Quando può essere sciolto un condominio?
17 Giugno 2022
È possibile procedere allo scioglimento del condominio pur in presenza del piano interrato in comune ad entrambe le palazzine?
Ai fini di una corretta disamina della questione in esame, occorre richiamare le norme sullo scioglimento. In particolare, l'art. 61, comma 1, disp. att. c.c. prevede che qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio. Il successivo art. 62 disp. att. c.c. prevede che la disposizione del primo comma dell'articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'articolo 1117 c.c. Inoltre, viene evidenziato che qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal comma 5, art. 1136 c.c. A questo punto è importante individuare cosa esattamente si intenda per edificio «autonomo». Secondo autorevole dottrina (CELESTE) “con ogni probabilità, mediante tale espressione, il Legislatore codicistico ha voluto riferirsi non all'ipotesi di più fabbricati strutturalmente autonomi, ma a quella relativa a fabbricati adiacenti, separati da un muro divisorio, che abbiano in comune una determinata cosa/servizio/impianto (ad esempio, l'impianto di riscaldamento con la caldaia sistemata in uno di essi)”. Invero, secondo l'autore in commento, il significato di edificio autonomo deve essere ricercato nel medesimo concetto di condominio e di autonomia condominiale. Oltre a ciò, in dottrina si è anche osservato che l'autonomia statica non deve essere necessariamente assoluta, con riferimento cioè a tutti gli elementi che compongono la parte da separare, per cui quando gli appartamenti, con i quali si vuole fondare un condominio autonomo, costituiscono, ad esempio, tutta l'area destra dello stabile, ma uno di essi si spinge fin dentro l'ala sinistra, la separazione dovrebbe essere concessa. Dopo queste considerazioni dottrinali, occorre ricostruire l'istituto dal punto di vista giurisprudenziale. A questo proposito, la Cassazione (Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2019, n. 22041) ripercorre con grande precisione i presupposti in forza dei quali può essere disposta la divisione del condominio. I giudici, in tema, evidenziano che già a far data con la pronuncia di legittimità n. 1964/1963, era stato affermato che a norma degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., lo scioglimento del condominio in tanto può dare luogo alla costituzione di condomini separati, in quanto l'immobile o gli immobili oggetto del condominio originario, possano dividersi in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, quand'anche restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c. Oltre a ciò,nella pronuncia del 2019, viene sottolineato che il tenore della norma, riferito all'espressione “edifici autonomi” esclude di per sé che il risultato della separazione si concreti in un'autonomia meramente amministrativa, giacche, più che ad un concetto di gestione, il termine “edificio” va riferito ad una costruzione, la quale, per dare luogo alla costituzione di più condomini, dev'essere suscettibile di divisione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere amministrativo. La sola estensione che può consentirsi a tale interpretazione è quella prevista dall'art. 62 citato, il quale fa riferimento all'art. 1117 c.c. (parti comuni dell'edificio in quanto destinate in modo permanente al servizio generale e alla conservazione dell'immobile, riguardato sia nel suo complesso unitario che nella separazione di edifici autonomi); in questo ultimo caso, l'istituzione di nuovi condominii non è impedita dalla permanenza, in comune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c., la cui disciplina d'uso potrà formare oggetto di particolare regolamentazione riferita alle spese e agli oneri relativi. Al di fuori di tali interferenze di carattere amministrativo espressamente previste dalla legge, se la separazione del complesso immobiliare non può attuarsi se non mediante interferenze ben più gravi, interessanti la sfera giuridica propria di altri condomini, alla cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù o altri oneri di carattere reale, è da escludere, in tale ipotesi che l'edificio scorporando possa avere una propria autonomia strutturale, pur essendo eventualmente autonoma la funzionalità di esso riferita alla sua destinazione e gestione amministrativa. Quindi, l'autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento del condominio, ai sensi degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., solo quando l'immobile sia divisibile in parti strutturalmente autonome, ciò che è escluso dall'esistenza di interferenze materiali involgenti elementi strutturali essenziali (quali fondazioni, facciata e perimetro) (Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2014, n. 21686. Secondo tale provvedimento, resta quindi preclusa la possibilità di attuare la separazione in caso di interferenze gravi). Infine, tali principi hanno ricevuto ulteriore conferma da altra pronuncia (Cass. civ., sez. VI, 21 giugno 2018, n. 16385) che ha precisato come l'indagine circa la natura autonoma o meno degli edifici scorporandi dall'unitario condominio costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. A questo proposito, il Tribunale di Trani (22 maggio 2019 n. 1254), partendo dal presupposto che il condominio si caratterizza per la coesistenza di unità abitative in proprietà esclusiva dei singoli condomini e per la presenza di parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse che ne impediscono la divisione se non in ipotesi particolari, ha affermato che gli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. hanno natura eccezionale e derogano al principio della unanimità solo ed esclusivamente nei casi in cui si realizzino le condizioni specificamente indicate valendo sempre edin ogni caso il principio espresso dall'art. 1119 c.c. in virtù del quale “le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”. Secondo il giudice pugliese, la delibera di scioglimento del condominio aveva omesso di considerare quale parte comune il corridoio pedonale a piano interrato; quest'ultimo costituiva parte comune del fabbricato e i posti macchina ivi ubicati appartenevano ai condomini di entrambe le scale. Per il giudice, il corridoio in esame era struttura in comproprietà di tutti i condomini, atteso che essa era funzionale al passaggio da un'ala all'altra dell'edificio, passaggio necessario sia per consentire ai condomini della scala A di raggiungere le utenze idriche, posizionate nel vano autoclave – sito nella scala B – sia per consentire ai condomini della scala A, proprietari di boxes pertinenziali posti nella scala B di raggiungere la loro proprietà ed usufruirne. Per le ragioni esposte, il Tribunale di Trani ha annullato la delibera. In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, con particolare riferimento della pronuncia del Tribunale di Trani, in risposta al quesito in esame, è necessario valutare lo scioglimento con particolare attenzione alla presenza del piano interrato (comune). Valutazione da fare in primis sulla base della “possibilità tecnica” e, come sostenuto dai giudici, “al di fuori di tali interferenze di carattere amministrativo espressamente previste dalla legge, se la separazione del complesso immobiliare non può attuarsi se non mediante interferenze ben più gravi, interessanti la sfera giuridica propria di altri condomini, alla cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù o altri oneri di carattere reale, è da escludere, in tale ipotesi che l'edificio scorporando possa avere una propria autonomia strutturale, pur essendo eventualmente autonoma la funzionalità di esso riferita alla sua destinazione e gestione amministrativa (Cass. civ., sez. I, 1° dicembre 2010, n. 24380).
|