Risarcimento danni in materia sanitaria: gli strumenti complementari di risoluzione delle liti

Francesca Toppetti
15 Luglio 2022

Nei giudizi relativi ai danni patrimoniali e non patrimoniali scaturiti da condotte professionali non conformi agli standards esigibili trova sempre maggiore applicazione il ricorso agli strumenti complementari di risoluzione delle controversie, che consentono di raggiungere la conciliazione delle liti, senza attendere la pronuncia giurisdizionale conclusiva del processo.
La deflazione dei ruoli giudiziari ed il rispetto del principio di ragionevole durata del processo

Gli strumenti di gestione della lite che passano attraverso percorsi di tipo conciliativo rappresentano un'alternativa alla decisione giudiziale (per questo si parla di processo senza sentenza) e non al giudizio, del quale costituiscono - spesso - una modalità di sviluppo che conduce ad una più veloce ed efficace definizione: la diffusione della cultura della pacificazione è l'unica ancora di salvezza per migliorare l'amministrazione della giustizia, riducendone i costi e garantendo il rispetto del principio della ragionevole durata del processo.

Infatti, la deflazione dei ruoli giudiziari - innescata e resa possibile dal ricorso ai sistemi complementari di risoluzione delle liti - evita che l'attesa di giustizia tardi ad essere soddisfatta e rende possibile la migliore definizione dei processi che presentano caratteristiche incompatibili con i percorsi conciliativi, in quanto libera la scrivania (ormai digitale) del Giudice da tutti i contenziosi che possono essere condotti fuori dal processo senza attendere la sentenza.

La gestione negoziale dei conflitti sanitari consente, quindi, all'ordinamento di offrire ai cittadini un vero e proprio binario parallelo a quello giurisdizionale, da inquadrare in una logica di coesistenza sistematica che - nell'intentio della riforma in atto - è destinata a configurarsi come modalità complementare per soddisfare la domanda di giustizia e non già alternativa.

I percorsi degiurisdizionalizzati offrono una risposta più efficiente e più veloce, che risolve il conflitto con carattere di definitività, senza percorrere i tre gradi della giurisdizione: pazienti e strutture sanitarie pubbliche e private - con i loro difensori - sono chiamati ad acquisire consapevolezza del potenziale dirompente di cui gli strumenti deflattivi sono portatori.

La nozione di “conciliabilità” e la definitività della conclusione della lite

La dimensione nuova che gli strumenti complementari di risoluzione delle controversie dischiudono agli operatori della giustizia può essere illuminata da una breve riflessione semantica che consente di focalizzare l'attenzione sulla nozione di conciliabilità: al lungo elenco di sinonimi della parola (e della nozione di) conciliazione, presenti nei dizionari della lingua italiana (accordo, intesa, patto, compromesso, accomodamento, aggiustamento, riavvicinamento, pacificazione, composizione) si contrappone una più ristretta lista di significati di segno contrario, aggregati intorno al concetto di contrapposizione (disaccordo, opposizione, dissidio, dissonanza, divergenza, dissenso, disarmonia, attrito).

Le parti conciliate raggiungono la definitività della soluzione, sottraendo se stesse (e talvolta anche i propri eredi, data la lunghezza dei tre gradi di giudizio, cui può aggiungersi anche l'ulteriore tassello del giudizio di rinvio, ove la Corte di Cassazione lo disponga) dal pondus di gravose esecuzioni e/o dall'impegno di quelle energie personali ed economiche, spesso ingenti, che sono necessarie per attraversare l'intero percorso della tutela giurisdizionale, prima di porre la parola fine al conflitto e, finalmente, voltare pagina.

La mediazione nella riforma della giustizia civile secondo il PNRR

Il mancato espletamento della mediazione obbligatoria nei giudizi di responsabilità sanitaria mina la procedibilità della domanda, per cui - rilevato l'omesso espletamento del procedimento di mediazione - il Giudice assegna alle parti un termine di quindici giorni (prevalentemente ritenuto ordinatorio) per presentare l'istanza di mediazione e, contestualmente, fissa la successiva udienza, entro i successivi tre mesi.

Si tratta di uno strumento che, in concreto, non è riuscito a raggiungere i prefissi scopi deflattivi, in quanto svilito nella stragrande maggioranza dei casi a semplice lasciapassare per accedere al processo, stante la sua natura processuale di condizione di procedibilità con quanto ne consegue, al verificarsi della declaratoria di improcedibilità, sul piano della condanna al versamento all'erario di una somma pari a quella del contributo unificato.

Le innovazioni che la riforma del Ministro Cartabia propone - sapientemente nutrite della vasta giurisprudenza che negli ultimi venti anni si è espressa sul tema, evidenziandone i problemi e le criticità, al fine di potenziare questo strumento conciliativo - sono volte a valorizzare l'effettività dell'incontro di mediazione, regolando le conseguenze della mancata partecipazione; è consentita - per giusti motivi documentati - la possibilità di delega a soggetti adeguatamente muniti di conoscenze specifiche sui fatti controversi e sui margini di flessibilità soggettivi idonei a consentire ad una conciliazione, apre la porta anche alla piena legittimazione dello svolgimento concordato, a distanza, degli incontri in via digitale e disciplina in modo espresso il dibattuto e delicato tema della responsabilità contabile per il caso di accordo dell'ente pubblico in sede di mediazione ed anche giudiziale, che costituisce un nodo cruciale del complesso rapporto tra le strutture sanitarie pubbliche e la conciliazione della lite.

Parrebbe, dunque, che gli ostacoli che fino ad oggi hanno frustrato la diffusa efficacia sostanziale, in termini di deflazione del giudizio, di questo strumento di composizione della lite potrebbero essere in breve rimossi, per farlo decollare, anche grazie a meccanismi di incentivazione fiscali ed economici, quali l'esenzione dall'imposta di registro, il riconoscimento di un credito d'imposta, la riduzione delle spese di avvio del procedimento, l'estensione della possibilità di ottenere il patrocinio a spese dello Stato.

Le ordinanze conciliative che indirizzano le parti a negoziare una soluzione negoziata del conflitto

Le ordinanze conciliative sono un prezioso strumento deflattivo, di cui il Giudice può avvalersi per condurre le parti fuori dal perimetro del processo, indirizzandole a pacificare la lite, con la forza della sua autorevolezza e della sua conoscenza del fascicolo processuale. Il Giudice civile può condurre un'autentica attività di screening, per individuare le controversie conciliabili, profondendo energie nello studio attento delle allegazioni e dei documenti prodotti dalle parti. Il Giudice può disporre la conciliazione della lite in ogni momento del processo - quando e se ravvisi margini di conciliabilità- ma nei giudizi di responsabilità sanitaria ciò avviene con maggiore frequenza e con un più elevato tasso di successo, nella fase immediatamente successiva al deposito della C.T.U., a partire dalle cui risultanze - ove siano convincenti ed adeguate siano state le risposte alle eventuali censure critiche dei C.T.P. - è possibile che più favorevolmente avvenga la formulazione di una proposta conciliativa.

Non esiste un modello standard su cui parametrare le ordinanze deflattive, perché l'analisi di molteplici provvedimenti conciliativi consente di affermare che quanto più il contenuto della proposta del Giudice sia modulato sulla specificità del caso concreto e sulla (sia pure non ultimativa) sua percezione della vicenda oggetto di accertamento, tanto maggiori saranno le chance di adesione delle parti e positiva conclusione della conciliazione: ciò che facilita la gestione negoziale della lite, fondata sulla proposta conciliativa del giudice, è certamente l'indicazione dei confini sostanziali del possibile accordo e la contestuale previsione di margini di elasticità, che consentano alle parti di attivare le proprie doti pacificatrici e la soggettiva capacità di composizione dei conflitti. Le ordinanze conciliative richiedono una tecnica redazionale diversa rispetto a quelle dei provvedimenti decisori, con i quali - tuttavia - condividono la matrice fondamentale: la conoscenza del fascicolo da parte del giudice, il cui impegno di analisi traspare dal testo del provvedimento ed aiuta le parti a capire che non si tratta di un tentativo generico ed indifferenziato di velocizzare la conclusione della lite, per deflazionare il carico del ruolo giudiziale, ma di una scelta ragionata e ponderata, che si fonda sullo stato degli atti condotto prudentemente da chi è istituzionalmente chiamato a deciderli in via definitiva. La persuasività con cui sono state redatte le ordinanze conciliative è direttamente proporzionale con i risultati di pacificazione che producono, anche attivando le c.d. leve conciliative all'interno della succinta motivazione, in quanto la forza insita in questi strumenti non si misura in astratto, ma in concreto e dipende dalla capacità di illustrare alle parti l'utilità di avviarsi verso un percorso negoziale alternativo al processo, che passa anche attraverso la scelta accurata delle parole, per rendere accattivante la prospettiva dell'accordo proposto, con la consapevolezza che la percezione di perdere il valore di qualcosa è, anche sotto il profilo psicologico, una forte spinta all'azione.

La formulazione dell'invito a conciliare rientra nell'ambito di quelle buone prassi che la Scuola Superiore della Magistratura concorre sistematicamente a stimolare, mediante la redazione di documenti scientifici e l'organizzazione di corsi di formazione dedicati al fine di favorire la diffusione sempre più capillare di modalità di gestione del processo, che inducano i magistrati a considerare attivamente e con frequenza la bontà del ricorso agli strumenti complementari di tutela dei diritti.

Nei casi di giudizi con scenari plurisoggettivi in cui siano coinvolte numerose parti sostanziali (come avviene laddove, ad esempio, siano presenti più strutture sanitarie, i professionisti sanitari e le eventuali loro compagnie assicurative) il potere conciliativo del Giudice si estrinseca più efficacemente attraverso la formulazione di una proposta di invio delle parti innanzi ad un mediatore (c.d. mediazione demandata), che possa facilitare la ricerca di una consensuale modalità di incontro, idonea a consentire l'abbandono del giudizio, con un accordo che si fondi sulle risultanze delle attività giurisdizionali condotte. In tali casi la mediazione iussu judicis può prevedere anche una proposta ex art. 185 bis che il giudice offre alle parti ed indirizza al mediatore, come base dell'attività conciliativa che le parti gli demanderanno e che - come noto - potrebbe prevedere un allargamento della torta, che esuli dal perimetro indicato dal giudice, profilando anche modalità ulteriormente gradate di incontro, per accrescere il valore - reciproco - del possibile accordo, per ciascuna delle parti. Va rilevato che l'ordinanza di mediazione c.d. delegata può essere, discrezionalmente, disposta anche in fase di appello e che, durante il giudizio innanzi al tribunale, non sia preclusa - quale possibile percorso complementare di tipo conciliativo - anche nei casi in cui sia stata già negativamente esperita una mediazione ante causam; infatti, l'ordinanza di mediazione c.d. delegata è concepita come strumento dotato di un'efficacia completamente diversa, proprio in virtù del potere autorevole del Giudice, che può lasciar trasparire il principio di diritto che sarebbe in astratto applicabile alla fattispecie e lasciare intravedere una probabile, sia pur modificabile, prospettazione prognostica sul piano probatorio, per agevolare l'opera del mediatore.

Le previsioni della normativa di riforma in itinere appaiono volte anche a superare molti dei problemi applicativi emersi nella pratica utilizzazione dei sistemi conciliativi e la struttura del processo, tra cui certamente la questione della tracciabilità delle ordinanze conciliative, volta a valorizzare il lavoro e l'impegno giudiziale ad esse sotteso ed in esse profuso.

Il tema del monitoraggio delle esperienze e del computo delle ordinanze conciliative nel novero dei provvedimenti emanati annualmente dai magistrati costituisce una svolta importante, per consentire il rafforzamento dei percorsi di gestione negoziale della lite, anche nella dimensione endoprocessuale, come testimonia la recente esperienza del Tribunale Civile di Roma; quest'ultimo - precorrendo i tempi della riforma in atto - ha già attivato, all'interno del Sistema Informativo Contenzioso Civile Distrettuale, specialmente presso la sezione XIII, specializzata nella responsabilità professionale, un sistema digitale che consente di censire la produzione giudiziale di ordinanze deflattive, in modo da farle entrare a pieno titolo del sistema di valutazione della produttività dei magistrati e consentire, al tempo stesso, una costante attività di raccolta e rilevazione statistica dell'effettiva utilizzazione ed utilità degli strumenti deflattivi a disposizione dei magistrati.

Gli strumenti deflattivi previsti dall'art. 8 della l. n. 24/2017: la centralità della c.t.u. e la valorizzazione della c.t.m.

La responsabilità sanitaria appare come un vero e proprio sotto-sistema di matrice giurisprudenziale, costruito negli anni dallo stratificarsi di pronunce di merito e di sentenze di legittimità che ne hanno progressivamente delineato i confini attraverso l'enucleazione di molteplici principi di diritto ed è stata oggetto di un intervento legislativo che ha portato alla emanazione della legge Gelli Bianco, che ha avuto il pregio - pur nella difficoltà dell'impresa - di fare ordine nella disciplina di questa delicata materia. Ciò che particolarmente rileva, ai fini del presente focus tematico, è il meccanismo previsto per la de-congestione del contenzioso di cognizione attraverso il sistema combinato del ricorso ex art. 669-bis c.p.c. e del ricorso ex art. 702-bis c.p.c., la cui efficacia e declinazione pratica può essere utilmente illuminata anche alla luce delle Linee guida emanate il 7 maggio 2020 dal Tribunale civile di Roma, XIII sezione, in materia di A.T.P. conciliativa.

La consulenza tecnica d'ufficio è il fulcro dei processi in materia di responsabilità sanitaria e la sua centralità costituisce un dato oggettivo non dubitabile: fermo, infatti, il potere del Giudice di discostarsene, la prassi consolidata documenta un elevato tasso di compliance tra i provvedimenti giudiziali e le risultanze delle C.T.U. anche per l'estrema delicatezza delle norme esperienziali su cui è fondata la pratica di un'arte importante quale è la professione medica: ciò postula un livello di conoscenza tecnica degli argomenti posti in campo ed oggetto di contestazione che invoca comprovata esperienza ed elevata conoscenza specialistica.

Per questo la legge n. 24 del 2017 ha previsto il meccanismo della A.T.P. conciliativa, in quanto sono proprio le risultanze delle C.T.U. che consentono - con grande frequenza - di dirimere la sostanza della lite in ambito sanitario, rendendo superfluo l'espletamento di eventuali altri mezzi di prova. Il vantaggio della consulenza resa durante il giudizio di A.T.P. è di condividere la medesima efficacia probatoria della C.T.U. svoltasi in seno al giudizio ordinario di cognizione e di essere, quindi, suscettibile di utilizzo nel prosieguo del giudizio, laddove il tentativo di conciliazione demandato ai C.T.U. non abbia esito positivo, stante la previsione (cfr. art. 669-bis, c. 5, c.p.c.) per cui essa può essere acquisita al successivo giudizio di merito, su istanza di ciascuna parte. Essenziale è, certamente, che gli albi dei C.T.U. siano monitorati con attenzione, affinchè i magistrati possano scegliere professionalità adeguate alla specificità del caso concreto in accertamento, dovendosi talvolta – per la grande settorializzazione della medicina specialistica - non solo scegliere una specialità chirurgica, ma ad esempio il quid pluris della certificata esperienza su una particolare tecnica operatoria.

Al ricorrere di determinate condizioni che lo rendano necessario o opportuno, il Giudice può attingere ad elenchi di diversi tribunali o nominare professionisti dotati di particolari competenze che non siano iscritti ad un albo giudiziario, ma l'iscrizione all'albo dei C.T.U del Tribunale costituisce un'indubbia garanzia anche nella scelta del Consulente in mediazione, denominato con la sigla C.T.M., la cui figura non appare ancora adeguatamente valorizzata, ma può svolgere un ruolo essenziale per la conciliazione della lite.

Nei tribunali che hanno già colto, da alcuni anni, il grande potenziale dei sistemi di giustizia complementare è stata già varata l'ammissibilità delle risultanze della C.T.M. innanzi al Giudice, laddove la conciliazione in mediazione non abbia avuto esito positivo e questo è uno degli elementi di valore aggiunto che la riforma Cartabia sta portando avanti, con la previsione che al momento della nomina dell'esperto - da attingere, appunto, tra gli iscritti in albi C.T.U. dei tribunali - le parti concordino la producibilità in giudizio della relazione, per essere liberamente valutata dal giudice. La prassi indica che la competenza del Mediatore e l'esperienza del Consulente in mediazione rendono la C.T.M. uno strumento idoneo a costruire la futura pacificazione della lite sia laddove le parti si accordino innanzi all'organismo di mediazione, sia per il potere di dissuasione dall'azione giudiziale (ove il presunto danneggiato riscontri l'infondatezza della propria pretesa), sia quando la C.T.M. sia ammessa nel successivo giudizio, previa verifica dell'avvenuto rispetto del principio del contraddittorio e del rigore della procedura nel suo espletamento.

In conclusione

Sebbene non tutte le controversie si prestino ad una conciliazione extraprocessuale o endoprocessuale, sono moltissimi i conflitti che possono essere risolti e pacificati, senza la necessità di attraversare tutte le fasi del processo ordinario di cognizione, con enormi vantaggi sul piano del funzionamento della giustizia, della fiducia nei confronti del mondo del diritto e della qualità dei rapporti tra le parti sostanziali.

Gli avvocati ed i magistrati sono chiamati a perseguire, congiuntamente, l'obiettivo di velocizzare la risposta del sistema giustizia ai bisogni degli utenti che ad esso si rivolgono, rendendolo sempre più sostenibile, appropriato ed accessibile: si tratta di uscire dalla logica della dissonanza e del combattimento processuale, per collocare le parti sostanziali in una dimensione di armoniosa ricostituzione dell'intesa, che prenda il posto dello scontro e del disaccordo.

Le ordinanze conciliative pronunciate ex art. 185-bis c.p.c., al pari delle ordinanze di invio in mediazione delegata e di quelle c.d. miste sono strumenti idonei alla gestione negoziale dei conflitti sanitari, unitamente ai procedimenti di A.T.P. ed ai procedimenti di mediazione, che costituiscono uno dei punti di forza su cui il nuovo processo civile in corso di definizione parrebbe puntare, per il miglioramento della giustizia.

È essenziale diffondere, attraverso una adeguata formazione dei giuristi, le competenze nella gestione consensuale delle liti - ancora oggi non adeguatamente presenti in maniera diffusa - per accrescere il numero di operatori del diritto capaci di condurre definizioni non contenziose, che sono facilitate certamente dalla creazione ed implementazione di raccolte digitali - a cui attingere le casistiche di soluzioni conciliative - oltre che dai protocolli e le buone prassi e dalla attivazione di corsi di formazione ad hoc anche al livello accademico.

*Fonte:www.ridare.it

Riferimenti
  • M. RUVOLO, ATP conciliativo ed altri profili processuali della nuova responsabilità sanitaria (legge 24/17), in relazione per la SSM, gennaio 2018.
  • D. DALFINO, Il processo civile per responsabilità medica: condizioni di procedibilità e riparto dell'onere della prova,in Questione Giustizia, settembre 2018.
  • F. TOPPETTI (a cura di), La Risoluzione stragiudiziale delle controversie mediche e sanitarie, settembre 2020.
  • V. AMIRANTE, Le condizioni di procedibilità ex art. 8 della legge 24/2017 nella prospettiva del tribunale di Roma. Note a margine delle Linee Guida in materia di Accertamento Tecnico Preventivo ai sensi dell'articolo 8 Legge 24/2017 pubblicate il 13.2.2020, in Judicium, febbraio 2021
  • P. SANDULLI, Le A.D.R. in tema di responsabilità medica, in Judicium, 2021.
  • M. BETTI, Quali riforme per una giustizia civile in cambiamento, in Questione Giustizia, luglio 2021.
  • M. MARINARO, La mediazione civile 3.0: per una giustizia coesistenziale e sostenibile,in Mondo ADR, settembre 2021.

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