Sì al riconoscimento di vantaggi compensativi solo se il beneficio dell'azienda danneggiata è immediato ed evidente
15 Giugno 2022
Massima
L'esistenza di un gruppo societario non elide la distinzione giuridica e patrimoniale tra le diverse società che ne fanno parte, sicché il trasferimento di risorse da una società all'altra del gruppo o verso la holding persona fisica, senza una causale idonea a giustificarlo, viola l'integrità del patrimonio di garanzia di quella depauperata, integrando la fattispecie del delitto predetto. Il caso
In sede di appello era confermata la condanna per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commessi dall'amministratore di una società fallita. In particolare, per quanto di interesse in questa sede, oggetto di contestazione era la distrazione della somma di euro 103.800, pari al corrispettivo della cessione di partecipazioni societarie detenute dalla fallita in favore della altra società facente capo all'imputato nonché all'imputato, nonché l'irregolare tenuta delle scritture contabili e l'assenza di qualsiasi documentazione contabile. Avverso la sentenza ha proposto ricorso sostenendo che il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale era inesistente, alla luce di quanto prevede in tema di clausola dei vantaggi compensativi di cui all'art. 2634 c.c., erroneamente ritenuta non rilevante nel caso di specie dai giudici di merito. Secondo la difesa, invece, la norma codicistica menzionata era applicabile al caso di specie, anzitutto in quanto la fallita era inserita in un gruppo societario facente capo all'imputato, come ricostruito dalle pronunzie di merito, in secondo luogo in quanto la cessione di quote societarie di cui al capo di imputazione doveva qualificarsi quale legittima operazione infra gruppo, svolta anche a beneficio della fallita, giacché la nozione di società controllata ex art. 2359 c.c. non si applicherebbe nei soli casi in cui la controllante sia un ente collettivo, ma anche nell'ipotesi in cui a svolgere il ruolo di holding del gruppo sia esercitato dal socio sovrano persona fisica. Secondo la difesa, l'estensione della disciplina dei vantaggi compensativi anche nel caso di holding persona fisica è anzitutto rispettosa della lettera di cui all'art. 2497 c.c., che nel fare riferimento a "enti" esercenti l'attività di direzione e coordinamento di altre società" non esclude espressamente che questi possano anche essere unipersonali, ossia persone fisiche. Lettura avvalorata dal secondo comma della medesima fattispecie e dall'art. 2497-quinquies c.c., il cui dettato normativo apre ad una interpretazione estensiva volta a ricomprendere anche le persone fisiche. A ulteriore conferma, si evidenzia che la figura di holding persona fisica non sarebbe sconosciuta all'ordinamento italiano, essendo menzionata dall'art. 90, d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 e dal provvedimento della Consob del 21 dicembre 1988 n. 88/40.714 in merito alla disciplina in materia di comunicazione di partecipazioni rilevanti nelle società quotate. Premesso ciò sull'applicabilità al caso oggetto di ricorso della disciplina sui vantaggi compensativi infra-gruppo, risulterebbe evidente il deficit motivazionale della sentenza impugnata laddove volta a negare l'utilità dell'integrazione istruttoria richiesta nell'atto di appello volta ad indagare, tra l'altro, i vantaggi derivanti alla fallita dalla cessione delle quote societarie contestate. Parimenti meritevole di critica sarebbero le conclusioni cui è giunta la Corte territoriale in punto di elemento soggettivo, posto che aderendo alla tesi prospettata dalla difesa, la volontà distrattiva non sarebbe altro che la lecita intenzione di perseguire un interesse a vantaggio del gruppo. Le questioni giuridiche
La clausola degli “interessi compensativi” cui ha fatto riferimento la difesa nella sua impugnazione è presente nel comma 3 dell'art. 2634 c.c. (che prevede il reato di infedeltà patrimoniale, su cui CONSULICH, Art. 2634, in Commentario Scialoja – Branca. Legge fallimentare, a cura di PERINI, Bologna – Roma 2019, 472; MEZZETTI, Reati societari, in AMBROSETTI – MEZZETTI – RONCO, Diritto penale dell'impresa, Bologna, 2008, 210; MILITELLO, L'infedeltà patrimoniale, in I nuovi reati societari: diritto e processo, a cura di GIARDA – SEMINARA, III ed., Padova 2002, 483; FOFFANI, Art. 2634, in Commentario breve alle leggi penali, II ed., Padova 2007, 975, (giusto il quale “non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo”). Circa la natura giuridica di tale previsione alcuni la qualificano come clausola di esclusione della tipicità, sotto forma di elemento negativo del dolo specifico (AMATI, Infedeltà patrimoniale, in ROSSI (a cura di), Reati societari, Torino 2005, 425; BELLACOSA, Obblighi di fedeltà dell'amministratore di società e sanzioni penali, Milano 2006, 139; MEZZETTI, L'infedeltà patrimoniale nella nuova dimensione del diritto penale societario, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2004, 23; ZANOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia, Milano 2006, 273; BENUSSI, Vantaggi compensativi e infedeltà patrimoniale nei gruppi di società, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, III, a cura di DOLCINI e PALIERO, Milano 2006, 2207) ovvero come riconoscimento dell'insussistenza dell'elemento materiale del danno a carico della singola impresa (MANNA, Abuso d'ufficio e conflitto d'interessi nel sistema penale, Torino 2004, 160; FOFFANI, Le infedeltà, in ALESSANDRI (a cura di), Il nuovo diritto penale delle società, Milano 2002, 359) ed altri ancora come scriminante (MUCCIARELLI, Il ruolo dei vantaggi compensativi nell'economia del delitto di infedeltà patrimoniale, in Giur. Comm., 2002, I, 631; GUERCIA, L'infedeltà patrimoniale, in Corso di diritto penale dell'impresa, a cura di Manna, Padova 2018, 340). Con questa previsione il legislatore, aderendo ad alcune proposte avanzate dalla dottrina civilistica (ABRIANI, Gruppi di società e criterio dei vantaggi compensativi nella riforma del diritto societario, in Giur. Comm., 2002, I, 618; MONTALENTI, Conflitto di interessi nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova 1999, anche in Giur. Comm., 1995, l, 243; SACCHI, Sulla responsabilità da direzione e coordinamento nella riforma delle società di capitali, in Giur. Comm., 2003, I, 672), ha inteso riconoscere come pienamente legittime le ordinarie modalità di funzionamento e condotta dei gruppi di società, subordinando l'operatività della risposta penale in tali ambiti imprenditoriali ad una previa verifica circa il grado di effettiva compatibilità fra l'interesse della società e l'interesse del gruppo unitariamente considerato: le volte in cui tali interessi non siano in rapporto di elusione, anche alla luce dei vantaggi che la società cui l'operazione inerisce riceve conseguentemente al soddisfacimento di interessi facenti capo al gruppo o a società collegate, deve ritenersi insussistente l'ipotesi delittuosa in esame. Sulla nozione di gruppo di imprese, Cass., sez. V, 6 marzo 2018, n. 31997, che ritiene configurabile un "gruppo di imprese" - rilevante ai fini della ipotizzabilità di eventuali "vantaggi compensativi" - anche tra enti che abbiano differente natura giuridica (società ed associazioni senza fini di lucro ovvero, come nel caso deciso dalla presente decisione, da una persona fisica), purché tra loro si instauri un rapporto di direzione nonché di coordinamento e controllo delle rispettive attività facente capo al soggetto giuridico controllante. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso, in concreto, l'esistenza di un "gruppo di imprese" per l'assenza di attività di direzione da parte dell'associazione senza fini di lucro indicata come controllante, nonché di un centro unico di coordinamento delle attività e di un piano di azione imprenditoriale comune con le società fallite ad essa collegate). La giurisprudenza dubita che la previsione di cui all'art. 2634, comma 3, c.c. possa operare anche in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (e non solo in relazione alla fattispecie d'infedeltà patrimoniale). A fronte di una posizione assolutamente favorevole della dottrina (AMATI, Infedeltà patrimoniale, cit., 426; Benussi, Infedeltà patrimoniale e gruppi di società, Milano 2009, 176; Id., La Cassazione ad una svolta: la clausola dei vantaggi compensativi è esportabile nella bancarotta per distrazione, Riv. It. Dir. Pen. Proc., 2007, 424), la giurisprudenza per lungo tempo si è opposta a tale conclusione sostenendo che “il vantaggio compensativo non può andare oltre la sfera dell'"infedeltà patrimoniale" per la quale è previsto e non è, dunque, applicabile all'ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria riguardante una società collegata od appartenente al gruppo, in quanto il fenomeno del collegamento societario non vulnera il principio dell'autonomia soggettiva delle società interessate ed il fallimento di una di esse prescinde dalla considerazione degli interessi del gruppo societario” (Cass., sez. V, 8 novembre 2007, n. 7326; Cass., sez. V, 4 dicembre 2007, n. 4410). Solo di recente la Cassazione ha modificato il proprio atteggiamento sostenendo che anche in un giudizio inteso a verificare la sussistenza di reati fallimentari la condotta degli organi apicali di una società, ricompresa all'interno di un gruppo di imprese, può essere valutata alla luce della cd. teoria dei vantaggi compensativi, per cui in alcune decisioni si è affermato, ad esempio, che non integra una distrazione patrimoniale la scelta dell'amministratore di una società successivamente fallita di intervenire ad ausilio di un'altra società cui la prima aveva prestato una fideiussione, posto che la dichiarazione di fallimento della persona giuridica a favore della quale la fideiussione era stata prestata si sarebbe poi inevitabilmente riverberata a svantaggio della società datrice di garanzia (Cass., sez. V, 18 ottobre 2016, n. 44103).
Le soluzioni
Il ricorso, relativamente al motivo attinente all'esistenza dei cd. vantaggi compensativi, è stato rigettato. La Cassazione, innanzitutto, evidenzia come i giudici del merito non avessero disconosciuto l'esistenza di un gruppo d'imprese ma hanno più semplicemente escluso che la circostanza fosse di per sé sufficiente per negare la natura distrattiva della cessione delle partecipazioni societarie possedute dalla fallita a vantaggio di altre imprese facenti parti del medesimo gruppo per un corrispettivo in denaro poi non rinvenuto dal curatore – con conseguente conclusione, in assenza di scritture contabili e di altri elementi volti a ricostruirne la destinazione, coerentemente ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza. Posto ciò, la Cassazione ribadisce che l'esistenza di un gruppo societario non elide la distinzione giuridica e patrimoniale tra le diverse società che ne fanno parte, sicché, il trasferimento di risorse da una società all'altra del gruppo o verso la holding persona fisica, senza una causale idonea a giustificarlo, viola l'integrità del patrimonio di garanzia di quella depauperata, integrando la fattispecie del delitto predetto. La superiore conclusione va ripensata solo nel caso in cui sia ravvisabile la presenza, effettiva o anche solo fondatamente prevedibile, di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (Cass., sez. 5, 2 marzo 2017, n. 16206). Questi vantaggi, tuttavia, non possono ritenersi discendere dalla mera appartenenza al gruppo e tantomeno dal solo vantaggio conseguito dall'ente controllante, ma, qualora la loro esistenza già non risulti in atti, spetta all'imputato fornire quantomeno un principio di prova del saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l'operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Cass., sez. V, 30 giugno 2016, n. 46689). A questi principi si è adeguata, secondo la Cassazione allorquando ha escluso che nel caso di specie fossero state acquisite evidenze da cui desumere la necessaria compensazione della fallita ovvero che l'imputato avesse anche solo allegato elementi idonei a prospettare i vantaggi compensativi conseguiti o ragionevolmente conseguibili dall'operazione.
Osservazioni
La sentenza della Cassazione non presenta profili di novità rispetto alla lettura che la giurisprudenza fornisce della disposizione di cui al comma 3 dell'art. 2634 c.c. quando applicata alla fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Nella pronuncia, infatti, viene ribadito che l'operatività del comma 3 in esame si fonda sulla possibilità per gli imputati di provare che gli ipotizzati benefici indiretti della società danneggiata risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi conseguenti all'operazione compiuta, non potendo tali benefici individuarsi nel solo fatto della partecipazione al gruppo, né consistere nel vantaggio della società controllante: alla luce della perdurante autonomia soggettiva delle singole società pur se a vario titolo collegate fra loro, la comune appartenenza a un gruppo imprenditoriale unitario è solo la premessa dalla quale muovere per individuare uno specifico e concreto vantaggio per la società che compie l'atto di disposizione del proprio patrimonio e che, in prima battuta, pare pregiudicata dallo stesso (Cass., sez. V, 16 giugno 2019, n. 47216; Cass., sez. II, 30 ottobre 2018, n. 55412; Cass., sez. V, 2 novembre 2017, n. 50080; Cass., sez. V, 8 novembre 2016, n. 46689. In dottrina in questo senso CODAZZI, Vantaggi compensativi ed infedeltà patrimoniali (dalla compensazione ‘virtuale' alla compensazione ‘reale'): alcune riflessioni alla luce della riforma del diritto societario, in Giur. Comm., 2004, 599). Si ricorda che invece secondo la dottrina i vantaggi che devono compensare il danno possono anche avere natura non patrimoniale, purché però funzionali ad utilità economicamente valutabili per la società, ma anche che ai fini della sussistenza dell'ipotesi di penale irrilevanza della condotta il danno subito dalla società possa essere compensato dalla presenza di vantaggi connessi alla sua appartenenza al gruppo: si sostiene così che laddove il beneficio che la società danneggiata ha ricevuto sia comunque particolarmente significativo, sia pur inferiore al danno subito, sarà difficilmente contestabile l'ipotesi delittuosa, potendo il soggetto agente addurre la mancata intenzione di danneggiare l'ente collettivo da lui gestito (MASUCCI, Vantaggi del gruppo e dell'impresa collegata nel governo penale degli abusi di gestione, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2004, 885; MUCCIARELLI, Il ruolo dei vantaggi compensativi nell'economia del delitto di infedeltà patrimoniale, in Giur. Comm., 2002, I, 631). In secondo luogo, a fronte di un'impostazione dottrinale secondo cui non occorre che i vantaggi di cui fa menzione la disposizione in discorso siano il frutto di una specifica operazione economica o negoziale collegata a quella da cui è derivato il danno in capo alla società svantaggiata, potendo riferirsi l'espressione “vantaggi fondatamente prevedibili” a valutazioni prospettiche, purché ragionevoli e quand'anche le stesse poi non abbiano trovato conferma nell'effettivo prosieguo dell'attività imprenditoriale (ALDROVANDI, Art. 2634, cit., 201; CODAZZI, Vantaggi compensativi ed infedeltà patrimoniali, cit., 599; NAPOLEONI, Geometrie parallele e bagliori corruschi del diritto penale dei gruppi (bancarotta infragruppo, infedeltà patrimoniale e “vantaggi compensativi, in Cass. Pen.,2005, 3787. Nel senso che per formulare il giudizio circa la fondatezza delle conclusioni assunti dagli amministratori societari circa l'ottenimento di futuri benefici si possa far ricorso agli indici desumibili dai principi economici – finanziari e statistici, agli standard di ragionevolezza ed avvedutezza imprenditoriale, AMATI, Infedeltà patrimoniale, cit., 425; MEZZETTI, L'infedeltà patrimoniale nella nuova dimensione, cit., 237; richiama il parametro dell'homo eiusdem professioni et condicionis, ALDROVANDI, Art. 2634, cit., 201), nella decisione in esame si torna a ribadire che il comma 3 dell'art. 2634 c.c. va applicato al solo caso della ricorrenza di “concreti vantaggi compensativi dell'appropriazione e del conseguente danno provocato alle singole società, non essendo sufficiente la mera speranza, ma che i vantaggi corrispondenti, compensativi della ricchezza perduta, siano "conseguiti" o "prevedibili" fondatamente e, cioè, basati su elementi sicuri, pressoché certi e non meramente aleatori o costituenti una semplice aspettativa; deve trattarsi, quindi, di una previsione di sostanziale certezza”, per cui viene “escluso che la previsione dell'art. 2634 comma 3 c.c. po[ssa] venire in rilievo in rapporto ai pagamenti di debiti di una società effettuati con beni di altra società, poi fallita, appartenente al medesimo soggetto, essendosi invece in tal caso in presenza di una fattispecie integrativa del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale” (Cass., sez. V, 23 giugno 2003, n. 38110; Cass., sez. V, 18 novembre 2004, n. 10688).
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