I poteri istruttori del consulente e le nullità (assolute o relative?) della perizia

Pasqualina Farina
07 Marzo 2022

Le Sezioni Unite hanno individuato i limiti relativi ai poteri istruttori del consulente tecnico e hanno ribadito la tesi del generale carattere relativo delle nullità che inficiano la CTU, sia pure con alcune distinzioni. 
Questione controversa

La questione controversa origina da un giudizio avente ad oggetto la rideterminazione - a causa di molteplici clausole (tasso interessi su piazza, anatocismo, commissione di massimo scoperto) - del saldo del conto corrente e consente alla Corte di legittimità di affrontare un contrasto interpretativo sul tema, squisitamente processuale, del rilievo delle nullità inerenti alla consulenza tecnica d'ufficio e dei poteri istruttori del consulente.

Tra i motivi del proposto ricorso figura la nullità della consulenza tecnica d'ufficio (e della sentenza di primo grado, poi confermata in appello) che ha avuto ad oggetto un documento irritualmente acquisito, perché allegato alla relazione del consulente dopo il maturare delle preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c.

A questo riguardo due precisazioni si impongono.

La prima attiene alla rilevanza del documento ai fini della decisione, in quanto contenente le clausole pattizie inerenti al calcolo degli interessi addebitati alla correntista, debitrice principale dell'istituto di credito.

La seconda riguarda l'acquisizione del documento ed il tempo delle contestazioni. Il consulente era, difatti, stato autorizzato dal Tribunale ad acquisire eventuali documenti mancanti e nessuna contestazione era mai stata prospettata nei confronti del provvedimento autorizzativo. Si aggiunga che nessun tempestivo rilievo era stato mosso alla relazione di consulenza tecnica d'ufficio dalla parte interessata, né alla precedente bozza, sottoposta all'attenzione delle parti per eventuali osservazioni.

Dal proprio canto la debitrice ha precisato - nel ricorso - di avere contestato l'acquisizione tardiva del documento nella prima udienza utile dopo il deposito della relazione di consulenza, senza, però, riprodurre nel ricorso il contenuto del relativo verbale. Né la questione della tardiva acquisizione del documento suindicato risulta sollevata dal consulente di parte (della ricorrente) nelle osservazioni alla bozza di relazione sottopostagli dal consulente d'ufficio.

Questi ultimi rilievi consentono alla Cassazione di ritenere insuperata l'acquiescenza (della correntista e dei fideiussori) alla nullità della consulenza tecnica d'ufficio, in difetto di una tempestiva eccezione, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., risultando precluso, per le nullità relative il rilievo d'ufficio, ex art. 157, commi 2 e 3, c.p.c.

Ciononostante, il caso di specie permette al Collegio di indagare meglio la natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio ed il conseguente rilievo (officioso, o su istanza di parte) a causa di un contrasto emerso nella più recente giurisprudenza di legittimità.

Orientamenti contrapposti

La tesi tradizionale è notoriamente nel senso che tutte le nullità della consulenza tecnica (inclusa quella dell'eventuale allargamento dell'indagine oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dalla legge, come pure quella - sussistente nella specie – di indebita indagine su documenti non ritualmente prodotti in causa), hanno sempre carattere relativo, e vanno dedotte dalla parte interessata nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate. Non solo. Il carattere relativo delle nullità impedisce al giudice - in difetto di una tempestiva eccezione, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c. - l'ammissibilità di un rilievo officioso del vizio (ex multis, Cass. civ., 14 agosto 1999, n. 8659; Cass. civ., 15 giugno 2018, n. 15747).

Discorso diverso va fatto in base ad un orientamento più recente (Cass. civ., 6 dicembre 2019, n. 31886, in Foro it., 2020, 2109, con nota di A. Alfieri, I poteri istruttori del consulente tecnico d'ufficio), in forza del quale le indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia o l'acquisizione di elementi di prova - nel caso di specie, un documento - in violazione del principio dispositivo, inficia la consulenza tecnica. Il suddetto vizio sarebbe talmente grave da qualificarsi come «nullità a carattere assoluto», rilevabile d'ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti.

Al consulente rimarrebbe precluso - persino in caso di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti - indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati da queste ultime, ovvero acquisire motu proprio la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte (o documenti che tale prova forniscano). In sintesi, ai limiti individuati dal principio dispositivo e dalle preclusioni istruttorie, non è possibile derogare per ordine del giudice, né per volontà delle parti. Se il giudice non può attribuire al consulente poteri di cui egli stesso è privo(come ad es., ordinare un'indagine su fatti non dedotti o volta a raccogliere le prove di fatti di cui sono onerate le sole parti o, ancora, ad acquisire documenti in violazione dei termini per le produzioni documentali), la relativa ordinanza è da ritenersi nulla. Allo stesso modo i termini posti dall'art. 183, comma 6, c.p.c. sono perentori e presidiano la «sollecita definizione dei giudizi», pertanto la loro violazione non è sanabile nè dal consenso nè dall'acquiescenza delle parti. (In argomento si veda pure Cass. civ., 30 ottobre 2019, n. 27776 cit., la quale ha affermato che nel caso in cui il CTU dovesse avvalersi di documenti non prodotti dalle parti nei modi e nei tempi permessi dalla scansione processuale, le conclusioni del consulente fondate su detti documenti sarebbero inutilizzabili).

Unica deroga a tale assunto sussisterebbe quando la prova del fatto costitutivo della domanda (o dell'eccezione) non possa essere oggettivamente fornita dalle parti, con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico - scientifiche, oppure laddove la consulenza si renda necessaria per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi dì riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti. Torna, dunque, nell'assetto dell'istituto della consulenza, la distinzione tra indagine deducente e percipiente dove il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova (Cass. civ., 1 giugno 2017, n. 13880; Cass. civ., 26 febbraio 2013, n. 4792).

Resta da dire che alla base dell'interpretazione più recente che ha aperto il contrasto vi è l'idea che nel vigore del precedente regime del giudizio di cognizione, scevro dal rigore delle preclusioni, tutte le nullità istruttorie presentavano necessariamente carattere relativo, in mancanza di un termine perentorio per il compimento delle relative attività. Tuttavia, tale assetto per lo più rimarcato in relazione alla nullità derivante dall'omissione dell'avviso ad una delle parti della data di inizio delle operazioni peritali, non sarebbe più in linea con il sistema delle preclusioni, assertive ed asseverative, che regge l'odierno processo civile e che è preordinato alla tutela di interessi generali, la cui violazione è sempre rilevabile d'ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene (Cass. civ., 26 giugno 2018, n. 16800).

Rimessione alle Sezioni Unite

Come è evidente, la questione attinente alla possibilità di individuare in maniera esatta i limiti ai poteri istruttori del consulente tecnico ed alla qualificazione dei vizi in termini assoluti o relativi che inficiano la perizia appare di capitale importanza sia sotto il profilo sistematico sia sotto il profilo pratico, anche a causa dell'applicazione giurisprudenziale sempre più pervasiva del principio.

Proprio per tali motivi, la S.C. osserva che la persistenza del contrasto giurisprudenziale sulla questione sin qui delineata imponga la sua rimessione al Primo Presidente ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c. affinché valuti l'opportunità di investirne le Sezioni unite per la risoluzione dell'emerso contrasto.

Soluzione

Le Sezioni Unite, chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale, hanno in primo luogo precisato che il consulente, nei limiti delle indagini affidategli dal giudice e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all'oggetto della lite necessari per individuare la soluzione dei quesiti, «a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti fatti principali rilevabili d'ufficio».

A questo, le Sezioni Unite affiancano un ulteriore principio, al fine di regolamentare in maniera univoca il potere-dovere di acquisizione del consulente tecnico d'ufficio. Segnatamente, per il Collegio, il consulente – sempre nel rispetto del perimetro disegnato dai quesiti formulati dal giudice e dal rispetto del principio del contraddittorio – può acquisire, indipendentemente dall'attività di allegazione delle parti, tutti i documenti funzionalmente necessari a fornire una risposta ai quesiti surrichiamati, purché non siano diretti a provare «i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio».

A questo riguardo la Corte, in motivazione, distingue tra potere di allegazione e quello, a questo complementare, di rilevazione. Per vero, se il potere di allegazione costituisce piena estrinsecazione del principio dispositivo e di quello della domanda, quello di rilevazione è condiviso dalla parte con il giudice. Basti al riguardo considerare il potere del giudice di rilevare le eccezioni in senso lato e, quindi, i fatti impeditivi modificativi o estintivi della pretesa che, seppur non allegati dalla parte, emergano dagli atti di causa. Pertanto, secondo le Sezioni unite, è corretta ed esente da vizi, la decisione che recepisce le risultanze della CTU, valorizzando quei fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa che seppure non dedotti dalla parte siano stati accertati dal consulente.

A questo punto, la Corte passa a scrutinare alcuni profili della consulenza contabile di cui all'art. 198 c.p.c., affermando come in questa peculiare fattispecie al consulente – tenuti fermi i limiti delle indagini commessegli e la disciplina del contraddittorio – vada riconosciuto il potere di acquisire, indipendentemente dall'attività di allegazione, tutti i documenti che si rendono necessari per rispondere ai quesiti; e ciò anche laddove essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni.

Quanto al profilo dei vizi che inficiano la CTU, la Corte ha privilegiato l'esigenza di stabilizzare i risultati raggiunti dal consulente, ribadendo la tesi del generale carattere relativo delle nullità che inficiano la CTU, sia pure con alcuni distinguo. Ed infatti è stato precisato che l'accertamento di fatti secondari «o l'acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all'atto viziato o alla notizia di esso».

Un regime difforme è stato, invece, individuato dalla Corte in caso di accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d'ufficio. Sussistendo, infatti, in queste ipotesi una vera e propria violazione del principio della domanda e del principio dispositivo si riscontra una fattispecie di «nullità assoluta rilevabile d'ufficio o, in difetto, di motivo di impugnazione da farsi a valere ai sensi dell'art. 161 c.p.c.»

Dopo aver ricostruito in questi termini la disciplina della consulenza tecnica e della rilevabilità degli eventuali vizi che la inficiano, la Corte si è occupata della decisione di uno dei motivi di ricorso che aveva ad oggetto un vizio verificatosi nel corso dello svolgimento della perizia contabile dove l'attività del consulente consiste anche nell'acquisizione di documenti concernenti fatti principali non oggetto di rituale produzione di partesenza alcuna preclusione; ciò per essere il consulente tenuto soltanto a promuovere sulla suddetta acquisizione, il contraddittorio tra le parti, la cui violazione è denunciabile nei limiti di cui all'art. 157, comma 2, c.p.c. Considerato poi che (in seguito all'atto dell'acquisizione operato dal consulente come pure in sede di disamina della bozza di perizia trasmessa dal consulente ex art. 195 c.p.c.), la parte, a mezzo del proprio perito, non ha dedotto la suddetta violazione del contradditorio nei termini previsti di cui all'art. 157, comma 2, c.p.c., la doglianza, in considerazione dell'acquiescenza prestata, non può essere accolta.

Riferimenti:

  • A. Alfieri, Riflessioni sulla natura e sugli effetti dei vizi riguardanti la consulenza tecnica, in Giusto proc. civ., 2020, 1162 ss.;
  • V. Ansanelli, La consulenza tecnica nel processo civile. Problemi e funzionalità, Milano 2011;
  • F. Auletta-V. Capasso, Lo statuto dei poteri del consulente tecnico d'ufficio: ansia da nomofilachia...con colpo di scena finale, in Corr. giur., 2020, 1536
  • A. Bonafine, Note a prima lettura sull'ordinanza interlocutoria sull'ammissibilità delle critiche alla c.t.u. sollevate nell'ambito del giudizio ordinario per la prima volta in comparsa conclusionale, in Judicium, 2020, 269;
  • M. Bove, Il sapere tecnico nel processo civile, in Riv. dir. proc., 2011, 143;
  • F. Danovi, Note sulla consulenza psicologica nel processo civile, in Riv. dir. proc., 2000, 808 ss.
  • F. De Santis, Note in tema di consulenza tecnica d'ufficio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 435 ss..
  • E. Vianello, Consulenza tecnica d'ufficio, Torino 2015.

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