E’ possibile denunciare con ricorso per cassazione la violazione di norme costituzionali?
20 Giugno 2022
Massima
La violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali può essere dedotta direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ad esse ai fini della proposizione dell'incidente di legittimità costituzionale. Il caso
Nell'ambito di un giudizio contro un provvedimento emanato in sede disciplinare dal Consiglio Nazionale Forense promosso dall'avvocato destinatario della sanzione, quest'ultimo deduceva – tra gli altri motivi – la violazione, da parte della decisione impugnata, degli artt. 3 e 47 Cost., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., assumendo che «il presidente del consiglio di disciplina non possa giudicare su questioni che concernono infrazioni deontologiche commesse a danno dei propri membri e che l'assenza di un istituto come la ricusazione del presidente medesimo renda evidente il grado di complessità della questione, invece trattata con una motivazione stereotipata». A fronte dell'articolazione di tali censure le Sezioni Unite colgono l'occasione per ribadire e al contempo precisare la portata della propria giurisprudenza circa la possibilità di invocare, nell'ambito del sindacato della S.C. relativo alla violazione di norme di diritto, la violazione di precetti costituzionali. La questione
La problematica attiene, in un sistema di sindacato accentrato circa la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge come quello italiano, alla possibilità, almeno in alcune ipotesi, di far valere direttamente la violazione di norme della Carta fondamentale in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Le soluzioni giuridiche
Le Sezioni Unite riaffermano, innanzi tutto, la consolidata giurisprudenza di legittimità – che costituisce diretto portato della natura accentrata del sindacato svolto dalla Corte Costituzionale sulla conformità alle norme costituzionali di quelle di rango ordinario – secondo cui la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, n. 3, c.p.c., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell'applicazione di una norma di legge, «deve essere portato ad emersione mediante l'eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata» (Cass. civ., sez. un., 12 novembre 2020, n. 25573; Cass. civ., 15 giugno 2018, n. 15879; Cass. civ., 17 febbraio 2014, n. 3708). In altri termini, laddove il ricorrente assuma che una disposizione di rango primario (legge, decreto-legge, decreto legislativo) applicata nei propri confronti violi la Costituzione, non potrà direttamente veicolare tale doglianza dinanzi alla Corte di cassazione poiché l'organo deputato a decidere della compatibilità alla Carta fondamentale delle leggi e degli atti aventi forza di legge nel nostro ordinamento è esclusivamente – giusta l'art. 134 Cost. – la Corte Costituzionale. Piuttosto il ricorrente dovrà, in detta situazione, far valere con il ricorso dinanzi alla S.C. la difformità tra la norma di rango ordinario e il precetto costituzionale, così sollecitando al giudice adito la proposizione – a seguito del necessario vaglio sulla sussistenza della rilevanza e della non manifesta infondatezza – dell'incidente di legittimità dinanzi alla Corte Costituzionale. Nondimeno la pronuncia in rassegna disvela il proprio interesse sul piano processuale soprattutto per la successiva precisazione che compie rispetto alla consolidata giurisprudenza cui si è fatto riferimento. In particolare, le Sezioni Unite chiariscono che l'assunto generale richiamato può valere nelle ipotesi, pur “numericamente preponderanti”, nelle quali vi sia una disposizione di rango primario che disciplini il rapporto giuridico controverso e che, così facendo, appaia in contrasto con i parametri costituzionali. Diverso è il discorso – sottolinea la decisione in commento – nel caso in cui la norma della Costituzione abbia valenza immediatamente precettiva e la violazione non sia stata realizzata da un atto assoggettato al sindacato della Corte costituzionale (i.e. da una legge ordinaria o da un atto avente forza di legge). Viene addotto l'esempio dell'art. 36 Cost. secondo cui la retribuzione deve essere proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato: stante la diretta applicabilità di tale precetto, un contratto di lavoro, individuale o collettivo, che si ponesse in contrasto con lo stesso sarebbe direttamente sindacabile dalla S.C. ex art. 360, primo comma, n. 3, Cost. Osservazioni
La questione sulla quale si appunta la precisazione operata dalle Sezioni Unite nella decisione in esame e che apre le porte ad un diretto sindacato da parte della Corte di cassazione sulla conformità di atti, diversi dalle leggi ordinarie e dagli atti aventi forza di legge, che disciplinino un rapporto in assunto contrasto con disposizioni della Carta fondamentale immediatamente applicabili solleva una serie di interrogativi e sembra così preludere ad un confronto tra le due Corti su di essa. In primo luogo, si pone il problema dell'individuazione, volendo così perimetrare l'ambito del sindacato ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., delle norme costituzionali di portata immediatamente precettiva. Come noto, ancora oggi, la distinzione, nell'ambito delle disposizioni della Costituzione, tra disposizioni programmatiche ed immediatamente applicative non è stata tracciata nella giurisprudenza costituzionale – cui soltanto riteniamo possa essere demandato tale delicato compiti – in tutti i casi. Per altro verso, un'interpretazione come quella affermata dalla pronuncia in commento condurrebbe, pur in casi “numericamente non preponderanti”, la Corte di cassazione a fornire la propria interpretazione delle norme costituzionali ciò che, almeno quando siano decisive ai fini della risoluzione della controversia, è demandato in via esclusiva, ai sensi dell'art. 134 Cost., alla Corte costituzionale nell'ambito del proprio sindacato accentrato. E' pur vero, al contempo, che la soluzione espressa dalla massima in epigrafe ha lo scopo di evitare i vuoti di tutela – che finirebbero essi stessi per concretare una violazione del diritto di accesso al giudice proclamato dall'art. 24 Cost. – che si pongono laddove il contrasto con la Carta fondamentale sia palese e non si realizzi attraverso una norma di rango primario. Riferimenti
|