Deposito della copia analogica della sentenza notificata in via telematica senza attestazione di conformità

18 Aprile 2019

Viene rimessa alle Sezioni Unite la questione attinente le incertezze che ruotano intorno al ricorso in Cassazione proposto contro un provvedimento notificato con modalità telematica.
Questione controversa

La questione oggetto di rimessione alle Sezioni Unite nasce dalla seguente vicenda: una parte ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello notificata con modalità telematica. Al riguardo, è utile ricordare che il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche deve depositare, a pena d'improcedibilità ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter l. n. 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio.

Tuttavia, nel caso in questione la notifica del ricorso era avvenuta nei sessanta giorni dal deposito della sentenza, per cui non si poneva alcun problema relativo alla verifica della tempestività dell'impugnazione. Pertanto, pur in difetto di produzione della relata di notificazione della sentenza impugnata, il ricorso per cassazione doveva egualmente ritenersi procedibile.

La prova positiva di resistenza quanto alla tempestività della notifica del ricorso se consentiva di superare la questione della procedibilità del ricorso con riferimento alla relazione di notificazione, non lo permetteva rispetto alla sentenza, della quale era presente nel fascicolo soltanto la copia, in formato analogico, notificata in via telematica, senza attestazione di conformità, mentre non era presente la copia autentica. Il Collegio, individuando in questo un possibile motivo di improcedibilità del ricorso, decide di rimettere gli atti alle Sezioni Unite.

La questione sollevata dalla Corte di cassazione con la pronuncia in commento, quindi, è se in mancanza del deposito della copia autentica della sentenza, da parte del ricorrente o dello stesso controricorrente, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, il deposito in cancelleria di copia analogica della sentenza notificata telematicamente, senza attestazione di conformità del difensore o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, comporti l'improcedibilità del ricorso.

Ciò anche se il controricorrente non abbia disconosciuto la conformitàdella “copia analogica informe” all'originale oppure seintervenga l'asseverazione di conformità all'originale dellacopia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanzain camera di consiglio.

Orientamenti contrapposti

Ancora una volta la Corte è chiamata a risolvere le problematiche connesse alle modalità di deposito di atti notificati in via telematica.

Secondo la decisione che qui si segnala, il deposito della copia autentica della sentenza è un requisito di procedibilità di differente natura e funzione rispetto al deposito del ricorso notificato per via telematica, per il quale le S.U. con la sentenza n. 22438/2018 hanno escluso l'improcedibilità del ricorso in caso di deposito di copia analogica dello stesso senza attestazione di conformità o priva di sottoscrizione autografa, laddove il controricorrente depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli oppure il ricorrente provveda a depositare l'asseverazione di conformità sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio.

Secondo la sesta sezione della Corte, il principio del raggiungimento dello scopo non può trovare applicazione con riferimento alla sentenza impugnata perché il presupposto di applicazione del detto principio è l'inerenza della condizione di procedibilità all'accertamento di un fatto processuale. In questo caso, invece, la condizione di procedibilità, rappresentata dal deposito di copia autentica della sentenza nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, non inerisce all'accertamento di un fatto processuale.

L'attività di notificazione costituisce un fatto processuale suscettibile di accertamento da parte del giudice che procede e la cui prova incombe in capo alla parte interessata alla procedibilità del ricorso. La sentenza non è un fatto del processo per cui si procede e che deve essere accertato, ma è l'oggetto del ricorso per cassazione e del quale la legge, proprio per la sua natura di oggetto dell'impugnazione, impone la presenza nel processo nella forma di un documento la cui funzione documentale deve essere realizzata in termini di certezza giuridica.

La condizione di procedibilità attiene pertanto qui non ad un fatto processuale, suscettibile di accertamento, ma ad un documento da depositare nel processo come munito del requisito della copia autentica ed entro un certo termine perentorio.

Il Collegio sottolinea che l'art. 369 c.p.c. richiede la copia autentica della sentenza, ma non della relazione della notificazione, la quale sembra, quindi, poter essere depositata anche in copia informale, ma a condizione che successivamente intervengano il non disconoscimento oppure l'asseverazione "ora per allora". Ciò consente di sostenere che, mentre la relazione di notificazione può anche essere depositata a mezzo di copia informale nel termine perentorio, salvo il successivo raggiungimento dello scopo della produzione, nel medesimo termine la sentenza deve invece essere depositata in copia autentica.

Sembra al Collegio che significativamente la lettera dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. sia formulata nel senso del deposito della «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata» e della «relazione di notificazione, se questa è avvenuta», ma non nel senso del deposito, ove sia intervenuta la notificazione della sentenza, della «relazione di notificazione con la copia conforme

all'originale dell'atto notificata».

Il dato testuale non è casuale ma è significativo della circostanza che la sentenza rileva non come articolazione della notificazione, e dunque quale atto in calce al quale sia apposta la relazione di notificazione, la quale deve essere accertata sia nell'an che nel quando, ma quale entità autonoma che deve risultare nel processo sulla base di determinati requisiti documentali, tant'è che il deposito della copia conforme all'originale dell'atto notificata integra comunque il prescritto requisito della copia autentica della sentenza a condizione però che si tratti della copia con attestazione di conformità all'originale rilasciata dal cancelliere e non del documento che reca solamente la dichiarazione dell'ufficiale giudiziario di consegna di copia conforme a quella recante la relata di notifica.

L'onere processuale, nel caso della sentenza, attiene invero non alla dimostrazione di quale sia il provvedimento che sia stato notificato e che deve essere impugnato, come indurrebbe a ritenere la sufficienza della copia autentica della copia notificata, ma alla presenza nel processo del provvedimento nella sua entità obiettiva grazie al requisito documentale della copia autentica.

L'arresto in questione, invero, sembra anche porsi in contrasto con il trend seguito dalla stessa Corte di cassazione: si pensi alle pronunce della Suprema Corte con cui, in virtù del principio del raggiungimento dello scopo, sono stati ritenuti sanati vizi procedurali attinenti alla redazione degli atti da notificare con modalità telematica (cfr. Cass. civ.n. 18324/2018 con cui la Corte ha dichiarato non inammissibile (rectius ammissibile) il ricorso per cassazione notificato a mezzo posta elettronica certificata allegato al messaggio in formato “pdf”, creato mediante la scansione della copia cartacea e non in formato pdf “nativo”, cioè salvato in formato pdf con un programma di videoscrittura. In senso conforme v. Cass. civ., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665; Cass. civ., 26 gennaio 2016, n. 1403; Cass. civ., 19 dicembre 2016, n. 26102).

Ben avrebbe potuto la Suprema Corte seguire l'orientamento al quale la stessa Corte aveva mostrato di aderire ritenendo, allo stesso tempo, sufficiente e necessaria l'attestazione di conformità all'originale della copia analogica depositata (Cfr. Cass. civ., Sez.Un. n. 22438/2018 relative al deposito della copia del ricorso notificato a mezzo pec senza l'attestazione di conformità).

Si consideri peraltro che il processo civile telematico e le regole emanate in merito alla validità ed all'efficacia da riconoscere alle copie informatiche degli atti originali, siano essi analogici oppure informatici, abbiano lo scopo di agevolare, semplificare, accelerare le dinamiche e le attività materiali connesse al processo (v. d.lgs. n. 80/2005; l. n. 221/2012; l. n. 132/2015). Per questi motivi, richiedere il deposito di copia autentica di un atto notificato in via telematica invece che consentire al destinatario della notifica di depositare la copia analogica della copia informatica della sentenza notificatagli a mezzo pec purché munita dell'attestazione di conformità sembra complicare quanto si voleva semplificare.

In altre parole, i quesiti sollevati con questa ordinanza interlocutoria sembrano disconoscere tutti i progressi che si sono avuti con l'utilizzo del processo telematico, sembrano cioè smentire le norme che riconoscono poteri di attestazione di conformità in capo ai difensori ed equiparano le copie analogiche munite dell'attestazione di conformità agli originali, rischiando, quindi, di rendere più gravosa e dispendiosa l'attività processuale.

Va comunque sottolineata positivamente la rimessione degli atti alle Sezioni Unite al fine di poter sostenere con certezza un'interpretazione univoca ed uniforme nei casi di ricorsi per cassazione avverso sentenze notificate in via telematica.

Rimessione alle Sezioni Unite

La Sesta sezione civile, sottosezione terza, con ordinanza di rimessione n. 28844 del 9 novembre 2018, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione, di massima di particolar importanza, se in mancanza del deposito della copia autentica della sentenza, da parte del ricorrente in Cassazione o dello stesso controricorrente, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, il deposito in cancelleria nel suddetto termine di copia analogica della sentenza notificata telematicamente, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis ed 1-ter, della l. n. 53/1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, comporti l'improcedibilità del ricorso anche se il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificato o intervenga l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'udienza in camera di consiglio.

Soluzione

Le S.U. aderiscono a quanto affermato in precedenza dalla stessa Suprema Corte con la sentenza n. 22438/2018. In particolare, le S.U. affermano che dalla motivazione della sentenza citata non sembrano esservi elementi per desumere che si possa evincere l'assunto fondamentale, su cui poggiano le complesse argomentazioni dell'ordinanza di rimessione, rappresentato dalla ritenuta differenza – per natura e funzione – del requisito di procedibilità costituito dal deposito di copia autentica della sentenza rispetto al deposito del ricorso notificato in via telematica. Ai fini della procedibilità il ricorso, la decisione impugnata e la relata di notifica sono presi in considerazione sia come atti processuali, sia con riguardo all'attività rappresentata dal relativo deposito, nella necessaria ricerca di un punto di equilibrio, che consenta di bilanciare l'esigenza funzionale di porre regole di accesso alle impugnazioni con quella ad un equo processo, da celebrare in tempi ragionevoli, come prescritto dalla nostra Costituzione e dalla CEDU.

Il processo telematico non è stato (ancora) esteso dal legislatore al giudizio di cassazione che è tuttora un processo analogico e ciò, impedisce alla Corte di verificare, direttamente ed autonomamente, la conformità all'originale nativo digitale della copia analogica del ricorso depositata. Le argomentazioni poste a sostegno della tradizionale giurisprudenza di legittimità in materia di procedibilità del ricorso si sono formate "in ambiente di ricorso analogico" sicché non sono del tutto compatibili "in ambiente di ricorso nativo digitale”. Al riguardo, nella sentenza n. 22348/2018 è stato evidenziato che, diversamente da quel che accade in ambiente analogico, nel caso di specie il destinatario della notifica telematica del ricorso per cassazione predisposto in forma di documento informatico e sottoscritto con firma digitale è in grado di effettuare direttamente tale verifica di conformità perché viene in possesso dell'originale dell'atto. Di qui la conclusione che non dare rilievo a questa situazione si tradurrebbe in un "vuoto formalismo" privo di ragionevolezza e che, anzi, rischierebbe di allungare i tempi processuali se non addirittura di rendere impossibile il raggiungimento di una decisione sul merito delle censure.

La ragione principale posta a fondamento della sentenza n. 22438/2018 è quella di garantire una migliore realizzazione dei principi del giusto processo evitando inutili formalismi: non dare rilievo al comportamento del controricorrente destinatario del ricorso al fine di attestare la tempestività del deposito e la conformità dell'atto all'originale avrebbe portato ad una irragionevole violazione dei suddetti principi, derivante dal modo in cui essi vanno intesi "in ambiente di ricorso nativo digitale". Le Sezioni Unite hanno desunto che, per quel che concerne la procedibilità del ricorso, è necessario un adattamento delle regole applicabili onde evitare che l'applicazione della sanzione dell'improcebilità, sulla base dei principi tradizionali nati "in ambiente di ricorso analogico", risulti irragionevole o sproporzionata nel diverso "ambiente digitale".

Quanto affermato nella sentenza n. 22348/2018 appare, dunque, applicabile anche all'ipotesi del deposito di copia della decisione impugnata notificata a mezzo PEC, non autenticata ma non disconosciuta dal controricorrente: in modo analogo a quanto accade per il ricorso nativo digitale notificato via PEC, anche nel caso della sentenza non autenticata notificata per via telematica e poi depositata il coinvolgimento del controricorrente anche sotto forma di "non contestazione" della conformità della copia notificata all'originale appare del tutto rispondente ai principi del giusto processo, perché è proprio il controricorrente ad effettuare la notifica. L'inserimento nel circuito processuale della collaborazione del depositante dell'atto e del controricorrente, ai fini delle verifiche di conformità obiettivamente precluse alla Corte, trova quindi piena giustificazione. La ritenuta applicabilità dei principi innovativi affermati dalla sentenza n. 22438/2018 alla presente fattispecie consente, dunque, di evitare l'epilogo dell'improcedibilità.

Fino a quando il PCT non avrà completa applicazione nel giudizio di cassazione il meccanismo del mancato disconoscimento o dell'asseverazione "ora per allora" può consentire alle parti di verificare l'autenticità degli atti offrendo così collaborazione alla Corte. Tra l'altro, la "fattispecie a formazione progressiva" qui delineata è suscettibile di essere applicata, per analogia, anche a situazioni nelle quali la decisione impugnata sia stata depositata ma non notificata, sempre che ci si trovi in ambiente digitale. Pure in questo caso, infatti, se il difensore deposita una copia semplice, priva di attestazione di conformità ovvero con attestazione non sottoscritta, l'improcedibilità può essere evitata ove il controricorrente non ne contesti la conformità ovvero il ricorrente provveda ad effettuare l'asseverazione "ora per allora".

Alla luce delle suesposte osservazioni ne discende che la questione di massima di particolare importanza prospettata dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta nel senso che, in ambiente digitale, va esclusa la sanzione della improcedibilità del ricorso nel caso di tempestivo deposito di copia semplice della decisione impugnata e notificata a mezzo PEC, in assenza di disconoscimento da parte del controricorrente ovvero in presenza di asseverazione del ricorrente "ora per allora", in applicazione dei principi affermati da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 22438/2018. Nel caso in cui, invece, l'unico destinatario della notificazione del ricorso rimanga soltanto intimato oppure il controricorrente disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata, il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione od all'adunanza in camera di consiglio.

Sembra, dunque, che le S.U. abbiano, finalmente e definitivamente (si spera), messo un punto sulla questione, optando per un orientamento che mostra di essere perfettamente in linea con i principi che hanno portato all'introduzione ed alla diffusione del processo civile telematico volto proprio a semplificare e velocizzare il processo civile e tutti gli adempimenti ad esso connessi.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.