Onere del ricorrente di “riprodurre” i documenti depositati nella fase monitoria

Rosaria Giordano
02 Maggio 2016

Nella giurisprudenza di legittimità si era formato un contrasto che aveva un impatto significativo nella prassi applicativa, con grandi incertezze per gli avvocati. In particolare era controverso se la documentazione prodotta dal creditore nella fase monitoria dovesse essere nuovamente allegata e depositata dallo stesso, prima dello spirare delle preclusioni istruttorie, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ovvero se il deposito nella fase precedente di detta documentazione potesse considerarsi sufficiente. Le Sezioni Unite risolvono il contrasto avallando quest'ultimo orientamento.
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La problematica in esame attiene alla valenza della produzione dei documenti nella fase monitoria del procedimento per ingiunzione rispetto alla successiva fase a cognizione piena ed esauriente eventualmente incardinata dal debitore con la proposizione dell'opposizione.

Per comprenderne la portata, occorre ricordare, in termini generali, che, per ottenere l'emanazione di un decreto ingiuntivo, il creditore può ricorrere al giudice competente per materia o valore depositando una serie di documenti (anche talvolta inidonei a costituire prova del credito in un giudizio ordinario di cognizione: v. art. 634 c.p.c.) ed ottenere all'esito di tale fase l'emanazione del provvedimento monitorio.

Tale decreto, di regola, non è munito della clausola di provvisoria esecutività ma può divenire definitivo se il debitore non propone opposizione entro il termine di 40 giorni dalla notifica.

È incontroverso che l'opposizione dà luogo ad un giudizio a cognizione piena ed esauriente sulla sussistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria e non sulla legittimità del decreto ingiuntivo. Nell'ambito di tale procedimento, si verifica peraltro una c.d. inversione formale della posizione processuale delle parti, sicché il creditore opposto, sebbene assuma la veste di convenuto è sostanzialmente attore, ed è quindi tenuto a provare il credito fatto valere nei confronti del debitore.

Ciò posto, la questione controversa attiene alla valenza nella fase di opposizione dei documenti prodotti in quella monitoria inaudita altera parte, ossia se, in altre e più chiare parole, tali documenti possano “transitare” nel giudizio a cognizione piena ed esauriente a prescindere da un'iniziativa del creditore ricorrente che provveda al tempestivo deposito degli stessi.

Invero, se si ritiene che il creditore abbia tale onere perché le due fasi del procedimento monitorio si ricostruiscono in termini autonomi (come se non operasse nelle stesse il c.d. principio di acquisizione processuale), deve anche affermarsi che tale onere debba essere assolto nel rispetto delle preclusioni istruttorie e, quindi, mediante il deposito degli stessi, a pena di decadenza, con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.

Ne deriva, altresì, che detta produzione sarà inammissibile in appello dovendosi tali documenti considerare come “nuovi” ai sensi e per gli effetti dell'art. 345, terzo comma, c.p.c.

Qualora, per converso, si ricostruiscano le due fasi del procedimento per ingiunzione in termini unitari, ne consegue anche l'operatività, rispetto alle stesse, del principio di c.d. acquisizione processuale, sicché la documentazione prodotta dal ricorrente con il deposito della domanda di ingiunzione si riterrà in ogni caso acquisita al giudizio, i.e. a quello eventuale e successivo a cognizione piena ed esauriente, a prescindere da una tempestiva produzione degli stessi documenti ad iniziativa del convenuto opposto. Tale principio troverà applicazione anche nel giudizio di appello con la conseguenza che tali documenti non potranno considerarsi nuovi ai fini dell'operare della preclusione posta dal terzo comma dell'art. 345 c.p.c.

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Orientamento favorevole all'onere della produzione documentale in capo al creditore ricorrente

In accordo con una prima posizione che si era affermata all'interno della giurisprudenza della S.C., la documentazione posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo è destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinario, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte l'onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione, sicché, in difetto di tale produzione, essa non entra a far parte del fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione ed il giudice, pertanto, non può tenerne conto (Cass., 18 aprile 2006, n. 8955; Cass. civ., sez. I, 18 luglio 2013, n. 17603).

In particolare, tale orientamento era stato sostenuto, sin dalla prima pronuncia della Corte di Cassazione che si era occupata della questione, sull'assunto per il quale la documentazione posta a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo conserva, rispetto al fascicolo di ufficio, una distinta funzione ed una propria autonomia, che ne impedisce l'allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio (Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2004, n. 19992).

Orientamento favorevole all'operatività del principio c.d. di acquisizione processuale

La posizione contraria era stata, in realtà, sostenuta nella giurisprudenza di legittimità da un unico precedente il quale aveva evidenziato, sul presupposto per il quale il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l'opposizione, che nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo nel termine previsto per il deposito dei documenti e l'indicazione degli altri mezzi di prova, la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, la stessa può essere utilmente prodotta in appello, non potendosi considerare nuova (Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11817).

Tale pronuncia, pur non richiamandolo, si fonda sul principio, già espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in tema di litispendenza nel procedimento per ingiunzione, principio che poteva condurre, come invero avvenuto, ad una differente impostazione anche per la problematica che ne occupa, avendo sancito l'assunto dell'unitarietà del procedimento che si apre con il deposito del ricorso volto all'emanazione del decreto ingiuntivo con la successiva fase a cognizione piena ed esauriente.

In particolare, mediante tale precedente di legittimità, è stato affermato il principio per il quale il comma terzo dell'art. 643 c.p.c. deve interpretarsi nel senso che la lite introdotta con la domanda di ingiunzione deve considerarsi pendente a seguito della notifica del ricorso e del decreto, ma gli effetti della pendenza retroagiscono al momento del deposito del ricorso, sicché, nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l'emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti a un diverso giudice prima che il ricorso e il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti ad un giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (Cass., Sez. Un., 1° ottobre 2007, n. 20596, in Giust. Civ., 2007, I, 2686).

Peraltro, anche in altre numerose decisioni della S.C. è stato enunciato, sin da tempi risalenti, il principio secondo cui il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto d'ingiunzione e si chiude con la notifica del relativo decreto non costituisce, dunque, un processo diverso rispetto a quello aperto con l'opposizione, ma un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo proprio la domanda di ingiunzione, sicché va esclusa l'ammissibilità di una pronuncia soltanto sulla legittimità del decreto: ciò è stato evidenziato, ad esempio, ai fini del regolamento delle spese processuali, della procura rilasciata al difensore, dell'elezione di domicilio, dell'ammissibilità di domande nuove da parte dell'opposto come della chiamata in causa di terzi, della tempestività dei disconoscimenti ex artt. 214 e 215 c.p.c. (cfr., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2014, n. 10610; Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22754; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2010, n. 26128; Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2008, n. 19680; Cass. civ., sez. I, 17 giugno 1999, n. 5984; Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5336; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1994, n. 7892; Cass., 7 aprile 1987, n. 3355; Cass., 10 gennaio 1980, n. 186). Invero, se il procedimento è unitario può trovarvi applicazione, in tema di onere della prova, il consolidato principio di c.d. acquisizione processuale, in virtù del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto, dovendo il giudice utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell'onere probatorio (Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498).

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La Terza Sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 17 novembre 2014, n. 24408, ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione della seguente questione oggetto di contrasto giurisprudenziale:

- “se l'omessa produzione in primo grado della documentazione posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo e destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente – documentazione della cui produzione è onerata la parte opposta nel costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione – precluda, o no, ed in che limiti, alla parte opposta in primo grado in un giudizio regolato dall'art. 345 c.p.c., nel testo introdotto dalla legge n. 353 del 1990, come poi modificato dall'art. 46, legge n. 69 del 2009, di produrre tale documentazione in appello, alla stregua del canone di novità ed indispensabilità della prova documentale, di cui all'art. 345 c.p.c. (prima dell'ulteriore modifica di cui all'art. 54, d. l. n. 83 del 2012, conv. in legge n. 134/2012)”.

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Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la pronuncia n. 14475 del 10 luglio 2015, risolvono il prospettato contrasto giurisprudenziale nel senso che l'art. 345, terzo comma, c.p.c., deve essere interpretato nel senso che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi e, pertanto, se allegati all'atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili.Più in particolare, le Sezioni Unite, nel condividere la soluzione alla quale, rispetto alla questione controversa, era pervenuta espressamente la sola pronuncia n. 11817/2011, effettua non trascurabili considerazioni.La motivazione trae le mosse – e ciò era reso necessario in ragione della fattispecie processuale dalla quale originava l'ordinanza interlocutoria nella quale la produzione documentale era avvenuta per la prima volta in appello nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – dalla formula ampia utilizzata dal legislatore nel terzo comma dell'art. 345 c.p.c. induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all'intero processo, ossia che non devono essere mai stati prodotti in precedenza come peraltro evidenziato anche dalle Sezioni Unite nella decisione che ha sancito l'operatività del divieto di nuovi mezzi di prova in sede di gravame anche per i documenti (Cass., Sez. Un., 20 aprile 2005, n. 8203, in Giust. Civ., 2005, I, 2019, con nota di Giordano).Rilevano, quindi, le Sezioni Unite che tale assunto non può valere anche per i documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo, documenti che, del resto, non possono ritenersi ignoti alla controparte nel giudizio di opposizione in quanto, ex art. 638, terzo comma, c.p.c., posti a disposizione della stessa a partire dalla notifica del provvedimento monitorio.Questa soluzione, nella ricostruzione compiuta dalle Sezioni Unite, trova poi conforto anche in un'interpretazione teleologica, nel senso che il divieto di proporre prove nuove in appello è volto a limitare a situazioni circoscritte nelle quali un documento (o uno strumento istruttorio in genere) non è mai stato sottoposto precedentemente al contraddittorio delle parti ed alla valutazione del giudice, a differenza di quanto avviene per i documenti posti a sostegno del ricorso per ingiunzione. Sul piano sistematico, si osserva, inoltre, che dal principio costituzionalmente rilevante della ragionevole durata del processo deriva un assunto di non dispersione delle prove, in un senso che appare, nell'argomentare le Sezioni Unite, quasi “rafforzativo” del generale principio di acquisizione processuale. In sostanza, ciò che è stato ritualmente prodotto in giudizio, anche in una fase precedente, deve essere rimesso alla cognizione del giudice, onde evitare “diseconomie” processuali. Più in particolare, rispetto alla questione controversa posta all'esame delle stesse, le Sezioni Unite osservano che “il principio, che può essere definito di non dispersione della prova una volta che questa sia stata acquisita al processo, implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado”. Infine, le Sezioni Unite si preoccupano di evidenziare, ad abundandiam, che la previsione della competenza, funzionale ed inderogabile, a decidere sull'opposizione in capo al giudice che ha pronunciato il decreto ingiuntivo, rende ragione della mancata previsione di una disposizione che stabilisca espressamente la trasmissione del fascicolo della fase monitoria in quella di cognizione piena ed esauriente.Conseguenze, sul piano pratico, della soluzione affermata sulla questione controversa dalle Sezioni Unite sono le seguenti:- nel giudizio di primo grado, il convenuto opposto, già ricorrente nella fase monitoria, non sarà onerato della produzione dei documenti ritualmente depositati in tale fase, sicché: a) potrà decidere comunque di ritirarli e produrli in ogni momento del giudizio, anche dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie, ed il giudice dovrà tenerne comunque conto ai fini della decisione; b) potrà fare istanza al giudice di acquisizione del fascicolo della fase monitoria; c) il giudice potrà acquisire d'ufficio la documentazione depositata nella fase precedente;- nel procedimento d'appello, la produzione dei documenti posti a sostegno del ricorso per ingiunzione di pagamento non potrà essere considerata inammissibile in ragione del divieto di nuove prove posto dall'art. 345, terzo comma, c.p.c., sicché: a) il creditore (appellante o appellato) potrà produrre con l'atto mediante il quale si costituisce in giudizio la documentazione già depositata nella fase monitoria o richiederne l'acquisizione al giudice del gravame; b) il giudice d'appello prima della decisione dovrà esercitare, in mancanza, il potere/dovere di acquisire il fascicolo depositato nella prima fase inaudita altera parte.