Disciplina dei diritti dei lavoratori trasferiti nell'ambito di un fallimento anticipato da una procedura di “pre-pack”

Barbara Mandelli
14 Giugno 2022

Requisiti per la disapplicazione del principio di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di impresa nell'ambito di un fallimento anticipato da una procedura di insolvenza quale il “pre-pack” ...
Massima

L'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva n. 2001/23/CE, secondo il quale il mantenimento dei diritti dei lavoratori ceduti non si applica al trasferimento di un'impresa nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o analoga procedura di insolvenza liquidatoria, deve essere interpretato nel senso che il presupposto è soddisfatto qualora il trasferimento di un'impresa sia predisposto nell'ambito di una procedura di pre-pack, precedente all'apertura del fallimento nel corso del quale detto trasferimento viene poi realizzato, a condizione che il siffatto pre-pack abbia l'obiettivo principale di consentire una liquidazione dell'impresa in attività volta a soddisfare al meglio l'insieme dei creditori, che mantenga, per quanto possibile, l'occupazione e sia disciplinato da disposizioni legislative o regolamentari.

Il citato articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE deve essere inoltre interpretato nel senso che il presupposto da esso previsto, secondo il quale il mantenimento dei diritti dei lavoratori ceduti non si applica al trasferimento di un'impresa nel caso in cui la procedura fallimentare o la procedura di insolvenza analoga di cui è oggetto il cedente si svolga sotto il controllo di un'autorità pubblica competente, è soddisfatto qualora il suddetto trasferimento sia predisposto nell'ambito di una procedura di pre-pack preliminare alla dichiarazione di fallimento, da un «curatore designato», sottoposto al controllo di un «giudice delegato designato», e qualora l'accordo relativo a tale trasferimento sia concluso e portato a esecuzione dopo la pronuncia del fallimento diretto alla liquidazione dei beni del cedente, a condizione che una siffatta procedura di pre-pack sia disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari.

Il caso

Un gruppo di società dei Paesi Bassi, esercenti l'attività di commercio all'ingrosso di pesce e frutti di mare, si trovava ad accumulare rilevanti perdite finanziarie. Pertanto, veniva valutata la possibilità di ricorrere a una sorta di procedura di insolvenza anticipata, il c.d. pre-pack, nell'ambito della quale si sarebbe ben potuto perfezionare un trasferimento del patrimonio a terzi.

Su istanza del gruppo, venivano quindi nominati dal Tribunale competente due curatori ed un giudice delegato con l'obiettivo di ottenere il rendimento più elevato possibile a favore del ceto creditorio e preparare la successiva vendita.

Più precisamente, gli organi della procedura designati non disponevano, nell'ambito della procedura di pre-pack, di alcun mandato legale ma erano incaricati di osservare, informarsi ed essere informati nonché di esprimere il loro parere.

Essi dovevano agire come se l'insolvenza fosse già stata dichiarata e controllare l'operato del gruppo, che, a sua volta, avrebbe dovuto collaborare al raggiungimento dello scopo comune.

Nel corso delle trattative, il gruppo chiedeva ed otteneva il proprio fallimento. In tale sede venivano confermate le persone che avevano precedentemente esercitato le funzioni di curatore e giudice delegato e si perfezionava la pianificata cessione.

La subentrante rilevava i contratti di lavoro di circa due terzi dei dipendenti in forza alla fallita, affinché essi svolgessero, nello stesso luogo di lavoro, le attività che avevano esercitato in precedenza, seppur sottoponendoli a condizioni di lavoro meno favorevoli.

La federazione del movimento sindacale dei Paesi Bassi si schierava apertamente contro il fallimento del gruppo tanto da intraprendere le opportune azioni giudiziali.

Il giudice chiamato a decidere la controversia rilevava però la sussistenza dei tre presupposti dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva n. 2001/23/CE (pendenza di una procedura fallimentare o procedura di insolvenza analoga, liquidazione dei beni del cedente e controllo di una autorità pubblica competente) e, pertanto, dichiarava che la società subentrante non dovesse rimanere vincolata alle condizioni di lavoro e occupazionali del soggetto giuridico che l'aveva preceduta.

Nel superiore grado di giudizio, innanzi la Corte suprema dei Paesi Bassi, si sospendeva il procedimento in corso e venivano rimesse alla Corte di giustizia UE due questioni pregiudiziali, ai sensi dell'articolo 267 TFUE.

Con la prima questione sollevata, si domanda se l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE debba essere interpretato nel senso che il presupposto da esso previsto, secondo il quale gli articoli 3 e 4 di tale direttiva non si applicano al trasferimento di un'impresa nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga che sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso, venga soddisfatto qualora il trasferimento di un'impresa, in tutto o in parte, sia predisposto, anteriormente all'apertura della procedura fallimentare diretta alla liquidazione dei beni del cedente e nel corso della quale detto trasferimento viene realizzato, nell'ambito di una procedura di pre-pack avente l'obiettivo di consentire, durante la procedura fallimentare, una liquidazione dell'impresa in attività (going concern) che soddisfi al meglio l'insieme dei creditori e che mantenga, per quanto possibile, l'occupazione.

Con la seconda questione, si pone il quesito se l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE debba essere interpretato nel senso che il presupposto da esso previsto, secondo il quale gli articoli 3 e 4 di tale direttiva non si applicano al trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento nel caso in cui la procedura fallimentare o la procedura di insolvenza analoga di cui è oggetto il cedente si svolga sotto il controllo di un'autorità pubblica competente, è soddisfatto qualora il trasferimento di un'impresa, in tutto o in parte, sia predisposto nell'ambito di una procedura di pre-pack preliminare alla dichiarazione di fallimento da un «curatore designato», sottoposto al controllo di un «giudice delegato designato», e qualora l'accordo relativo a tale trasferimento sia concluso e portato a esecuzione dopo la pronuncia del fallimento diretto alla liquidazione dei beni del cedente.

La questione

La questione, sotto forma di domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata innanzi alla Corte di giustizia UE, è la seguente: come possono essere interpretati gli articoli da 3 a 5 della direttiva n. 2001/23/CE del Consiglio relativi al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento totale o parziale di imprese nell'ipotesi in cui il cedente sia stato oggetto di fallimento, anticipato da una procedura c.d. pre-pack, nell'ambito della quale sia iniziata la suddetta fase di trasferimento?

Le soluzioni giuridiche

La direttiva n. 2001/23/CE concerne il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore a seguito a cessione contrattuale o a fusione.

L'articolo 3 di detta direttiva, al suo paragrafo 1, primo comma, prevede quanto segue: «I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario».

L'articolo 4 della direttiva 2001/23, al suo paragrafo 1, primo comma, dispone quanto segue: «Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione».

Tale disciplina incontra però il limite dell'articolo 5 della direttiva: «1. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente)».

La particolarità del caso in esame riguarda il problema sorto in ordine a come interpretare il limite dell'articolo 5 della direttiva con particolare riferimento all'operatività di una prassi dei Paesi Bassi di origine giurisprudenziale quale il pre-pack che consente, nell'ambito della liquidazione dei beni di un debitore, di predisporre la vendita, in tutto o in parte, di un'impresa facente parte del patrimonio di quest'ultimo, al fine di aumentare le possibilità che i creditori siano integralmente rimborsati.

I preparativi di vendita consistono, in particolare, nel negoziare con uno o più candidati un accordo in base al quale l'impresa in questione sarà loro ceduta, in tutto o in parte, dopo la dichiarazione di fallimento del debitore.

Il pre-pack si distingue dagli altri negozi di vendita preliminari alla dichiarazione di fallimento in quanto le operazioni organizzate nell'ambito di quest'ultimo sono predisposte da un curatore sottoposto al controllo di un giudice delegato.

Dopo la pronuncia del fallimento, qualunque sia l'ampiezza del loro coinvolgimento prima, essi sono tenuti, in quanto curatore e giudice delegato della procedura fallimentare, a valutare se tale trasferimento soddisfi detti interessi e, in caso negativo, a non procedere al citato trasferimento.

Tale procedura consente dunque di ottenere, mediante il trasferimento di un'impresa la cui attività sia stata mantenuta (going concern), un miglior prezzo di cessione di quest'ultima, al fine di soddisfare al meglio i creditori.

Orbene, con la sentenza alla causa n. C-237/20 del 28 aprile 2022, la Corte di Giustizia UE allineandosi ai molteplici precedenti in materia e muovendo dalla considerazione che la ratio della direttiva n. 23/2001/CE è quella della protezione dei lavoratori, dichiara che, in caso di trasferimento predisposto nell'ambito di una procedura di pre-pack e a condizione che tale procedura sia disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari, il cessionario ha, in linea di principio, diritto di derogare al mantenimento dei diritti dei lavoratori.

A tal fine, però, devono sussistere tre presupposti: il cedente deve essere oggetto di una procedura fallimentare o di analoga procedura di insolvenza, tale procedura deve avere finalità liquidatorie dei beni del cedente e tale liquidazione deve svolgersi sotto il controllo di un'autorità pubblica.

Osservazioni

Come noto, la legge italiana stabilisce delle protezioni per i lavoratori interessati dal passaggio ad un nuovo datore di lavoro, tanto che l'art. 2112 c.c. prevede la continuazione del rapporto di lavoro e la conservazione dei diritti che ne derivano.

Nel caso invece di trasferimento di un'azienda in crisi si applica una speciale disciplina parzialmente in deroga alla normativa sulla conservazione dei diritti dei lavoratori. Infatti, occorre tenere conto della specificità del diritto fallimentare, che è caratterizzato da procedimenti che hanno ad oggetto il contemperamento dei vari interessi, in particolare di quelli delle diverse categorie di creditori.

La normativa vigente italiana delinea la disciplina a seconda che l'attività dell'azienda in crisi debba proseguire ovvero sia destinata ad interrompersi definitivamente, ma, sul punto, ebbe modo in passato di confrontarsi più volte con la citata normativa comunitaria e, solo in ultima analisi, di uniformarsi compiutamente ai dettati espressi.

A dire il vero, quando nel 1990 fu emanato l'articolo 47, comma 5, della Legge n. 428/1990 vi era già prevista la deroga alle garanzie operanti in caso di trasferimento di azienda a dispetto della normativa comunitaria che ancora non lo prevedeva: la precedente direttiva n. 77/87/CEE non considerava alcuna ipotesi di cessione di impresa in presenza delle quali le tutele dei lavoratori potessero essere disapplicate, ma la giurisprudenza della Corte di Giustizia aveva già riconosciuto tale possibilità nell'ambito di procedure concorsuali aventi finalità liquidative del patrimonio del debitore (C. Giust. 7 febbraio 1985, causa C-135/83, Abels; C. Giust. 25 luglio 1991, causa C-362/89, D'Urso; C. Giust. 7 dicembre 1995, causa C-472/93, Spano) e poi la direttiva n. 98/50/CE ebbe modo di introdurre l'articolo che poi sarebbe diventato il numero 5 della direttiva n. 2001/23/CE sulla esplicita possibilità di disapplicare, in alcune ipotesi e a determinate condizioni, le tutele previste dagli articoli 3 e 4 della direttiva.

Addirittura, la norma interna trovò solo una parziale conferma nella giurisprudenza della Corte: la deroga dell'articolo 47, comma 5 cit. differiva da quello autorizzato dai giudici di Lussemburgo nella parte in cui equiparava lo stato di crisi, per definizione non irreversibile, alle procedure fallimentari liquidative. L'11 giugno 2009 la Corte di Giustizia condannò la Repubblica Italiana per non aver garantito, nel caso di trasferimento di azienda di cui sia stato accertato lo stato di crisi, i diritti riconosciuti ai lavoratori dagli artt. 3 e 4 della direttiva n. 2001/23/CE (C. Giust. 11 giugno 2009, causa C-561/07).

Tornando ai nostri giorni, espunta dal testo normativo il riferimento alla crisi aziendale, è ora espressamente previsto che, nel caso di dichiarazione di fallimento, di omologazione di concordato preventivo liquidatorio, di liquidazione coatta amministrativa senza continuità di attività, non si debba applicare il principio di mantenimento del rapporto ex art. 2112 c.c., fatta salva la previa consultazione sindacale ed eventuali migliori condizioni previste nell'accordo stesso (art. 47, comma 5, Legge n. 428/1990).

A partire dal 22 luglio 2022, termine di entrata in vigore previsto dal D. Lgs. n. 14/2019, come modificato dal D. L. n. 36 del 30 aprile 2022, le norme del codice della crisi incideranno anche sul comma in esame nella misura in cui il trasferimento riguarderà imprese nei confronti delle quali vi sia stata apertura della liquidazione giudiziale o di concordato preventivo liquidatorio, ovvero di liquidazione coatta amministrativa, con continuazione dell'attività non disposta o cessata; i rapporti di lavoro continueranno con il cessionario, tranne casi di stipulazione di contratti collettivi in deroga all'art. 2112 c.c. o accordi individuali in sedi protette.

Se l'attività aziendale invece prosegue, in un concordato preventivo con continuazione dell'attività, in una omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, quando gli accordi non abbiano carattere liquidatorio, nei casi di amministrazione straordinaria, allora la disciplina dell'art. 2112 c.c. continua ad applicarsi, nei termini e con le limitazioni previste nell'accordo collettivo che possa determinare il mantenimento anche parziale dell'occupazione (art. 47, comma 4 bis, Legge n. 428/1990 e s.m.).

La riforma del sistema delle procedure concorsuali si è trovata quindi a meglio precisare la bipartizione fra procedure conservative (concordato preventivo in regime di continuità, omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, liquidazione giudiziale – che prende il posto del fallimento – e amministrazione straordinaria con continuazione di attività) e procedure liquidatorie (liquidazione giudiziale senza che sia disposto l'esercizio provvisorio, concordato preventivo liquidatorio, liquidazione coatta amministrativa quando la continuazione dell'attività non sia disposta o sia cessata e amministrazione straordinaria con cessazione dell'attività) a tutto vantaggio dell'ambito giuslavorista e della meglio definita e circoscritta disapplicazione dei diritti derivanti dall'art. 2112 c.c.

Minimi riferimenti bibliografici

Maria Luisa Vallauri, La Corte di giustizia torna sulle condizioni per la disapplicazione delle tutele in caso di trasferimento d'impresa soggetta a procedura concorsuale, in Riv. it. dir. lav., fasc. 1, 2018, 148.

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