Fallimento: la ragionevole contestazione dei crediti esclude l'insolvenza

Francesco Spina
14 Giugno 2022

Può essere dichiarato lo stato d'insolvenza in caso di inadempimento di un solo credito, ove lo stesso sia contestato? La Cassazione risponde all'interrogativo, chiarendo i doveri di accertamento del giudice.
La massima

Ai fini della dichiarazione di fallimento, la ragionevole contestazione dei crediti toglie all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza, cosicché il giudice deve procedere all'accertamento, sia pur incidentale, degli stessi.

Il caso

Il caso in commento riguardava una società cooperativa, dichiarata fallita dal Tribunale di Catania. Avverso tal provvedimento giurisdizionale la persona giuridica proponeva reclamo, innanzi la Corte del capoluogo etneo.

Riteneva, infatti, la società, di essere stata dichiarata fallita pur in assenza di uno stato di insolvenza, stante la dimostrazione dell'inadempimento di un solo credito (ammontante ad euro 13.737,79), tra l'altro contestato nell'ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Nonostante la formulazione di tali eccezioni, il giudice del gravame respingeva il reclamo.

Avverso la pronuncia del giudice di seconde cure ricorreva per Cassazione la società.

Assumeva la ricorrente non potervi essere insolvenza in caso di inadempimento di un solo credito, tanto più ove lo stesso sia contestato (essendo stato opposto il decreto ingiuntivo ottenuto dalla creditrice istante).

Osservava che le risultanze dell'istruttoria prefallimentare davano evidenza di una situazione che escludeva lo stato di insolvenza e che, in particolare, nella fattispecie difettava quel marcato sbilanciamento tra attivo e passivo che può determinare l'insolvenza.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, osservava che, ai fini della dichiarazione di fallimento, la ragionevole contestazione dei crediti toglie all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza, cosicché il giudice deve procedere all'accertamento, sia pur incidentale, dei crediti stessi.

Purtuttavia, nel caso di specie, la società cooperativa non aveva indicato le ragioni per le quali la somma doveva ritenersi non dovuta, non producendo in giudizio nemmeno l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo.

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa al caso in esame verte nello stabilire se, ai fini della dichiarazione di fallimento, la ragionevole contestazione dei crediti tolga all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza, cosicché il giudice debba procedere all'accertamento, sia pur incidentale, degli stessi.

La soluzione

Con specifico riferimento al fatto che il debito della ricorrente fosse soltanto uno (peraltro di ammontare non elevato) la Corte di cassazione, pur rilevando la presenza di altri debiti richiamati nella sentenza di fallimento, evidenziava che “lo stato di insolvenza rappresenta una situazione oggettiva dell'imprenditore che prescinde totalmente dal numero dei creditori, essendo ben possibile che anche un solo inadempimento possa essere indice di tale situazione oggettiva”.

Invero, non assume rilievo nemmeno il fatto che il patrimonio sia superiore ai debiti contratti dalla società, potendo esso risultare non facilmente liquidabile, o, comunque, essere in altro modo impegnato; pertanto, potrebbe essere dichiarato fallito un imprenditore che presenta una situazione in cui l'attivo supera il passivo.

Peraltro, ai sensi dell'art. 15, comma 9, l.fall., non è possibile dichiarare il fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a 30.000,00 euro, la cd. soglia di fallibilità.

Va da sé che il limite di cui si è detto deve essere valutato con riferimento ai debiti la cui esistenza sia stata accertata in qualsiasi modo nel corso dell'istruttoria prefallimentare (v. App. Napoli 8 maggio 2013), dovendosi tener conto degli atti dell'istruttoria prefallimentare genericamente intesi, comprese anche le informazioni urgenti richieste d'ufficio dal tribunale ai sensi dell'art. 15, quarto comma, l.fall., nonché le prove disposte dal tribunale o dal giudice delegato su istanza di parte o d'ufficio ex art. 15, sesto comma, l.fall. (v. App. L'Aquila 14 febbraio 2012).

Se la suddetta soglia non è superata, dunque, anche in presenza di uno stato di insolvenza del debitore è esclusa la possibilità di dichiarare fallimento.

Nel caso di specie il debitore non riteneva superata la suddetta soglia, posto che parte degli importi dovevano essere esclusi dal computo, essendo dovuti a titolo di interessi di mora.

Con riferimento a quest'ultimo punto, la Corte di cassazione ha ritenuto che anche gli interessi maturati devono essere inclusi nel computo dei debiti scaduti e non pagati.

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