Sintesi dei rapporti tra sequestri penali e procedura fallimentare secondo il codice antimafia

14 Giugno 2022

Nei controversi rapporti tra procedimento di prevenzione e fallimento vanno segnalate due diverse ipotesi:- dichiarazione di fallimento intervenuta prima della misure di prevenzione,- dichiarazione di fallimento successiva al sequestro, ma antecedente alla confisca definitiva.Il Codice Antimafia (artt. 63, 64 e 65) ha stabilito la prevalenza del sequestro di prevenzione, indipendentemente dal momento in cui è intervenuta la dichiarazione di fallimento e tale disciplina ha subito di recente ulteriori modifiche a seguito dell'introduzione della legge di riforma n. 161/2017.
Procedimento fallimentare sopravvenuto a quello di prevenzione (art. 63)

La prevalenza degli effetti della procedura di prevenzione è prevista dall'art. 63, comma 4, D. Lgs. 159/2011 (oggetto di modifica da parte dell'art. 22 della legge di riforma approvato dal Senato il 27 settembre 2017), secondo cui, quando viene dichiarato il fallimento, sono esclusi dalla massa attiva fallimentare i beni assoggettati a sequestro o confisca, con la conseguenza che, se il fallito non ha beni diversi, il tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, non potrà che dichiarare la chiusura del fallimento, secondo la previsione del successivo comma 6.

La verifica dei crediti e dei diritti inerenti ai rapporti relativi ai suddetti beni è stata attribuita definitivamente al giudice delegato del tribunale di prevenzione nell'ambito del procedimento di verifica della buona fede ai sensi degli artt. 52 ss. D.lgs. 159/2011, mentre, per i beni assoggettati a fallimento e non sequestrati, residuerà la competenza del giudice fallimentare con applicazione delle specifiche regole concorsuali.

Le modifiche che hanno interessato il Codice Antimafia a seguito della introduzione della legge di riforma n. 161/2017 hanno avuto il merito di chiarire i soggetti chiamati a predisporre la verifica dei crediti, in quanto le maggiori incertezze applicative dell'art. 63 prima della riforma interessavano le fattispecie di mancata coincidenza dei beni sottoposti a sequestro e patrimonio del soggetto di cui era stato dichiarato il fallimento.

La nuova versione dell'art. 63, comma 4, ha quindi eliminato tale inconveniente, prevedendo che in caso di beni sottoposti a misura di prevenzione e beni che devono rimanere nella disponibilità del fallimento ciascun giudice proceda all'accertamento dei crediti secondo le regole proprie di ciascuna procedura ed evitando, quindi, non solo il necessario travaso di notizie dalla procedura di prevenzione a quella concorsuale, ma anche la decisione di un giudice civile (fallimentare) in un ambito squisitamente penale.

Il comma 7 del medesimo art. 63 prevede, poi, che, in caso di revoca del sequestro o confisca, il curatore procederà all'apprensione dei relativi beni e si procederà ad una nuova verifica dei crediti da parte del giudice delegato al fallimento che procederà alla formazione dello stato passivo secondo i criteri indicati dagli artt. 92 ss. l.fall.

Si prevede opportunamente, altresì, al comma 8 bis, che l'amministratore giudiziario, nel caso in cui siano stati sequestrati complessi aziendali o produttivi o partecipazioni azionarie di maggioranza, prima della definitiva confisca possa presentare domanda di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione o un piano attestato, al fine di consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e il riequilibrio della situazione finanziaria, anche prevedendo la contestuale alienazione dei beni sequestrati per la salvaguardia dell'unità produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali.

Procedimento di prevenzione sopravvenuto a quello fallimentare (art. 64)

Il principio di prevalenza della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro/confisca opera anche nel caso in cui la dichiarazione di fallimento sia antecedente alla misura di prevenzione.

Nel caso, infatti, di fallimento antecedente al provvedimento di sequestro penale l'art. 64, comma 1, Codice Antimafia ex D.Lgs. 159/2011 stabilisce che “Ove sui beni compresi nel fallimento sia disposto il sequestro, il giudice delegato al fallimento sentito il curatore ed il comitato dei creditori dispone con decreto non reclamabile la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario.”

In relazione all'art. 64 CAM si ricava pertanto la prevalenza del sequestro rispetto al fallimento, in quanto l'attivo fallimentare, con alcune eccezioni, passa dall'amministrazione del curatore fallimentare alla gestione dell'amministratore giudiziario il quale viene nominato dal Tribunale della prevenzione unitamente al Giudice delegato del Tribunale penale ex artt. 35 ss. Codice Antimafia che disciplinano i compiti e le attività dei due organi, richiamando, fra l'altro, quasi in toto le norme previste dalla Legge fallimentare.

In relazione a quanto sopra, pertanto, il potere di disporre dei beni, di curarne la conservazione, compiere atti di ordinaria o straordinaria amministrazione (vedasi anche stipula atti di vendita e relativi incassi), passa in capo esclusivamente all'amministratore giudiziario e al suo giudice delegato.

La legge n. 161/2017 ha introdotto alcune importanti novità all'art. 64 Codice Antimafia con lo scopo di razionalizzare la disciplina delle interferenze tra procedimento fallimentare e di prevenzione.

In particolare il nuovo art. 64 prevede che:

  • i crediti e i diritti inerenti ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro, ancorchè già verificati dal giudice del fallimento, sono ulteriormente verificati dal giudice delegato del tribunale di prevenzione ai sensi degli artt. 52 ss.;
  • se con riferimento ai crediti e ai diritti inerenti ai rapporti relativi per cui interviene il sequestro sono pendenti i giudizi di impugnazione di cui all'art. 98 l.fall., e successive modificazioni, il Tribunale fallimentare sospende il giudizio sino all'esito del procedimento di prevenzione. In caso di revoca del sequestro, poi, le parti interessate, dovranno riassumere il giudizio
  • i crediti inerenti ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro verificati dal giudice delegato del Tribunale di prevenzione sono soddisfatti sui beni oggetto di confisca secondo il piano di pagamento di cui all'art. 61 CAM.

La preminenza del procedimento penale-preventivo emerge altresì nella fase distributiva, posto che il comma 6 dell'art. 64 D. Lgs. 159/2011 fa riferimento al “piano di pagamento di cui all'art. 61”. ossia al “progetto di pagamento redatto dall'amministratore giudiziario”, il che lascia intendere appunto che la distribuzione finale dell'attivo ricavato dalla liquidazione dei beni venga attratto anch'esso nelle competenze degli organi della prevenzione (tenuto eventualmente “conto del soddisfacimento dei crediti in sede fallimentare”).

L'ultimo comma dell'art. 64 (comma 7) stabilisce infine che, qualora il sequestro abbia attinto l'intera massa attiva fallimentare ovvero “nel caso di società di persone l'intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili”, il Tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara la chiusura del fallimento con decreto ai sensi dell'art. 119 l.fall.

I crediti prededucibili ai sensi del Codice Antimafia

Analizzando le relative disposizioni del Codice Antimafia, si registrano significative differenze con le norme della Legge fallimentare non potendosi ritenere che in tale contesto normativo vi sia stata una mera trasposizione delle regole dettate per la procedura fallimentare.

Va innanzitutto segnalato come le norme che si occupano della soddisfazione dei crediti prededucibili nelle misure di prevenzione sono contenute negli artt. 61, 54 e 42 D.Lgs. n. 159/2011 e il loro coordinamento non è di immediata percezione.

In particolare, la prima disposizione (art. 61 comma 2) stabilisce che i crediti ammessi allo stato passivo vengono soddisfatti secondo un preciso ordine (che ricalca quello fissato dall'art. 111 l.fall.): prima i prededucibili, poi i privilegiati (con prelazione sui beni confiscati), infine i chirografari.

La disposizione precisa però che la soddisfazione può avvenire “nei limiti previsti dall'art. 53”, e pertanto l'attivo distribuibile potrà essere solo quello del 60% del valore dei beni (sequestrati o confiscati) risultante dalla stima dell'amministratore giudiziario o dalla minor somma ricavata dalla vendita.

Ad una prima lettura la citata disposizione sembra non escludere l'incapienza delle prededuzioni, che ben potrebbero non trovare una integrale soddisfazione sul (limitato) attivo lasciato a disposizione dei creditori; tuttavia una simile conclusione contrasta con il dettato di altre disposizioni dello stesso testo normativo, segnatamente con gli artt. 54 e 42.

In particolare, la prima delle citate norme (art. 54) dispone che i crediti sorti nel corso del procedimento di prevenzione, liquidi, esigibili e non contestati, vengono soddisfatti con le liquidità a disposizione dell'amministratore giudiziario e, ove non sufficienti, mediante anticipazione da parte dello Stato.

La seconda (art. 42) dispone similmente che le spese necessarie o utili per la conservazione e l'amministrazione dei beni (sequestrati o confiscati) vengono sostenute dall'amministratore giudiziario e, dove non vi siano disponibilità sufficienti, devono anch'esse essere anticipate dallo Stato (la stessa disciplina vale per le spese necessarie alla gestione delle aziende sequestrate, art. 41 comma 3).

Si può ritenere che le disposizioni richiamate siano in realtà sovrapponibili, atteso che le spese per conservazione/gestione dei beni (artt. 42 e 41, comma 3) potranno essere verosimilmente anch'esse non contestate, liquide ed esigibili (art. 54).

Orbene è evidente che per queste tipologie di crediti prededucibili non si prefigura mai, ex latere creditoris, un'incapienza, in quanto laddove non vi è attivo sarà lo stato a provvedere alle relative anticipazioni.

In tal senso, è stato ritenuto anche corretto valutare di coordinare le due regole nel senso che i creditori prededucibili sorti nel corso delle misure di prevenzione, non contestati liquidi ed esigibili – fra i quali ricomprendere anche costi e spese riferibili a decisioni gestorie dell'amministratore giudiziario – vengono sempre e comunque pagati, correntemente e anche oltre il limite di cui all'art. 53.

Laddove poi, in sede di riparto (in questa sede denominato Piano di pagamento dei debiti), quanto anticipato dallo Stato non dovesse trovare capienza, a quel punto l'insufficienza dell'attivo rimarrà a carico dello Stato stesso. Quest'ultimo vedrà in tale ipotesi eroso il margine del 40% di cui all'art. 53.

Il rischio di incapienza subiranno invece sempre quelle prededuzioni, stabilite dalle legge o sorte in occasione o in funzione della misura di prevenzione (art. 61 comma 3), che risultino contestate, illiquide o non esigibili.

La ricostruzione qui proposta sembra inserirsi anche in una più ampia logica di sistema, in quanto lo Stato per amministrare e custodire i beni oggetto di misure di prevenzione e destinati all'ablazione non può chiedere sacrifici a soggetti estranei al reato, che hanno prestato la loro collaborazione nel corso della procedura e che sono, per definizione, “in buona fede”.

Il rischio di un‘eventuale gestione in perdita pesa, insomma, sulle casse dello Stato, e questa, pur tra mille incertezze, appare l'unica ricostruzione possibile per superare il rischio di incoerenza dell'assetto normativo.

Le spese della procedura fallimentare e i pagamenti dei crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento preesistente

Quanto sopra premesso, un'ulteriore questione si pone per i crediti prededucibili sorti nel corso della procedura fallimentare, già esistente prima della sopravvenuta misura di prevenzione, in quanto l'art. 64 non richiama l'art. 54 Codice Antimafia (CAM) né potrebbe essere altrimenti, atteso che l'art. 54 (CAM) si occupa esclusivamente delle spese prededucibili sorte nel corso della procedura di prevenzione (attribuendone, come già visto in precedenza, il prepagamento in capo all'amministratore giudiziario e al giudice delegato della misura di prevenzione, peraltro secondo una disciplina che ricorda l'art. 111 bis l.fall.).

L'art. 111, ultimo comma, l.fall., nel recepire gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza formatesi nel tempo, stabilisce che i crediti prededucibili sono “quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale”.

Rientrano, dunque, nella categoria dei crediti prededucibili quelli maturati dai professionisti di cui si avvale la procedura (quali sono i legali, i periti, ecc.); quelli sorti in ragione della utilizzazione, da parte del curatore, di beni di proprietà di terzi e più in generale, fra le altre, le spese relative alla conservazione ed amministrazione dei beni della procedura.

I crediti prededucibili, secondo quanto disposto dall'art. 111 bis l.fall. in combinato disposto con l'art. 52 l. fall. devono essere accertati secondo le modalità di verifica del passivo, mentre – come noto - restano espressamente esclusi dall'obbligo di insinuazione i crediti sorti nel corso del fallimento, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare nonché quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione emessi dal giudice in favore di professionisti incaricati nell'interesse del fallimento preesistente alla sopravvenuta misura di prevenzione

Considerato che tali crediti prededucibili verso il fallimento esclusi dall'obbligo di insinuazione debbono essere accertati nell'an e nel quantum dal giudice fallimentare, è stato ritenuto che vada necessariamente riconosciuto allo stesso giudice fallimentare il potere di provvedere ai sensi dell'art. 111 bis l.fall., tenuto conto che i crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti.

II pagamento dovrà, pertanto, essere autorizzato dal giudice delegato ex art. 41 l.fall., che è poi regola pressoché conforme, come già detto, a quella posta dall'art. 54 CAM per i crediti prededucibili della procedura di prevenzione.

Conclusioni

Gli artt. 63 e 64 del Codice Antimafia regolamentano le fattispecie di concorso tra sequestro/confisca di prevenzione e fallimento secondo le due diverse ipotesi richiamate in precedenza, stabilendo la prevalenza del sequestro di prevenzione, indipendentemente dal momento in cui è intervenuta la dichiarazione di fallimento.

Tale disciplina ha subito ulteriori modifiche a seguito dell'introduzione della legge di riforma n. 161/2017, tuttavia tra gli aspetti di particolare rilevanza vi è il diverso trattamento dei crediti prededucibili nella fattispecie di cui all'art. 64 CAM di fallimento antecedente al provvedimento di sequestro penale laddove l'art. 64 Codice Antimafia ex D. Lgs. 159/2011 al primo comma stabilisce che “Ove sui beni compresi nel fallimento sia disposto il sequestro, il giudice delegato al fallimento sentito il curatore ed il comitato dei creditori dispone con decreto non reclamabile la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario.”

Nel fallimento dichiarato prima della misura di prevenzione, i crediti prededucibili, secondo quanto disposto dall'art. 111 bis l.fall. in combinato disposto con l'art. 52 l.fall., devono essere accertati secondo le modalità di verifica del passivo, mentre restano espressamente esclusi dall'obbligo di insinuazione i crediti sorti nel corso del fallimento, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare nonché quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione emessi dal giudice in favore di professionisti incaricati nell'interesse del fallimento.

Considerato che tali crediti prededucibili verso il fallimento esclusi dall'obbligo di insinuazione debbono essere accertati nell'an e nel quantum dal giudice fallimentare, è stato ritenuto che vada necessariamente riconosciuto allo stesso giudice fallimentare il potere di provvedere ai sensi dell'art. 111 bis l.fall. tenuto conto che i crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti.

II pagamento dovrà, pertanto, essere autorizzato dal giudice delegato ex art. 41 l.fall., attraverso le somme disponibili e nel caso di provvedimento ex art. 64 CAM sarà lo stesso Giudice Delegato a disporre la separazione dalla massa attiva del fallimento dei beni assoggettati alla misura cautelare e la successiva consegna all'amministratore giudiziario designato dallo stesso Tribunale misure di prevenzione, previa detrazione delle spese prededucibili separatamente liquidate dallo stesso Giudice Delegato al fallimento.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema, tra i primi commenti, G. Minutoli, Verso una fallimentarizzazione del giudice della prevenzione antimafia, in Il Fallimento, 2011, 1271; Della Ragione L. Zampaglione A., Misure di prevenzione, interdittiva antimafia e procedimento, Milano, 2021 711 ss.; Bortoluzzi P. , Il piano di riparto e la soddisfazione dei crediti prededucibili intervento al corso La conservazione dell'azienda tra sequestri (civili e penali) e fallimento – Gruppo di Lavoro Il procedimento di verifica dei crediti nel fallimento, l'accertamento della buona fede nei procedimenti di prevenzione e piani di riparto svoltosi presso la Scuola Superiore di Magistratura in data 6-8 marzo 2017; Caiafa A., Misure di prevenzione e procedure concorsuali, Roma 2017, 145 ss.; VarrasoG. – Epidendio T. Codice delle confische, 1468 ss.

In giurisprudenza Tribunale Pordenone, 17 gennaio 2017, decreto di separazione attivo fallimentare (art. 64 D.Lgs. 159/2011) previo pagamento dei crediti prededucibili del fallimento.

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