Nullità del patto di non concorrenza per indeterminabilità del corrispettivo
05 Luglio 2022
Massima
Il patto di non concorrenza deve prevedere, a pena di nullità ai sensi degli art. 1346 e 1418 c.c., il preciso ammontare del corrispettivo o comunque criteri oggettivi per la sua determinazione Il caso
Una lavoratrice, dopo aver rassegnato le dimissioni nel 2019 ed iniziato una attività lavorativa presso un'azienda concorrente, promuoveva contro il precedente datore di lavoro un decreto ingiuntivo, dichiarato provvisoriamente esecutivo, avente ad oggetto il pagamento del trattamento di fine rapporto.
La società si opponeva al decreto ingiuntivo contestando la violazione da parte della lavoratrice del patto di non concorrenza firmato nel 2009; il patto aveva ad oggetto il divieto di svolgere, nella città di Alessandria e provincia, attività concorrenziale per due anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a fronte di un corrispettivo, pari al 7% della retribuzione della lavoratrice, pagato mensilmente “fino a quando il datore di lavoro lo riterrà opportuno”.
Il patto prevedeva altresì una penale in caso di violazione pari al doppio del compenso ricevuto.
La lavoratrice resisteva alla domanda eccependo la nullità del patto e della relativa clausola penale. La questione
La sentenza è chiamata ad analizzare la validità di un patto di non concorrenza soffermandosi sui criteri afferenti la determinazione del corrispettivo e la relativa modalità di pagamento Le soluzioni giuridiche
Come noto, l'art. 2125 c.c., comma 1, ha subordinato la validità del patto di non concorrenza a specifiche condizioni, dovendo il patto a pena di nullità, (i) essere concluso per iscritto; prevedere (ii) limiti di oggetto e territorio nonché (iii) un corrispettivo; tali elementi devono essere bilanciati tra loro: “l'ampiezza del vincolo, infatti, deve essere tale da comprimere l'esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in limiti che non ne compromettano la possibilità di assicurarsi un guadagno idoneo alle esigenze di vita” (Trib. Roma sez. lav., 13 ottobre 2021, n. 8274).
Il Tribunale di Alessandria, in conformità con l'orientamento di legittimità recentemente prevalente (Cass., sez. lav., 1° marzo 2021, n. 5540; Cass., sez. lav., 25 agosto 2021, n. 23418) ed in applicazione del generale principio previsto per l'oggetto del contratto ai sensi dell'art. 1346 c.c., precisa che il corrispettivo del patto deve essere determinato (e dunque precisato nel patto) o determinabile mediante caratteri oggettivi.
Alla luce di quanto sopra, il Giudice – pur prevedendo l'astratta legittimità del pagamento in costanza del rapporto di lavoro – dichiara nullo il patto in quanto il pagamento mensile del corrispettivo non è vincolato ad alcun paramento oggettivo bensì al mero arbitrio del datore di lavoro.
La sentenza in commento sembra pertanto aderire all'orientamento per cui il pagamento del corrispettivo in costanza di rapporto è legittimo in presenza di criteri idonei a garantirne la determinabilità.
In particolare, alcune sentenze della giurisprudenza di merito (Tribunale Milano, Sez. lavoro, Sent., 26/05/2021, n. 1189; Trib. Treviso, sez. lav., 20 febbraio 2020; Tribunale Rieti sez. lav., 17 novembre 2020, n. 210; Trib. Bergamo, sez. lav., 8 agosto 2019, Trib. Perugia, sez. lav., 10 ottobre 2018) hanno ritenuto necessario ai fini della legittimità del pagamento del compenso in costanza di rapporto, la previsione di un importo minimo garantito.
Talvolta, anche in assenza dei suddetti criteri idonei a garantire la determinabilità del corrispettivo, è stato comunque ritenuto legittimo il pagamento del corrispettivo in rate mensili (Tribunale Milano sez. lav., 30/07/2021, n.1868; Trib. Roma 2 ottobre 2020).
Tuttavia, sulle modalità di pagamento del corrispettivo del patto di non concorrenza si registra ancora oggi un contrasto nella giurisprudenza di merito.
Infatti, secondo un diverso orientamento il pagamento in costanza di rapporto renderebbe nullo il patto per l'assenza di criteri idonei a garantire la determinabilità del corrispettivo “ex ante”; in particolare, la durata del rapporto di lavoro viene considerato un criterio aleatorio che non consente al lavoratore di conoscere l'importo complessivo del compenso pattuito bensì eventualmente solo il relativo importo minimo (Corte di Appello di Milano, 14 settembre 2017, - cassata con rinvio; Tribunale di Milano, Sez. Lav., 6 dicembre 2016, n. 2673; Tribunale di Milano, Sez. Lav., 28 settembre 2010).
Aldilà delle modalità di pagamento, nel caso di specie il compenso è stato ritenuto anche incongruo in considerazione della rinuncia della lavoratrice allo svolgimento di attività lavorativa concorrenziale per due anni nella propria zona di origine.
Invero, sebbene non espressamente previsto, per giurisprudenza consolidata la adeguatezza del corrispettivo deve ritenersi implicita nella formulazione dell'art. 2125 c.c.: “l'espressa previsione di nullità va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore, alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato” (da ultimo, Cass. sez. lav., 1° marzo 2021, n. 5540).
Dichiarata la nullità del patto (e quindi della relativa penale), il Tribunale di Alessandria dispone la compensazione tra quanto dovuto alla lavoratrice a titolo di trattamento di fine rapporto e quanto ricevuto dalla stessa a titolo di patto di non concorrenza, non essendo stata provata la natura retributiva di tale importo.
Osservazioni
Seppur in maniera sintetica, senza fornire particolari argomentazioni a supporto, il Tribunale di Alessandria conferma la legittimità del pagamento in costanza di rapporto del corrispettivo in presenza di requisiti che ne garantiscano la determinabilità.
Tale soluzione interpretativa lascia maggiore flessibilità alle parti nella fase di negoziazione del corrispettivo ed allo stesso tempo, laddove ad esempio venga stabilito un compenso minimo, mitiga l'aleatorietà che è limitata solo all'importo massimo del corrispettivo.
Si segnala inoltre che la formulazione arbitraria contenuta nel patto analizzato dal Tribunale di Alessandria avrebbe potuto generare ulteriori dubbi di legittimità con riferimento alla paventata possibilità per il datore di lavoro di interrompere il pagamento del compenso; laddove infatti il datore di lavoro avesse effettivamente interrotto il pagamento, il lavoratore avrebbe potuto contestare la legittimità del patto asserendo altresì l'invalidità del recesso unilaterale dal patto di non concorrenza. |