Quando possono considerarsi vessatorie le clausole del costruttore di esonero dalle spese condominiali?

Maurizio Tarantino
28 Giugno 2022

La Corte di Cassazione chiarisce la condizione della vessatorietà, ai sensi dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 206/2005, delle clausole contenute nelle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore ovvero dall'originario unico proprietario dell'edificio.

Il caso. Il Tribunale aveva rigettato l'opposizione ex art. 645 c.p.c. spiegata dalla società costruttrice avverso il decreto ingiuntivo intimato dal Condominio a titolo di spese condominiali. Per il Tribunale, dovendo qualificarsi gli altri condomini quali consumatori, la clausola di esonero dalle spese condominiali, contenuta nel regolamento condominiale, era da considerarsi vessatoria (quindi nulla), tenuto conto dello squilibrio reso evidente dal fatto che l'esonero era integrale e senza previsione di un termine massimo, e quindi inefficace nei loro confronti in quanto non appositamente approvata. Nel successivo giudizio, la Corte territoriale, pur respingendo il gravame della società, tuttavia, sottolineava che è valida la delibera che, pure in contrasto con una clausola di regolamento da ritenersi inefficace, ha determinato la quota di spese condominiali a carico di della società costruttrice in proporzione alle unità immobiliari di sua proprietà. Avverso il provvedimento in commento, la società ha proposto ricorso in Cassazione eccependo la violazione dell'art. 1123 c.c. e degli artt. 33,34 e 36 del “Codice del Consumo”.

Gli obblighi del venditore. Il contratto che intercorre tra il professionista costruttore del fabbricato ed il consumatore acquirente di una delle unità immobiliari in esso compreso è, di regola, una compravendita. Dal contratto di compravendita di una unità immobiliare compresa in un edificio condominiale non discende, quindi, all'evidenza, un obbligo per il venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano; tale obbligo discende, piuttosto, dagli artt. 1118 e 1123 c.c. e può essere oggetto, tuttavia, di “diversa convenzione” ai sensi del primo comma dell'art. 1123 c.c. Infatti, in base agli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. posso essere derogati da una convenzione stipulata tra tutti i condomini, come anche da una deliberazione presa dagli stessi con l'unanimità dei consensi dei partecipanti. L'autonomia negoziale può anche prevedere l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese condominiali.

La diversa convenzione. Secondo la S.C., l'esonero dei condomini dagli obblighi collegati alla contitolarità del diritto di proprietà sulle cose comuni, eventualmente inserita nel cosiddetto contenuto contrattuale del regolamento di Condominio, è quindi (a differenza di ciò che traspare nella ricostruzione operata dalla Corte d'Appello), vicenda negoziale autonoma e distinta rispetto al contratto di vendita dell'unità immobiliare intercorsa tra costruttore proprietario originario e singolo condomino acquirente, seppure tale “diversa convenzione” ex art. 1123 c.c. sia oggetto di espresso richiamo nei titoli di compravendita di ciascun appartamento dell'edificio comune. Quindi, affinché una clausola della convenzione sulle spese condominiali sia valutata ai fini dell'art. 33 del Codice del Consumo occorre, allora, che la stessa provochi un significativo squilibrio (non ex se negli obblighi di contribuzione derivanti dagli artt. 1118 e 1123 c.c., ma) dei diritti e degli obblighi derivanti, ai sensi degli artt. 1476 e 1498 c.c., dal contratto di compravendita concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente.

L'accertamento dello squilibrio del rapporto contrattuale. A questo proposito, secondo i Giudici di legittimità, occorre procedere ad un accertamento della vessatorietà della “clausola”, la quale esonera la costruttrice dal pagamento delle spese condominiali, valutando non lo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal regolamento di Condominio, il quale non è un contratto di consumo, quanto lo squilibrio dell'intero rapporto contrattuale sinallagmatico e dunque della complessiva operazione economica intercorsi tra il singolo acquirente consumatore e il professionista venditore. L'eventuale accertamento della vessatorietà della clausola nell'ambito del rapporto di consumo “a vantaggio del consumatore” ripercuoterà la sua incidenza sulla validità della adesione alla convenzione ex art. 1123, comma 1, c.c.

Le condizioni della vessatorietà della clausola del costruttore. In conclusione, il ricorso della società costruttrice è stato accolto e, per l'effetto, il provvedimento è stato cassato con rinvio con il presente principio di diritto: «la clausola relativa al pagamento delle spese condominiali inserita nel regolamento di Condominio predisposto dal costruttore o originario unico proprietario dell'edificio e richiamato nel contratto di vendita della unità immobiliare concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente, può considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 33, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ove sia fatta valere dal consumatore o rilevata d'ufficio dal giudice nell'ambito di un giudizio di cui siano parti i soggetti contraenti del rapporto di consumo e sempre che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e dunque se incida sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente, restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della compravendita del singolo appartamento l'obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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