Incapacità a testimoniare e nullità della testimonianza: la parola alle Sezioni Unite

Redazione scientifica
13 Giugno 2022

Le Sezioni Unite dovranno valutare l'attualità e l'effettiva portata del principio secondo cui l'incapacità a testimoniare determina la nullità della deposizione e non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata a farla valere al momento dell'espletamento della prova o nella prima difesa successiva, restando altrimenti sanata.

La terza sezione civile della Corte di cassazione ha chiesto alle Sezioni Unite di valutare l'attualità e l'effettiva portata dei principi che regolano l'incapacità a testimoniare prevista dall'art. 246 c.p.c.

La vicenda che ha dato origine alla richiesta di chiarimenti riguardava un giudizio instaurato dagli attori per il risarcimento del danno derivante dal sinistro stradale in cui aveva perso la vita un loro congiunto.

Per quanto di interesse, i familiari del defunto impugnavano in sede di legittimità la sentenza della Corte d'appello che, condividendo la statuizione del giudice di primo grado, aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla terza trasportata per incapacità a testimoniare.

Secondo i ricorrenti, la Corte d'appello non aveva tenuto conto che la compagnia assicurativa convenuta, pur avendo eccepito l'incapacità di testimoniare della terza trasportata, aveva omesso del tutto di contestare la nullità della testimonianza ammessa ed assunta.

La Corte di cassazione esamina dunque la questione della sorte dell'eccezione di incapacità a testimoniare ai sensi dell'art. 246 c.p.c. quando la parte che l'abbia tempestivamente sollevata, ometta di contestare la nullità della testimonianza in sede istruttoria o nella prima difesa utile.

I giudici richiamano, in proposito l'orientamento espresso da Cass. n. 7869/1990 secondo cui la nullità della testimonianza resa da persona incapace deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c.

Invero, in mancanza tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare

a norma dell'art. 246 c.p.c., possa ritenersi comprensiva dell'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta.

Rilevano, quindi, come nonostante tale precedente abbia mostrato una convinta adesione da parte della giurisprudenza successiva, sussistono alcuni aspetti, posti a fondamento del percorso argomentativo di detta sentenza, che sono meritevoli di approfondimento.

Si osserva infatti che la motivazione con cui la sentenza n. 7869/1990 respinge le censure del ricorrente - incentrate sull'omesso esame della eccezione di incapacità a testimoniare sollevata prima dell'assunzione della prova e sulla violazione dell'art. 246 c.p.c. - si basa su diversi ordini di argomentazioni.

Da un lato, sul fatto che il ricorrente era decaduto dall'eccezione di nullità delle testimonianze assunte, non essendosi avvalso del rimedio del reclamo ex art. 178, comma 2, c.p.c. avverso l'ordinanza del giudice istruttore che, ammettendo i due testi, implicitamente aveva rigettato l'eccezione di incapacità.

Ebbene, tale profilo, con cui si afferma in sostanza che la parte che ha sollevato l'eccezione di incapacità respinta dal giudice istruttore avrebbe l'onere di proporre reclamo immediato ex art. 178, comma 2, c.p.c., non appare più attuale, alla luce della l. 353/1990 che ha abolito la possibilità di reclamo al collegio per la soluzione dì questioni istruttorie.

Dall'altro lato si osserva che, sebbene la giurisprudenza maggioritaria ricostruisca il vizio della testimonianza resa da incapacein termini di nullità relativa, esiste una tesi dottrinale minoritaria che ritiene che le deposizioni assunte in spregio al divieto di cui all'art. 246 c.p.c. siano inefficaci, tali da non poter essere utilizzate dal giudice ai fini della decisione.

Risulta evidente come dalla qualificazione del vizio della testimonianza resa dall'incapace derivino conseguenze in ordine alle modalità di deduzione dello stesso vizio, risultando applicabile la decadenza ex art. 157, comma 2, c.p.c. solo ove si ritenga che tale vizio configuri un'ipotesi di nullità.

Qualora si ritenga invece che la testimonianza resa dall'incapace sia valida, ma

inefficace/inutilizzabile, la deduzione relativa alla inammissibilità della medesima testimonianza non sarebbe soggetta alla predetta decadenza, potendo la questione essere rimessa in discussione dal collegio, ove sollecitato in tal senso dalla parte in sede di p.c.

Per tali ragioni, la terza sezione della Corte chiede alle Sezioni Unite di valutare «l'attualità e l'effettiva portata del principio secondo cui l'incapacità a testimoniare, prevista dall'art. 246 c.p.c., determina la nullità della deposizione e non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata a farla valere al momento dell'espletamento della prova o nella prima difesa successiva, restando altrimenti sanata ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c., senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare possa ritenersi comprensiva dell'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione».