La data di rilascio nella licenza per finita locazione
11 Luglio 2022
Massima
Se il legislatore, imponendo al giudice del rilascio di immobili di fissare la data di rilascio a norma dell'art. 56 l. 392/1978, appone una legale appendice al tempo contrattuale in cui l'immobile rimane nella disponibilità del conduttore, questo significa che non è compatibile con il paradigma normativo imporre il rilascio senza alcun termine, vale a dire il giorno dopo la fine del periodo contrattualmente pattuito. Il caso
Intimata licenza per finita locazione per la data di scadenza prevista dal contratto, ovvero il 28 febbraio 2018, la stessa veniva convalidata da parte del Tribunale, fissando per il rilascio dell'immobile il giorno successivo, il 1° marzo 2018. La pronunzia determinativa della data di rilascio veniva opposta ex art. 56, 3° comma, l. 392/1978 innanzi al Tribunale in formazione collegiale. L'opposizione veniva respinta con condanna dell'opponente al rimborso delle spese processuali. Avverso la sentenza veniva proposto ricorso per cassazione per violazione e falsa applicazione dell'art. 56, commi 1 e 3, della l. n. 392/1978; assumendo l'omessa valutazione delle esigenze della conduttrice che, dovendo approntare il rilascio per il giorno successivo alla scadenza del contratto, avrebbe per ciò solo «perso la disponibilità effettiva dell'immobile molto tempo prima di quanto sarebbe stato possibile prevedere». Il ricorso è stato accolto e la pronunzia cassata con rinvio. La questione
La decisione in annotamento solleva il seguente interrogativo: ovvero, se il giudice adito in sede di intimazione di licenza per finita locazione, valendosi dei poteri previsti dall'art. 56 l. 392 del 1978, possa far coincidere la data di rilascio con la data di scadenza del contratto. In altre parole si chiede se sia ammesso, in tale ipotesi, a fronte di licenza “precoce”, prescindere dalla fissazione della data di rilascio. Le soluzioni giuridiche
La pronunzia in oggetto esclude la correttezza della soluzione adottata dal giudice di merito, ritenendola “paradossale”, laddove il Tribunale ha ritenuto di fissare per il rilascio il giorno successivo alla scadenza del contratto, in presenza di intimazione precocemente notificata a distanza di oltre un biennio dalla scadenza del contratto. Si argomenta che, seguendo questa soluzione, il giudice non potrebbe comparare le esigenze contrapposte delle parti, ma sarebbe unicamente valutata favorevolmente quella espressa da parte del locatore volta a conseguire l'immediato rilascio dell'immobile. Sarebbe poi di «immediata evidenza (ictu oculi)» che, seguendo questa soluzione, non sarebbe possibile incidere sul contenuto, «tanto ontologico, quanto temporale del godimento dell'immobile che al conduttore spetta pienamente sino alla fine del periodo locatizio pattuito»; dato che, comunque, la notifica della licenza per finita locazione, per quanto «precoce anche in massima misura», non sarebbe in grado di «alterare il sinallagma negoziale». Invece, l'effetto sostanziale consisterebbe proprio nel determinare una riduzione della durata del godimento della res locata laddove il conduttore dovesse approntare, pur sempre in corso di rapporto, seppur al termine di esso, quanto necessario a garantire il rilascio. In tal modo si obbligherebbe il conduttore «a non fruire più dell'immobile per un certo tempo finale della conduzione, così da poterlo restituire pronto a nuova destinazione immediatamente il giorno dopo la fine della contratto». Osservazioni
I. Dispone l'art. 56, 1° comma, della l. 392/1978: «con il provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, previa motivazione che tenga conto anche delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore nonché' delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta, fissa la data dell'esecuzione entro il termine massimo di sei mesi ovvero, in casi eccezionali, di dodici mesi dalla data del provvedimento». La previsione di determinazione giudiziale della data del rilascio ha sostituito i procedimenti di graduazione degli sfratti, in vigore nella legislazione vincolistica (Potenza Chirico, Annunziata, 437). Il testo normativo, sul punto solo in minima parte innovato nel 2004 (mercè il d.l. 240/2004), rimette alla discrezionale valutazione del giudice la determinazione della data di rilascio. A questo proposito egli è tenuto a procedere ad una valutazione “comparativa” delle contrapposte esigenze di conduttore (che ha interesse a permanere nello stabile il più a lungo possibile) e locatore (che invece desidera la più celere liberazione dello stabile). In questa considerazione comparata delle rispettive esigenze delle parti rilevano pure le «ragioni per le quali viene disposto il rilascio», sia questo intimato per morosità o per finita locazione. A quest'ultimo riguardo, assume rilevanza un ulteriore parametro valutativo, unicamente riferibile alla finita locazione; ovvero, «il tempo trascorso dalla disdetta». Posto che, tanto più si rivela precoce l'invio della disdetta del contratto di locazione rispetto alla naturale scadenza, tanto prima andrebbe fissata la data del rilascio, una volta convalidato lo sfratto o la licenza, seppur comparando le esigenze espresse dal conduttore. Come si vede, sin dal 1978, e con l'innovazione da ultimo portata nel 2004 (con riferimento alla previsione del «tempo trascorso dalla (comunicazione della) disdetta»), il legislatore ha fornito al giudicante, chiamato a fissare la data per il rilascio immobiliare, precisi parametri valutativi di riferimento in grado di orientarlo in questa delicata scelta. Dell'utilizzo di questi parametri il giudice deve dare conto nella motivazione agli effetti di un eventuale controllo successivo (su cui infra). Per la convalida dello sfratto per morosità, per comprensibili ragioni, il legislatore impone la fissazione di un celere rilascio («nelle ipotesi di cui all'art. 55, per il caso in cui il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell'esecuzione non può' essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento»: art. 56, capoverso, l. n. 392). Per quanto la previsione lessicalmente sia riferita all'omessa sanatoria della mora per termine di grazia, si ritiene che essa sia dotata di valenza generalizzata, afferendo a qualsivoglia tipologia di morosità. L'ultima previsione sembra limitare il potere discrezionale del giudicante. Tale potere rimane invece assai ampio in riferimento nelle ipotesi di sfratto per finita locazione (ove il rilascio può essere fissato «entro 12 mesi dalla data del provvedimento») e per il quale opera la valutazione comparata delle contrapposte esigenze, come esposte dalle parti, laddove presenti in udienza. II. Con riguardo alla licenza per finita locazione, mediante atto notificato prima della scadenza del contratto di locazione, la questione concernente se e quale modalità di rilascio debba adottare il giudice della convalida è sempre rimasta in ombra. Per vero, la considerazione unitaria della fissazione della data di rilascio all'interno del medesimo comma, tanto dello sfratto che della licenza per finita locazione, dovrebbe militare nel senso di ritenere sempre necessaria la fissazione del termine dilatorio. Per quanto la comune interpretazione e la prassi si siano orientate nel senso di ritenere, in caso di convalida di licenza per finita locazione, non necessario fissare una data di rilascio, potendo la stessa coincidere con quella di scadenza del contratto (Bucci, Crescenzi, 139; Masoni, 438: Nardone, 219. In giurisprudenza, Pret. Bologna 23 luglio 1979, in Arch. Loc. cond., 1980, 291; Trib. Gorizia, 5 marzo 2003, ivi, 2003, 523). A distanza di oltre quarant'anni dall'introduzione della norma dettata dalla legge sull'equo canone sulle modalità per il rilascio, è intervenuta il dictum nomofilattico in commento che ha portato chiarezza. La Corte si è pronunciata con riguardo alla questione dell'applicabilità della fissazione del termine dilatorio alla convalida della licenza. Opportunamente, la Corte ha chiarito che il legislatore del 1978 ha inteso introdurre una “appendice al tempo contrattuale in cui l'immobile rimane nella disponibilità del conduttore”, precisando che tale paradigma sarebbe incompatibile laddove la fissazione del rilascio fosse prevista per il giorno successivo alla scadenza della durata della locazione, come nella specie era avvenuta. Dato che, così opinando, il conduttore dovrebbe preparare lo sgombero dei locali, ancora vigente il contratto. In tal modo quest'ultimo sarebbe privato di una proporzionale porzione temporale di godimento del bene locato, per quanto minima, che il conduttore ha pagato mediante corresponsione del canone. La conclusione cui si perviene è la seguente. Anche in ipotesi di licenza per finita locazione, il giudice è tenuto alla fissazione della data di rilascio, valutando comparativamente le esigenze espresse da conduttore e locatore in udienza. Su questa valutazione può incidere il tempo trascorso dall'invio della disdetta che assume preciso valore. In presenza di disdetta precoce, denotante l'esigenza del locatore di conseguire celere rilascio, il giudice potrà tenerne conto, seppur nel rispetto del principio di civiltà giuridica espresso dalla nomofilachia, secondo cui al conduttore mai potrà essere sottratto un tempo, seppur circoscritto, di godimento dell'immobile (previsto dalla durata del contratto), tempo che verrebbe dedicato ad approntare il trasloco, in prospettiva del tempestivo rilascio richiesto dal locatore (DI MARZIO, 638). Mediante invio di disdetta cui sia seguita licenza notificata prima della scadenza del contratto, il conduttore viene posto nelle condizioni di conoscere le intenzioni del locatore e pertanto di predisporre per tempo le attività prodromiche al rilascio, in particolare attivandosi per reperire altro stabile ove trasferirsi. A favore della soluzione nomofilattica, favorevole anche in tal caso alla fissazione della data di rilascio, milita un'ulteriore considerazione, già esposta dalla migliore dottrina. Se si escludesse l'applicabilità del termine di rilascio in ipotesi di licenza, «la concreta possibilità di applicazione della norma sarebbe rimessa al libito del locatore, il quale potrebbe essere sollecitato ad agire con la licenza per evitarne la concessione» (Frasca, 219). III. Resta un'ultima considerazione, come ha confermato il caso suscitato dalla pronunzia epigrafata. A fronte di provvedimenti di rilascio avente contenuto abnorme, costituisce utile valvola di sfogo l'opposizione proponibile sullo specifico punto (autonomo rispetto alla statuizione di merito) avverso tale giudicato, ai sensi del 3° comma dell'art. 56 della l. 392/1978 (come novellato nel 2004). Per completezza merita unicamente un cenno di inquadramento sistematico. L'istituto in discorso è un rimedio esercitabile contro un (preteso vizio che può inficiare un) atto dell'esecuzione per rilascio (rilascio che va iniziato una volta spirato il termine dilatorio in oggetto; art. 605 c.p.c.), quando il giudice abbia fatto cattivo uso del potere discrezionale che gli è stato demandato (Trib. Modena, 23 dicembre 2008, in Imm. Diritto, 2009, 10, 54, con nota dell'esponente). L'opposizione ex terzo comma viene qualificata alla stregua di un'opposizione agli atti esecutivi, per quanto sui generis (CARRATO, 685). Ad essa risulta inapplicabile il termine perentorio di proponibilità fissato in termini generali dall'art. 617 c.p.c. per l'opposizione agli atti esecutivi; dato che la norma speciale ne ammette la proponibilità al tribunale, senza fissazione di termini di sorta, potendo la stessa essere avanzata «in qualsiasi momento» (art. 56, 3° comma, l. 392), ma, comunque, «prima che l'esecuzione possa essere intrapresa dall'avente diritto al rilascio», ovvero non oltre il termine fissato per l'esecuzione (Cass. civ., 23 luglio 2012, n. 12814, in Arch. Loc. cond., 2013, 5, 589. In dottrina, LOMBARDI, 365). Riferimenti
|