Funzione del piano di concordato e giudizio di idoneità del tribunale

Laura Riondato
24 Giugno 2022

L'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall., che prescrive come contenuto del piano la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, va interpretato attribuendo rilievo primario non già alle modalità di esecuzione della prestazione prevista nella proposta, bensì ai passaggi per mezzo dei quali la prestazione può diventare concretamente fattibile. La verifica della fattibilità della proposta da parte del giudice comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità, nei limiti della valutazione della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati; sicché la proposta deve ritenersi sempre sindacabile, ove risulti implausibile ovvero manifestamente priva di una ragionevole chance di successo.
Massima

Nel concordato preventivo, la funzione del piano è di fornire uno strumento per la valutazione dell'attendibilità e praticabilità della proposta formulata dal debitore da parte del tribunale e dei creditori. L'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall., che prescrive come contenuto del piano la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, va interpretato attribuendo rilievo primario non già alle modalità di esecuzione della prestazione prevista nella proposta, bensì ai passaggi per mezzo dei quali la prestazione può diventare concretamente fattibile. La verifica della fattibilità della proposta da parte del giudice comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità, nei limiti della valutazione della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati; sicché la proposta deve ritenersi sempre sindacabile, ove risulti implausibile ovvero manifestamente priva di una ragionevole chance di successo.

Il caso

Il caso concreto riguarda una proposta di concordato preventivo presentata da un imprenditore individuale. Secondo quanto si ricava dalle premesse della pronuncia in commento, il debitore - a seguito di gravi perdite accumulate nei sette anni precedenti - ha depositato ricorso per concordato con continuità aziendale finalizzato al superamento dello stato di crisi, prevedendo di destinare al soddisfacimento dei creditori essenzialmente “i ricavi, provenienti dallo svolgimento in futuro dell'attività e previsti per l'arco dei sei anni a venire”.

I ricavi necessari - secondo il ricorrente - avrebbero dovuto maturare a fronte di una riduzione dei costi per il personale e dell'eliminazione di una rendita dovuta, in controtendenza rispetto all'andamento negativo degli ultimi anni di attività imprenditoriale.

All'esito delle verifiche sui presupposti per l'ammissione alla procedura, il Tribunale ha dichiarato l'inammissibilità della proposta di concordato e il fallimento del debitore. I relativi provvedimenti sono stati impugnati con reclamo alla Corte d'Appello, la quale, considerata la contrazione delle entrate dell'impresa negli anni precedenti, ha rilevato come nel piano concordatario la previsione dell'andamento dei ricavi futuri fosse stata elaborata con riferimento a fattori del tutto generici, in mancanza di un'analisi prospettica dei flussi in entrata e, perciò, di una “giustificazione dell'incremento indicato”. Più nello specifico - secondo la Corte - è mancata “l'analisi delle modalità concrete di attuazione del risanamento e cioè la spiegazione di come la Farmacia possa realizzare ricavi e conseguentemente risultati netti di esercizio via via crescenti”.

Carenza che avrebbe comportato la violazione dell'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall. in punto di descrizione analitica delle modalità di adempimento prospettate, la quale “deve necessariamente passare al vaglio del giudice, essendo presupposto giuridico della successiva valutazione di convenienza rimessa ai creditori”. Per tali ragioni, la Corte ha rigettato il reclamo.

Avverso la sentenza d'appello, l'imprenditore fallito ha proposto ricorso per cassazione.

La questione

Il ricorso per cassazione ha affidato al giudizio della Suprema Corte segnatamente questioni connesse ai contenuti della proposta di concordato preventivo e alla relativa verifica di fattibilità. In particolare, alla Corte è stata chiesta una pronuncia in merito:

- ai necessari contenuti del piano concordatario in punto di “descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta” a norma dell'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall. Nello specifico, la questione consiste nel determinare quali siano i contenuti minimi che il piano deve avere affinché possano ritenersi compiutamente descritte le modalità di adempimento della proposta nel rispetto della disposizione citata;

- ai limiti ai poteri di verifica di fattibilità della proposta da parte del giudice. Nello specifico, si è chiesto se rientri nei poteri del giudice verificare che il piano rechi la descrizione analitica delle modalità di adempimento della proposta suddetta, anche in rapporto ai poteri dei creditori di valutare la convenienza della soluzione offerta dal debitore.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia dei giudici di legittimità si inserisce nell'ampia ricerca di un bilanciamento tra l'esigenza dell'imprenditore di superare lo stato di crisi e la tutela dei creditori. Con specifico riguardo alle suddette questioni, la Corte di Cassazione ha enunciato i principi di seguito riportati.

- Quanto ai contenuti minimi del piano inerenti alla descrizione analitica delle modalità di adempimento della proposta. Sul punto, la Cassazione ha interpretato l'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall. muovendo dalla funzione del piano concordatario, che è quella di fornire uno “strumento per potere valutare l'attendibilità e praticabilità della proposta” formulata dal debitore; valutazione che sarà effettuata dal tribunale e dai creditori. Se il piano deve consentire la valutazione della fattibilità della proposta, allora esso deve contenere almeno la descrizione analitica (i) dei “passaggi per mezzo dei quali la prestazione [promessa ai creditori nella proposta] può diventare concretamente fattibile” e (ii) delle modalità di esecuzione della prestazione stessa. Non basta, cioè, che il piano indichi la percentuale di pagamento dei crediti e i tempi in cui il pagamento sarà eseguito, con la sommaria previsione delle risorse che saranno impiegate a tale fine; è necessario che il debitore specifichi i passaggi mediante i quali avrà la disponibilità delle risorse per il pagamento dei creditori.

Con particolare riferimento al concordato in continuità, l'adempimento della proposta - come noto - si basa sul soddisfacimento dei crediti tramite i flussi derivanti dalla prosecuzione dell'attività aziendale. Secondo la Corte, in tal caso vi è l'onere di fornire la “spiegazione relativa al “come” il debitore intende raggiungere concretamente il risultato che la proposta consegna ai creditori”. Più in concreto, il debitore è tenuto quindi a spiegare come potrà realizzare effettivamente i ricavi destinati al pagamento dei creditori.

La massima espressa dalla Corte di Cassazione trova puntuale riscontro nelle decisioni assunte di sovente dai giudici di merito all'esito della valutazione in concreto dei piani concordatari. Con riguardo al concordato in continuità, i giudici hanno in particolare ritenuto conforme al disposto dell'art. 161, comma 2, lett. e), l. fall. un piano contenente “l'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività di impresa, delle risorse necessarie e delle modalità di copertura” come specificato dall'art. 186 bis, comma 2, lett. a), l. fall., sostenuto da “analisi svolte sui costi di produzione”, da “documentazione idonea a supportare l'ipotizzato incremento dei ricavi” e dalla “previsione di eventuali fondi di rischio” (Trib. Pistoia 17 settembre 2020).

Inoltre, come accennato anche nelle premesse in fatto della pronuncia di Cassazione in esame, è oltremodo opportuno che il piano rappresenti approfonditamente gli “elementi di discontinuità” caratterizzanti il nuovo corso della gestione dell'azienda, ossia “elementi di novità tali da lasciar ragionevolmente attendere un'inversione dell'andamento negativo” che ha condotto alla crisi (App. Venezia 5 luglio 2021). Dovrà essere inoltre posta attenzione anche al settore in cui opera l'impresa, mediante lo sviluppo di “ipotesi realistiche di crescita esponenziale o anche solo di stabilità del mercato di riferimento, che reggano nel lungo periodo” (Trib. Milano 22 dicembre 2020).

- Quanto ai limiti alla verifica di fattibilità della proposta da parte del giudice, anche in relazione alla descrizione analitica delle modalità di adempimento della proposta stessa.

Sul tema, la Cassazione ha fatto riferimento all'orientamento giurisprudenziale maturato dalla medesima Corte e, in particolare, alla pronuncia del 15 giugno 2020, n. 11522, ricavandone “la puntuale notazione dell'avvenuto superamento […] di una “netta distinzione tra controllo di fattibilità giuridica, sempre consentito, e controllo di fattibilità economica, sempre vietato”” (Cass. 15 giugno 2020, n. 11522). Mentre la verifica della fattibilità giuridica della proposta non è sottoposta a particolari limiti, la perimetrazione dei poteri del giudice riguardo ai profili economici della proposta stessa deve rapportarsi ai poteri dei creditori coinvolti. In merito, la medesima Corte ha ritenuto che “la verifica di fattibilità comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità” della soluzione proposta dal debitore a perseguire i fini del concordato, consistenti nel superamento della crisi e nel soddisfacimento dei creditori.

Tale giudizio di idoneità spetta al giudice “nei limiti della verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”.

Secondo la Corte, “la proposta concordataria deve dunque ritenersi sempre sindacabile, ove la stessa risulti implausibile ovvero manifestamente priva di una ragionevole chance di successo”.

Tale pronuncia si pone in continuità con i principi espressi dalla giurisprudenza più recente. Come noto, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1521, ha distinto tra “convenienza della proposta” (da valutarsi ad opera dei creditori) e “fattibilità”; la fattibilità è stata ulteriormente distinta tra “la fattibilità giuridica e quella economica”: la verifica della fattibilità giuridica è stata attribuita al giudice mentre la verifica della fattibilità economica è stata rimessa ai creditori. Nella disamina operata dalle Sezioni Unite - attraverso la valorizzazione della causa concreta - non è peraltro mancato un riferimento alla valutazione dell'effettiva “idoneità della proposta a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati, nel rispetto dei termini di adempimento previsti”. In tale solco pare essersi inserita la giurisprudenza successiva, che è giunta sino a ricalibrare la “distinzione tra le fattibilità” delle Sezioni Unite, ammettendo ormai costantemente il potere del giudice di verificare se sussista o meno una manifesta inettitudine della proposta a perseguire - la causa del concordato, ossia - gli obiettivi del superamento della crisi e del soddisfacimento dei creditori. Con particolare riferimento al concordato in continuità, la Cassazione ha specificato che in tale ipotesi “la rigorosa verifica della fattibilità “in concreto” presuppone un'analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità essere idoneo a dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa” (Cass. 7 aprile 2017, n. 9061).

Riassumendo: secondo la Corte di Cassazione, la carenza nel piano di una descrizione analitica di modalità di adempimento concretizzabili pregiudica la valutazione positiva della fattibilità (giuridica ed economica) della proposta. L'analisi delle modalità di adempimento rientra infatti tra i presupposti per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo e la relativa carenza può far ritenere che la proposta sia manifestamente inidonea al superamento della crisi e al soddisfacimento dei creditori.

Osservazioni

I temi relativi all'ammissibilità e alla fattibilità del concordato preventivo, oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione in commento, vanno necessariamente considerati in una prospettiva futura, guardando alle recenti riforme della disciplina della crisi e dell'insolvenza. A fronte delle incertezze sopraccennate, infatti, il legislatore ha avvertito l'esigenza di definire una più chiara ripartizione delle verifiche sulla proposta concordataria; e in questo senso la l. 19 ottobre 2017, n. 155 ha delegato il governo - tra l'altro - a determinare i poteri del tribunale “con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla fattibilità economica dello stesso, tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale” (art. 6, comma 1, lett. c) ed e), l. n. 155/2017). Tale delega ha condotto, con l'emanazione del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, a una “nuova” dicotomia tra “ammissibilità della proposta” e “fattibilità economica del piano(artt. 47 e 48 d.lgs. n. 14/2019). Dicotomia che è già destinata a essere superata - oltre che per le intervenute modifiche al Codice, soprattutto - per effetto del recepimento della direttiva UE 2019/1023 del 20 giugno 2019: lo schema di decreto legislativo attuativo, allo stato non ancora approvato, prevede la verifica dell'ammissibilità della proposta e della fattibilità del piano, senza offrire una specifica connotazione in senso giuridico o economico di tali requisiti; e la fattibilità del piano è segnatamente “intesa come non manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”.

La definizione di fattibilità proposta, quindi, ricalca i termini adottati dalla giurisprudenza di legittimità (compresa la pronuncia in commento) per la perimetrazione della verifica di fattibilità (economica) demandata al giudice.

Ciò osservato, al di là della terminologia adottata, il vero problema resta - e resterà - la valutazione in concreto dei profili di ammissibilità e fattibilità della proposta e del piano concordatari. Valutazione che sarà per lo più rimessa all'indagine svolta “sul campo” dal commissario giudiziale in punto di idoneità o meno del piano a raggiungere gli obiettivi del superamento della crisi e del soddisfacimento dei creditori. In esito a tale indagine gli organi della procedura si troveranno ad operare, inevitabilmente, una ripartizione del rischio collegato alla maggiore o minore probabilità che il piano rimanga inattuato: in caso di probabilità elevata, tale rischio sarà posto principalmente a carico del debitore per effetto della dichiarazione di inammissibilità del concordato preventivo; in caso di rischio ragionevolmente contenuto, esso rimarrà a carico dei creditori, allorché essi votino favorevolmente la proposta.

Guida all'approfondimento

Sui contenuti del piano concordatario in punto di descrizione analitica delle modalità di adempimento della proposta: Cass. 23 febbraio 2022, n. 6053; Trib. Novara 16 dicembre 2021; 2021; App. Venezia 5 luglio 2021; Trib. Milano 22 dicembre 2020 e Trib. Pistoia 17 settembre 2020.

Sulla verifica di fattibilità della proposta concordataria: Cass. 5 gennaio 2022, nn. 209 e 210; Cass. 21 luglio 2021, n. 20949; Cass. 7 luglio 2021, n. 19375; Cass. 17 maggio 2021, n. 13224; Cass. 28 aprile 2021, n. 11216; Cass. 17 dicembre 2020, n. 28891; Cass. 15 giugno 2020, n. 11522; Cass. 13 marzo 2020, n. 7158; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3863; Cass. 27 settembre 2018, n. 23315; Cass. 4 maggio 2018, n. 10752; Cass. 20 aprile 2018, n. 9932; Cass. 9 marzo 2018, n. 5825; Cass. 1° marzo 2018, n. 4790; Cass. 5 febbraio 2018, n. 2729; Cass. 28 settembre 2017, n. 22691; Cass. 7 aprile 2017, n. 9061; Cass. 27 febbraio 2017, n. 4915; Cass. 9 agosto 2016, n. 16830; Cass. 13 marzo 2015, n. 5107; Cass. 23 maggio 2014, n. 11497; Cass. 22 maggio 2014, n. 11423; Cass. Sez. Un. 23 gennaio 2013, n. 1521. In dottrina, tra i tanti contributi, e più recenti: Capozzi, La verifica sulla fattibilità del piano nel concordato preventivo. Valutazione sistematica delle caratteristiche, dei costi e dei possibili risultati (Dalle Sezioni Unite 1521/2013 al Codice della Crisi dell'Impresa e dell'Insolvenza), in ilcaso.it, 2021; De Santis, Il processo di concordato preventivo, in Fallimento, 2020, 10, 1260 ss., e Nocera, Causa concreta e fattibilità del concordato preventivo: la persistenza del dubbio, ivi, 2018, 1, 62 ss.

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