Sciopero nei servizi essenziali: il potere disciplinare del datore non è libero

Teresa Zappia
14 Giugno 2022

Nell'ambito dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, il potere disciplinare del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori, aderenti ad uno sciopero...
Massima

Nell'ambito dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, il potere disciplinare del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori, aderenti ad uno sciopero proclamato dalle organizzazioni sindacali senza il rispetto delle modalità e delle procedure di erogazione e delle altre misure previste dall'art. 2, comma 2, della legge n. 146 del 1990, come modificata dalla l. n. 83 del 2000, è subordinato, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. i) della legge citata, alla valutazione negativa del comportamento delle parti collettive ad opera della Commissione di garanzia, e l'apertura del procedimento disciplinare è, in tal caso, doverosa.

Il fatto

Il lavoratore agiva in giudizio contro la società-datrice (R.F.I.), al fine di far dichiarare l'illegittimità della sanzione disciplinare al medesimo irrogata a causa dell'abbandono del posto di lavoro, avendo egli aderito allo sciopero proclamato dall'organizzazione sindacale U.S.B.

Secondo la società-datrice tale sciopero non riguardava il proprio personale dipendente.

Il Tribunale aveva respinto il ricorso.

La decisione di primo grado veniva riformata in appello. Incontestata la legittimità dello sciopero proclamato da U.S.B., oggetto di discussione era stata l'estensione dello sciopero ai dipendenti della società resistente. La Corte territoriale aveva ritenuto legittima l'astensione del lavoratore. Il fatto che un solo lavoratore avesse aderito allo sciopero non poteva ritenersi incidente sulla legittimità dell'astensione collettiva, né sul diritto del dipendente relativo.

Avverso tale sentenza R.F.I. proponeva ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi.

La società-datrice si doleva dell'errata estensione ai propri lavoratori della procedura di proclamazione dello sciopero.

Tale posizione sarebbe stata corroborata dal comunicato del 10 ottobre 2012, con cui la Commissione di garanzia aveva rilevato la mancata proclamazione dello sciopero nei confronti di R.F.I., invitando il sindacato a rettificare le norme tecniche di attuazione.

Ad avviso della società, la Corte d'appello aveva omesso di esaminare la dedotta violazione della procedura di cui all'art. 2, L. n. 146/1990, essendo stata violata la disciplina sul termine di preavviso. L'adesione del lavoratore a tale sciopero, pertanto, avrebbe integrato l'illecito disciplinare contestato, con conseguente legittimità della sanzione applicata. Secondo R.F.I. il potere disciplinare non poteva ritenersi subordinato alla valutazione della Commissione di garanzia, a cui il legislatore (art. 4, co. 4-quater, L. n. 146/1990) ha attribuito la facoltà di valutare e sanzionare i comportamenti posti in essere dai soggetti sindacali.

Sosteneva la società che anche nell'ipotesi in cui si ritenesse il potere disciplinare datoriale subordinato alla preventiva valutazione della Commissione, la sanzione irrogata al dipendente sarebbe comunque legittima in quanto, nel caso di specie, la Commissione di garanzia aveva accertato la mancata proclamazione dello sciopero per i dipendenti di R.F.I.

La questione

L'esercizio del potere disciplinare di cui all'art. 4 L. n. 146/1990 è subordinato alla valutazione negativa della Commissione di garanzia?

La soluzione della Corte

La prima doglianza esaminata dalla Corte di Cassazione è stata quella afferente l'asserita violazione degli artt. 2 e 4 L. n. 146/1990 (come modificata dalla L. n. 83/2000). Nello specifico, la questione affrontata attiene al rapporto tra la valutazione del comportamento delle parti sindacali che hanno proclamato lo sciopero e l'esercizio del potere disciplinare del datore nei confronti dei lavoratori, aderenti all'astensione.

La L. n. 146/1990, rammenta la Corte, ha stabilito, con riferimento ai soggetti che promuovono lo sciopero in relazione ai servizi pubblici essenziali, che “i lavoratori...le amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi sono tenuti all'effettuazione delle prestazioni indispensabili, nonché al rispetto delle modalità e delle procedure di erogazione…” (art. 2, comma 3). Agli obblighi imposti dalla legge corrispondono, in caso di violazione, specifiche sanzioni (art. 4).

Evidenziano i giudici di legittimità che l'art. 13, co. 1, lett. i), introduce una competenza esclusiva della Commissione di garanza di “valutare” il comportamento delle parti, deliberando, in caso di accertamento negativo, le sanzioni di cui all'art. 4.

Il legislatore ha, dunque, affidato il compito di verificare i presupposti per l'applicabilità delle sanzioni nei confronti delle parti collettive e degli enti erogatori dei servizi ad un “soggetto super partes ad alta competenza” (Corte Cost. n. 57 del 1995), lasciando in questo ambito al datore un ruolo meramente esecutivo, di applicazione, nei confronti dei soggetti collettivi, delle sanzioni già deliberate e quantificate dalla Commissione medesima.

Con riferimento alla disciplina legale concernente le sanzioni individuali nei confronti dei lavoratori scioperanti, i giudici di legittimità hanno richiamato l'art. 4, co. 1, ritenendo in tale disposizione compresi anche comportamenti dei lavoratori posti in essere in relazione all'esercizio del diritto di sciopero ed aventi rilievo disciplinare.

Nello specifico, la Corte ha suddiviso in due categorie la condotta di coloro che si astengono dal lavoro nell'ambito dei servizi pubblici essenziali: la prima riguarda i lavoratori che aderiscono ad uno sciopero illegittimamente proclamato; la seconda concerne i lavoratori che attuano uno sciopero in maniera difforme dalla proclamazione legittima.

Con riferimento alla prima, l'art. 13, co. 1, lett. i), dopo aver attribuito alla Commissione di garanzia il compito di valutare il comportamento delle parti collettive e degli enti erogatori dei servizi e, in caso di valutazione negativa, di deliberare nei loro confronti le sanzioni, prevede che la stessa Commissione prescriva al datore di applicare le sanzioni disciplinari. La disposizione fissa un nesso di conseguenzialità tra la valutazione negativa della condotta sindacale e la prescrizione al datore affinché proceda in via disciplinare nei confronti dei propri dipendenti.

Solo rispetto ai comportamenti rientranti nella prima categoria, pertanto, è possibile ipotizzare una rilevanza disciplinare derivata dalla illegittima azione sindacale.

I giudici di legittimità hanno ritenuto che la “prescrizione” della Commissione di garanzia non solo renda doverosa l'attivazione del procedimento disciplinare, ma costituisca anche presupposto per l'esercizio del potere correlato.

Tale interpretazione, oltre che nel collegamento testuale tra sanzioni collettive e individuali (rectius, esercizio dell'azione disciplinare), troverebbe fondamento nella ratio dell'impianto normativo che, al fine di contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, ha affidato ad un organo terzo il potere di valutare e sanzionare il comportamento delle parti collettive e degli enti erogatori dei servizi, utilizzando il potere disciplinare del datore quale strumento per il medesimo fine di tutela degli utenti.

Alla luce di quanto sopra, la Corte ha affermato che l'esercizio del potere disciplinare, in quanto proiettato alla tutela di beni e interessi che esulano dal rapporto di lavoro, risulta subordinato alla preliminare e condizionante valutazione del comportamento negativo dei soggetti collettivi, a cui il singolo lavoratore abbia prestato adesione.

Conseguentemente, il potere disciplinare del datore, già conformato in modo peculiare in base all'art. 4, co. 1, subisce un ulteriore limite nell'ipotesi di condotta individuale di adesione ad uno sciopero illegittimamente proclamato, in quanto doverosamente esercitabile solo in presenza di una valutazione negativa da parte della Commissione.

Suddetto potere, invece, precisa la Corte, continua ad avere le ordinarie caratteristiche per i comportamenti dei dipendenti rientranti nella seconda categoria sopra indicata (i.e. lavoratori che attuano lo sciopero senza il rispetto delle modalità legittimamente programmate dai sindacati). In tali ipotesi la responsabilità è configurabile esclusivamente nei confronti dei singoli lavoratori ed il potere disciplinare resta integralmente in capo al datore, senza alcuna riserva di competenza o di intervento preventivo della Commissione.

Nella fattispecie oggetto di causa, era stato contestato al lavoratore di avere aderito ad uno sciopero, indetto dall'organizzazione sindacale U.S.B. per il personale dipendente nel settore del trasporto ferroviario, ma la cui proclamazione non era avvenuta ritualmente nei confronti di R.F.I., quantomeno per la mancata osservanza del termine di preavviso. L'illegittimità della condotta addebitata del lavoratore derivava, pertanto, dalla illegittimità della proclamazione dello sciopero nei confronti del personale della società ricorrente.

Tale fattispecie, ha concluso la Corte, doveva essere ricondotta alla prima delle due categorie suddette, sicché l'esercizio del potere disciplinare da parte del datore doveva ritenersi subordinato alla preventiva valutazione negativa del comportamento dei soggetti sindacali ad opera della Commissione. Nel caso di specie era mancata del tutto una valutazione da parte dell'organo di garanzia ed a tal fine non poteva rilevare la comunicazione del 10.10.2012 con la quale la Commissione, interpellata dalla società-datoriale, aveva escluso il personale di R.F.I. dallo sciopero.

La valutazione del comportamento delle oo.ss. segue, infatti, il procedimento descritto dall'art. 4, co. 4-quater, non richiamato nella diversa fattispecie contemplata dall'art. 13, comma 1, lett. d), alla quale la Corte ha ricondotto la comunicazione della Commissione prefata.

La Corte ha, dunque, affermato il seguente principio di diritto: “nell'ambito dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, il potere disciplinare del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori che aderiscono ad uno sciopero proclamato dalle organizzazioni sindacali senza il rispetto delle modalità e delle procedure di erogazione e delle altre misure previste dall'art. 2, comma 2, della legge n. 146 del 1990, come modificata dalla l. n. 83 del 2000, è subordinato, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. i) della legge citata, alla valutazione negativa del comportamento delle parti collettive ad opera della Commissione di garanzia, e l'apertura del procedimento disciplinare è, in tal caso, doverosa”.

Osservazioni

La Legge n. 146/1990 è espressione del necessario bilanciamento tra interessi parimenti rilevanti a livello costituzionale, ossia l'esercizio del diritto di sciopero e i diritti fondamentali della persona, in relazione all'interruzione di servizi c.d. essenziali.

La rilevanza della materia, nonché le situazioni di conflitto che possono generarsi nel concreto, ha reso necessaria la previsione e la disciplina di un soggetto super partes, rectius la Commissione di garanzia, alla quale l'art. 13 del testo legislativo prefato riconosce un ruolo fondamentale anche nella fase “patologica”, ossia in ipotesi di violazione della normativa di riferimento.

Nello specifico, dal combinato disposto degli artt. 4 e 13, co.1, lett. i), L. n. 146/1990, si evince la competenza della Commissione sulla determinazione dell'an delle sanzioni disposte ex lege rispetto sia ai singoli lavoratori scioperanti che alle oo.ss. coinvolte. Il datore, pertanto, opera sostanzialmente come esecutore della scelta adottata dalla Commissione che, in quanto soggetto terzo, assicura una maggiore sicurezza in punto imparzialità della valutazione sulla condotta delle parti collettive e, conseguentemente, dei lavoratori aderenti.

Nella sentenza in commento, la questione centrale affrontata dai giudici di legittimità si sostanzia nella possibilità per il datore di avviare dei procedimenti disciplinari nei confronti di un singolo lavoratore, aderente ad uno sciopero proclamato – rispetto alla società datrice – non in conformità alla L. n. 146/1990.

Ci si è chiesti, in sintesi, se tale potere datoriale sia o meno subordinato alla valutazione della Commissione di garanzia di cui all'art. 13, co. 1, lett. i), L. n. 146/1990.

La Corte ha posto l'accento sul contesto nel quale la condotta del singolo lavoratore, di fatto, era venuta ad inserirsi. Nello specifico, l'astensione dall'attività lavorativa aveva trovato giustificazione e presupposto nella proclamazione dello sciopero da parte dell'o.s. di appartenenza e non, invece, in un'iniziativa personale o, comunque, isolata del lavoratore medesimo.

Proprio tale connessione con l'illegittima condotta della parte sociale ha condotto a subordinare la sanzionabilità del lavoratore alla negativa valutazione della Commissione di garanzia, evidenziandosi l'importanza di un giudizio neutrale da parte di un soggetto non direttamente coinvolto nell'astensione dall'attività lavorativa.

Il potere sanzionatorio attribuito dall'art. 4 al datore nei confronti dei singoli lavoratori sarebbe, pertanto, impropriamente ricollegato al potere disciplinare. In esso non è ravvisabile un qualsivoglia profilo di autotutela, essendo funzionale piuttosto alla tutela di interessi di natura pubblica connessi al servizio. Ciò acclara l'esigenza di affidare ad un soggetto terzo, quale è la Commisione, la verifica dei presupposti per l'applicazione della sanzione.

Diversamente nell'ipotesi in cui il lavoratore si astenga in ragione di una scelta autonomamente adottata, in quanto il datore conserverebbe la propria discrezionalità in materia disciplinare.

Secondo la lettera dell'art. 13, lett. i), della l. n. 146/1990, pertanto, qualora non siano individuabili parti collettive, la Commissione non potrebbe aprire un procedimento di valutazione ed il potere disciplinare tornerebbe nella piena disponibilità e discrezionalità del datore.

Alla luce di quanto sopra, l'esercizio del diritto di sciopero potrebbe concretarsi in tre tipologie di comportamenti: il lavoratore aderisce ad uno sciopero illegittimamente proclamato dall'oo.ss. di appartenenza; l'astensione dalla propria prestazione avviene senza rispettare le regole/misure legittimamente poste dai sindacati a monte; l'astensione individuale viene ad essere decisa indipendente dall'iniziativa di una o.s.

Laddove l'astensione illegittima si sia realizzata a valle, non verrebbe in rilievo l'azione collettiva sindacale, bensì il comportamento tenuto dal/dai lavoratore/i nel caso specifico. In tali ipotesi il potere disciplinare del datore è libero, con conseguente possibilità di avviare il procedimento senza la previa valutazione dell'organo di controllo (si veda la delibera n. 13/79 del 18 marzo 2013 della Commissione di garanzia).

Sul punto sembrano opportune alcune osservazioni.

Al fine di far fronte al fenomeno dei c.d. comitati spontanei, ossia ai gruppi di lavoratori “occasionali” formatisi in vista della condivisa decisione di attuare uno sciopero, nell'intento di ricondurre in via interpretativa anche tali scioperi nell'alveo della disciplina legale, la Commissione di garanzia ha adottato una delibera generale (delibera n. 03/32 del 12 febbraio 2003) in cui, enfatizzando il riferimento operato dalla legge all' "organizzazione sindacale" ha ritenuto rientrante in tale espressione tutte le forme di coalizione sindacale, anche se non strutturate secondo il modello associativo.

Seguendo tale opzione interpretiva, la Commissione, in caso di sciopero illegittimo posto in essere da una gruppo occasionale di lavoratori, sarebbe legittimata ad aprire il procedimento di valutazione nei confronti del soggetto collettivo "occasionale", e, in caso di valutazione negativa, potrebbe prescrivere al datore l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai singoli scioperanti.

La conclusione adottata dalla Corte di Cassazione, pertanto, potrebbe attagliarsi solo all'ipotesi di comportamenti meramente individuali dei lavoratori, svincolati dalla condotta di una "organizzazione" lato sensu intesa e comprendente anche il c.d. comitato spontaneo.

Potrebbero, tuttavia, sorgere dei dubbi sul quando un'astensione che coinvolga più di un solo lavoratore possa dirsi "isolata", insuscettibile di configurare nel caso specifico una organizzazione, seppur occasionale e temporanea. Le singole volontà, in astratto, dovrebbero formarsi autonomamente l'una dall'altra. La stessa idea di uno sciopero del singolo, tra l'altro, appare scarsamente rappresentativa della finalità dell'astensione lavorativa, diretta ad esercitare una pressione "idonea" sulla controparte datoriale.

Da evidenziare, infine, è la distinzione operata dalla Corte tra la valutazione di cui alla lett. i) dell'art. 13, da quella regolata dalla lett. d) del medesimo articolo. Quest'ultima si pone in un momento temporale distinto dalla prima, sicché non può essa sola costituire il presupposto necessario per l'esercizio del potere disciplinare. Elemento distintivo fondamentale, inoltre, è il rinvio operato dalla lettera i), al comma 4-quater dell'art. 4, il quale garantisce il contraddittorio tra le parti sociali, le quali hanno la facoltà di trasmettere alla Commissione osservazioni utili alla sua valutazione.

Per approfondire

M. Mondelli, Le forme anomale di sciopero nei servizi pubblici essenziali, Dir. Relaz. Ind., 2009,2, pp. 349 ss.

M.L. De' Margheriti, Sciopero spontaneo ed esercizio del potere disciplinare tra obbligatorietà e contestazioni di antisindacalità, in Dir. Relaz. Ind., 2007, 4 pp. 1211 ss.

F. Santoni, Il potere sanzionatorio della commissione di garanzia nella disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, in Riv. It. Dir. Lav., 2005, 4, pp. 455 ss.

G. Santoro Passarelli, Vecchi e nuovi problemi in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. It. Dir. Lav., 1999, 1, pp.39 ss.

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