Rapporti tra l'azione di indebito arricchimento e la domanda fondata su un titolo negoziale

Vito Amendolagine
21 Giugno 2022

L'ammissibilità dell'azione residuale ex art. 2041 c.c. può essere negata se è stata esercitata in via subordinata rispetto all'azione contrattuale - fondata sull'accordo simulatorio ovvero sull'interposizione reale di persona - non accolta per mancanza di prova?
Massima

L'esercizio in via subordinata alla domanda principale non accolta per mancanza di prova dell'azione di arricchimento è ammissibile in mancanza di un'azione tipica esperibile, per effetto dell'inesistenza di un valido titolo negoziale sulla cui scorta potere intraprendere un'azione contrattuale nei confronti della parte arricchita, od un diverso rimedio per conseguire l'indennizzo del pregiudizio effettivamente subito.

Il caso

La quaestio posta all'attenzione dei giudici di legittimità verte sull'erronea dichiarazione d'inammissibilità della domanda di ripetizione d'indebito avanzata in via subordinata, atteso che nella fattispecie considerata, la corte di merito ne aveva escluso l'ammissibilità per essere stata esercitata in subordine alla domanda principale non accolta per mancanza di prova, nonostante nella specie non vi era alcuna azione tipica esperibile per effetto dell'assenza di un titolo negoziale, e di un'azione contrattuale da poter esercitare nei confronti della parte arricchitasi, non sussistendo altresì alcun rimedio per conseguire l'indennizzo del pregiudizio.

La questione

L'ammissibilità dell'azione residuale ex art. 2041 c.c. può essere negata se è stata esercitata in via subordinata rispetto all'azione contrattuale - fondata sull'accordo simulatorio ovvero sull'interposizione reale di persona - non accolta per mancanza di prova?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione accoglie il ricorso proposto su tale questione specifica, essendo emerso ex actis, che nella specie l'odierna ricorrente ha dedotto le ipotesi di interposizione fittizia o reale relativamente al contratto stipulato con la banca al solo fine di fare valere il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla pretesa contrattuale azionata da quest'ultima nei suoi confronti, e non per fare valere un'azione contrattuale nei confronti dei destinatari della domanda di arricchimento ex art. 2041 c.c.

Osservazioni

L'azione generale di arricchimento ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un'azione nei confronti dell'arricchito (Trib. Ferrara, 11 novembre 2021, in www.iusexplorer.it), o di altre persone, che trovi titolo in un contratto o nella legge, talchè si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un'azione autonoma per diversità di petitum e causa petendi rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di altro genere (Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2003, n.11067; Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2002, n.16340).

E altresì noto che il siffatto requisito deve essere necessariamente accertato in astratto cioè a prescindere dalla previsione dell'esito concreto che potrebbe avere la proposizione delle altre azioni volte ad ottenere il ristoro del pregiudizio subito, mediante una valutazione da compiersi anche d'ufficio da parte del giudice (Trib. Napoli, 21 settembre 2021, in www.iusexplorer.it).

La pronuncia di merito impugnata è stata cassata sull'evidente errore compiuto dal giudice di merito nell'avere negato nella specie l'ammissibilità dell'azione residuale ex art. 2041 c.c. argomentando che l'azione in questione era stata esercitata in via subordinata rispetto all'azione contrattuale ritenuta fondata sull'accordo simulatorio ovvero sull'interposizione reale, non accolta per mancanza di prova.

Al riguardo la pronuncia che si annota conferma l'orientamento consolidatosi nella stessa materia qui considerata riguardante l'azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c., il cui requisito essenziale è costituito dall'arricchimento di un soggetto e dalla diminuzione patrimoniale di un altro collegati da un nesso di causalità, per la sua natura complementare e sussidiaria (v. Cass. civ., sez. III, 8 marzo 1980, n. 1552) la quale può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti, vale a dire la mancanza di un titolo specifico (e non già meramente generico: v., da ultimo, Cass. civ., sez. I, 7 gennaio 2020, n. 84), idoneo a fare valere il diritto di credito, e l'unicità del fatto causativo dell'impoverimento, sussistente quando la prestazione resa dall'impoverito sia andata a vantaggio dell'arricchito e lo spostamento patrimoniale non risulti determinato da fatti distinti incidenti su due situazioni diverse e in modo del tutto indipendente l'uno dall'altro (v. Cass. civ., sez. III, 9 giugno 1981, n. 3716; Cass. civ., sez. III, 8 marzo 1980, n. 1552; Cass. civ., sez. III, 4 maggio 1978, n. 2087), come quando ad avvantaggiarsi dell'attribuzione patrimoniale sia un soggetto diverso dal destinatario di questa (v. Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2021, n. 29672; Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 1981, n. 6664).

In altri termini, con la pronuncia in commento si ribadisce il principio che il presupposto per proporre l'azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza - accertabile anche d'ufficio - di un'azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall'arricchito, sicché è ammissibile anche quando l'azione, teoricamente spettante all'impoverito, sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c. (v. Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2021, n. 29672).

Al riguardo si è quindi precisato che l'azione di arricchimento può essere proposta in via subordinata rispetto all'azione contrattuale proposta in via principale soltanto per l'ipotesi che quest'ultima venga rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non allorquando sia stata proposta una domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all'accoglimento, ovvero quando tale domanda, dopo essere stata proposta, non venga dall'interessato più coltivata (v. Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2018, n. 11682; Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2013, n. 6295).

Più esattamente, l'azione di indebito arricchimento può essere esperita a seguito o in subordine all'esercizio di altri strumenti ma unicamente nei casi in cui su di essi si formi un giudicato di infondatezza della relativa pretesa per insussistenza del titolo negoziale che attribuisca all'attore il relativo diritto, con esclusione delle ipotesi di rigetto della domanda per insufficienza o mancanza di prova (Cass. civ., sez. I, 13 giugno 2018, n.15496).

La ragione è ravvisabile nel fatto che la persona che ha subito il pregiudizio patrimoniale può proporla, in via subordinata, soltanto quando l'azione tipica, avanzata in via principale, abbia avuto esito negativo per carenza del titolo posto a suo fondamento (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2013, n.6295; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2010, n.4492), perché quando la domanda ordinaria, fondata su un titolo contrattuale, è stata rigettata per l'assenza di prove sufficienti all'accoglimento, oppure quando tale domanda, dopo essere stata proposta, non è stata più coltivata dall'interessato (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2013, n.6295; Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2009, n.8020), dato che in tali ipotesi il titolo specifico, fonte del credito azionato, in tesi sussiste ma è infondato, o avrebbe potuto essere positivamente accertato, se il creditore avesse utilmente proseguito il relativo giudizio.

Ciò non impedisce allora che l'azione possa essere proposta subordinatamente rispetto alla domanda principale, ma come evidenziato dal citato orientamento di legittimità (Cass. civ., sez. I, 15 ottobre 2015, n. 20871), anche in tale ipotesi la domanda ex art. 2041 c.c. diviene ammissibile quando l'azione tipica dia esito negativo per carenza ab origine dell'azione stessa derivante da un difetto del titolo posto a suo fondamento.

L'azione fondata sull'art. 2041 c.c. non può dunque essere esercitata né quando la domanda principale sia stata respinta per difetto di prova, né quando sia stata successivamente rinunciata, nè quando il rimedio tipizzato dal legislatore esisteva ma il suo esercizio medio tempore non possa più essere utilmente esercitato perchè il relativo diritto si sia successivamente prescritto o sia intervenuta la decadenza dall'azione, essendo evidente come anche in queste ipotesi, la tutela perduta non possa essere recuperata ricorrendo allo strumento residuale dell'ingiustificato arricchimento.

In ciò trova spiegazione il requisito della sussidiarietà evocato dalla rubrica dell'art. 2041 c.c. il quale, non impone che detta azione possa essere esperita in alternativa subordinata a quella contrattuale per eluderne gli esiti sfavorevoli, ogni qual volta, cioè, quest'ultima, sebbene astrattamente configurabile, non consenta in concreto, per ragioni di fatto o di diritto, il recupero dell'utilità trasferita da una parte all'altra ma, al contrario, significa che tra soggetti fra loro terzi, per l'inesistenza o la nullità di un rapporto contrattuale, gli spostamenti patrimoniali non sorretti da giusta causa devono essere retrattati nei limiti del minor valore tra arricchimento e danno (App. Catania, 3 febbraio 2022, in www.iusexplorer.it).

Infatti, in questo caso, l'indennità per arricchimento senza causa va corrisposta nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dalla parte nell'erogazione della prestazione e non in misura coincidente con il mancato guadagno che la stessa avrebbe potuto trarre dall'instaurazione di una valida relazione contrattuale.

La fattispecie scrutinata nella pronuncia in comento è invece diversa, atteso che nessuna azione contrattuale era stata esperita dalla ricorrente nei confronti dei soggetti destinatari della domanda di arricchimento ex art. 2041 c.c., di conseguenza non essendone ravvisabile l'esercizio in via subordinata rispetto ad un'azione contrattuale che in realtà non era stata proposta, non avendo i giudici del merito considerato che la stessa ricorrente aveva dedotto le ipotesi di interposizione fittizia o reale relativamente al contratto stipulato con la banca soltanto per fare valere il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla pretesa contrattuale azionata dalla banca nei suoi confronti, e non per esercitare un'azione contrattuale verso le destinatarie della domanda di arricchimento.

Riferimenti
  • Golia, Mutatio libelli e cumulo progressivo di domande alternative subordinate: il revirement delle sezioni unite sull'azione generale di arricchimento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2020, 359 e ss.;
  • Dittrich, Sulla successiva proposizione della domanda di arricchimento senza causa nel processo avente come domanda principale la condanna all'adempimento contrattuale in Riv. dir. proc., 2019,1306 e ss.;
  • Abbamonte, Sulla proponibilità della domanda di arricchimento senza causa nel corso del giudizio di adempimento contrattuale: i chiarimenti delle Sezioni unite in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2019, 1055 e ss.;
  • Consolo, Godio, Le Sezioni Unite di nuovo sulle domande cc.dd. complanari, ammissibili anche se introdotte in via di cumulo (purché non incondizionato) rispetto alla domanda originaria in Corr. giur., 2019, 267 e ss.;
  • Carusi, Proposizione in via subordinata dell'azione di arricchimento, autorità del precedente giudiziale e stile delle sentenze in Riv. dir. comm. e diritto generale delle obbligazioni, 2015, 1, 247 e ss.;
  • Paone, In tema di arricchimento senza causa in Foro it., 2014, 1, 160 e ss.;
  • Villata, Domanda di adempimento e domanda di arricchimento ingiustificato: mutatio libelli e opposizione a decreto ingiuntivo in Riv. dir. proc., 2011, 1578 e ss.