Deposito telematico di un atto non espressamente previsto dalla legge: è valido?

Luca Sileni
21 Giugno 2022

Con la recente pronuncia n. 10609/2022, la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del deposito telematico di atti non espressamente previsti, ratione temporis, dal D.L. 179 del 2012.

Con la recente pronuncia n. 18609/2022, la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del deposito telematico di atti non espressamente previsti, ratione temporis, dal D.L. 179 del 2012.

Nel caso di specie, il Tribunale di Velletri aveva ritenuto inammissibile il deposito telematico di un atto di impugnazione – e quindi di un atto introduttivo del giudizio – in assenza del Decreto Dirigenziale volto ad accettare la piena funzionalità dei sistemi informatici del Tribunale stesso.

Come è noto, infatti, prima dell'introduzione del comma 1bis all'interno dell'art. 16-bis del D.L. n. 179/2012 (avvenuta con il del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132) non era presente nel nostro ordinamento una norma di chiusura volta a permettere il generale deposito telematico di qualsiasi tipologia di atto all'interno del processo civile.

Al fine di consentire tale tipologia di deposito, quindi, era richiesta una previa indagine tecnica finalizzata all'accertamento della piena funzionalità dei sistemi di cancelleria.

La Suprema Corte, in questo caso, ha censurato la pronuncia di inammissibilità del Tribunale di Velletri, ritenendo, da un lato che l'art. 16-bis comma 1 del suddetto D.L. n. 179/2012, nello stabilire i casi di obbligatorietà del deposito telematico “presuppone, a fortiori, il riconoscimento di tale modalità di deposito come valida forma degli atti processuali. E sarebbe un'interpretazione arbitraria e del tutto illogica desumere, dalla mancata previsione dell'obbligatorietà di deposito telematico degli atti introduttivi, una volontà della legge di vietare, per tali atti, la forma che rende obbligatoria per gli atti endoprocessuali.

All'assenza di un obbligo deve corrispondere, in mancanza di un esplicito divieto, una facoltà della parte di scegliere la modalità di deposito preferita tra quelle contemplate dall'ordinamento processuale”; dall'altro ritenendo sussistente la violazione dell'art. 156, comma 3, c.p.c., poiché il Tribunale di Velletri, rifiutandosi di esaminare nel merito il ricorso, “ha di fatto sanzionato di nullità un atto introduttivo che aveva raggiunto il suo unico scopo, ovverosia dare avvio al regolare rapporto processuale con l'instaurazione di un completo contraddittorio sulla materia del contendere”.

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