzi, il socio escluso – se impugna la delibera – manifesta la propria volontà di rimanere in società. Non sussiste neppure una disposizione di legge che consenta l'esclusione del socio, e con ciò lo scioglimento del contratto in forza di legge (salvo per il caso particolare dell'esclusione del socio che ometta di effettuare i conferimenti promessi, secondo il disposto dell'art. 2466 c.c.). Si deve dunque concludere che la tematica dell'esclusione del socio dalla s.r.l. è rimessa pressoché integralmente all'autonomia del contratto di società.

Un secondo principio desumibile dall'art. 2473-bis c.c. è che lo statuto deve prevedere “specifiche ipotesi”, configuranti “giusta causa”. Le fattispecie che possono determinare l'esclusione del socio devono essere indicate nell'atto costitutivo in modo specifico, in quanto ipotesi generiche possono portare a tentativi strumentali di esclusione del socio. Se la descrizione dei fatti che possono determinare l'esclusione del socio è formulata nell'atto costitutivo in modo generico, quasi qualsiasi evento – anche del tutto banale – può essere addotto dall'assemblea per escludere il socio. Inoltre le ipotesi previste dall'atto costitutivo per l'esclusione del socio, stabilisce la legge, devono costituire “giusta causa”. Ciò significa che si deve trattare di eventi gravi, che impattano significativamente sul rapporto fiduciario che deve intercorrere fra il socio e la società.

Infine l'art. 2473-bis c.c. richiama l'art. 2473 c.c., ossia la disposizione sul recesso del socio. Difatti, deliberata l'esclusione, il socio ha diritto di percepire il controvalore della propria partecipazione, come avviene in caso di recesso.

Tanto premesso sulla disciplina legislativa del diritto di esclusione nella s.r.l., l'esclusione passa attraverso una delibera assembleare che, indicando le specifiche ipotesi di giusta causa, decide di escludere un socio dalla società. La delibera, come tutte le delibere, può essere impugnata nei casi in cui ricorra un qualche profilo di invalidità, come prevede l'art. 2479-ter c.c.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Napoli, il socio escluso impugna la delibera chiedendone l'annullamento. Il socio escluso ritiene nulla la clausola statutaria, per essere troppo generica, prevedendo lo statuto come motivo di esclusione – testualmente - “gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano da contratto sociale”.

Va detto che, nell'ambito della disciplina legislativa di altri tipi societari, si trova il ricorso a una simile espressione. Si considerino:

  • l'art. 2286 comma 1 c.c. (per le società di persone), secondo cui “l'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale” e
  • l'art. 2533 comma 1 c.c. (per le società cooperative), secondo cui “l'esclusione del socio … può aver luogo … per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico”.

Verrebbe di primo acchito da dire che, se la legge considera come cause di esclusione del socio delle gravi inadempienze non meglio specificate nella disciplina delle società di persone e delle società cooperative, non vi dovrebbero essere ostacoli a considerare una formulazione del genere legittima anche se contenuta nello statuto di società a responsabilità limitata.

Si potrebbe opporre che gli artt. 2286 e 2533 c.c. sono disposizioni di legge, mentre – nel caso affrontato dal Tribunale di Napoli – è l'atto costitutivo a prevedere “gravi inadempienze” quali cause di esclusione. E tuttavia l'argomento è debole, in quanto – proprio l'affidamento estremo all'autonomia privata disposto dall'art. 2473-bis c.c. per quanto riguarda l'esclusione del socio dalla s.r.l. - dovrebbe avallare l'idea che, nell'elencare nello statuto le cause di esclusione, si possa trarre spunto dalla disciplina legislativa di altri tipi societari. Esprimendo il concetto in altre parole: perché mai dovrebbe essere illegittimo prevedere “gravi inadempienze” come causa statutaria di esclusione del socio di s.r.l. quando dette “gravi inadempienze” sono motivo ex lege per escludere i soci delle società di persone e delle società cooperative?

Va peraltro detto che quello di Napoli non è certo il primo precedente giurisprudenziale che dichiara la nullità delle clausole statutarie che, nella s.r.l., stabiliscono le cause di esclusione del socio. Ad esempio, il Tribunale di Bolzano (6 maggio 2020, in Società, 2020, 1330 ss., con nota di G. M. Zamperetti) ha stabilito che la clausola statutaria di una s.r.l. secondo cui può essere escluso il socio che risulti inadempiente agli obblighi assunti nei confronti della società è nulla per indeterminatezza e non può considerarsi conforme alla previsione dell'art. 2473-bis c.c., secondo cui l'atto costitutivo può prevede specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa.

Un altro caso interessante di esclusione del socio da una s.r.l. che è stato ritenuto illegittimo per la vaghezza delle clausole statutarie (oltre che per l'assenza di una giusta causa) è stato affrontato dal Tribunale di Milano (13 giugno 2016, in giurisprudenzadelleimprese.it).

Nella fattispecie esaminata dal precedente milanese l'assemblea di una s.r.l. deliberava l'esclusione di un socio dalla compagine sociale, in quanto il socio svolgeva attività in concorrenza con quella esercitata dalla società. Si trattava di una s.r.l. attiva nell'ambito della ristorazione. Nel corso dell'istruttoria emerge tuttavia che l'attività in concorrenza svolta dal socio escluso sussisteva già prima del suo ingresso come socio in società ed era conosciuta dagli altri soci.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, la delibera assemblare di esclusione del socio venne fondata sulla clausola statutaria della s.r.l., la quale stabiliva che l'esclusione del socio fosse consentita, testualmente:

“d) per il compimento, direttamente o per il tramite di società controllate e/o amministrate dal socio, di attività in diretta concorrenza con la società senza il consenso degli atri soci;

e) per il compimento, direttamente o per il tramite di società controllate e/o amministrate dal socio, di atti di concorrenza sleale di cui all'art. 2598 c.c. a danno della società;

f) per comportamenti da parte del socio che compromettano il corretto funzionamento della società”.

Il Tribunale di Milano si chiede se questa formulazione dello statuto soddisfi i requisiti prescritti dall'art. 2473-bis c.c., ossia se si tratti di “specifiche ipotesi” di esclusione “per giusta causa”. Il giudice milanese risponde negativamente al quesito per i seguenti motivi.

La lettera f (“comportamenti da parte del socio che compromettano il corretto funzionamento della società”) è troppo vaga. Essa consentirebbe di sanzionare con l'esclusione un'infinità di comportamenti non meglio definiti. Una clausola del genere potrebbe essere strumentalizzata dagli altri soci per escludere un socio per qualsiasi ragione. Manca insomma quella “specificità” che l'art. 2473-bis c.c. richiede. La clausola è dunque nulla e non può in alcun modo fondare l'esclusione del socio.

Successivamente il Tribunale di Milano passa ad esaminare le lettere d ed e dello statuto della s.r.l.. Effettivamente queste disposizioni statutarie sono più precise, evocando l'attività in concorrenza di un socio oppure addirittura la concorrenza sleale. Ciò nonostante, il giudice milanese nega che – nel caso di specie – sussista una giusta causa di esclusione. Non si deve difatti dimenticare che, presupposto per una legittima esclusione del socio, è il concorso di ambedue gli elementi prescritti dalla legge: “specifiche ipotesi” + “giusta causa”. Il Tribunale di Milano ritiene che la nozione di giusta causa vada ricostruita alla luce delle disposizioni sul diritto del lavoro. L'art. 2119 comma 1 c.c. prevede che “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. La giusta causa che interrompe legittimamente il rapporto di lavoro deve essere una circostanza di tale gravità che non è in alcun modo ipotizzabile una prosecuzione del rapporto. Questo principio, secondo il giudice milanese, è applicabile anche nell'ambito dell'esclusione del socio dalla s.r.l. L'esclusione del socio è equiparabile al licenziamento del lavoratore, in quanto pone fine al rapporto contrattuale. Anche l'esclusione del socio deve essere basata sull'esistenza di una giusta causa, ossia di circostanze che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto. Tanto premesso, nel caso di specie emerge – come si accennava – che il socio escluso svolgeva sì attività in concorrenza con la società, ma che tale attività era anteriore all'assunzione della qualità di socio. E poiché, inoltre, gli altri soci conoscevano già prima dell'entrata in società del nuovo socio l'esistenza di tale attività concorrenziale, non si è verificata alcuna giusta causa sopravvenuta che giustifichi l'esclusione del socio.

In conclusione, il Tribunale di Milano dichiara la sospensione dell'efficacia della delibera adottata dall'assemblea della s.r.l., sia per il fatto che una parte delle clausole dello statuto è nulla per mancanza di specificità sia per il fatto che le condotte contestate al socio escluso non configurano giusta causa di esclusione dalla società.

Conclusioni

Il Tribunale di Napoli conclude dichiarando la nullità della clausola statutaria che prevede gravi inadempienze quale causa di esclusione del socio dalla società. Secondo il giudice napoletano una espressione del genere manca di specificità. Si ricorderà che la delibera assembleare di esclusione era fondata sul fatto che il socio escluso avrebbe tenuto nascosto e non avrebbe trasmesso all'amministratore un decreto ingiuntivo ricevuto dalla società. Il Tribunale di Napoli esclude che questa condotta configuri giusta causa di esclusione dalla società. In fatto, il Tribunale di Napoli non ritiene provata la circostanza della mancata consegna, che è contestata dal socio escluso, il quale anzi riferisce di avere prontamente consegnato all'altro socio e amministratore la copia notificata del decreto ingiuntivo. Manca inoltre la certezza che la mancata opposizione al decreto ingiuntivo sia la causa del danno. Il giudice napoletano rileva difatti che, anche in caso di tempestiva opposizione, questa avrebbe potuto essere rigettata, con la conseguenza che la società sarebbe comunque stata obbligata a pagare quanto richiesto dal terzo creditore.

La sentenza del Tribunale di Napoli in commento è espressione di una, non rara, conflittualità fra i soci di s.r.l. Questa conflittualità può condurre, in casi estremi, all'esclusione di uno dei soci. E, tuttavia, nel caso affrontato dal giudice napoletano la delibera assembleare viene dichiarata nulla. Due sono le ragioni della dichiarazione di nullità della delibera assembleare:

  1. la genericità della previsione statutaria (non meglio specificate “gravi inadempienze”), che viene reputata nulla;
  2. la non certezza della condotta contestata (aver tenuto nascosto un decreto ingiuntivo notificato alla società) e la mancanza di certezza in merito alla dannosità di detta condotta (anche se il decreto fosse stato opposto, la società avrebbe potuto essere condannata lo stesso).

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