Società semplice e amministratore estraneo alla compagine sociale

10 Giugno 2022

È legittima l'iscrizione nel Registro delle Imprese della nomina ad amministratore di una società semplice di un soggetto persona fisica estraneo alla compagine sociale condizionatamente alla verifica, da parte dell'Ufficio del Registro medesimo, dell'inesistenza di patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei soci.
Massima

È legittima l'iscrizione nel Registro delle Imprese della nomina ad amministratore di una società semplice di un soggetto persona fisica estraneo alla compagine sociale condizionatamente alla verifica, da parte dell'Ufficio del Registro medesimo, dell'inesistenza di patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei soci.

Il caso

L'Ufficio del Registro chiedeva al Giudice del Registro delle Imprese di Roma di valutare la sussistenza dei presupposti per disporre la cancellazione dal Registro delle Imprese dell'iscrizione della nomina di un soggetto, persona fisica, non socio, quale amministratore di una società semplice costituita tra due società di capitali, sul presupposto che, nelle società di persone in generale, e nelle società semplici in particolare, l'amministrazione non possa essere affidata a soggetto estraneo alla compagine sociale.

La questione giuridica

La pronuncia in esame affronta il dibattuto problema dell'amministrazione delle società di persone in generale e di quelle semplici in particolare, da parte di soggetti estranei alla compagine sociale.

Il Tribunale di Roma, quale Giudice del Registro delle Imprese, ripercorrendo le principali tematiche giuridiche sul punto, sulla base di convincenti argomentazioni, conclude ammettendo la nomina di un amministratore non socio relativamente alla s.s. ed alla s.n.c., avendo il legislatore posto un esplicito divieto solo per le s.a.s.

In primis, occorre rilevare come la giurisprudenza contraria ritenga che debba sussistere nelle società personali una identità ontologica tra la qualifica di amministratore e la qualità di socio, che non consentirebbe di nominare quali amministratori soggetti estranei alla compagine sociale.

Tale tesi troverebbe conferma nella formulazione dell'art. 2257 c.c., a mente del quale, salva diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri, e nell'art. 2258 c.c., secondo il quale se l'amministrazione spetta congiuntamente a più soci è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali. Infine, nell'art. 2267 c.c., il quale dispone come per le obbligazioni sociali rispondano, inoltre, personalmente e solidalmente, i soci che hanno agito in nome e per conto della società, e, salvo patto contrario, gli altri soci.

Tale ultima norma, in particolare, attribuendo agli amministratori la responsabilità personale e solidale per i debiti sociali, a prescindere dalla stipula di patti contrari, fa riferimento ad una immedesimazione organica tra amministratore e società, di per sé incompatibile con il ruolo di amministratore affidato ad un soggetto estraneo, che, pertanto, risulterebbe non responsabile dei debiti sociali (Trib. di Udine, 29 aprile 2018, in CNN Notizie del 20 novembre 2018, a cura di D.Boggiali, A.Ruotolo).

Difatti, la diretta correlazione tra potere gestorio e rischio di impresa che connota la disciplina delle società di persone, implicherebbe un nesso indissolubile tra lo status di socio e la funzione amministrativa (Trib. Foggia, 29 febbraio 2000, in Giur. It., 2001, 989). Ciò risponderebbe all'esigenza di collegare l'amministrazione della società di persone alla responsabilità illimitata, che ha indotto il legislatore ad imporre la scelta dell'amministratore tra i soli soci, a tutela dell'affidamento dei terzi soggetti (App. Trento, 21 gennaio 1999, in Le Società, 1999, 704-709).

Tali orientamenti giurisprudenziali verrebbero corroborati, sotto il profilo sistematico, dall‘assenza di una previsione normativa che legittimi l'attribuzione dell'amministrazione delle società di persone a soggetti terzi, diversamente da quanto avviene per le società di capitali, dove il legislatore esplicitamente lo prevede con l'art. 2380 bis, comma 2, c.c. per le s.p.a., ovvero lo consente con l'art. 2475 c.c. per le s.r.l. (Trib. Alessandria, 25 marzo 1999, in Riv. Not., 1999, 1026).

Osservazioni

Il Tribunale di Roma, col provvedimento in commento, sottolinea la sussistenza di una diversità ontologica tra la qualifica di amministratore e la qualità di socio, riguardando le due figure diritti, poteri, obblighi e responsabilità diversi e distinti.

Invero, la Cassazione si è espressa favorevolmente sulla nomina di un amministratore non socio nella s.s., rilevando come, ai sensi dell'art. 2266, comma 2, c.c., la rappresentanza legale della s.s. spetti a ciascun socio amministratore in mancanza di diversa disposizione del contratto, con la conseguenza che le parti possono derogare pattiziamente a tale disciplina, affidando la rappresentanza a non soci (Cass. n. 3887/1996).

Lo stesso inciso contenuto nell'art. 2257 c.c. secondo il quale “Salvo diversa pattuizione” l'amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri, farebbe ritenere legittima la nomina di soggetti amministratori non soci.

Più recentemente, la Cassazione, in un obiter dictum, ha rilevato come gli artt. 2252 e 2259 c.c. operino su piani diversi, essendo l'uno destinato a regolare i rapporti tra i soci, l'altro il rapporto tra la società e l'amministratore, anche perché, può risultare nominato amministratore chi socio non è (Cass. n. 13761/2009).

Di particolare interesse nella pronuncia in commento è il rilievo del Tribunale di Roma secondo cui la differenza ontologica tra amministratore e socio sarebbe resa evidente dalla disciplina delineata dal legislatore con la riforma del diritto societario, che tramite l'art. 2361, comma 2, c.c., ha ammesso come le società di capitali possano assumere partecipazioni in società di persone, anche assumendo la qualità di soci illimitatamente responsabili.

Come nel caso in esame, potrebbe dunque sussistere una società di persone interamente partecipata da società di capitali. Di conseguenza, l'amministrazione della società partecipata, società di persone, dovrebbe essere affidata alla società di capitali, soluzione oggi apertamente ammessa (Trib. di Milano, 27 Febbraio 2012, in Giur. comm., 2014, 4, II, 639; Giudice del Registro di Roma, 1° giugno 2020, n. 4339, ivi, 2021, 4, II, 920). In tale circostanza, rileva il giudice del provvedimento in oggetto, la persona giuridica procederà nominando una persona fisica appartenente alla propria organizzazione.

Introducendo la possibilità di una partecipazione di società di capitali alle società di persone è inevitabile ammettere una dissociazione tra la qualità di socio e l'attività di amministratore.

È inoltre condivisibile la tesi secondo la quale laddove il legislatore ha voluto vietare la nomina ad amministratore di soggetto non socio lo ha previsto esplicitamente, come avviene esclusivamente per le s.a.s., a norma dell'art. 2318, comma 2, c.c., secondo il quale l'amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci accomandatari, e dell'art. 2320 c.c., secondo cui i soci accomandatari non possono compiere atti di amministrazione.

Si deve, dunque, ritenere che il divieto di amministrazione da parte di soggetto esterno sia limitato alle sole società di persone in accomandita semplice e non agli altri tipi di società di persone.

In assenza di una norma sul punto, la nomina di un amministratore non socio potrebbe essere indirizzata ad eludere la responsabilità personale ed illimitata dei soci, a nocumento dei terzi.

In merito alle s.n.c. il problema parrebbe superabile, considerando che l'art. 2291 c.c. precisa come tutti i soci siano solidalmente ed illimitatamente responsabili ed i patti contrari non abbiano effetto nei confronti dei terzi.

Pertanto, la nomina di un soggetto terzo quale amministratore non andrebbe a sottrarre tutela ai terzi creditori sociali.

Il problema potrebbe, invece, configurarsi con riguardo alle s.s., considerato che, ai sensi dell'art. 2267 c.c., per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci.

In tal modo, in caso di amministratore estraneo alla società e in presenza di pattuizioni volte ad escludere, o a limitare, la responsabilità dei soci, non vi sarebbe più alcun socio illimitatamente responsabile, a nocumento dell'affidamento dei terzi.

Tale considerazione, tuttavia, non impedisce aprioristicamente la nomina di soggetto non socio quale amministratore.

In tale circostanza, l'Ufficio del Registro deve consentire l'iscrizione del soggetto amministratore non socio condizionatamente alla verifica dell'assenza di clausole limitative o volte ad escludere la responsabilità dei soci.

La responsabilità del soggetto amministratore, non socio, andrebbe così a sommarsi alla responsabilità dei soci, rispondendo con il proprio patrimonio personale ed aggiungendo una ulteriore garanzia a chiaro beneficio dei terzi soggetti creditori.

Conclusioni

In assenza di un espresso divieto del legislatore in merito alla nomina di amministratori non soci nelle società semplici e nelle società in nome collettivo, ed alla luce della riforma del diritto societario che ammette la partecipazione di società di capitali alle società di persone, appare pienamente condivisibile la conclusione cui giunge il Tribunale di Roma circa la legittimità della scelta di affidare l'amministrazione della società semplice ad un soggetto persona fisica estraneo alla compagine sociale.

A tal guisa, parimenti condivisibile risulta la condizione imposta, a tutela dell'affidamento dei terzi, della previa verifica da parte dell'Ufficio del Registro dell'assenza di patti societari volti a limitare o ad escludere la responsabilità dei soci nella società semplice.

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