I nuovi poteri della Cassazione in tema di rideterminazione della pena
05 Dicembre 2017
1.
Vi è contrasto in giurisprudenza in ordine ai limiti entro i quali la Cassazione può esercitare il potere di rideterminare la pena attribuitole dal “nuovo” art. 620, comma 1, lett. l) c.p.p., introdotto dall'art. 1, comma 67, della l. 103 del 2017 (la c.d. riforma Orlando).
Il “nuovo” art. 620, comma 1, lett. l) c.p.p., introdotto dall'art. 1, comma 67, della l. 103 del 2017 (la c.d. riforma Orlando), prevede che la Corte di cassazione pronunzia sentenza di annullamento con rinvio anche nei casi in cui ritiene «di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito». In ordine ai limiti entro i quali la Cassazione può esercitare il predetto potere vi è contrasto in giurisprudenza.
Un orientamento (Cass. pen., Sez. VI, n. 44874/2017) – in relazione a fattispecie nella quale la sentenza di condanna impugnata era stata annullata limitatamente ai fatti commessi fino ad una determinata data, perché estinti per prescrizione – ha ritenuto di non poter rideterminare la pena per i rimanenti reati, poiché la sentenza di merito non indicava l'aumento di pena operato per ciascun reato satellite in continuazione ma aveva operato, per tutti i reati satellite considerati, un aumento unitario. Ciò è quanto riteneva pacificamente la giurisprudenza formatasi nella vigenza della precedente formulazione della norma (per tutte, Cass. pen., Sez. VI, n. 11564/2009; Cass. pen. Sez. V, n.6782/2016). In senso contrario, si è pronunziato altro orientamento, espresso nell'ordinanza di rimessione della questione alle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. IV, n. 47059/2017), il quale, premesso che l'opposto orientamento nega «sostanzialmente ogni portata innovativa alla norma in esame», valorizza l'intervenuta modifica dell'art. 620, lett. l), c.p.p. ed in particolare «la dichiarata ratio deflattiva che ispira la novella, mirata all'ampliamento delle ipotesi di annullamento senza rinvio, mutuando ispirazione dalla previsione di cui all'art.384 cpv. c.p.c., come sostituito dall'art. 12 del d.lgs. 2 febbraio 2006,n.40», e ritiene, pertanto, che «La norma di cui al novellato art. 620, comma 1, lett. l), c.p.p. utilizzando l'espressione «ritiene» e rinviando, per consentire detta rigerminazione, alle «statuizioni del giudice di merito», letta nel contesto letterale e in armonia con la ratio ispiratrice, intende infatti attribuire la possibilità di riformulare il trattamento sanzionatorio se l'accertamento compiuto nella sentenza impugnata fornisce dati tali da consentire detto giudizio. Detto potere è certamente manifestazione di una discrezionalità (come rivelato, letteralmente, dalla parola «ritiene»), discrezionalità non certamente implicante nuovi accertamenti in fatto, ma collegata ai parametri acquisiti nella sentenza di merito». La questione assume concreto rilievo con riguardo al caso in esame, nel quale la valutazione della Corte territoriale riguardante la valenza oggettiva del fatto-reato, il contesto in questo si era verificato e la tenuità delle lesioni provocate avrebbe consentito alla Corte di cassazione di operare una graduazione del trattamento sanzionatorio nell'ambito dei limiti edittali previsti dalla norma incriminatrice violata. In senso analogo si è pronunziata anche altra decisione (Cass. pen., Sez. II, n. 48997/2017), in fattispecie nella quale, venute meno le aggravanti concorrenti, è stata rideterminata la pena, computando la riduzione per le già riconosciute attenuanti generiche nella massima estensione, per la ritenuta non necessità, all'uopo, di nuove (e non consentite in sede di legittimità) valutazioni in fatto, essendo al contrario possibile valorizzare gli elementi di fatto emergenti dal giudizio di merito («In particolare occorre considerare che il giudice di primo grado ha già ritenuto le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 625 n. 6 c.p. e all'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p. mentre la Corte d'appello ha escluso la penale responsabilità dell'imputato con riferimento ai primi due assegni di cui alla contestazione, circostanze che avrebbero potenzialmente inciso in modo rilevante sull'entità della pena. Il ridimensionamento della penale responsabilità dell'imputato comporta la necessità di applicare la diminuzione di pena di cui alle attenuanti generiche nella misura massima senza che sia necessaria un'ulteriore valutazione di merito»).
In dottrina (V. TUTINELLI, Commento all'art. 620 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, diretto da S. BELTRANI, Giuffrè 2017, 2216) si è osservato che la riformulazione della lettera l) del comma 1 dell'art. 620 c.p.p. «deve intendersi finalizzata ad ulteriormente estendere la possibilità da parte della Corte di dettare i provvedimenti conseguenti alle proprie stesse statuizioni, senza però modificare la natura del giudizio di legittimità e comunque rimanendo all'interno del giudizio di fatto operato dal giudice del merito». Sembra doverne conseguire che – ferma la necessaria portata innovativa della modifica, altrimenti inutile (il che non è consentito all'interprete ritenere) – la rideterminazione della pena in sede di legittimità, oltre che nei casi in cui essa richieda un mero calcolo matematico (ad es., eliminazione di un aumento per la continuazione), sia consentita soltanto in casi nei quali le valutazioni del fatto rilevanti quod poenam, operate dal giudice di merito, siano tanto specifiche da consentire alla Corte di legittimità (non una autonoma valutazione di esso, tuttora preclusa in sede di legittimità, bensì) la rideterminazione del trattamento sanzionatorio facendo mera applicazione di esse. 2.
La IV Sezione penale ha rimesso al Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione un ricorso avente ad oggetto la seguente questione ritenuta oggetto di contrasto giurisprudenziale: «In che limiti la Corte di cassazione, nel caso di applicazione di una pena illegale da parte del giudice di merito, può procedere alla rideterminazione della pena in base all'art. 620, comma 1, lett. l), c.p.p., come modificato dall'art. 1, comma 67, l. 23 giugno 2017, n. 103». 3.
Il Primo Presidente delle Corte di cassazione ha fissato per il 30 novembre 2017 l'udienza davanti alle Sezione unite per la decisione della questione controversa in giurisprudenza: «In che limiti la Corte di cassazione, nel caso di applicazione di una pena illegale da parte del giudice di merito, può procedere alla rideterminazione della pena in base all'art. 620, comma 1, lett. l), c.p.p., come modificato dall'art. 1, comma 67, l. 23 giugno 2017, n. 103». 4.
All'udienza 30 novembre 2017, le Sezioni unite penali hanno deciso che: «La Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando perciò necessari ulteriori accertamenti di fatto» |