Appello, alcuni chiarimenti sul principio di specificità dei motivi
09 Giugno 2022
La Corte di cassazione ha esaminato il ricorso proposto contro la sentenza della Corte di appello che aveva dichiarato inammissibile il gravame proposto avverso la decisione di prime cure, rilevando che l'appellante si era limitato ad invocare una nuova valutazione delle difese di primo grado senza sottoporre ad autonoma critica le argomentazioni del tribunale.
Il ricorrente contestava tale statuizione in sede di legittimità, evidenziando che nell'atto di appello erano indicate in modo non equivoco le doglianze proposte contro la pronuncia di primo grado e che l'art. 342 c.p.c. non esige dall'appellante alcun progetto alternativo di sentenza né vacui formalismi.
La Corte ha accolto il ricorso, evidenziando che gli artt. 342 e 434 c.p.c. vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
Resta, tuttavia, escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.
È stato inoltre precisato che l'appellante che intenda dolersi di un'erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e sottoporgli le argomentazioni difensive già svolte in primo grado, senza che ciò comporti di per sé l'inammissibilità dell'appello.
E ciò in quanto, sostenere il contrario, significherebbe pretendere dall'appellante di introdurre sempre e comunque in appello un quid novi rispetto agli argomenti spesi in primo grado, il che – a tacer d'altro – non sarebbe coerente con il divieto di nova prescritto dall'art. 345 c.p.c. (Cass. civ., n. 3115/2018; Cass. civ., n. 24464/2020). |