Mutamenti nella composizione del collegio delle Corti d'appello e vizio di costituzione del giudice

23 Giugno 2022

Il principio della immutabilità del collegio è inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, cosicché trova applicazione dall'apertura della discussione fino alla deliberazione della decisione.
Massima

Nei giudizi civili il principio della immutabilità del collegio è inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, cosicché trova applicazione dall'apertura della discussione fino alla deliberazione della decisione, e pertanto non è configurabile alcuna nullità nel caso di mutamento della composizione del collegio nel corso dell'istruttoria.

Il caso

Trattasi di giudizio originato da richiesta di risarcimento danni per incidente stradale. Terminato il primo grado con il rigetto delle domande attoree, è stato interposto appello principale e incidentale presso la Corte d'Appello di Roma che ha rigettato entrambi compensando le spese del giudizio tra tutte le parti. Contro tale decisione è stato proposto ricorso per cassazione conclusosi con sentenza di rigetto.

La questione

La questione processuale che ci interessa e che è stata affrontata nella sentenza in commento è quella relativa al dedotto vizio di costituzione del giudice perché il relatore, all'udienza in Corte d'Appello nella quale la causa era stata trattenuta in decisione, era stato sostituito definitivamente da un giudice ausiliario, in forza di un provvedimento apposto a margine del verbale della stessa udienza, privo della sottoscrizione del Presidente, del cronologico e della data e in mancanza di preventiva comunicazione. I ricorrenti sollevano peraltro anche eccezione di incostituzionalità delle norme dall'art. 62 al 72 della l. 98/2013 (che ha convertito con modificazioni il d.l. 69/2013, norma istitutiva dei Giudici ausiliari di Corte di Appello) affermando che la presenza di giudici estranei all'ordine giudiziario in collegi dedicati al controllo delle sentenze di prime cure, determina una lesione dei principi della terzietà, dell'indipendenza e della professionalità del giudice, nonché del giusto processo e del giudice naturale. La Suprema Corte ritiene infondate tutte le contestazioni.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ricorda che secondo il proprio consolidato orientamento, i mutamenti della composizione del collegio sono consentiti fino all'udienza di discussione perché solo da questo momento opera il principio che vieta la deliberazione della sentenza da parte di un collegio composto in modo diverso da quello che ha assistito alla discussione della causa. In tema la giurisprudenza di legittimità è pacifica: si è più volte espresso il principio in questione, postosi soprattutto nel rito del lavoro, pur se la questione si presenta in termini identici anche per il rito ordinario di cognizione. Si è ripetutamente affermato nella giurisprudenza di legittimità che mutamenti nella composizione del collegio sono consentiti fino all'udienza di discussione, in quanto solo da questo momento opera il principio che vieta la deliberazione della sentenza da parte di un collegio diversamente composto rispetto a quello che ha assistito alla discussione (in tal senso Cass. civ., 20 dicembre 2007 n. 26820; Cass. civ., 11 aprile 2001 n. 5443; Cass. civ., 13 settembre 2003, n. 13467). Con riferimento specifico al giudizio di appello la Suprema Corte aveva già esposto analoghe considerazioni, affermando che il principio della immutabilità del giudice istruttore, sancito dall'art. 174 c.p.c. anche per il giudizio di appello, la cui eventuale inosservanza, in difetto di una espressa sanzione di nullità, costituisce comunque una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità dell'atto e non è causa di nullità del giudizio o della sentenza, all'interno di un organo giudiziario a composizione collegiale, non si applica comunque agli altri componenti del collegio giudicante (Cass. civ., 16 novembre 2006, n. 24370).

La sentenza in commento specifica che è senz'altro vero che i collegi delle Corti d'appello sono precostituiti ai sensi dell'art. 7-bis dell'ordinamento giudiziario e la trattazione della causa è collegiale anche nella fase istruttoria, ma è principio consolidato che nei giudizi civili il principio della immutabilità del collegio vada inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, cosicché trova applicazione dall'apertura della discussione fino alla deliberazione della decisione, e pertanto non è configurabile alcuna nullità in caso di mutamento della composizione del collegio nel corso dell'istruttoria (nello stesso senso Cass. civ., 15 maggio 2009 n. 11295; Cass. civ., 2 novembre 1998 n. 10947; Cass. civ., 16 maggio 1997, n. 4368; Cass. civ., 2 agosto 1990, n. 7757). Va segnalato che il principio del giusto processo e dell'imparzialità e terzietà del giudice non è in alcun modo posto in discussione dal mutamento di composizione del collegio rispetto alle precedenti udienze istruttorie (in questo senso Cass. civ., 11295/2009).

Il principio è stato nel tempo ribadito anche con riferimento al rito camerale, in particolare rispetto al procedimento diretto alla dichiarazione di fallimento (Cass. civ., 5 marzo 2007 n. 5060); il principio della immutabilità del giudice di cui all'art. 276 c.p.c. è applicabile solo dal momento in cui inizia la discussione e non si riferisce a precedenti fasi interlocutorie, come quelle destinate nella fase prefallimentare alla raccolta di informazioni, nonché all'ascolto dei creditori e del debitore (Cass. civ., 30 settembre 2005 n. 19216; Cass. civ., 12 ottobre 2004 n. 20166).

Rispetto alle contestazioni relative al fatto che la sostituzione non è avvenuta nel rispetto delle condizioni poste dagli artt. 174 c.p.c. e 79 disp. att. c.p.c., la Corte ne afferma la irrilevanza, perché questa violazione è, come già visto, una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità del procedimento o della relativa sentenza (nello stesso senso Cass. civ., 8 febbraio 2007 n. 2745). E, in ogni caso, l'esercizio del potere di sostituzione dell'istruttore della causa, che non è censurabile con ricorso in cassazione trattandosi di valutazione discrezionale sottratta al sindacato di legittimità, non da' luogo, anche se avvenuto in violazione dell'art. 174 c.p.c. e al di fuori dei casi previsti da questa norma, ad effetti invalidanti degli atti processuali e della sentenza in particolare, ma soltanto ad una ipotesi di mera irregolarità (Cass. civ., 24 novembre 1979, n. 6158, secondo la quale peraltro il provvedimento con cui il Presidente del collegio giudicante sostituisce al giudice che ha istruito la causa altro giudice come relatore, può risultare anche da una semplice annotazione sul ruolo di udienza, non rilevando la mancanza di motivazione, perché il provvedimento è rimesso all'apprezzamento discrezionale del Presidente; in questo senso più di recente anche Cass. civ., 19 maggio 2009 n. 11593). Vi è da dire che rispetto alla non necessità di motivazione del provvedimento di sostituzione, pur essendo questa conclusione senz'altro legittima alla luce del disposto degli artt. 174 c.p.c. e 79 disp. att. c.p.c., autorevole dottrina ha posto il dubbio che questa previsione non sia compatibile con la norma costituzionale che impone la motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali, specialmente considerando che il decreto di sostituzione sottrae alle parti il valore della “immediatezza” (in arg. Taruffo, La motivazione della sentenza civile, Padova, 1975, 1). Anche rispetto alla discrezionalità dell'apprezzamento del Presidente per la sostituzione e alla susseguente insindacabilità in sede di giudizio di legittimità, si è precisato in dottrina che questa conclusione, pur se certamente conforme al diritto positivo, sottrae alle parti il valore della immediatezza (Volpino, Introduzione della causa, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2019, 704)

Ricordo peraltro che secondo la giurisprudenza di legittimità, poiché l'art. 174 c.p.c. non prevede la comunicazione del provvedimento di sostituzione alle parti, questo adempimento non si deve ritenere prescritto in alcun modo (Cass. civ., 12 novembre 1987 n. 8332; Cass. civ., 21 febbraio 1972 n. 508).

Va infine segnalato che sul tema della sostituzione del giudice istruttore dopo la precisazione delle conclusioni nel processo davanti al giudice unico e senza discussione orale della causa Cass. civ., 10 dicembre 1999, n. 13831 ha sposato una soluzione molto rigorosa affermando che la sostituzione non si deve ritenere consentita al Presidente del Tribunale se non per causa di forza maggiore come decesso o grave malattia del giudice che non consenta lo svolgimento delle sue funzioni e sempre previsa rimessione della causa in istruttoria, per consentire alle parti di esprimere le loro deduzioni sulla intervenuta sostituzione, come ad es. l'eventuale ricusazione del giudice sostituto.

Osservazioni

I principi esposti nella sentenza in commento sono senz'altro in linea con il disposto normativo e oggetto di una giurisprudenza consolidata. Pertanto nei giudizi civili il principio della immutabilità del collegio è inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, cosicché trova applicazione dall'apertura della discussione fino alla deliberazione della decisione, e pertanto non è configurabile alcuna nullità nel caso di mutamento della composizione del collegio nel corso dell'istruttoria. Non è peraltro necessaria la motivazione del provvedimento ed esso può risultare anche da una semplice annotazione sul ruolo di udienza.

Poiché nella fattispecie era pacifica la circostanza che la nomina del nuovo relatore fosse avvenuta all'udienza nel corso della quale la causa era stata trattenuta in decisione, la diversa composizione del collegio non può avere determinato la violazione del diritto di difesa delle parti, né emerge dal ricorso o dalla sentenza che i ricorrenti abbiano svolto specifiche contestazioni in conseguenza della sostituzione del relatore dimostrando di avere subito un concreto pregiudizio. In linea con l'orientamento consolidato della Suprema Corte la pronuncia in commento è quindi senz'altro condivisibile.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.