Termine breve di impugnazione: può decorrere dalla lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni?

Redazione scientifica
28 Giugno 2022

La mera lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia di primo grado non può determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione, costituendo la notifica della sentenza di primo grado il presupposto imprescindibile affinchè l'impugnazione possa considerarsi sottoposta al termine previsto dall'art. 325 c.p.c.

La Corte di cassazione, nell'ordinanza in esame, ha esaminato la seguente questione: il termine breve di impugnazione per l'appello può decorrere dalla lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia di primo grado?

I giudici hanno affermato che la mera lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia di primo grado non può determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione, costituendo la notifica della sentenza di primo grado il presupposto imprescindibile affinchè l'impugnazione possa considerarsi sottoposta al termine decadenziale di trenta giorni previsto dall'art. 325 c.p.c. (Cass. civ., n. 732/1990).

Si è invero precisato che, accanto alla previsione di un termine lungo di impugnazione o, in talune ipotesi, di termini brevi occorrenti officiosamente, permane – nel sistema processuale – il tradizionale istituto, di natura privatistica, della notificazione della sentenza a cura della parte interessata, ai fini della decorrenza del termine “breve” (artt. 325 e 326 c.p.c.), che attribuisce alla parte un vero e proprio “diritto potestativo” di natura processuale, cui corrisponde una soggezione dell'altra parte.

La decorrenza del termine breve non è correlata alla conoscenza legale della sentenza, già esistente per il mero fatto della sua pubblicazione, né alla conoscenza effettiva della stessa, quale può essere derivata dalla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria o dalla richiesta o dalla richiesta di copia effettuata dalla parte o dalla notificazione della sentenza ai fini esecutivi nei modi stabiliti dall'art. 479 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., n. 13431/2006), ma è, invece, ricondotta dalla legge al sollecito indirizzato da una parte all'altra per una decisione rapida – cioè entro il termine breve previsto dalla legge – in ordine all'eventuale esercizio del potere di impugnare; sollecito veicolabile solo mediante il paradigma procedimentale tipico previsto dalla legge, quale unico modulo in grado di garantire il diritto di difesa ai fini impugnatori: la notificazione della sentenza al “procuratore costituito”, ai sensi degli artt. 285, 326, 170 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., n. 12898/2011; Cass. civ., sez. un., n. 6278/2019).

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