Ultrattività del mandato difensivo conferito da soggetto formalmente estinto. Il caso della (già) Equitalia s.p.a.

11 Febbraio 2020

La Suprema Corte ha rimesso all'esame del Presidente le seguenti questioni di massima di particolare importanza: a) se, in seguito all'entrata in vigore del d.l. n. 193/2016, conv. con modif. in l. n. 225/2016, sia rituale l'instaurazione del contraddittorio per il giudizio di legittimità mediante notifica del ricorso al procuratore o difensore costituito per conto di una ormai estinta società di riscossione del gruppo Equitalia nel grado concluso con la sentenza impugnata, anziché alla neoistituita Agenzia delle Entrate - Riscossione; b) in particolare, se, nella specie, possa considerarsi validamente ultrattivo il mandato conferito nei gradi precedenti al professionista, oppure se debba ritenersi che sia stata chiamata in giudizio una parte non correttamente individuata, trattandosi di soggetto formalmente e notoriamente estinto; c) se sia poi legittima l'attività difensiva comunque svolta nel giudizio di legittimità dalla citata Agenzia delle Entrate - Riscossione mediante notifica di controricorso a seguito della notifica del ricorso alla società di riscossione del gruppo Equitalia sopra menzionata.
LA QUESTIONE CONTROVERSA

Veniva proposta opposizione all'iscrizione, da parte di Equitalia Nord s.p.a., di ipoteca fiscale sul fondo patrimoniale dei coniugi opponenti. Il Tribunale riconosceva l'esclusione dei beni dall'esecuzione da parte dell'agente di riscossione, in forza dell'art. 170 c.c., che espressamente vieta l'esecuzione sui beni del fondo patrimoniale per debiti che «il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia» e pertanto accoglieva l'opposizione.

La sentenza veniva appellata dalla società agente della riscossione Equitalia Nord s.p.a.
La Corte d'Appello, ritenendo che l'esercizio dell'attività d'impresa, nel cui ambito era sorto il debito fiscale, fosse stato avviato e svolto dai coniugi opponenti per esigenze connesse ai bisogni familiari, in accoglimento della domanda di appello riformava la sentenza di primo grado, respingendo la proposta opposizione all'esecuzione.

Avverso la resa sentenza proponevano ricorso principale i coniugi, notificando lo stesso all'originario agente della riscossione Equitalia Nord s.p.a., nel frattempo interessata dalla nota riforma di settore (d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. con modif. nella l. 1 dicembre 2016, n. 225) la quale ha affidato l'attività di riscossione ad un nuovo soggetto giuridico, l'Agenzia delle Entrate - Riscossione. Quest'ultima, malgrado non fosse formalmente destinataria della notifica, si costituiva nel giudizio di legittimità giusta controricorso ritualmente notificato ai ricorrenti.

Formulata proposta di definizione del giudizio di legittimità in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., come modificato dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197, i ricorrenti depositavano memoria ai sensi del secondo comma, ultima parte del medesimo art. 380-bis, contestando la ritualità del controricorso.

La Sezione VI-3 della Corte ritiene nel merito la questione relativa all'interpretazione dell'art. 170 c.p.c. pacificamente risolta dalla giurisprudenza di legittimità a seguito di Cass. civ., 23 agosto 2018, n. 20998 (la quale riporta a sostegno delle dedotte argomentazioni numerosi precedenti giurisprudenziali, tra cui Cass. civ.,n. 23876/15, confermata poi già da Cass. civ.,n. 22761/16, oppure Cass. civ.,n. 4011/13 o n. 5385/13, seguite, tra le altre, da Cass. civ.,n. 1652/16).

Tuttavia, a seguito della notifica del controricorso da parte dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione e delle contestazioni dei ricorrenti ad essa svolte in memoria, la Corte rileva le seguenti questioni preliminari di rito di assoluta novità per la giurisprudenza di legittimità:

a) a seguito della riforma del 2016 del sistema di riscossione erariale, è rituale la notifica del ricorso al procuratore o difensore costituito per l'estinta società del gruppo Equitalia nel grado concluso con la sentenza impugnata, anziché alla neoistituita Agenzia delle Entrate – Riscossione?

b) Considerata la qualificazione di successione a titolo particolare attribuita, malgrado il tenore letterale dell'art. 1, comma 3, deld.l. n. 193/2016, dalla giurisprudenza della sezione tributaria della Cassazione, è rituale il dispiegamento di attività difensiva nel giudizio di legittimità da parte dell'Agenzia, mediante notifica del controricorso successiva a notifica del ricorso alla singola società dante causa, agente della riscossione?

Alla luce di tali interrogativi, la sez. VI-3 ha, pertanto, rimesso all'esame del Presidente Titolare, per la valutazione dell'eventuale assegnazione al Collegio le seguenti questioni di massima di particolare importanza: «a) se, in seguito all'entrata in vigore del d.l. n. 193/2016, conv. con modif. in l. n. 225/2016, sia rituale l'instaurazione del contraddittorio per il giudizio di legittimità mediante notifica del ricorso al procuratore o difensore costituito per conto di una ormai estinta società di riscossione del gruppo Equitalia nel grado concluso con la sentenza impugnata, anziché alla neoistituita Agenzia delle Entrate - Riscossione; b) in particolare, se, nella specie, possa considerarsi validamente ultrattivo il mandato conferito nei gradi precedenti al professionista, oppure se debba ritenersi che sia stata chiamata in giudizio una parte non correttamente individuata, trattandosi di soggetto formalmente e notoriamente estinto; c) se sia poi legittima l'attività difensiva comunque svolta nel giudizio di legittimità dalla citata Agenzia delle Entrate - Riscossione mediante notifica di controricorso a seguito della notifica del ricorso alla società di riscossione del gruppo Equitalia sopra menzionata».

GLI ORIENTAMENTI CONTRAPPOSTI

Il d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 (convertito in l. n. 225/2016), recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”, all'art. 1, rubricato “Soppressione di Equitalia”, statuisce che «A decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte. Le stesse sono cancellate d'ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione». (comma 1). Il successivo comma 3, al fine di garantire continuità e funzionalità all'attività di riscossione, istituisce il nuovo ente pubblico economico denominato «Agenzia delle entrate – Riscossione» posto sotto l'indirizzo e la vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze. Esplicitamente la disposizione prevede poi che «l'ente subentra, a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1».

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, maggiormente aderente al dato letterale, la riforma del 2016, nel sostituire ad Equitalia s.p.a. il nuovo soggetto giuridico deputato alla riscossione erariale, ha espressamente qualificato tale sostituzione come successione a titolo universale, estendendone il relativo regime tanto ai rapporti sostanziali quanto a quelli processuali. In particolare, quanto a questi ultimi, la costituzione – e non già la mera trasformazione - di un soggetto nuovo, autonomo e distinto rispetto al soggetto sostituito, con conseguente estinzione di quest'ultimo, giustificherebbe l'interruzione automatica del processo con necessaria riassunzione ad opera dei soggetti interessati. Siamo, dunque, di fronte ad una delle “altre cause” cui fa riferimento l'art. 110 c.p.c. per giustificare l'applicazione della disciplina dell'interruzione del processo (artt. 299 e ss. c.p.c.).

Tuttavia, malgrado il chiaro tenore letterale del summenzionato art. 1, comma 3, secondo altra parte della giurisprudenza la successione ex lege dell'Agenzia delle entrate – Riscossione dovrebbe essere interpretata come successione a titolo particolare, così escludendo che, per effetto della soppressione di Equitalia, si determini l'interruzione dei giudizi pendenti; giudizi che, al contrario, proseguono senza soluzione di continuità nei confronti dell'ente successore (Cass. civ., ord., 9 novembre 2018, n. 28741; Cass. civ., ord., 24 gennaio 2019, n. 1992; Cass. civ., ord., 15 aprile 2019, n. 10547).

In particolare, ha osservato Cass. civ., sez. V, ord., n. 15869/18, che: «in tema di riscossione dei tributi, per effetto della cancellazione d'ufficio delle società del gruppo Equitalia dal registro delle imprese, a decorrere dalla data del 10 luglio 2017, in virtù dell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 193/2016, conv. nella l. n. 225/2016, la successione a titolo universale, prevista dal comma 3 di tale disposizione, in favore dell'Agenzia delle Entrate-riscossione, non costituisce successione nel processo ai sensi dell'art. 110 c.p.c., bensì successione nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 c.p.c., poiché, in ragione del "venir meno" della parte, è stato individuato sul piano normativo il soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuite alla stessa, sicché i giudizi pendenti proseguono, con il subentro del successore, senza necessità di interruzione».

Secondo la giurisprudenza tributaria di legittimità, tale successione a titolo particolare non renderebbe sempre obbligatoria la costituzione in giudizio del nuovo ente Agenzia delle Entrate – Riscossione. Occorre, infatti, distinguere l'ipotesi di pendenza del giudizio al momento dell'estinzione ope legis, da quella dell'instaurazione di un nuovo giudizio ovvero di una nuova fase del giudizio precedentemente avviato. «Qualora il nuovo ente Agenzia delle entrate Riscossione si limiti a subentrare ex lege nel rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, esso può validamente avvalersi dell'attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente; qualora invece il nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione si costituisca, in nuovo giudizio ovvero anche in giudizio pendente, con il patrocinio di avvocato del libero foro, sussiste per esso l'onere, pena la nullità del mandato difensivo, di indicare ed allegare le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza di quest'ultimo in alternativa al patrocinio per regola generale esercitato, salvo conflitto di interessi, dall'avvocatura dello Stato» (Cfr. Cass. civ., sez. V, ord., 24 gennaio 2019 n. 1992).

Dalla qualificazione della successione nel processo in termini universali o particolari deriva la diversa rilevanza degli effetti del mandato difensivo conferito dalla parte deceduta o estinta nel corso del giudizio. È dunque rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all'ultrattività del mandato difensivo del procuratore o difensore costituito nel precedente grado di giudizio.

Il vizio della vocatio in ius ha rappresentato, ed evidentemente rappresenta, un'annosa questione tanto per la dottrina quanto per la giurisprudenza. L'evolversi dell'approccio con cui il diritto vivente si è relazionato alla questione è plasticamente reso dalla sentenza con cui le Sezioni Unite 4 luglio 2014, n. 15295 hanno scelto di tornare al principio di ultrattività del mandato difensivo, ponendo un argine al principio di inammissibilità dell'impugnazione proposta nei confronti o da parte di un soggetto privo della capacità di stare in giudizio affermato dalla precedente giurisprudenza di legittimità.

La Suprema Corte, infatti, in un primo momento aveva circoscritto gli effetti del mandato difensivo non potessero estendersi oltre il grado di giudizio nel quale l'evento interruttivo si era verificato. In relazione ad un'ipotesi di cancellazione di una società dal registro delle imprese con conseguente estinzione, ha affrontato gli interrogativi che sorgono quando, essendosi il giudizio svolto senza interruzione, l'evento interruttivo si verifichi nel passaggio al grado successivo (il che può accadere o perché in precedenza siano mancate la dichiarazione dell'evento estintivo o il suo accertamento in una delle altre forme prescritte dai citati artt. 299 e ss., oppure perché quell'evento si è verificato quando ormai, nel grado precedente, non sarebbe più stato possibile farlo constare, ovvero ancora perché l'estinzione è sopravvenuta dopo la pronuncia della sentenza che ha concluso il grado precedente di giudizio e durante la pendenza del termine d'impugnazione). In tale contesto le Sezioni Unite 13 marzo 2013, n. 6070 hanno ritenuto, pur nella consapevolezza di indicazioni giurisprudenziali non sempre univoche sul punto, che l'esigenza di stabilità del processo, che eccezionalmente ne consente la prosecuzione pur quando sia venuta meno la parte (se l'evento interruttivo non sia stato fatto constare nel modi di legge), debba considerarsi limitata al grado di giudizio in cui quell'evento è occorso, in difetto di indicazioni normative univoche che ne consentano una più ampia esplicazione. Il giudizio d'impugnazione deve sempre esser promosso da e contro i soggetti effettivamente legittimati, ovvero della giusta parte (sul punto sono citate Cass. civ., 3 agosto 2012, n. 14106; 8 febbraio 2012, n. 1760; 13 maggio 2011, n. 10649; 7 gennaio 2011, n. 259; Sez. un. 18 giugno 2010, n. 14699; 8 giugno 2007, n. 13395; Sez. Un. 28 luglio 2005, n. 15783). La sentenza ritiene non essere un onere troppo gravoso (né tanto meno un'ingiustificata limitazione del diritto d'azione, a fronte dell'esigenza di tutelare anche i successori della controparte, che potrebbero essere ignari della pendenza giudiziaria) quello di svolgere, per chi intenda dare inizio ad un nuovo grado di giudizio, i medesimi accertamenti circa la condizione soggettiva della controparte, che sono normalmente richiesti al momento introduttivo della lite.

Con un successivo mutamento giurisprudenziale, le Sezioni Unite 4 luglio 2014, n. 15295 hanno, invece, recuperato la tesi della ultrattività del mandato difensivo conferito al professionista. Sussistendo l'inesistenza processuale della parte e non già un difetto di identificazione della stessa, la Corte ha così ritenuto di sanzionare con l'inammissibilità, e non già con la nullità, l'atto di impugnazione notificato a soggetto diverso dalla giusta parte (Cass. civ., 18 gennaio 2016, n. 710).

Al dichiarato fine di stabilizzare il processo, la Cassazione ha ritenuto occorresse in primo luogo stabilizzare la parte stessa, privilegiando la tesi dell'ultrattività del mandato.
Tale ricostruzione è rimasta sostanzialmente immutata negli anni successivi fino ad essere recentemente recuperata da Cass. civ., ord., 9 ottobre 2018, n. 24845, la quale continua ad affermare che «la giusta parte è quella che ha instaurato e quella contro cui è stato instaurato il giudizio, ossia quelle che lo hanno fondato e costruito, conferendo il loro mandato al difensore per la globale cura della controversia; parti che, seppur menomate nella loro capacità o nella loro stessa esistenza in vita, continuano a veder tutelate le proprie ragioni, in favore di coloro che saranno i successori, ad opera del loro rappresentate eletto, al quale soltanto è conferito il potere di comunicare al giudice ed alla controparte l'avvenuta verificazione di quella menomazione».

Stante tale importante arresto giurisprudenziale, recentemente ripreso dalla stessa Suprema Corte, sembrerebbe affermarsi il principio di libera disponibilità dell'interruzione processuale, discendendo la stessa, a detta dei giudici di legittimità, esclusivamente dalla strategia approntata dal difensore costituito, unico indiscusso dominus litis, capace di determinare l'interruzione del processo soltanto esternando formalmente la causa interruttiva (per esempio l'estinzione della persona giuridica) malgrado l'oggettiva conoscibilità dell'evento interruttivo da parte delle altre parti costituite (poiché, ad esempio, di pubblico dominio in quanto iscritto in pubblici registi o, come nel caso di specie, determinato in via legislativa). «Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell'art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell'ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l'atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell'art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell'evento» (Cfr. Cass. civ., Sez. Un., 4 luglio 2014, n. 15295)

RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE

A seguito della riforma del sistema di riscossione fiscale, avvenuta con d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 conv. in l. 1 dicembre 2016, n. 225, le società del Gruppo Equitalia fino ad allora deputate al servizio riscossione sono state cancellate dal registro delle imprese e così dichiarate estinte. Tale estinzione comporta, sul piano processuale, una successione a titolo particolare in favore del nuovo ente pubblico economico, Agenzia delle Entrate – Riscossione, contestualmente istituito.

L'estinzione degli agenti di riscossione privati ha determinato l'automatica prosecuzione dei soli giudizi già avviati e pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge il 24 ottobre 2016.

Quanto, invece, ai giudizi di nuova instaurazione, così come ai nuovi gradi di giudizi in precedenza avviati, la riforma del 2016 rappresenta sicuramente un evento interruttivo del rapporto sostanziale Agente di riscossione – contribuente, da cui discende sul piano processuale l'applicazione della disciplina prevista agli artt. 299 e 300 c.p.c.

Trattasi di soluzione non nuova all'ordinamento, trovando la stessa diretti ed analoghi precedenti nel trapasso di funzioni sia dal ministero delle finanze alle agenzie fiscali ex art. 57 d.lgs. n. 300/99 (Cass. civ.,Sez. Un., n. 3116/06; Cass. civ., n. 1925/08), sia dalle preesistenti concessionarie per la riscossione alla stessa Equitalia spa ex art. 3 d.l. n. 203/05 conv. in l. n. 248/05 (Cass. civ.,n. 7318/14, la quale ha anch'essa ricondotto il fenomeno successorio, sul piano processuale, all'art.111, e non all'art. 110 c.p.c.). Se specificamente riferita alla pendenza del giudizio di cassazione, poi, la soluzione in chiave di continuità del processo trova ulteriore conferma, oltre che sotto il già evidenziato profilo della successione nel rapporto sostanziale controverso ex art. 111 c.p.c., anche nella stessa struttura ufficiosa del processo di legittimità e nella correlata inapplicabilità ad esso dell'istituto dell'interruzione ex artt.299 segg. c.p.c. (Cass. civ.,n. 7477/17; Cass. civ., n. 19864/17; Cass. civ., 1757/16; Cass. civ., n. 24635/15 ed innumerevoli altre).

La dottrina ha da tempo individuato il fondamento dell'istituto dell'interruzione del processo nella necessità di assicurare l'effettività del contraddittorio tra le parti, ove i suddetti eventi colpiscano, nel corso dello stesso, alcuna di esse (i soggetti, cioè, investiti della potestà di compiere atti processuali), menomando in qualche misura la loro partecipazione in difesa delle proprie ragioni. Tuttavia, l'individuazione della giusta parte ha spinto la Suprema Corte a relativizzare tale effetto processuale.

L'interruzione ha invero, nel diritto vivente, sempre più efficacia ex nunc dal momento della dichiarazione o notificazione che il procuratore della parte defunta o non più capace, ed egli soltanto (con esclusione, perciò, degli eredi o del rappresentante legale della parte), può, discrezionalmente, fare o non fare, e fare nel momento che ritiene più opportuno, al fine di provocare, sul presupposto dell'effettivo verificarsi dell'evento, l'effetto giuridico dell'interruzione del processo; dichiarazione o notificazione del procuratore che, consistendo nell'esteriorizzazione di una determinazione volitiva, al fine di produrre l'effetto interruttivo del processo, si configura come negozio processuale del procuratore legittimato dal potere rappresentativo conferito con la procura ad litem (in questi termini, si esprime Cass. civ., Sez. Un., 4 luglio 2014, n. 15295).

In altri termini, l'interruzione del processo non si produce automaticamente, quale effetto ricollegato direttamente ed esclusivamente alla morte o alla perdita della capacità della parte: finché non vi sia la comunicazione formale del procuratore della parte defunta o divenuta incapace, proseguendo l'iter processuale nello stato anteriore, come se la parte fosse ancora in vita o continuasse ad essere capace, si verifica, appunto, il fenomeno dell'ultrattività della procura ad litem, nonostante l'avverarsi dell'evento che, in forza dell'art. 1722, n. 4, avrebbe dovuto procurarne l'estinzione.

Se tale orientamento giurisprudenziale dovesse essere confermato dalle Sezioni Unite cui la Sezione VI-3 ha rimesso la questione ivi prospettata, la diretta instaurazione del giudizio, o di un grado di esso, da o nei confronti del nuovo ente Agenzia delle Entrate – Riscossione non sarebbe obbligatoria, spettando al procuratore costituito per l'agente di riscossione Equitalia s.p.a. comunicare (discrezionalmente) l'avvenuta estinzione della parte.

Appare evidente come una simile soluzione risulti poco ragionevole stante la non equiparabilità delle situazioni di conoscibilità dell'evento interruttivo. Se già sussistono perplessità rispetto all'irrilevanza, ai fini dell'automatica produzione (ovvero retrodatazione) degli effetti interruttivi, dell'estinzione della parte dichiarata all'interno di pubblici registri (come nel caso della cancellazione della società dal registro delle imprese), ad escludere in radice l'estensione di tale conclusione alle ipotesi di estinzione legislativa è il principio generale della inescusabilità dell'ignoranza della legge. Tale principio, garantito dal periodo di vacatio legis che intercorre tra la pubblicazione e l'entrata in vigore della legge, verrebbe compromesso laddove fosse privata di valore la conoscenza legale dell'estinzione dichiarata ex lege, da un lato impedendo alle altre parti di far valere in giudizio la causa estintiva e dall'altro escludendo ogni responsabilità a carico della parte che avvii colposamente il giudizio nei confronti di un soggetto legalmente estinto.

Ove tale diversa ricostruzione venisse accolta dalle Sezioni Unite della Cassazione, ne deriverebbe – come già affermato nel 2013 – l'inammissibilità dell'impugnazione notificata da o nei confronti della parte dichiarata ope legis estinta, mentre sarebbe rituale la notifica dell'impugnazione effettuata da o nei confronti del successore legislativamente designato.
Per cui, in relazione al caso di specie, mentre dovrebbe dichiararsi inammissibile il ricorso notificato dai coniugi al procuratore costituito dell'estinta Equitalia s.p.a., perfettamente rituale sarebbe, invece, la notifica del controricorso proposto dal nuovo soggetto successore ex lege Agenzia delle Entrate – Riscossione, anche se formalmente non destinatario della notifica del ricorso.