Rider: rapporto di lavoro tra autonomia e subordinazione

21 Giugno 2022

L'attività lavorativa del rider che opera all'interno e per le finalità dell'organizzazione della società titolare di una piattaforma digitale presenta i connotati propri della subordinazione.
Massima

L'attività lavorativa del rider che opera all'interno e per le finalità dell'organizzazione della società titolare di una piattaforma digitale presenta i connotati propri della subordinazione.

La prestazione lavorativa del ciclofattorino, infatti, in virtù dell'utilizzo di un algoritmo proprio di tale piattaforma, volto a determinare i meccanismi di classificazione e di prenotazione delle fasce di disponibilità dei collaboratori, risulta, nei fatti, non solo organizzata, ma anche diretta dal titolare della piattaforma stessa e il lavoratore, oltre a non avere alcuna incidenza sulle finalità di una tale organizzazione, non sarebbe nemmeno soggetto ad alcun rischio di impresa.

Il caso

La vicenda in esame prende le mosse dal ricorso depositato da un rider che ha chiesto al Tribunale di Milano di accertare che il rapporto di lavoro autonomo in essere con una piattaforma digitale di food delivery fosse riqualificato in forma subordinata o, in subordine, che si applicasse comunque allo stesso la disciplina tipica di tale rapporto, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del D.lgs. n. 81 del 2015.

Il Tribunale ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro che legava il ciclofattorino alla società titolare della piattaforma digitale, ritenendo che le circostanze emerse in fase di istruttoria, caratterizzanti il rapporto in essere tra le parti, fossero sufficienti a dimostrare l'esistenza degli elementi tipici della subordinazione.

In particolare, per il Tribunale, il fatto che l'attività del rider fosse fortemente influenzata dall'algoritmo della piattaforma, dimostra la piena subordinazione dello stesso ai poteri non solo organizzativi, ma anche direttivi datoriali.

La questione

Il Tribunale ha rilevato come, innanzitutto, per poter lavorare per la piattaforma il rider dovesse scaricare, sul proprio smartphone, una app che gli consentisse di ricevere proposte di consegna di merce in base alla propria vicinanza ai locali da cui ritirare i prodotti; la posizione del lavoratore era rilevata tramite un sistema di geolocalizzazione collegato all'applicazione.

Inoltre, l'algoritmo della piattaforma, sulla base di alcuni “indici di prenotazione”, influenzati dalla tempestività del log-in dal lavoratore e dalla disponibilità da questi prestata per le ore di maggiore richiesta in relazione a precedenti consegne, definiva delle finestre di prenotazione cui il rider poteva accedere per prenotare le sessioni di lavoro settimanali all'interno delle quali avrebbe potuto ricevere le proposte di consegna che, poi, avrebbe potuto accettare o meno.

Il Giudice ha rilevato, quindi, che, in virtù del predetto modello organizzativo e del menzionato meccanismo di classificazione, non solo l'attività lavorativa del rider fosse etero-organizzata dalla piattaforma, ma che, sebbene questi avesse la facoltà di rifiutare la singola prestazione, di fatto, tale sistema creasse un condizionamento delle scelte del lavoratore tale da incidere in maniera diretta sulle modalità, sui tempi e sui luoghi di esecuzione della prestazione.

Quale conseguenza delle predette deduzioni, il Tribunale ha riconosciuto l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato tra il rider e la società titolare della piattaforma digitale.

La soluzione giuridica

Come accennato, il Tribunale ha riconosciuto tra il rider e la piattaforma digitale l'esistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ex art. 2094 del Codice Civile e non, invece, l'applicazione al rapporto di lavoro autonomo delle tutele previste per la subordinazione, così come deciso in casi simili da altre corti di merito (cfr. Corte da Appello di Torino, sentenza n. 26/2019 e Tribunale di Firenze, sentenza n. 886/2020) e chiesto in subordine dallo stesso ricorrente.

Come noto, infatti, il D.lgs. n. 81 del 2015, all'articolo 2, comma 1, dispone l'applicazione delle tutele tipiche dei rapporti di lavoro subordinato alle collaborazioni coordinate e continuative, eseguite “prevalentemente” personalmente, “le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”. Lo stesso articolo specifica, poi, che “Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.”

Il Tribunale di Milano si è invece spinto oltre, fino ad inquadrare il rider come lavoratore subordinato ex art. 2094 del Codice Civile, compiendo quindi un ulteriore passo in avanti rispetto al riconoscimento delle sole tutele previste dal predetto articolo 2.

In particolare, il Giudice, a seguito di approfondita istruttoria, è giunto a tale conclusione sulla base delle seguenti considerazioni:

- la prenotazione delle fasce orarie non è libera, ma influenzata dall'algoritmo legato al rating di prenotazione del rider;

- tale rating è soggetto a penalizzazione nel caso in cui il rider ritardi il login con riferimento alla sessione prenotata e/o non si renda disponibile nella fascia serale e nel fine settimana;

- il rider, “per essere selezionato dall'algoritmo e ricevere la proposta” di assegnazione della consegna, deve trovarsi nelle vicinanze del locale da cui deve essere ritirata la merce;

- è la piattaforma a indicare al rider dove ritirare e dove consegnare il prodotto e la posizione del rider è controllata durante lo svolgimento della prestazione lavorativa tramite un sistema di geolocalizzazione.

Secondo il Tribunale, infatti, l'attività del rider è influenzata in maniera talmente rilevante dall'algoritmo della piattaforma, da potersi affermare che, nei fatti, questi sia eterodiretto dal - e, quindi, pienamente subordinato al - titolare della stessa.

Il Giudice ha ritenuto, più nello specifico, che l'assenza di un obbligo di esecuzione della prestazione non sia incompatibile con la natura subordinata del rapporto, contestando, peraltro, l'effettività di una tale libertà.

Il meccanismo di classificazione sul quale è basato l'algoritmo, infatti, limiterebbe in maniera sostanziale la libertà decisionale del rider in merito all'an e al quantum della prestazione, configurando, non solo, un'espressione di un potere disciplinare, ma anche, avuto riguardo dell'influenza sulle future prestazioni, di un più generale potere direttivo del titolare della piattaforma.

In sintesi, secondo la decisione in commento, il ciclofattorino non assume rischio di impresa e non ha alcuna influenza sull'organizzazione dell'attività gestita dalla piattaforma, mentre, al contrario, è sensibilmente condizionato, in termini di possibilità di accedere a determinate fasce orarie di lavoro e, di conseguenza, di modalità di esecuzione della prestazione, dal punteggio attribuitogli dall'algoritmo utilizzato dalla medesima piattaforma digitale per assegnare le varie consegne ai diversi rider disponibili a offrire il servizio.

E tanto basta al Giudice del Lavoro di Milano per ritenere che il rapporto tra i soggetti in questione abbia i caratteri della subordinazione.

Osservazioni

Partendo da quest'ultima considerazione, ci permettiamo di osservare come l'elemento della discrezionalità del rider vada, innanzitutto, inquadrato in un mercato costituito da una pluralità di piattaforme digitali che forniscono servizi – pressoché omogeni – di delivery.

In un tale contesto, la libertà di scelta del rider si esprime, per iniziare, nella possibilità di lavorare contemporaneamente per più piattaforme, moltiplicando, così, potenzialmente le sue chances di occupazione e, di conseguenza, di guadagno.

In secondo luogo, anche gli elementi che il Tribunale ha ritenuto determinanti ai fini del riconoscimento della natura subordinata del rapporto prestato dal ciclofattorino, non sembrano, a nostro avviso, risolutivi, potendo essere ugualmente compatibili con la natura autonoma del rapporto e il mero coordinamento della prestazione del collaboratore con quella degli altri fattorini nell'ambito dell'organizzazione gestita dalla piattaforma.

Se è vero, infatti, che il rider con rating più alto in termini di indici di prenotazione sia avvantaggiato nella scelta degli slot di attività settimanale e che per ricevere le proposte di consegna debba trovarsi all'interno della zona prenotata durante la sessione di attività, d'altra parte, come confermato dalla stessa istruttoria del caso di specie, detti indici di prenotazione non sono influenzati in alcun modo dal rifiuto della proposta da parte del rider o dalla cancellazione dell'ordine successivamente alla presa in carico, così come questi non riceva dalla piattaforma alcuna indicazione in merito alle tempistiche in cui effettuare la consegna, né sul percorso da seguire.

Stante quanto precede, risulta alquanto ardita la ricostruzione del Giudice volta ad attribuire al sistema di classificazione gestito dall'algoritmo della piattaforma rilevanza disciplinare e finanche direttiva.

Come visto, invero, il prestatore conserva un grado di autonomia e libertà tale da consentirgli di decidere autonomamente se accettare o meno una consegna, il luogo (è il rider a selezionare la zona per la quale rendersi disponibile) e il tempo della prestazione (è sempre il rider a decidere le fasce di orario e i giorni in cui lavorare, sebbene la possibilità di scelta possa essere ridimensionata in base ai comportamenti di prenotazione precedenti), le modalità di esecuzione della prestazione stessa (è ancora il rider che decide il percorso stradale da seguire e le tempistiche per finalizzare la consegna).

Il fattorino non ha, nei fatti, alcun obbligo di adeguamento a standard di performance dettati dalla piattaforma, non è sottoposto a carichi di lavoro predeterminati dalla stessa o a un numero prestabilito di consegne da eseguire in un determinato arco temporale.

Pertanto, non ci sembra che nel caso di specie possa essere rinvenuto l'elemento dell'eterodirezione della prestazione del rider, ossia il potere del datore di lavoro di impartire ordini e istruzioni al lavoratore che rappresenta il tratto caratteristico della subordinazione.

Tuttalpiù, sulla base delle circostanze considerate dal Giudice di Milano nella sentenza oggetto di esame, si sarebbe potuto discutere se tali elementi facessero sconfinare il mero coordinamento della prestazione lavorativa del ciclofattorino in una forma di etero-organizzazione tale da rendere giustificata l'applicazione al rapporto esaminato, seppur nella sua natura autonoma, la tutela prevista dell'articolo 2 del D.lgs. n. 81 del 2015.

In ogni caso, la questione della definizione dell'inquadramento contrattuale dei rider è al vaglio del Governo che sta lavorando a un disegno di legge per regolare il rapporto di lavoro di coloro che operano tramite piattaforme digitali.

Non ci resta quindi che attendere gli sviluppi parlamentari di tale testo normativo, augurandoci che possa definitivamente portare chiarezza e per porre fine a una discussione che, in questi ultimi anni, ha animato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale e che rivela ancora contorni di grande incertezza.