In caso di patrocinio a spese dello Stato si applica l'art. 13, comma 1-quater T.U.S.G.?

18 Maggio 2020

Con la sentenza 20 febbraio 2020, n. 4315, le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla questione se, in caso d'inammissibilità dell'impugnazione, ove la parte impugnante sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, debba provvedersi o meno alla statuizione prevista dall'art. 13, comma 1-quater T.U.S.G.
QUESTIONE CONTROVERSA

L'art. 13, comma 1-quaterd.P.R. 30.5.2002, n. 115 (d'ora innanzi, T.U.S.G.), inserito 28 dall'art. 1, comma 17, della legge 24.12.2012, n. 228 (e applicabile con riferimento alle impugnazioni proposte dopo il 30.1.2013), prevede che «Quando l'impugnazione, anche incidentale, e' respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice da' atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso».

Orbene, si è posto il problema relativo all'applicabilità di questa disposizione anche nell'ipotesi in cui la parte, essendo stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non sia tenuta al versamento del contributo unificato (art. 11 d.P.R. 30.5.2002, n. 115).

ORIENTAMENTI CONTRAPPOSTI

Secondo un primo orientamento, l'ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato comporta l'automatica esclusione dell'obbligo di versare un ulteriore importo del contributo ex art. 13, comma 1-quater T.U.S.G., inserito 28 dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (e applicabile con riferimento alle impugnazioni proposte dopo il 30 gennaio 2013); in base a tale orientamento, se l'impugnante è una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nel respingere o nel dichiarare inammissibile il ricorso, deve darsi atto della "non sussistenza" dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato dovuto (tra le tante, Cass. civ., sez. L, n. 18523/2014; Cass. civ., sez.VI - 5, n. 7368/2017; Cass. civ., sez. L, n. 13935/2017).

Secondo un altro orientamento, invece, l'eventuale ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato non esclude l'obbligo del giudice dell'impugnazione di attestare, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, di aver adottato una decisione (di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione) che comporta in astratto l'obbligo di versare un ulteriore importo del contributo unificato, essendo, poi, di competenza esclusiva dell'amministrazione giudiziaria valutare se, nonostante l'attestato tenore della pronuncia, spetti in concreto la doppia contribuzione; perciò, deve darsi atto della "sussistenza" dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato anche nei confronti del ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto che la valutazione finale sulla debenza in concreto del doppio contributo spetti all'amministrazione giudiziaria (Cass. civ., sez.III, n. 13055/2018; Cass. civ., sez.I, n. 9660/2019; Cass. civ., sez.I, n. 19863/2019).

RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE

Le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla questione se, in caso d'inammissibilità dell'impugnazione, ove la parte impugnante sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, debba provvedersi o meno alla statuizione prevista dall'art. 13, comma 1-quater T.U.S.G.

LA SOLUZIONE DELLE SEZIONI UNITE

Le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto, ritengono che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non escluda l'obbligo del giudice dell'impugnazione, quando adotti una decisione di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità della stessa, di attestare, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo di contributo unificato (c.d. "raddoppio del contributo"); ciò perché l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è suscettibile di essere revocata, anche dopo la pronuncia della sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione, allorquando sopravvengano i presupposti di cui all'art. 136 T.U.S.G.

Il primo periodo del comma 1-quater dell'art. 13 T.U.S.G. individua "due presupposti" per il sorgere dell'obbligo di versare il doppio contributo: 1) che il giudice abbia adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione; 2) che la parte che ha proposto impugnazione sia tenuta al versamento del contributo unificato iniziale.

Il primo presupposto, che si ricava dall'incipit della formula normativa («Quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile (...)»), appartiene al campo del diritto processuale e corrisponde al fatto che il giudice dell'impugnazione abbia adottato una pronuncia corrispondente ad uno dei tipi (integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) previsti dalla legge. Il secondo presupposto, invece, appartiene al campo del diritto sostanziale tributario e si ricava dall'espressione che segue la prima: «la parte è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis»; laddove l'aggettivo "ulteriore" significa che l'importo da versare si aggiunge e corrisponde a quello dovuto a titolo di contributo unificato per il giudizio di impugnazione, ex art. 13, comma 1-bis, T.U.S.G., al momento dell'iscrizione della causa a ruolo.

Quanto detto vuol dire che tale secondo presupposto rimanda implicitamente a tutte le norme del Testo unico sulle spese di giustizia che prevedono i casi in cui, all'atto dell'iscrizione del procedimento, è dovuto il contributo unificato e stabiliscono i relativi importi (artt. 9 e ss. T.U.S.G.).

In proposito, va osservato che il carattere "ulteriore" dell'importo dovuto a titolo di contributo unificato non implica soltanto che l'entità di tale importo corrisponde all'entità del contributo iniziale, che perciò è "raddoppiato"; esso implica anche e soprattutto che l'obbligo di versare un importo "ulteriore" del contributo unificato è - nella formula dell'art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G. - "normativamente e logicamente dipendente" dalla sussistenza del precedente obbligo della parte impugnante di versare inizialmente, al momento dell'iscrizione della causa a ruolo, il contributo unificato.

In altre parole, l'obbligo di corresponsione di un ulteriore importo del contributo unificato è "normativamente condizionato" alla debenza del contributo unificato iniziale e può sorgere solo a condizione che tale contributo sia dovuto: la debenza del contributo unificato iniziale costituisce, dunque, il presupposto sostanziale della debenza del raddoppio.

Ora, la debenza del contributo unificato iniziale dipende dalla ricorrenza di una serie composita di fattori, del tutto indipendenti dall'esito del giudizio di impugnazione.

Essa dipende, innanzitutto, da quanto previsto dall'art. 9 del T.U., che prescrive in via generale quando è dovuto il contributo unificato (talora facendo dipendere la sua debenza dal livello del reddito della parte, come è previsto per le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie e per quelle individuali di lavoro o concernenti il pubblico impiego); ma dipende anche dall'assenza delle "esenzioni" di cui al successivo art. 10 (riconosciute per particolari tipi di procedimenti) e dall'assenza di "prenotazione a debito" ai sensi dell'art. 11 T.U.S.G. (riconosciuta in favore dell'amministrazione pubblica, della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e della parte obbligata al risarcimento del danno quando è esercitata l'azione civile nel processo penale).

Si tratta di plurimi fattori, taluni di tipo "oggettivo" (come quelli riferiti al tipo di controversia), altri di tipo "soggettivo" (come quelli legati alla posizione della parte, con riferimento ad es. al suo reddito: art. 9, comma 1-bis, del T.U.); taluni di carattere "positivo" (come quelli appena menzionati), altri di carattere "negativo" (assenza di esenzioni e di prenotazione a debito).

Alcuni di essi, poi, possono mutare nel corso del tempo, come la prenotazione a debito in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la quale viene meno nel caso di revoca dell'ammissione.

L'accertamento di tali complessi fattori, dai quali dipende la debenza del contributo unificato iniziale, compete, per sua natura, alla pubblica amministrazione, in persona del funzionario di cancelleria addetto all'ufficio del giudice presso il quale è stata proposta l'impugnazione; e tale accertamento vale ex se anche ai fini della debenza del raddoppio del contributo, che - come detto - è normativamente dipendente dalla debenza del contributo unificato iniziale. La norma prevede che il giudice dell'impugnazione dia atto solo della "sussistenza" dei presupposti per il raddoppio del contributo e non della "non-sussistenza" dei medesimi.

Il giudice, pertanto, deve rendere la detta attestazione solo quando addiviene ad una pronuncia corrispondente ad uno dei tipi cui la legge collega il raddoppio del contributo (integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione); non deve, invece, formulare alcuna attestazione ogni volta che la sua pronuncia non sia inquadrabile nei tipi previsti dalla norma, con conseguente esclusione in radice del raddoppio del contributo unificato: così, ad es., quando dichiari l'estinzione del giudizio (Cass. civ., sez.VI-1, n. 23175/2015; Cass. civ., sez.VI-3, n. 19560/2015) o quando dichiari l'inammissibilità sopravvenuta dell'impugnazione per cessazione della materia del contendere (Cass. civ., sez.VI-2, n. 13636/2015).

La disposizione in esame chiama il giudice ad attestare di aver adottato una decisione qualificabile come pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione, alla quale consegue in astratto il raddoppio del contributo unificato.

La ratio della previsione normativa è quella di sottrarre al funzionario amministrativo il compito di interpretare la sentenza, considerato che, a seconda delle tipologie di impugnazione, il tenore della decisione - nel suo articolato complesso "motivazione-dispositivo" - potrebbe ingenerare dubbi sulla ricorrenza di una fattispecie di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione.

Ora, sebbene letteralmente l'art. 13, comma 1-quater preveda che il giudice dell'impugnazione deve dare atto «della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente» che determinano il raddoppio del contributo, appare evidente che la legge plus dixit quam voluit.

Infatti, l'attestazione del giudice può riguardare solo la ricorrenza del "presupposto processuale" che determina in astratto il raddoppio del contributo (ossia l'aver adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione); ma non può riguardare la sussistenza dell'altro presupposto richiesto dall'art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G., costituito dalla debenza del contributo unificato iniziale, il cui accertamento compete in via esclusiva all'amministrazione giudiziaria e, in caso di contestazione, alla giurisdizione tributaria.

L'attestazione del giudice dell'impugnazione ha la funzione ricognitiva della sussistenza di uno soltanto dei presupposti previsti dalla legge, quello di carattere "processuale" attinente al tipo di pronuncia adottata (così, Cass. civ., sez.VI - 3, n. 23830/2015; Cass. civ., sez.I, n. 9660/2019).

Rimane, invece, affidato all'Amministrazione il compito di accertare in concreto la sussistenza degli altri presupposti dai quali dipende la debenza in concreto della doppia contribuzione (Cass. civ., sez.III, n. 26907/2018; Cass. civ., sez.III, n. 5955/2014); cosicché, se è vero che - come prevede l'art. 13 comma 1-quater, ultima parte, T.U.S.G. - l'obbligo del pagamento «sorge al momento del deposito» del provvedimento che respinge integralmente o dichiara inammissibile o improcedibile l'impugnazione, il detto obbligo sorge a condizione che sussistano gli altri presupposti richiesti dalla legge per l'insorgere del debito tributario, da accertarsi a cura dell'amministrazione giudiziaria.

In conclusione, va ritenuto che il giudice deve limitarsi a dare atto di avere adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione, competendo poi esclusivamente all'Amministrazione valutare se - nonostante l'attestato tenore della pronuncia, che evidenzia la sussistenza del presupposto processuale costituito dall'esito del giudizio di impugnazione, legittimante "in astratto" la debenza del doppio contributo - la doppia contribuzione spetti "in concreto".

Ne deriva che il giudice dell'impugnazione, nell'adottare una pronuncia corrispondente ad uno dei tipi previsti dall'art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G., ben può formulare l'attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato "condizionandola" alla debenza del contributo inizialmente dovuto, così rendendo esplicito ciò che nella detta norma è implicito.

Ciò non vuol dire, tuttavia, che il giudice sia tenuto a formulare tale attestazione anche quando appaia ictu oculi evidente che il pagamento del contributo unificato sia radicalmente e definitivamente escluso in ragione della materia su cui verte la controversia (ad es.: "equa riparazione" ai sensi della legge n. 89/2001; disciplinare magistrati) o della qualità soggettiva delle parti (come le Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate dal materiale versamento del contributo stesso mediante il meccanismo della prenotazione a debito).

In tali casi, infatti, l'attestazione del giudice sarebbe vana - apparendo evidente ed indiscutibile che il raddoppio del contributo è precluso - e il giudice può astenersi dalla detta attestazione.

In conclusione, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «Il giudice dell'impugnazione, ogni volta che pronunci l'integrale rigetto o l'inammissibilità o la improcedibilità dell'impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest'ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato); mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo».

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