Fallimento e consecuzione delle procedure concorsuali

10 Giugno 2022

Un credito chirografario risultante da un provvedimento passato in giudicato prima della sentenza dichiarativa del fallimento, ma dopo l'apertura del concordato preventivo revocato, può essere ammesso al passivo? La cassazione risponde all'interrogativo, valutando l'operatività del principio di consecuzione.
La massima

Il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non assume rilievo sull'ammissione dei crediti ex art. 96, comma 3, n. 3, l.fall., dal cui disposto inequivoco si evince che la data da considerare ai fini della opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo.

Il caso

La A. s.p.a. ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento di una s.r.l., chiedendo l'ammissione in via chirografaria di un credito che risultava da una sentenza del Tribunale di Catania precedente alla dichiarazione di fallimento. Il fallimento ha resistito deducendo l'inopponibilità della predetta sentenza, essendo il fallimento intervenuto a seguito della revoca del concordato preventivo, sicché, a suo dire, avrebbe dovuto aversi riguardo alla data della domanda di concordato. Il Tribunale di Messina ha ammesso il credito al passivo in via chirografaria, ritenendo infondata la tesi del Fallimento, in quanto ritenuta applicabile solo al diverso fine di determinare il c.d. periodo sospetto nelle azioni revocatorie fallimentari. Il Fallimento ha proposto ricorso per cassazione e la A. s.p.a. ha resistito con controricorso.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

La questione giuridica

Il ricorso del Fallimento della s.r.l. è basato sui seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dell'art. 96, comma 3, n. 3, l.fall. per la mancata applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali; violazione e falsa applicazione dell'art. 55, comma 2, l.fall per violazione del principio di cristallizzazione dei crediti concorsuali alla data della dichiarazione di fallimento, sempre per effetto della negata applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali; violazione e falsa applicazione dell'art. 43 l.fall. per la erronea considerazione della perdita della capacità processuale del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, anziché alla data di apertura del concordato, sempre in applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali.

Tutti e tre i motivi, quindi, trovano il loro presupposto nella violazione del principio della consecuzione delle procedure concorsuali. Invero, secondo parte ricorrente, il vizio di violazione e falsa applicazione delle predette norme altro non sarebbe che la conseguenza della negata applicazione alla fattispecie in esame del principio di consecuzione delle procedure concorsuali, in virtù del quale gli effetti che la legge ricollega alla data della dichiarazione di fallimento retroagirebbero alla data della presentazione della domanda di concordato. Principio, questo, che, a dire dei ricorrenti, avrebbe una portata generale, non limitata alla sola espressa previsione contenuta nell'art. 69-bis l.fall. in tema di revocatoria fallimentare.

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Fallimento sulla base del presupposto - negato invece da parte ricorrente - che il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non ha una portata generale e non può quindi porre nel nulla, con effetto retroattivo, la disciplina processuale applicabile con l'istituto del concordato preventivo. Ciò perché, sostiene la Corte, non si rinviene nell'ordinamento positivo alcuna disposizione normativa che riconosca in via generale la retrodatazione degli effetti propri del fallimento a partire dall'inizio della procedura minore. La suprema Corte ha quindi aderito alla sua precedente giurisprudenza secondo la quale il principio di unitarietà delle procedure concorsuali succedutesi senza soluzione di continuità non può essere considerato come un autonomo criterio normativo, destinato a risolvere tutti i problemi di successione tra le procedure, costituendo piuttosto un enunciato meramente descrittivo di soluzioni regolative aventi specifiche e distinti fonti normative (Cass. 14 febbraio 2006 n. 3156).

Secondo i giudici di legittimità risulta manifesta l'intenzione del legislatore di regolare autonomamente, in vista di peculiari finalità, i singoli effetti giuridici prodotti dalla presentazione della domanda di concordato sul fallimento consecutivo, sì che, al di fuori di tali effetti tipici, nessun effetto ulteriore risulta predicabile in via interpretativa. In tal senso vanno lette, secondo la Corte, le specifiche previsioni dell'esenzione da revocatoria degli atti compiuti in esecuzione del concordato preventivo (art. 67, comma 3, lett. e, l. fall.), della prededucibilità dei crediti sorti in occasione e in funzione del concordato preventivo (art. 111, comma 2, l.fall.), della decorrenza dei termini di cui agli artt. 64, 65, art. 67, commi 1 e 2 e art. 69, della data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro nelle imprese (art. 69 bis, comma 2, l.fall.) e della inefficacia delle ipoteche iscritte nei 90 giorni precedenti (art. 168 l. fall.). Al contrario - prosegue la Suprema Corte - l'operatività del principio di consecuzione è stata espressamente negata a proposito della sospensione del corso degli interessi, quando il fallimento consegua ad un'amministrazione controllata anziché ad un concordato preventivo, così come è stata negata a proposito della individuazione nel tribunale che ha revocato ex art. 173 l.fall., l'ammissione del debitore al concordato preventivo, e non già nel giudice delegato del successivo fallimento, la competenza a liquidare il compenso del commissario giudiziale (Cass. 11 novembre 2021 n. 33364). Sulla base di tali presupposti la Corte ne ha tratto il principio di diritto secondo cui il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non assume rilievo sull'ammissione dei crediti ex art. 96, comma 3, n. 3, l.fall. dal cui disposto inequivoco si evince che la data da considerare ai fini della opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. Sì che l'accertamento del credito contenuto in sentenza del giudice ordinario (nella specie passata in giudicato nelle more della procedura) pronunciata prima della dichiarazione di fallimento è opponibile alla procedura.

Osservazioni

Nel campo del diritto fallimentare può accadere che più procedure concorsuali, tutte dirette a regolare un coincidente dissesto dell'impresa, si susseguano senza soluzione di continuità fino a sfociare nel fallimento. Tale fenomeno è detto consecuzione di procedure proprio perché i vari momenti concorsuali relativi allo stesso debitore ed al medesimo dissesto sono considerati come fasi di un'unica procedura. Secondo la giurisprudenza di legittimità “la consecuzione è un fenomeno generalissimo, consistente nel collegamento tra procedure di qualsiasi tipo, volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa (manifestatasi indifferentemente come crisi o insolvenza, trattandosi di una distinzione di grado del medesimo fenomeno), in base al quale le varie procedure restano avvinte da un rapporto di continuità causale e unità concettuale, anche se non di rigorosa continuità cronologica, in una logica unitaria che consente di saldare i presidi di tutela insorti con la prima procedura a vantaggio dei creditori concorsuali riaggregati nella seconda” (Cass., sez. I, 13 settembre 2021, n. 24632). Si tratta di un principio storicamente elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza e che ha fatto sorgere qualche dubbio all'indomani della riforma del diritto fallimentare del 2006 (e del 2007), con l'abolizione del fallimento d'ufficio e con la modifica del presupposto oggettivo del concordato preventivo. In seguito, l'art. 33, comma 1, lett. a bis), n. 2), DL 83/2012, conv. con modificazioni in L. 134/2012, ha introdotto all'art. 69-bis l.fall. il comma secondo in base al quale “nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”. Si tratta, in definitiva, di una sorta di formalizzazione del principio della retrodatazione del periodo sospetto per l'esperimento dell'azione revocatoria fallimentare.

La dottrina ha da tempo sostenuto come il riconoscimento della continuità delle diverse procedure concorsuali che si avvicendano nel tempo comporti necessariamente l'unitarietà sostanziale della disciplina tesa ad assicurare una tendenziale parità di trattamento giuridico a tutti i creditori in ogni fase ove ciò sia compatibile con la diversa natura delle stesse, con una tendenziale estensione al concordato preventivo degli effetti principali della procedura fallimentare conclusiva (Nocera).

La sentenza in commento basa l'intera decisione sul presupposto che il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non abbia una portata generale e che non possa porre nel nulla, con effetto retroattivo, la disciplina processuale applicabile con l'istituto del concordato preventivo. I supremi giudici ritengono, infatti, non rinvenirsi nell'ordinamento positivo alcuna disposizione normativa che riconosca in via generale la retrodatazione degli effetti propri del fallimento a partire dall'inizio della procedura minore. A riprova di ciò vengono elencate le ipotesi tipiche previste dalla legge fallimentare: le specifiche previsioni dell'esenzione da revocatoria degli atti compiuti in esecuzione del concordato preventivo (art. 67, comma 3, lett. e, l.fall.), della prededucibilità dei crediti sorti in occasione e in funzione del concordato preventivo (art. 111, comma 2, l.fall.), della decorrenza dei termini di cui agli artt. 64, 65, art. 67, commi 1 e 2 e art. 69, della data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro nelle imprese (art. 69 bis, comma 2, l.fall.) e della inefficacia delle ipoteche iscritte nei 90 giorni precedenti (art. 168 l. fall.).

In conclusione, alla luce della sentenza in commento, è da ritenersi che sussista una sorta di tassatività dei casi in cui la consecutio si verifica, insuscettibile di interpretazione estensiva. Non un'ipotesi di carattere generale, dunque, ma specifiche ipotesi di retrodatazione degli effetti del fallimento al momento di instaurazione della prima procedura.

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