Discriminazione, comporto e disabilità: cosa deve fare il datore?
07 Giugno 2022
Il computo delle assenze del lavoratore disabile nel periodo di comporto può integrare una discriminazione indiretta anche se il datore ha posto in essere diversi accorgimenti a favore della peculiare posizione del dipendente?
Il lavoratore affetto da disabilità è, in linea di principio, maggiormente esposto al recesso per superamento del comporto, in quanto soggetto al rischio di assenze dovute ad una malattia collegata alla disabilità.
Tuttavia, in linea con la normativa comunitaria in materia, è necessario porre l'accento anche sugli “accomodamenti” che devono essere adottati al fine di tutelare il lavoratore-disabile.
Il solo mancato scomputo dei giorni di malattia dovuti alla disabilità, infatti, non potrebbe di per sé solo configurare un'ipotesi di discriminazione indiretta, laddove il datore abbia in concreto attuato diverse misure dirette alla tutela del lavoratore quali, ad esempio, l'agevolazione oraria e/o la sottoposizione periodica a visite mediche finalizzate ad accertare l'idoneità alle mansioni svolte.
È necessario valutare, quindi, se siano state attuate soluzioni ragionevoli ed appropriate al fine di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento.
Sul tema deve rammentarsi la necessità di operare un bilanciamento tra i contrapposti interessi delle parti: da un lato l'interesse del disabile al mantenimento di un lavoro adeguato al suo stato di salute; d'altro lato quello del datore a garantirsi comunque una prestazione lavorativa utile per l'impresa.
Il datore è obbligato ad un facere costituito dall'adozione di misure, anche organizzative, adeguate ed idonee ad assicurare la piena uguaglianza dei lavoratori portatori di handicap con gli altri dipendenti, senza che ciò possa configurare una tutela in termini assoluti a favore dei primi. |