Risolto il contrasto sulla competenza per territorio nelle obbligazioni pecuniarie

05 Ottobre 2016

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto di giurisprudenza in ordine all'individuazione del giudice territorialmente competente in tema di obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore. La problematica atteneva all'operatività, di conseguenza, del foro del creditore, ai sensi dell'art. 1182, comma 3, c.c. anche nell'ipotesi in cui l'entità della somma di denaro richiesto non fosse determinata tra le parti.
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La fattispecie che ha determinato la pronuncia delle Sezioni Unite in oggetto, volta a comporre un esistente contrasto giurisprudenziale, ha riguardato l'azione promossa da un Calzaturificio dinanzi al Tribunale di Firenze, nel cui circondario rientrava la sede legale dello stesso, nei confronti di una società che doveva all'attrice una somma di denaro quale corrispettivo di un servizio reso alla convenuta. In accoglimento dell'eccezione proposta dalla convenuta il Tribunale di Firenze si è dichiarato incompetente in favore del Tribunale di Macerata, individuato, ai fini che ci interessano, quale foro del pagamento della somma di denaro oggetto della causa. In particolare, secondo il Tribunale di Firenze, le obbligazioni pecuniarie si identificano, anche ai fini dell'art. 1182, comma 3, c.c., solo in quelle che fin dall'origine sorgono come tali. Nel caso di specie non poteva farsi applicazione della norma perché nel contratto non era indicato l'importo del corrispettivo spettante al Calzaturificio attore e, quindi, il luogo di adempimento dell'obbligazione doveva identificarsi nel domicilio della società debitrice, ex art. 1182, comma 4, c.c.

A seguito del regolamento di competenza proposto dal Calzaturificio, il ricorso è stato esaminato dalla Sesta Sezione civile della Corte che ne ha poi promosso l'assegnazione alle Sezioni Unite per l'esistenza di un contrasto in giurisprudenza sulla questione “se sia applicabile o meno l'art. 1182, comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l'importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall'attore nell'atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria”.

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L'orientamento favorevole all'operatività dell'art. 1182, comma 3, c.c. anche nell'ipotesi di credito di complessa determinazione

Come già anticipato, è sorto nella giurisprudenza di legittimità un contrasto sulla portata applicativa del combinato disposto dell'art. 20 c.p.c. e dell'art. 1182, comma 3, c.c.

In particolare alcune sentenze hanno affermato che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il comma 3 dell'art. 1182 c.c. è applicabile in tutte le cause che abbiano ad oggetto una somma di denaro, laddove l'attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito che attiene esclusivamente al merito. In sostanza, secondo questa giurisprudenza, sarebbe irrilevante che la prestazione richiesta non sia stata convenzionalmente stabilita, essendo sufficiente che l'attore abbia agito per il pagamento di una somma da esso indicata precisamente. Altre, invece (riportate nel secondo riquadro della sottostante tabella) hanno affermato che quando la somma deve ancora essere determinata dalle parti, o, in loro sostituzione liquidata dal giudice tramite indagini ed operazioni diverse dal mero calcolo aritmetico, trova applicazione il comma 4 dell'art. 1182 c.c., secondo cui l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza, mentre il foro del creditore ex art. 1182 c.c., comma 3, potrebbe operare soltanto nel caso di somma già contrattualmente determinata nel suo preciso ammontare.

In particolare, secondo parte della giurisprudenza, il forum destinatae solutionis previsto dal comma 3 dell'art. 1182 c.c. è applicabile a tutte le cause che abbiano ad oggetto una somma di denaro laddove l'attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito, che riguarda soltanto la successiva fase di merito (Cass. civ., 17 maggio 2011, n. 10837; Cass. civ., 21 maggio 2010, n. 12455; Cass. civ., 13 aprile 2005, n. 7674).

Orientamento per il quale il criterio dell'art. 1182, comma 3, c.c., può operare solo se il credito è determinato o facilmente determinabile

Secondo altra parte della giurisprudenza quando la somma deve ancora essere determinata dalle parti o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice, tramite indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione il comma 4 dell'art. 1182 c.c., secondo cui l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza. Il foro del creditore ex art. 1182, comma 3, c.c., potrebbe trovare applicazione solo nel caso di somma già contrattualmente determinata nell'ammontare (Cass. civ., 24 ottobre 2007, n. 22326).

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A seguito del regolamento di competenza proposto dal Calzaturificio il ricorso è stato esaminato dalla Sesta Sezione civile della Corte che ne ha poi promosso l'assegnazione alle sezioni unite per l'esistenza di un contrasto in giurisprudenza sulla questione “se sia applicabile l'art. 1182, comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l'importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall'attore nell'atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria. Il problema, come poi si evince dalla lettura della motivazione della pronuncia delle Sezioni Unite, coinvolge anche la stessa nozione di “liquidità” ai fini dell'applicazione del criterio di competenza territoriale posto dall'art. 20 c.p.c., ovvero se possa ritenersi liquida solo la somma il cui ammontare risulti direttamente o indirettamente dal titolo originario (purché questo indichi il criterio o i criteri per la determinazione) o, se, si possa ritenere liquida (come erroneamente secondo la Corte ritiene anche il P.M. nella requisitoria scritta davanti alla Sesta Sezione, anche la somma che debba essere autodeterminata dall'attore nell'atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria.

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Il contrasto, rilevano le Sezioni Unite con la pronuncia n. 17989 del 13 settembre 2016, non concerne in ogni caso la necessità del requisito della liquidità perché l'obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta al domicilio del creditore, perché nella giurisprudenza di legittimità non si è mai revocato in dubbio che le obbligazioni “portabili”, ai sensi dell'art. 1182, comma 3, c.c., sono solo quelle liquide (vedi numerose sentenze richiamate nella pronuncia delle Sezioni Unite, in motivazione, pag. 5). Né sulla determinazione del forum destinatae solutionis può influire l'eccezione del convenuto che neghi l'esistenza stessa della obbligazione atteso che il principio posto dall'art. 10 c.p.c. per determinare la competenza per valore è regola di portata generale e, quindi, applicabile anche ai criteri dettati dal legislatore per la determinazione della competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. Il riferimento alla “domanda” fonda proprio l'orientamento, condiviso dalla ricorrente e dal P.M., secondo cui sarebbe sufficiente a considerare “liquida” l'obbligazione la quantificazione della pretesa da parte dell'attore (in questo senso la tesi delle parti e del P.M. si conforma a Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2005 n. 7676 e alle successive Cass. civ., n. 12455/2010 e Cass. civ., n. 10837/2011, tutte richiamate in motivazione dalle Sezioni Unite). Secondo le Sezioni Unite, invece, il contrasto determinatosi rispetto all'orientamento, prima costante, secondo cui è necessaria l'effettiva liquidità dell'obbligazione pecuniaria agli effetti del combinato disposto degli artt. 1182, comma 3, c.c. e art. 20 c.p.c., deve essere risolto confermando l'orientamento previgente e tradizionale.

La giurisprudenza è, infatti, stata costantemente ferma – fino alle pronunce ora ricordate - nel ritenere che in applicazione del comma 3 dell'art. 1182 c.c., nel ritenere che tra i crediti liquidi ed esigibili (Cass. civ., 8 giugno 1999, n. 5627), rientrino anche quelli di ammontare determinabile in base ad elementi certi e prestabiliti, risultanti dal titolo convenzionale o giudiziale (Cass. civ., 30 maggio 1997, n. 4821; Cass. civ., 12 novembre 2004, n. 21516), ma non i crediti il cui ammontare deve essere accertato e liquidato mediante indagini diverse dal semplice calcolo matematico (Cass. civ., 18 gennaio 1997, n. 486; conf. Trib. Torre Annunziata 31 maggio 2006). La successiva indicazione unilaterale da parte del creditore di un luogo diverso consente al debitore soltanto di pagare efficacemente nel luogo indicato ma non incide sul criterio di collegamento previsto dall'art. 20 c.p.c. (Cass. civ., 14 febbraio 2005, n. 2891).

La pronuncia delle Sezioni Unite è anche l'occasione per una riflessione sul concetto di liquidità: con questo termine si indica che la somma dovuta è risultante dal titolo e non è necessario, pertanto, per determinarla, alcun ulteriore titolo giudiziale o negoziale. L'ammontare della somma deve quindi risultare direttamente dal titolo originario o anche indirettamente da esso, purché siano indicati il criterio o i criteri applicando i quali si può determinare la somma (in questo senso Cass. civ., n. 19958/2005, richiamata in motivazione). Detti criteri devono però essere, a parere delle Sezioni Unite, “stringenti”, ossia tali che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una; il risultato dell'applicazione dei criteri in questione deve essere “obbligato”: laddove vi fosse un margine di discrezionalità, il credito non si potrebbe mai definire liquido perché quella discrezionalità potrebbe essere superata soltanto con un ulteriore titolo convenzionale o giudiziale.

Viene pertanto enunciato il principio di cui in massima che appare condivisibile anche alla luce della coerente ricostruzione della nozione di liquidità in funzione della mora ex re. Infatti la Corte ricorda come la giurisprudenza di legittimità neghi che la mora ex re si verifichi anche per le obbligazioni pecuniarie illiquide e, se tra le obbligazioni pecuniarie “portabili” rientrassero quelle non liquide, la mora e la conseguente responsabilità ex art. 1224 c.c., scatterebbe in modo automatico anche a carico del debitore la cui prestazione non sia in concreto possibile a causa dell'incertezza dell'ammontare della sua prestazione. Ma una simile soluzione sarebbe, dicono le Sezioni Unite, non giustificabile perché contraria al sistema che esclude, a mente dell'art. 1218 c.c., la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile. Ecco perché, oltre che ai fini dell'applicazione del combinato disposto degli artt. 1182, comma 3, c.c. e art. 20 c.p.c., l'orientamento restrittivo sposato dalle Sezioni Unite è coerente anche con gli effetti della mora ex re ai sensi dell'art. 1219, comma 2, n. 3 c.c.

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