Termine breve per l'impugnazione ed individuazione del dies a quo per la proposizione dell'appello

Francesco Agnino
04 Aprile 2019

Nella giurisprudenza di legittimità si era formato un contrasto dall'impatto significativo nella prassi applicativa, con grandi incertezze per gli avvocati. In particolare era controverso se in caso di notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per proporre appello, il termine per proporre l'atto di gravame decorresse per il notificante dalla consegna all'ufficiale giudiziario la sentenza ovvero dalla data in cui la notifica era ricevuta dal destinatario. Le Sezioni Unite risolvono il contrasto avallando quest'ultimo orientamento.
QUESTIONE CONTROVERSA

Il giudice della nomofilachia è investito della problematica se in tema di notificazione della sentenza ex art. 326 c.p.c. il termine di impugnazione decorra, per il notificante, dalla data di consegna della sentenza all'ufficiale giudiziario oppure dalla data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario.

Dalla lettura dell'art. 326 c.p.c. la notificazione della sentenza costituisce il momento da cui iniziano a decorrere i termini brevi per proporre appello, sempre che la notificazione sia validamente avvenuta. La ratio della norma è preordinata dall'esigenza che entro un periodo di tempo piuttosto ristretto la sentenza assuma valore di cosa giudicata per tutte le parti. L'esigenza di certezza imporrebbe, sotto certi profili, che l'art. 326 c.p.c., nel procedimento di notificazione, si correlasse al 'principio di presunzione di conoscenza'. Tenuto altresì conto, che, come chiarito da altra giurisprudenza di nomofilachia (Cass. civ., 18 giugno 2002, n. 8858; Cass. civ., 9 giugno 1987, n. 5027), gli effetti della decorrenza del termine breve di impugnazione, non tollerano equipollenti alla notificazione della sentenza.

Il riferimento alla “notificazione” di cui all'art. 326 c.p.c., per la decorrenza del termine breve di impugnazione della sentenza è quindi correlato al cd. principio di “presunzione di conoscenza” della sentenza che incombe su tutte le parti coinvolte nel procedimento di notifica, oppure al cd. principio, di creazione dottrinale, dell'effetto bilaterale della notifica che presuppone completato il procedimento di notificazione. E' necessario, dunque, verificare quale dei principi cui ubbidiscono i due diversi orientamenti garantisce, meglio o in modo prevalente, coerenza e razionalità del sistema normativo.

Al riguardo si osserva che il codice di rito del 1865, prevedeva espressamente che gli effetti della notifica della sentenza si producevano simultaneamente tanto per il notificante quanto per il notificatario. L'art. 45, di quel codice, disponeva che: «quando la legge stabilisce un termine da decorrere dalla notificazione, questo termine decorre, anche, contro la parte alla cui istanza è seguita la notificazione, salvo che la legge abbia diversamente stabilito».

ORIENTAMENTI CONTRAPPOSTI

Orientamento favorevole alla decorrenza del termine dalla consegna della sentenza all'ufficiale giudiziario

In accordo con una prima posizione che si era affermata all'interno della giurisprudenza della Suprema Corte il dies a quo del termine breve deve essere individuato nel momento in cui il notificante consegna all'ufficiale giudiziario la sentenza oppure l'atto di impugnazione da notificare, essendo detta consegna idonea a provare, in modo certo e con data certa, la conoscenza della pronuncia da parte del notificante

Invero i termine breve per proporre l'impugnazione può decorrere, ai sensi dell'art. 326 c.p.c. --a) dal momento in cui alla parte che intende impugnare sia stata notificata la sentenza; --b) dal momento in cui sia proposta l'impugnazione nei confronti di una soltanto delle controparti.

Da queste previsioni dell'art. 326 c.p.c., la giurisprudenza di legittimità ha tratto il principio della equivalenza, ai fini della decorrenza del termine c.d. “breve” per proporre impugnazione, tra la notifica della sentenza e la notifica dell'impugnazione.

Da tale principio si è tratto, a sua volta, il corollario secondo cui anche la notifica di una impugnazione inammissibile fa decorrere il termine breve per impugnare, termine entro il quale potrà essere riproposta l'impugnazione inammissibile se, prima della riproposizione, l'inammissibilità del primo gravame non sia stata dichiarata con sentenza.

Fondamento del principio della equivalenza tra notifica della sentenza e notifica dell'impugnazione è il comune fondamento delle due ipotesi: l'art. 326 c.p.c., infatti, fa decorrere il termine per impugnare dal momento in cui l'impugnante abbia acquisito la conoscenza legale della sentenza a lui sfavorevole, e tale conoscenza legale deve presumersi sia in colui al quale l'altra parte abbia notificato la decisione giudiziale, sia in colui il quale quella decisione abbia già impugnato, sia pure con atto inammissibile: ovvio essendo che chi propone un'impugnazione non può non conoscere il contenuto dell'atto che sta impugnando.

Questi principi costituiscono ormai ius receptum nella giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., 23 luglio 2007, n. 16207; Cass. civ., 27 ottobre 2005, n. 20912; Cass. civ., 20 ottobre 2004, n. 20547).

Da tali premesse si è concluso che nel caso, poi, in cui la notifica dell'impugnazione si perfezioni in data successiva a quella in cui il relativo atto sia stato consegnato all'ufficiale giudiziario, il dies a quo del termine breve per impugnare va individuato nella data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, e non in quello di perfezionamento della notifica.

Tale orientamento trova cittadinanza nella sentenza dalla Cassazione che fa leva sulla rilevanza della conoscenza legale della sentenza: «(...) la consegna dell'atto di impugnazione all'ufficiale giudiziario rende certa l'anteriorità della conoscenza della sentenza per l'impugnante, in applicazione analogica del principio di cui all'art. 2704 c.c., ultimo periodo. E, poiché la conoscenza legale della sentenza fa decorrere il termine breve per impugnare, tale decorrenza non può che avere inizio dal momento della suddetta consegna, quale “fatto che stabilisce in modo certo” la conoscenza della sentenza da parte dell'impugnante, secondo la formula del citato art. 2704 c.c.» (Cass. civ., 17 gennaio 2014, n. 883).

Infatti la consegna dell'atto di impugnazione all'ufficiale giudiziario rende certa l'anteriorità della conoscenza della sentenza per l'impugnante, in applicazione analogica del principio di cui all'art. 2704 c.c., ultimo periodo. E poiché la conoscenza legale della sentenza, per quanto già detto, fa decorrere il termine breve per impugnare, tale decorrenza non può che avere inizio dal momento della suddetta consegna, quale “fatto che stabilisce in modo certo” la conoscenza della sentenza da parte dell'impugnante, secondo la formula del citato art. 2704 c.c..

Orientamento favorevole alla decorrenza del termine breve dalla stessa data.

La posizione contraria era stata, in realtà, sostenuta nella giurisprudenza di legittimità a mente della quale la bilateralità degli effetti della notifica della sentenza, per il notificante ed anche per il destinatario, implica contestualità degli effetti e, quindi, la decorrenza del termine breve dalla medesima data.

Invero, è stato affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 9258/2015, la bilateralità degli effetti della notifica della sentenza per il notificante e per il notificato, implica contestualità degli effetti e quindi decorrenza del termine breve dalla medesima data: «(...) La notificazione di una sentenza o di una prima impugnazione (nella specie, non iscritta a ruolo e, quindi, seguita dalla notifica di una seconda impugnazione) evidenzia la conoscenza legale del provvedimento impugnato e fa, pertanto, decorrere il termine breve di cui all'art. 325 c.p.c., a carico del notificante solo dal momento del perfezionamento del procedimento di notificazione nei confronti del destinatario, atteso che, da un lato, il principio di scissione soggettiva opera esclusivamente per evitare al notificante effetti pregiudizievoli derivanti da ritardi sottratti al suo controllo e, dall'altro lato, la conoscenza legale rientra tra gli effetti bilaterali e deve, quindi, realizzarsi per entrambe le parti nello stesso momento».

In applicazione del principio della scissione – come è stato messo in evidenza dalla Corte costituzionale nella sentenza 23 gennaio 2004, n. 28, principio estensibile in generale a tutte le fattispecie notificatorie detto principio, affermato a proposito dell'art. 149 c.p.c., nel testo allora vigente da Corte cost. 26 novembre 2002, n. 477 – deve essere inteso nel senso che il momento di perfezionamento opera solo a vantaggio del notificante per evitare effetti pregiudiziali che si verificherebbero se, per la vicenda conseguente alla consegna dell'atto, sottratta al suo controllo e relativa del perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, tale ultimo momento si verificasse oltre il termine che per impedirli avrebbe dovuto essere rispettato.

Viceversa, il momento di perfezionamento per il notificante non può rilevare per la produzione di effetti non già a suo vantaggio, bensì a suo carico, come il decorso di un termine per un adempimento processuale ricollegato alla notificazione da lui compiuta, rilevano invece in tal senso il momento di perfezionamento per il destinatario della notificazione.

Che il principio della scissione debba operare a favore e non a carico di chi notifica, conforme al dictum di Corte cost. n. 28/2004 è stato puntualmente registrato dalla Corte di cassazione (Cass. civ., 14 luglio 2004, n. 13065; Cass. civ., Sez. Un., 13 gennaio 2005, n. 458, mentre recentemente Cass. civ., Sez. Un., 6 novembre 2014, n. 23675 ha ribadito che «la scissione soggettiva del momento perfezionativo per il notificante e il destinatario...vale solo per le decadenze non addebitabili al notificante».

Ne deriva che, quando la parte consegna un atto di impugnazione all'ufficiale giudiziario per la notificazione o compie tramite il suo difensore l'attività di spedizione dell'atto a mezzo posta ai sensi della l. n. 53/1994, e dunque perfeziona dal suo punto di vista la notificazione dell'impugnazione, qualora successivamente avvii il procedimento notificatorio di una nuova impugnazione, l'apprezzamento della tempestività di essa in relazione alla notificazione della prima impugnazione quale evento evidenziatore di una conoscenza legale della sentenza impugnata ed equipollente alla notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve di cui all'art. 325 c.p.c., dev'essere compiuto non già con riguardo al momento di perfezionamento della notificazione della prima impugnazione per il notificante, bensì con riguardo al momento di perfezionamento di tale notificazione per il destinatario, se esso vi sia stato.

Se si ritenesse altrimenti si attribuirebbe, infatti, al principio della scissione un effetto del tutto ultroneo rispetto a quello implicato dal sistema scaturito dalle pronunce del Giudice delle Leggi ed inoltre anche intrinsecamente del tutto irragionevole, dato che, quando l'ordinamento prescrive che un certo adempimento della parte deve compiersi dopo il realizzarsi di un effetto che coinvolge la controparte (e tale è la notificazione della sentenza ai fini di provocare il decorso del termine breve per impugnare a carico della controparte), l'onere relativo secondo la volontà del legislatore incombe su chi ne è destinatario solo quando tale effetto si realizzi.

Si aggiunga che, con specifico riferimento all'ipotesi di attribuzione ad una prima notificazione dell'impugnazione, dell'effetto di far decorrere il termine breve siccome implicante necessariamente la conoscenza legale della sentenza (dato che nei confronti di essa l'impugnazione necessariamente si rivolge), non diversamente dall'effetto ricollegato alla conoscenza della sentenza acquisita tramite la sua notificazione da chi la riceva, si deve osservare che, far decorrere il termine breve dal momento del perfezionamento di detta prima notificazione per lo stesso notificante avrebbe la conseguenza che, scattando da esso comunque il termine breve, il notificante verrebbe posto in una situazione di incertezza sulla possibilità di poter effettuare la notificazione di una nuova impugnazione, dato che, fino a quando non abbia la possibilità di verificare se la prima si è perfezionata non potrebbe sapere se una nuova notificazione sia non solo possibile, ma giustificata. Onde dovrebbe comunque notificare una nuova impugnazione per così dire cautelativamente.

In altri termini, si evidenzia che l'ordinamento, quando ricollega l'effetto della decorrenza del temine breve alla notificazione della sentenza, suppone una situazione in cui la conoscenza di essa idonea a determinare quel termine si realizza per la parte destinataria, di modo che è solo a tale realizzazione che quell'effetto si ricollega.

E poiché tale effetto è ricollegato alla conoscenza acquisita dalla parte destinataria, quando si ammette, come fa la giurisprudenza di legittimità, che l'effetto della decorrenza del termine breve si verifichi anche a carico di chi notifichi la sentenza, equivalendo la notificazione da parte sua della sentenza, ai fini di far decorrere il termine breve di impugnazione per la controparte, all'evidenza di una conoscenza legale della sentenza stessa simile a quella realizzata nei confronti della parte destinataria, la giustificazione che se ne da suppone l'assoluta equivalenza della posizione delle parti. Il che, dunque, esclude in radice che possa rilevare come equipollente la mera circostanza che il notificante la sentenza, per notificarla, abbia avuto conoscenza della sentenza stessa fin dal momento della consegna all'ufficiale giudiziario.

Diversamente opinando, si dovrebbe rilevare che la conoscenza della sentenza (e, si badi, una conoscenza sostanzialmente "legale", cioè certificata dalla cancelleria, che rilascia la copia), viene acquisita da chi la notifica già con l'estrazione della copia autentica da notificare all'altra parte e, dunque, addirittura prima della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.

Eppure all'estrazione di copia della sentenza è stata disconosciuta tale efficacia sul riflesso che l'estrazione della copia non è dimostrativa di conoscenza funzionale al decorso del termine per impugnare di chi la estrae ed essendo soccombente avrebbe ragioni per impugnare: si vedano, per il termine per il regolamento competenza: Cass. civ., 4 giugno 2013, n. 14135).

In sostanza, la notificazione della sentenza ai fini dell'idoneità alla provocazione del decorso del termine breve è fattispecie giustificativa di tale decorso in quanto fattispecie con effetti bilaterali, cioè in quanto l'effetto della conoscenza legale non solo si realizza per entrambe le parti, notificante e destinatario, ma coincida e si identifichi nello stesso momento.

Tanto esclude che, una volta introdotto il principio della scissione, la conoscenza legale per il notificante possa individuarsi nella consegna della copia da notificarsi fatta all'ufficiale giudiziario in funzione della notificazione alla controparte, ai fini della provocazione a suo carico del decorso del termine breve, sì che già da quella consegna decorra il termine breve per il notificante: la tesi, al di là della mancata considerazione della conoscenza legale della sentenza quale causa efficiente del decorso del termine breve di natura bilaterale nel senso appena detto, si pone - ma non è a questo punto l'argomento decisivo, bensì gradato - anche in manifesta contraddizione con il modo in cui, come s'è detto, opera il principio della scissione, dato che ha l'effetto di far derivare un onere a carico del notificante dal momento del perfezionamento per lui anziché da quello di perfezionamento per il destinatario.

Questa posizione è stata sostenuta anche dalla dottrina per la quale la notificazione della sentenza ha efficacia bilaterale, nel senso che fa decorrere i termini tanto per il notificato quanto per il notificante che sia anch'esso (parzialmente) soccombente (Mandrioli, Diritto processuale civile, II, Torino, 2009, 403).

RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE

La Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 3 maggio 2018, n. 10507, ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione della seguente questione oggetto di contrasto giurisprudenziale: «se in tema di notificazione della sentenza ex art. 326 c.p.c. il termine di impugnazione decorre, per il notificante, dalla data di consegna della sentenza all'ufficiale giudiziario oppure dalla data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario».

SOLUZIONE

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la pronuncia n. 6278 del 4 marzo 2019, risolvono il prospettato contrasto giurisprudenziale nel senso che il termine breve di impugnazione decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica è ricevuta dal destinatario, perché la sua decorrenza va ricollegata in modo unitario al perfezionamento della notifica stessa.

Ai fini della soluzione della questione la Suprema Corte svolge alcune essenziali premesse, volte ad illustrare l'attuale configurazione codicistica del termine breve per impugnare, sotto i profili ontologico e funzionale.

Innanzitutto, la Suprema Corte ricorda che il termine lungo di impugnazione decorre dalla venuta ad esistenza giuridica della sentenza, che si ha con la sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria, giacché tale adempimento rende la sentenza conoscibile dalle parti, che ne hanno così conoscenza legale, essendo loro onere informarsi tempestivamente della decisione che le riguarda, mediante l'uso della ordinaria diligenza.

A fronte di ciò, l'esigenza pubblicistica di accelerare la formazione del giudicato (posta a fondamento della previsione codicistica di un termine lungo di impugnazione automaticamente decorrente nei confronti di tutte le parti e per il mero fatto della pubblicazione della sentenza) oggi trova il nuovo fondamento nel principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. ed è stata una delle ragioni ispiratrici della riforma del rito civile, che ha modificato la relativa norma riducendo l'originario termine lungo annuale di impugnazione, da un lato, e prevedendo in seno al procedimento sommario di cognizione la decorrenza ufficiosa del termine breve per proporre appello, dall'altro, entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria dell'ordinanza decisoria che, ove non appellata entro detto termine, passa in giudicato. Altra novità è stata poi la previsione della decorrenza officiosa del termine breve di 60 giorni per proporre ricorso in Cassazione, dipendente dalla comunicazione a cura della cancelleria dell'ordinanza che dichiara la inammissibilità dell'appello.

Tuttavia, nonostante la previsione di un termine lungo di impugnazione o, in talune ipotesi, di termini brevi decorrenti ufficiosamente, nel nostro sistema processuale permane il tradizionale istituto di natura privatistica della notificazione della sentenza a cura della parte interessata ai fini della decorrenza di un termine breve.

Si tratta, a ben vedere, di un istituto che attribuisce alla parte un vero e proprio diritto potestativo di natura processuale, cui corrisponde una soggezione dell'altra parte.

Infatti, attraverso la notificazione della sentenza, la parte notificante ha il potere di operare un mutamento della situazione giuridica della controparte, assoggettandola, secondo una propria scelta di convenienza, ad un termine di impugnazione più breve di quello altrimenti previsto dalla legge. Tale accelerazione del termine per impugnare è condizionata al fatto che la notificazione della sentenza sia effettuata al procuratore costituito della controparte.

Dopo aver effettuato le suddette premesse sui profili ontologici e funzionali, che nell'attuale diritto positivo denotano il termine breve per impugnare, la Suprema Corte passa ad esaminare la questione di diritto in relazione alla quale è stato invocato l'intervento nomofilattico risolutivo da parte delle Sezioni Unite.

In sintesi, è chiesto alla Suprema Corte di stabilire se il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione operi anche con riferimento alla notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve di impugnazione.

E se, quindi, la notifica della sentenza eseguita a tale scopo abbia 'efficacia bilaterale sincronica', nel senso che il termine di impugnazione decorra da un unico momento sia per il notificante che per il destinatario della notifica, oppure 'diacronica', nel senso che il termine di impugnazione decorre da momenti diversi.

Il collegio ritiene che, nella soggetta materia, non possa trovare applicazione il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione e che vada, di contro, affermata l'efficacia bilaterale sincronica della notifica della sentenza nonché la unicità oppure la comunanza del termine per impugnare, nel senso che quest'ultimo decorre per entrambe le parti dalla medesima data.

Tra le varie ragioni che le Sezioni Unite espongono al fine di sostenere questa tesi, vi è la circostanza secondo la quale una diversificazione della decorrenza del termine breve per impugnare, tra notificante e destinatario della notificazione, condurrebbe ad un assetto irrazionale del sistema delle impugnazioni.

La unicità del decorso del termine di impugnazione tutela l'equilibrio e la parità processuale tra le parti e garantisce la certezza dei rapporti giuridici perché il giudicato si forma contemporaneamente nei confronti di tutte le parti.

Al contrario, la diversità del decorso del termine di impugnazione determinerebbe una sorta di disparità di trattamento nei confronti del notificante, il quale, ove parzialmente soccombente, vedrebbe decorrere il proprio termine breve per impugnare prima della decorrenza del medesimo termine per il destinatario della notifica e prima ancora di avere la possibilità di verificare se tale notifica si sia perfezionata.

Il principio di diritto delle Sezioni Unite. Per tutti questi motivi la Suprema Corte stabilisce il seguente principio di diritto: in tema di notificazione della sentenza ex art. 326 c.p.c., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325 c.p.c., decorre anche per il notificante dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, qual è la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perché interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti.