Il nuovo sistema milanese di misurazione a punti del danno da perdita del rapporto parentale

18 Luglio 2022

Il “Gruppo Danno alla persona dell'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano” - facendo seguito alle indicazioni formulate dalla Cassazione, con la sentenza 10579/2021, circa la necessità di adottare un sistema di misurazione a punti per il danno da perdita del rapporto parentale – ha formulato un modello tabellare integrato a punti che risulta pienamente rispondente ai criteri fissati dai giudici di legittimità.
Quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale: la svolta imposta dalla cassazione

È passato poco più di un anno dal momento in cui la S.C. (Cass. civ. 21 aprile 2021, n. 10579) ha sancito il superamento – ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale – di quella tabella del Tribunale di Milano che, da quasi un decennio, risultava applicata su scala nazionale quale riferimento di carattere paranormativo al quale improntare la valutazione equitativa del giudice, in ossequio alle indicazioni a suo tempo formulate dalla stessa Cassazione (Cass. 7 giugno 2011, n. 12408). Il cardine sul quale ruota tale revirement dei giudici di legittimità è fondato sulla necessità di assicurare una maggior uniformità e prevedibilità delle decisioni: obiettivo da perseguire tramite l'adozione di un modello fondato su una misurazione a punti. Tale svolta ha assunto carattere definitivo, essendo numerose le successive pronunce con cui la S.C. ha inteso dare continuità al principio di diritto secondo cui “al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che prevede, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella” (così, da ultimo, Cass. civ. 23 giugno 2022, n. 20292).

La presa di posizione della Cassazione è stata letta, dalla maggioranza degli interpreti, quale endorsement del modello adottato, a partire dal 2007, dal Tribunale di Roma (che ha individuato un sistema fondato sul un'unità di misura definita “punto di sofferenza”, al quale viene attribuito un valore monetario fisso, e prevede che il numero di punti venga assegnato sulla base di una serie di criteri, corrispondenti al grado di parentela con il defunto, all'età della vittima, all'età del congiunto sopravvissuto, alla condizione di convivenza e alla composizione del nucleo familiare). Non essendo tuttavia il sistema capitolino esplicitamente indicato dalla Cassazione quale nuovo riferimento paranormativo, da tenere in considerazione ai fini della valutazione di tale voce di pregiudizio, risulta comunque praticabile una concretizzazione delle indicazioni dei giudici di legittimità attraverso un diverso modello di quantificazione del danno rispondente a quei requisiti. In tale prospettiva, il “Gruppo Danno alla persona dell'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano” ha elaborato, tramite un'integrazione delle sue tabelle, un autonomo schema di misurazione a punti del danno da perdita del rapporto parentale.

Il sistema a punti

Il percorso da compiere al fine di pervenire all'adozione di un sistema a punti non appare scontato.

Va, anzitutto, sottolineato che nessuna indicazione precisa al riguardo può essere ricavata da un confronto con il modello adottato nel campo della lesione dell'integrità psico-fisica; in quest'ultimo ambito, infatti, l'unità di misura del punto appare ancorata a una nozione elaborata in ambito medico-legale, il che implica che l'intero sistema di quantificazione del pregiudizio risulti incardinato su tale specifico presupposto. Diversamente, nel settore della lesione del rapporto parentale, il sistema di liquidazione del danno non è stato agganciato ad alcuna ricostruzione teorica formulata da scienze diverse dal diritto. Ne consegue che, allo stato dell'arte, la costruzione di un sistema a punti rappresenta un'elaborazione di carattere strettamente giuridico, il cui obiettivo è quello di costruire un modello convenzionale di conversione in denaro del pregiudizio patito dai congiunti, in una prospettiva volta a imbrigliare la valutazione equitativa del giudice entro uno schema tale da rendere la stessa maggiormente prevedibile.

Un sistema di misurazione “a punti” mira, in definitiva, a graduare sul piano quantitativo le distinte variabili che il giudice prende in considerazione ai fini della liquidazione del pregiudizio in questione.

Le metodologie applicabili, per costruire un simile modello, sono di vario tipo, come non ha mancato di evidenziare l'Osservatoriodi Milano. Quest'ultimo propende, tra le differenti possibilità, per un sistema che prevede la sommatoria dei vari punti, tramite un'attribuzione che parte da zero. Tale scelta - che rispecchia il medesimo metodo applicato dal tribunale di Roma – sembra essere quella che meglio si presta a concretizzare le indicazioni dei giudici di legittimità, i quali sanciscono che il sistema deve rivestire carattere di “modularità”, con ciò propendendo per un'assegnazione di punti legata a distinti moduli, che in seguito vengono sommati per definire l'importo totale. Il sistema “per somma di punti partendo da zero” risulta altresì preferibile, secondo l'Osservatorio milanese, in quanto consente di apprezzare immediatamente il peso monetario delle varie circostanze e permette di considerare distintamente ciascuna di esse, senza mediare il relativo dato con gli altri parametri.

Il valore del punto

Il nodo più rilevante, per la costruzione di un simile sistema, è rappresentato dal valore economico attribuito all'unità di misurazione.

Secondo quanto sostenuto dalla Cassazione, si deve procedere all' “estrazione del valor medio del punto dai precedenti”: indicazione, questa, che viene a trovare piena rispondenza nel modello tracciato dall'Osservatorio milanese, dove il valore del punto viene determinato dividendo per 100 l'importo massimo previsto dalla precedente tabella, la quale ha rappresentato il punto di riferimento nazionale applicato nell'ultimo decennio dalla maggior parte dei tribunali. Non altrettanto può dirsi per quanto riguarda la determinazione del valore del punto nel modello capitolino, in quanto non risulta per alcun verso esplicitato il metodo attraverso il quale il tribunale romano è pervenuto alla determinazione di tale importo, ricavandolo dai precedenti. Sarebbe proprio la mancata rispondenza della tabella romana al sopra richiamato criterio indicato dalla Cassazione ad aver spinto l'Osservatorio di Milano a non aderire a quel metodo, per procedere all'elaborazione di un autonomo modello.

In seconda battuta, si tratta di richiamare l'indicazione della S.C. secondo cui – come affermato nella sentenza n. 10579/2021 (v. § 1.1.4.) – si tratterebbe di fare riferimento al criterio “a punto variabile”. Tale precisazione – peraltro rimasta sotto traccia, in quanto non è stata ripresa dalle successive pronunce della Cassazione - trova in ogni caso conferma all'interno del modello meneghino, dove il valore del punto viene a differire a seconda che il rapporto parentale leso sia di primo grado (euro 3365) oppure di secondo grado (euro 1461,20). Si tratta di una distinzione la quale giustificata – secondo quanto osserva il tribunale milanese – dal fatto che a fronte della perdita dei parenti di secondo grado non può darsi per scontata la presunzione di un danno sofferenziale intenso (il quale risulta invece incorporato nel valore del punto previsto per la lesione di rapporti familiari di primo grado). Va rilevato che, tramite tale differenziazione – sfociata nell'elaborazione di due distinte tabelle - è possibile superare il diverso margine di esercizio della discrezionalità giudiziale legato all'applicazione della vecchia tabella (che per i rapporti di 1° grado permetteva un incremento del 100% rispetto al valore base, mentre per quelli di 2° grado arrivava fino al 500%).

I parametri per la quantificazione del danno

Il pregiudizio che si punta a misurare – come osservato dall'Osservatorio milanese - consiste nella sofferenza soggettiva e nelle compromissioni di carattere dinamico relazionale provocati dalla lesione del rapporto parentale: vale a dire le componenti attraverso le quali viene scandita la fenomenologia di qualunque danno di carattere non patrimoniale. Le circostanze distintamente prese in considerazione ai fini dell'attribuzione di punti integrano, pertanto, altrettanti elementi suscettibili di influenzare l'entità di entrambe le voci del pregiudizio.

I parametri presi a riferimento nel sistema milanese sono rappresentati da quattro circostanze di natura oggettiva (età della vittima primaria, età del congiunto sopravvissuto, situazione di convivenza, sopravvivenza di altri congiunti) e una di natura soggettiva (qualità e intensità della relazione affettiva). Si tratta di criteri che vengono a corrispondere a quelli indicati come indefettibili dalla Cassazione e dei quali si teneva già conto nell'applicazione della precedente tabella: la differenza con il passato sta nel fatto che a ciascuno di essi viene oggi legata una specifica scala di graduazione dei punti. Per quanto riguarda, poi, la distribuzione dei punti tra le varie circostanze, l'Osservatorio milanese sottolinea che la stessa è stata modulata in modo da consentire il miglior allineamento possibile con le indicazioni giurisprudenziali provenienti dal monitoraggio dei precedenti.

Nel modello milanese, i punti astrattamente attribuibili sulla base delle tabelle ammontano a un importo superiore a 100 (rispettivamente 118 e 116) per consentire di arrivare alla misura massima del risarcimento in una pluralità di casi gravi. Resta comunque salva l'individuazione di un tetto massimo della liquidazione (definito con l'inglesismo ‘cap') rappresentato dal valore corrispondente a 100 punti. In ossequio a quanto stabilito dalla Cassazione, secondo cui si può prescindere dall'applicazione della tabella a fronte dell'eccezionalità del caso, l'Osservatorio milanese accoglie tale possibilità, sottolineando – in particolare – che, come già avveniva in passato, una valutazione superiore al tetto massimo sarà praticabile qualora l'illecito sia stato cagionato con dolo.

La discrezionalità giudiziale

La maggior prevedibilità garantita dall'applicazione di un sistema a punti discende dal fatto che limitato, all'interno dello stesso, appare lo spazio garantito alla discrezionalità giudiziale. Per quanto riguarda il metodo milanese, nessun margine per l'esercizio della stessa emerge a fronte dell'applicazione dei criteri di carattere oggettivo, considerato che l'attribuzione dei punti appare di fatto automatica. Uno spazio si apre, invece, quando si tratta di applicare il criterio dell'intensità della relazione affettiva: con ciò rispondendo all'esigenza, segnalata dalla Cassazione, che il sistema preveda dei correttivi tali da permettere di tener conto della particolarità di ciascuna situazione. Con riguardo a tale specifico criterio, l'entità dei punti attribuiti va pesata tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, tra le quali l'Osservatorio milanese si sofferma a fornire un'elencazione non esaustiva. Si tratta di pesare la sofferenza interiore e la compromissione relazionale legati alla specifica situazione lesa: e, a tale riguardo, l'Osservatorio milanese prevede la possibilità di attribuire un importo unitario, ovvero di distinguere le somme attribuite in relazione a ciascuna delle due voci del pregiudizio.

Posto che per tale criterio è previsto un massimo di 30 punti, nei “Criteri orientativi" si osserva che si tratta di un'indicazione coerente con l'unico dato normativo oggi esistente in tema di personalizzazione del danno non patrimoniale (vale a dire l'art. 138 cod. ass. il quale prevede che il danno non patrimoniale alla salute per lesioni di non lieve entità possa essere aumentato fino al 30%). Un simile parallelismo potrebbe, tuttavia, dar luogo a malintesi, lasciando intendere che l'attribuzione dei punti legati a tale parametro richieda la dimostrazione di circostanze eccezionali; diversamente, si ritiene che – in corrispondenza a quanto già avveniva in applicazione delle vecchie tabelle - la valutazione del punteggio debba attestarsi, in assenza di specifiche prove, su un valore base, con spostamenti verso l'alto o verso il basso a seconda delle specificità del caso. Il ruolo che assolve tale parametro, infatti, non è quello di procedere alla personalizzazione dell'ammontare già predeterminato del pregiudizio, bensì quella di fornire la valutazione di uno degli addendi fondamentali per ottenere la somma finale.

Differente appare lo spazio per l'esercizio della discrezionalità giudiziale consentito dal metodo romano. Qui la relazione di parentela viene pesata tramite l'attribuzione di un numero di punti fisso: si prevede, tuttavia, che il punteggio possa “essere diminuito fino alla metà in relazione alla situazione concreta correlata alla effettiva esistenza di un serio rapporto affettivo o annullato in caso di prova di assenza di vincolo effettivo”. Ciascun rapporto parentale riveste, dunque, in questa logica un peso predeterminato, la cui consistenza viene ad essere intaccata esclusivamente laddove venga messa in discussione l'effettiva esistenza del legame affettivo (aspetto, questo, che dovrebbe essere fatto pesare in sede di an e non già di quantum del risarcimento). È bene sottolineare come tale profilo venga preso in considerazione anche nel sistema milanese, attraverso una nota la quale specifica che “contrasti di rilevante intensità o controversie giudiziarie tra le due vittime, violenze o reati commessi dalla vittima secondaria nei confronti della vittima primaria possono ridurre, fino ad azzerare, l'ammontare risarcitorio riconosciuto in base a tutti i parametri/punti della tabella”.

Un ulteriore spazio per la discrezionalità del giudice emerge, inoltre, nel metodo romano in relazione alla situazione di “non convivenza”: la quale non porta, semplicemente, alla mancata attribuzione di punti relativamente a tale parametro (come avviene nel modello milanese), ma apre la porta alla possibile riduzione fino alla metà del danno. Altro profilo di discrezionalità inserito nel sistema romano è legato all'assenza di familiari sopravvissuti entro il secondo grado, il quale non si traduce in un punteggio (come avviene nel sistema milanese, dove i punti vengono modulati con riguardo alle sopravvivenza di altri congiunti appartenenti al nucleo familiare primario), bensì in un aumento del risarcimento compreso tra un terzo e un mezzo. Si tratta, dunque, di spazi di discrezionalità che vengono ad incidere in maniera significativa sulla prevedibilità del risultato ricavabile attraverso tale metodo.

I soggetti legittimati

Uno dei punti più discussi, in passato, per quanto riguarda il ristoro del danno da perdita del rapporto parentale riguarda la cerchia dei soggetti legittimati a richiedere il risarcimento. Per quanto concerne tale aspetto, la Cassazione non ha assunto posizione relativamente ai congiunti che devono essere inclusi all'interno del sistema a punti.

L'Osservatorio di Milano si è limitato, lungo tale profilo, a confermare la considerazione dei rapporti già inclusi nelle vecchie tabelle (mentre ben più ampia appare la cerchia dei soggetti legittimati inclusi nella tabella romana).

Va sottolineato, in ogni caso, come rimanga aperta la possibilità di assicurare la tutela risarcitoria – attraverso il modello milanese - anche a congiunti non compresi nella tabella, laddove sia dimostrata in concreto quell'intensità del legame suscettibile di riflettersi, in caso di lesione dello stesso, sul piano sofferenziale e dinamico-relazionale del congiunto sopravvissuto.

In conclusione

Il sintetico esame fin qui condotto - con riguardo alle nuove tabelle milanesi integrate a punti – rende evidente come le stesse siano state elaborate in piena rispondenza ai criteri enucleati dalla Cassazione; paradossalmente, le stesse finiscono per presentare una maggior coerenza con le indicazioni della S.C. rispetto al metodo romano, pur essendo quest'ultimo il modello che i giudici di legittimità avevano in mente nel momento in cui hanno identificato i presupposti fondamentali ai quali improntare il modello “a punti”.

I timori sollevati, prima dell'emanazione delle tabelle milanesi, da parte di alcuni operatori del diritto – in particolare da gruppi avvocati impegnati ad assistere le vittime – circa un possibile taglio di risarcimenti paiono superati dal fatto che le nuove tabelle integrate a punti garantiscono una sostanziale continuità con il passato (come emerge dagli esempi di calcolo risarcitorio, formulati dall'Osservatorio milanese, confrontati con il monitoraggio); l'adozione delle stesse non pare, quindi, suscettibile di far emergere nuovi elementi di criticità rispetto al metodo che ha trovato applicazione da un decennio a questa parte.

Il fatto che, in concreto, non ci si trovi davanti a un nuovo metodo di misurazione - bensì ad un'operazione di integrazione del modello già applicato in passato dalla maggior parte dei tribunali - permette, altresì, di garantire la conferma delle liquidazioni effettuate, all'interno dei procedimenti ancora in corso, con le vecchie tabelle (posto che la Cassazione ha sottolineato come vada considerata equa la quantificazione che non risulti sproporzionata rispetto a quella ricavabile da un sistema a punti).

Quanto all'obiettivo fondamentale – posto dalla Cassazione alla base del suo revirement – di una maggior prevedibilità e uniformità delle decisioni in materia di danno da perdita del rapporto parentale, è evidente che lo stesso non possa dirsi ancora totalmente raggiunto, essendo comunque a tal fine necessario addivenire all'applicazione di un metodo di liquidazione univoco.

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