Gli effetti extrapenali della sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova
06 Luglio 2022
Massima
E' incostituzionale l'art. 224, comma 3, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (C.d.S.), nella parte in cui non prevede che il Prefetto riduca della metà la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nel caso di estinzione del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool, di cui all'art. 186, comma 2, lett. b) e c), C.d.S., a seguito di esito positivo della messa alla prova. Il caso
Tizia veniva sottoposta a procedimento penale per il reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186, commi 2, lett. c), 2-sexies e 2-septies C.d.S. Il Prefetto le sospendeva in via cautelare la patente di guida per mesi sei.
In sede penale, l'imputata chiedeva di essere ammessa alla sospensione del procedimento con messa alla prova. Il Tribunale di Forlì accoglieva la richiesta e, visto l'esito positivo della prova, definiva il procedimento con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, trasmettendo gli atti al Prefetto, per quanto di competenza, ai sensi dell'art. 224 C.d.S.
Detratto il periodo di sospensione cautelare della patente già scontato, il Prefetto emetteva ordinanza di sospensione della patente per ulteriori sei mesi in applicazione del minimo edittale previsto dall'art. 186, comma 2, lett. c), C.d.S. (un anno).
L'interessata proponeva, allora, dinnanzi al Giudice di Pace competente opposizione all'ordinanza prefettizia eccependo l'illegittimità costituzionale dell'art. 224, comma 3, C.d.S. per contrasto con l'art. 3 Cost. La questione
Il Giudice di Pace di Forlì, investito dell'opposizione all'ordinanza di sospensione della patente, riteneva in effetti non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalità sollevato dall'opponente e rimetteva la questione alla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 146 del 13 maggio 2021 (in G.U. n. 40 del 6 ottobre 2021).
La questione in esame riguarda gli effetti extrapenali della sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova in relazione all'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista per le ipotesi di cui alle lettere b) e c) dell'art. 186, comma 2, C.d.S.
In particolare, il dubbio di ragionevolezza origina dalla disparità di trattamento che consegue dall'applicazione della speciale sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità prevista dal comma 9-bis dello stesso art. 186 C.d.S., il cui completamento con esito positivo comporta il dimezzamento della detta sanzione amministrativa accessoria, a differenza di quanto avviene con la sospensione con messa alla prova ove, pur a fronte della stessa estinzione del reato per positivo svolgimento del programma, non è prevista alcuna riduzione.
I riferimenti normativi
Va, innanzitutto, ricordato che la sospensione del procedimento con messa alla prova è stata introdotta dalla l. 28 aprile 2014, n. 67, e costituisce, da una parte, una causa di estinzione del reato, dall'altra, un vero e proprio procedimento speciale.
Il contenuto della “prova” è complesso perché, ai sensi degli artt. 168-bis c.p. e 464-bis c.p.p., comporta una nutrita serie di prestazioni, obbligatorie o eventuali: la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato; ove possibile, il risarcimento del danno; ove possibile, la mediazione penale; l'affidamento dell'imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
Contenuto imprescindibile è lo svolgimento della prestazione del lavoro di pubblica utilità (LPU).
Eseguita positivamente la prova, il reato è estinto (art. 168-ter c.p.) e il Giudice lo dichiara con sentenza (art. 464-septies c.p.p.).
È espressamente previsto che «l'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge» (art. 168-ter c.p.).
I procedimenti definibili con la messa alla prova sono quelli individuati dall'art. 168-bis, comma 1, c.p., ossia i procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'art. 550 c.p.p.
Vi rientra, quindi, per quello che qui interessa, anche il reato contravvenzionale di “guida sotto l'influenza dell'alcool” previsto e punito dall'art. 186, comma 2, C.d.S.
L'attuale versione del reato è quella risultante dalle modifiche apportate dalla l. 29 luglio 2010, n. 120, in vigore dal 30 luglio 2010.
Esso prevede che la contravvenzione al divieto di guidare in stato d'ebbrezza sia punita secondo tre cd. “fasce” di gravità a seconda del quantitativo di alcool rilevato nel sangue dell'imputato:
a) qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l): il reato è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170. All'accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
b) qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l): la sanzione è quella dell'ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e dell'arresto fino a sei mesi. All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno;
c) qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l): si applica l'ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000, l'arresto da sei mesi ad un anno. All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni e la confisca del veicolo che non appartenga a soggetto estraneo al reato.
Con la citata riforma del 2010, è stata inserita la possibilità, al comma 9-bis dello stesso art. 186 C.d.S., di sostituire, se non vi è opposizione dell'interessato, la pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.
A differenza che nella messa alla prova, nella fattispecie il lavoro di pubblica utilità esaurisce le prestazioni richieste all'imputato; non è parte di un programma, bensì viene eseguito in sostituzione della pena comminata, per la durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità.
Si noti che tale forma di sostituzione con il lavoro di pubblica utilità opera solo per i reati previsti dallo stesso art. 186, quindi sia per la guida in stato di ebbrezza, sia per il rifiuto di sottoporsi ai relativi accertamenti, di cui al comma 7. Ipotesi sostanzialmente sovrapponibile è contemplata per il reato di guida sotto effetto di sostanze stupefacenti e psicotrope e di rifiuto di sottoporsi ai relativi accertamenti di cui all'art. 187 C.d.S.
Tale sostituzione è esclusa nel caso in cui ricorra l'aggravante prevista dal comma 2-bis dello stesso art. 186 C.d.S., ossia quando il conducente in stato di ebbrezza abbia provocato un incidente stradale (ovvero nel caso in cui l'incidente sia stato provocato dal conducente in stato di alterazione da sostanza stupefacente, per quanto disposto dall'art. 187 C.d.S.).
È espressamente previsto che lo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità comporti, non solo l'estinzione del reato, ma anche la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo, entrambe disposte dallo stesso Giudice penale competente per la contravvenzione.
Mentre, quindi, l'art. 186, comma 9-bis, C.d.S. (così come l'art. 187, comma 8-bis, C.d.S.) assegna al giudice penale la gestione anche delle sanzioni amministrative accessorie, nella sua configurazione generale, valevole anche per i reati definiti con la messa alla prova, essa spetta al Prefetto, secondo il procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente e per l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato, procedimento disciplinato, rispettivamente, dagli artt. 224 e 224-ter C.d.S.
E' ivi previsto che – al di fuori dell'ipotesi della declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato, da cui consegue altresì l'estinzione della sanzione amministrativa accessoria – il Prefetto, nelle altre ipotesi di estinzione del reato, accerta la sussistenza delle condizioni di legge per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede all'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (ai sensi degli artt. 218 e 219 C.d.S. nelle parti compatibili) e all'applicazione della sanzione accessoria della confisca (ai sensi degli artt. 213 e 214 C.d.S., in quanto compatibili). Le soluzioni giuridiche
L'orientamento della Corte di legittimità è ormai consolidato nel senso che, all'esito della positiva messa alla prova con conseguente estinzione del reato, la competenza alla irrogazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida non spetti al Giudice penale, come sarebbe se si trattasse del LPU previsto dall'art. 186, comma 9-bis, C.d.S., ma valga l'assegnazione in via generale al Prefetto prevista dall'art. 224 comma 3 C.d.S. Ciò perché esiste una sostanziale differenza tra l'istituto della messa alla prova, ove si prescinde dall'accertamento della penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità previste dall'art. 186, comma 9-bis, C.d.S. e dall'art. 187 comma 8-bis C.d.S., per cui non è possibile estendere alla prima la deroga alla competenza prefettizia valevole per le seconde (v., da ultimo, Cass. pen., sez. IV, 10 giugno 2022, n. 23687, non massimata; conf. Cass. pen., sez. VI, 25 maggio 2017, n. 29796, Feraboli, Rv. 270348-01; Cass. pen., sez. IV, 8 luglio 2016, n. 39107, Rossini, Rv. 267608-01; Cass. pen., sez. 17 settembre 2015, n.40069, Pettorino, Rv. 264819-01).
All'origine di tale principio, la Cassazione ha rilevato, infatti, da un lato, che «il nuovo istituto della messa alla prova, che può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato (come si ricava inequivocabilmente proprio dal tenore dell'art. 168-ter, comma 2, laddove la norma si riferisce agli effetti dell'esito positivo della prova) si caratterizza, tuttavia, per il suo carattere di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, insorto con la formulazione dell'accusa verso l'imputato o con l'inizio dell'indagine da parte del PM. Non prevede, in altri termini, un preventivo accertamento di penale responsabilità»; mentre, dall'altro lato, i due strumenti disciplinati dal comma 9-bis dell'art. 186 C.d.S., e dal comma 8-bis dell'art. 187 C.d.S. «pur potendo consentire di pervenire alla finale estinzione del reato - presuppongono il passaggio necessario attraverso l'inflizione all'imputato di una condanna, la cui pena viene poi convertita nella forma alternativa di espiazione, data dal lavoro di pubblica utilità» (Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2015, n. 40069, cit.).
Si noti che, a differenza di quanto ritenuto, come vedremo, dalla Corte costituzionale, la Cassazione, nel 2015, ha considerato tale differenza il "frutto di una legittima scelta del legislatore”, ricollegando la mancanza di effetti sulle sanzioni amministrative accessorie e di una loro riduzione all'«assorbente vantaggio, per chi richiede la messa alla prova, pur a sanzione amministrativa accessoria inalterata, di poter pervenire all'estinzione del reato senza alcun accertamento di penale responsabilità a suo carico» (Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2015, n. 40069, cit.).
Il riparto di competenze evidenziato dalla Corte di cassazione si accorda a quei pronunciamenti della Corte costituzionale che hanno sottolineato come la decisione positiva sulla messa alla prova non contenga alcun accertamento sulla colpevolezza e, dunque, non sia parificabile alla sentenza di condanna (C. cost., 29 marzo 2019, n. 68; C. cost., 21 febbraio 2018, n. 91 e C. cost., 6 marzo 2020, n. 42) e ha ricevuto dalla Consulta un espresso avallo con la ricordata decisione C. cost., 6 marzo 2020, n. 42: nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata rispetto all'art. 222, comma 2, quarto periodo, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 1, comma 6, lett. b), n. 1), l. 23 marzo 2016, n. 41, nella parte in cui prevede obbligatoriamente l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in ipotesi di estinzione del reato di cui all'art. 590-bis c.p. a seguito di esito positivo della sospensione del procedimento con messa alla prova, la Corte costituzionale ha, appunto, richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-ter c.p., prescindendo dell'accertamento della responsabilità penale, comporta che il giudice non debba applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca o della sospensione della patente di guida, di competenza, invece, del Prefetto, ai sensi dell'art. 224, comma 3, C.d.S., dovendosi escludere ogni automatismo applicativo.
Però, l'assegnazione della competenza del Prefetto, con il conseguente accertamento, autonomo rispetto al processo penale, sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie, non ha risolto il problema della netta differenza di trattamento conseguente all'esito positivo del lavoro di pubblica utilità previsto dal Codice della strada, con i due distinti e molto favorevoli effetti del dimezzamento della sospensione della patente e della revoca della confisca, e il trattamento conseguente all'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ove tali benefici non sono contemplati.
Di questa disparità di trattamento – in prima battuta, come visto, giustificata dalla Corte di Cassazione – è stata investita la Corte costituzionale dapprima con specifico riferimento all'art. 224-ter, comma 6, C.d.S., ossia all'applicazione da parte del Prefetto della confisca del veicolo anche a seguito dell'esito positivo della messa alla prova.
In quest'ultima occasione, che costituisce diretto precedente della sentenza qui in commento, la Consulta ha pronunciato la parziale illegittimità dell'art. 224-ter, comma 6, C.d.S. ritenendo irragionevole «che, pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell'estinzione del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova» (C. cost., 24 aprile 2020, n. 75).
La pronuncia di illegittimità costituzionale ha, dunque, eliminato uno dei due momenti di evidente differenziazione: anche in caso di estinzione del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool per esito positivo della messa alla prova, il Prefetto dispone la restituzione del veicolo all'avente diritto (in senso conforme, in applicazione di C. cost. n. 75/2020, v. da ultimo, Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2021, n.33082, Rv. 662829-01).
Il decisum
Il secondo profilo differenziale, attinente alla riduzione della metà della sospensione della patente di guida, è, appunto, oggetto dell'odierna pronuncia.
La questione di costituzionalità sollevata dal Giudice di pace di Forlì è stata accolta, sancendo la parziale illegittimità della norma in esame, sulla base delle seguenti rationes, identiche a quelle già espresse nella precedente C. cost. n. 75/2020.
Il primo rilievo motivazionale si appunta sulla “connotazione sanzionatoria” che la sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati adulti conserva pur non essendo una sanzione penale in senso proprio.
Secondariamente, la Corte ha, per converso, evidenziato che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell'art. 186 C.d.S., pur costituendo una vera e propria pena sostitutiva, svolge anche una funzione “premiale” per le conseguenze favorevoli costituite dalla declaratoria di estinzione del reato, dal dimezzamento della sospensione della patente e dalla revoca della confisca del veicolo.
Ecco, quindi, che entrambi gli istituti si connotano per profili sia sanzionatori che premiali correlati alla prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, tanto da poter affermare la “piena omogeneità delle situazioni poste a raffronto”.
Da queste considerazioni, secondo la Consulta «discende la manifesta irragionevolezza della conseguenza applicativa per cui, al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e a fronte del medesimo effetto dell'estinzione del reato, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente viene ridotta alla metà dal giudice in caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, mentre è escluso il beneficio dell'identica riduzione ove sia applicata dal prefetto nel caso di esito positivo della messa alla prova, pur costituendo quest'ultima, rispetto alla prima, misura più articolata ed impegnativa, giacché subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità e comportante, come visto, condotte riparatrici da parte dell'imputato, nonché l'affidamento dello stesso al servizio sociale».
Pertanto, anche nel caso in cui l'estinzione del reato consegua all'esito positivo della messa alla prova, la sospensione della patente quale sanzione accessoria della guida in stato di ebbrezza dovrà essere ridotta della metà dal competente Prefetto. Osservazioni
Nella sentenza di incostituzionalità in commento è contenuta una precisazione che, per quanto ovvia, ha importanti ricadute pratiche.
La Consulta, infatti, ha specificato che la rilevata irragionevolezza è predicabile solo in riferimento alle «ipotesi di reato di guida in stato di ebbrezza diverse da quelle contemplate dal comma 2-bis dell'art. 186 C.d.S.», ove è prevista l'aggravante dell'incidente stradale.
Come ricordato supra, nel microsistema del C.d.S., la ricorrenza dell'aggravante dell'incidente stradale vale da espressa preclusione alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità e, quindi, preclude, altresì, ai benefici già più volte rammentati dell'estinzione del reato, della riduzione della sospensione della patente e della revoca della patente.
A questo proposito deve essere ricordato come secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione la revoca della patente di guida, prevista come obbligatoria qualora ricorra la ricordata aggravante, deve essere disposta anche se stata riconosciuta, all'esito del giudizio di bilanciamento, l'equivalenza ovvero la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, non venendo meno a seguito di tale giudizio la sussistenza dei profili di particolare allarme sociale connessi alla sussistenza della più volte menzionata aggravante (cfr. in termini, tra le tante e da ultimo Cass. pen., sez. IV, 3 marzo 2022, n. 8491, Pazar Dumitru Florin, Rv. 282794-01).
Analoga conclusione vale ovviamente per la preclusione alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.
Nell'ambito della messa alla prova per adulti, tale preclusione non è prevista: l'imputato può chiedere di essere ammesso alla prova anche quando gli sia contestata l'aggravante dell'incidente stradale. Ciò, però, non significa che si possano per questa via lucrare, con l'esito positivo della prova, quei benefici che il Codice della strada esclude.
Anche a seguito di questa sentenza di incostituzionalità, il dimezzamento della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida potrà, sì, essere disposto come effetto del positivo svolgimento della messa alla prova, ma solo nell'ipotesi in cui l'imputazione originaria per guida in stato di ebbrezza sia la stessa per la quale il Codice della strada ammetterebbe la sostituzione con il lavoro di pubblica utilità, ossia senza l'aggravante dell'aver provocato un incidente stradale.
Ancora, sul piano operativo, pare utile rammentare che la Corte di cassazione ha già chiarito che, quando l'interessato abbia ottenuto la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, C.d.S., il Giudice penale deve sospendere l'efficacia della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in attesa di verificare l'esito della sostituzione, onde evitare di pregiudicare la fruizione effettiva del successivo beneficio della riduzione (Cass. pen., sez. IV, 31 maggio 2019, n. 24385, non massimata; conf. Cass. pen., sez. IV, 27 settembre 2017, n. 48330, Braghetto, Rv. 271040-01; Cass. pen., sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 12262, Ferrarini, Rv. n. 272531-01). Tale problematica non si pone nell'ambito della messa alla prova per adulti, visto che qui il Prefetto dispone la sanzione amministrativa accessoria in via definitiva (salva la precedente, eventuale applicazione in via cautelare) solo a seguito dell'intervenuta definizione del procedimento penale, quando, quindi, è già stato stabilito con sentenza passata in giudicato se l'esito della prova sia stato positivo con conseguente dimezzamento del periodo di sospensione della patente di guida (e revoca della confisca).
Altra notazione riguarda i possibili effetti estensivi della illegittimità costituzionale.
Invero, le questioni incidentali di costituzionalità da cui sono scaturite sia la precedente C. cost. n. 75/2020 che la presente decisione originavano da procedimenti riguardanti la sola guida in stato di ebbrezza. In entrambi i casi, il Giudice delle Leggi si è limitato, nel dispositivo, a dichiarare l'illegittimità costituzionale con specifico riferimento a tale contravvenzione.
Tuttavia, il raffronto tra il fin qui analizzato art. 186 C.d.S. e l'art. 187 C.d.S., sulla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, ci offre plurimi elementi di sostanziale sovrapponibilità.
Il comma 1, secondo paragrafo, dell'art. 187 C.d.S. affianca anche qui alle sanzioni dell'ammenda e dell'arresto la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni.
Il comma 1-bis dell'art. 187 C.d.S. contempla la stessa aggravante, prevista per la guida in stato ebbrezza, dell'aver provocato un incidente stradale.
Il comma 8-bis dell'art. 187 C.d.S., già ricordato, consente anche per questa contravvenzione la stessa identica sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, pure qui prevedendo che, in caso di svolgimento positivo, il Giudice penale, oltre a dichiarare l'estinzione del reato, disponga la riduzione alla metà della sospensione della patente e la revoca della confisca.
Anche questa contravvenzione è assoggettabile alla sospensione del procedimento con messa alla prova per imputati adulti.
L'identità di disciplina si presta, in altre parole, all'applicazione anche alla guida in stato da alterazione per uso di stupefacenti delle pronunce d'incostituzionalità che aprono alla restituzione del veicolo e al dimezzamento della sospensione della patente a seguito dell'esito positivo della messa alla prova. Pare ragionevole affidare tale operazione ermeneutica ai giudici di merito, dando alle norme la dovuta interpretazione costituzionalmente adeguata, senza la necessità di una nuova investitura della Corte costituzionale. Riferimenti
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