Intervento del creditore sine titulo con diritto di prelazione nell’espropriazione contro il terzo proprietario

18 Luglio 2022

La Corte di cassazione esamina la seguente questione: può la banca, pur non essendo munita di un titolo esecutivo, intervenire senza la necessità di depositare l'estratto autentico notarile delle scritture contabili quale creditore del terzo datore di ipoteca avente un diritto di prelazione risultante da pubblici registri?
Massima

Il creditore che, al momento del pignoramento, ha un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (nella specie, ipoteca iscritta contro gli esecutati) può intervenire nel processo di espropriazione forzata anche se non munito di titolo esecutivo, senza che siano necessari il deposito e la notifica dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili, adempimenti che sono invece prescritti per i creditori sine titulo titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c.

Il sub-procedimento di verifica dei crediti dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo - che è disciplinato dall'art. 499, commi 5 e 6, c.p.c. e trova un antecedente adempimento nell'onere di notifica dell'atto di intervento - costituisce requisito per l'accesso dei predetti creditori alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità e celerità della ripartizione, sicché spetta ex officio al giudice, con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione, fissare un'apposita e distinta udienza per la comparizione del debitore e dei creditori intervenuti sine titulo, disponendone la notifica a cura di una delle parti.

Se il giudice dell'esecuzione omette di fissare l'udienza prevista dall'art. 499, commi 5 e 6, c.p.c., è onere del creditore interessato avanzare tempestivamente istanza per la sua fissazione, affinché l'udienza si svolga durante la fase liquidativa del processo esecutivo; ne consegue che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né la richiesta volta alla fissazione dell'udienza di verifica dei crediti, né quella volta alla rimessione in termini del creditore rimasto inerte.

La contestazione della ritualità dell'intervento per credito carente di qualsiasi titolo e per mancanza anche dei presupposti surrogatori dell'art. 499 c.p.c. integra una controversia distributiva e può essere proposta dal creditore concorrente quando, ai fini della distribuzione della somma ricavata, sia stato considerato pure l'intervento non titolato od equiparato.

In caso di intervento nell'esecuzione immobiliare di un creditore privo di titolo esecutivo, ma avente una garanzia ipotecaria prestata dall'esecutato per il debito di un soggetto estraneo al processo esecutivo, all'udienza ex art. 499, commi 5 e 6, c.p.c. del sub-procedimento di verifica dei crediti devono essere convocati sia l'esecutato, sia il debitore principale, il quale è legittimato ad esercitare il potere processuale di dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi sine titulo egli intenda riconoscere, in tutto o in parte, o, alternativamente, disconoscere.

Il caso

La decisione in esame trae origine dalla seguente vicenda: un istituto di credito interveniva nella procedura di espropriazione immobiliare promossa da una società di capitali, in forza di un contratto di apertura di credito, in relazione al quale gli esecutati avevano prestato, quali terzi datori di ipoteca, garanzia reale sui loro immobili iscritta nei pubblici registri.

Alienati gli immobili, veniva predisposto il progetto di distribuzione del ricavato che riconosceva alla Banca intervenuta, quale creditore ipotecario di secondo grado, la somma richiesta.

La società cessionaria del credito della creditrice procedente contestava il riparto e, segnatamente, il credito dell'intervenuta, in quanto questa era intervenuta sine titulo e senza il rispetto delle modalità e delle forme prescritte dall'art. 499 c.p.c.

Con ordinanza il g.e., pur dando atto che il contratto di apertura di credito non costituisce titolo esecutivo, reputava ammissibile l'intervento del menzionato istituto di credito in quanto fondato su un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, per il quale non era necessaria la produzione di estratti autentici delle scritture contabili, né la notifica dell'atto di insinuazione.

Inoltre, il giudice riteneva che la verifica del credito non titolato si fosse svolta col tacito assenso dei debitori, che, pur presenti all'udienza ex art. 569 c.p.c., non avevano dedotto alcunché in merito alla pretesa dell'intervenuta.

La società cessionaria proponeva opposizione ex artt. 512 e 617 c.p.c., ribadendo che l'intervento era inammissibile, ma il Tribunale respingeva l'opposizione e condannava l'opponente alla rifusione delle spese di lite.

Avverso la sentenza la soccombente proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che l'intervento dovesse essere dichiarato inammissibile perché la banca intervenuta, non essendo munita di titolo esecutivo, avrebbe dovuto dare prova del proprio credito, allegando al ricorso l'estratto autentico notarile delle scritture contabili. A ciò aggiungeva che il Tribunale aveva errato nell'aver posto in capo alla ricorrente l'onere di contestazione del credito vantato dall'intervenuta, pur in mancanza della prova della sussistenza del detto credito, senza tener conto, tra l'altro, che alcune contestazioni inerenti al quantum erano state svolte.

La questione

Viene sottoposto alla Corte di cassazione il quesito circa l'ammissibilità dell'intervento del creditore sine titulo con diritto di prelazione, domandandosi, nel caso di specie, se la banca, pur non essendo munita di un titolo esecutivo, possa intervenire, senza la necessità di depositare l'estratto autentico notarile delle scritture contabili, quale creditore del terzo datore di ipoteca avente un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o se, invece, sia necessaria la dimostrazione dell'ammontare del credito.

Ancora, se la mancata contestazione del credito dell'intervenuto all'udienza ex art. 569 c.p.c. sia sufficiente per ritenerlo verificato oppure se sia necessaria la fissazione dell'apposita udienza e, in quest'ultimo caso, quali conseguenze discendano dal mancato svolgimento della stessa.

Le soluzioni giuridiche

La Terza sezione della Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso; infatti, ha ritenuto ammissibile l'intervento, dichiarando infondata la tesi della ricorrente, ma ha accolto le altre doglianze relative all'onere di contestazione posto ingiustamente in capo alla ricorrente ed alla mancata dimostrazione del credito da parte dell'intervenuta. Pertanto, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto l'opposizione distributiva promossa.

Osservazioni

Si osserva che con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che occorre tenere distinti due profili: il primo relativo ai requisiti formali per l'intervento sine titulo nel processo esecutivo ed il secondo attinente ai presupposti sostanziali per la partecipazione alla distribuzione del ricavato.

Come è noto, ai sensi dei primi tre commi dell'art. 499 c.p.c., il creditore privo di titolo esecutivo può legittimamente intervenire nell'esecuzione, ma ciò non vale di per sé a ritenere che lo stesso sia esonerato dall'onere di dare compiuta prova del proprio credito, qualora questo sia ritualmente contestato da un altro creditore concorrente o dallo stesso debitore, al quale il legislatore ha attribuito peculiari facoltà di disconoscimento.

Nel caso che ci occupa la Banca era intervenuta nel processo espropriativo senza essere munita di un titolo esecutivo, posto che il contratto di finanziamento in apertura di credito difetta dei requisiti ex art. 474, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. civ., 28 dicembre 2021, n. 41791), ma il suo intervento era da ritenersi ammissibile in quanto creditore avente «un diritto di prelazione risultante da pubblici registri».

Il deposito dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili, prescritto per i creditori non muniti di titolo ma titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c., non costituisce, infatti, un requisito indefettibile. Tuttavia, questo non significa affatto che il creditore intervenuto sine titulo sia esonerato dal dimostrare la sussistenza e l'entità del suo credito, che, in sede di distribuzione del ricavato, può essere contestato sia dall'esecutato che dai creditori concorrenti (cfr. Cass. civ., 9 aprile 2015, n. 7107).

La Corte sottolinea, altresì, che il credito dell'intervenuto è stato contestato proprio nella fase a ciò deputata, quella distributiva, nella quale sorge, per il creditore concorrente, l'interesse a contrastare i crediti degli altri soggetti ammessi al riparto.

Ciò premesso, la Cassazione osserva che il sub-procedimento di verifica dei crediti «costituisce un incombente necessario, un passaggio obbligato ed anzi indefettibile, per il soddisfacimento del creditore intervenuto senza titolo esecutivo, tanto nella forma più diretta dell'accesso immediato alla distribuzione del ricavato, quanto attraverso la mera prenotazione della distribuzione garantita dal meccanismo dell'accantonamento, tant'è che, qualora l'intervento sia successivo all'udienza deputata alla verifica dei crediti o all'udienza in cui questa deve essere fissata, precludendo, quindi, la possibilità di disconoscimento del credito non titolato, il creditore sine titulo deve ritenersi equiparato a quello disconosciuto» (cfr. Cass. civ., 19 gennaio 2016, n. 774).

Il sub-procedimento costituisce, dunque, requisito per l'accesso del creditore sfornito di titolo alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità ed alla celerità della ripartizione: va rilevato, infatti, che “gli effetti dell'eventuale accantonamento ex art. 510, comma 3, c.p.c., al quale ha diritto l'intervenuto sine titulo il cui credito sia stato disconosciuto nel sub-procedimento, a condizione che abbia tempestivamente avviato l'azione per ottenere il titolo esecutivo, incidono sulla durata del processo esecutivo (interesse pubblicistico di rango costituzionale), oltre che sulla soddisfazione dei creditori concorrenti, anch'essi legittimati (come il debitore esecutato) a dolersi della mancata effettuazione della prescritta udienza di verifica”.

A conferma di quanto asserito si ricorda, infatti, che l'instaurazione del procedimento di verifica dei crediti non avviene su impulso di parte, ma spetta, invece, al giudice ex officio, per cui non si può sostenere che la verifica del credito non titolato poteva considerarsi effettuata in ragione del silenzio dei debitori, presenti all'udienza ex art. 569 c.p.c., che non avevano contestato la pretesa del creditore intervenuto.

Se l'intervento del creditore non titolato viene comunque preso in considerazione in sede di distribuzione, il creditore concorrente può dolersi dell'irritualità di tale intervento o della sua collocazione nel riparto nella sede a ciò deputata che è quella della fase distributiva; del resto, solo al momento della distribuzione del ricavato può sorgere l'interesse del creditore a tale contestazione, poiché in precedenza non vi è un pregiudizio che gli possa concretamente derivare. Ciò in conformità al consolidato orientamento della stessa giurisprudenza di legittimità, a mente della quale «la contestazione della ritualità dell'intervento per credito carente di qualsiasi titolo e per mancanza anche dei presupposti surrogatori dell'art. 499 cod. proc. civ. integra invece - a meno che non sia insorta prima della distribuzione specifica controversia, la cui soluzione sia indispensabile per lo sviluppo o il prosieguo del processo - una controversia distributiva. Così, tale contestazione può essere proposta dal creditore titolato a seconda delle peculiarità del processo esecutivo cui afferisce, finché il giudice dell'esecuzione non abbia considerato, ai fini della distribuzione della somma ricavata, anche l'intervento non titolato od equiparato» (cfr. Cass. civ., 9 aprile 2015, n. 7107).

Insomma, ad avviso della Corte, il creditore che vanta diritti di prelazione risultanti da pubblici registri sul cespite pignorato può intervenire nel processo espropriativo e anche fruire del riconoscimento del proprio credito nel sub-procedimento ex art. 499 c.p.c. oppure ottenere, sussistendone i presupposti, l'accantonamento ex art. 510, comma 3, c.p.c. Sarebbe contraddittorio, infatti, ammettere l'intervento sine titulo nell'esecuzione contro il datore d'ipoteca e, poi, non attribuire a quell'intervento alcuno dei potenziali effetti vantaggiosi previsti per il creditore interveniente, il quale, opinando diversamente, sarebbe sempre costretto a procurarsi un titolo esecutivo contro il debitore principale estraneo al processo per accedere al riparto.

Da tale premessa discende che il creditore non titolato, intervenuto contro il terzo datore di ipoteca, non può essere equiparato al creditore disconosciuto o intervenuto tardivamente, per cui deve escludersi che per partecipare alla distribuzione del ricavato o conseguire l'accantonamento, egli debba munirsi necessariamente di un titolo esecutivo contro il debitore principale.

Qualora l'udienza di verifica dei crediti non venga ex officio fissata dal giudice dell'esecuzione, è onere del creditore che dispiega l'intervento avanzare tempestivamente la predetta istanza, affinché l'udienza si possa svolgere durante la fase liquidativa del processo esecutivo, considerato che la verifica dei crediti è funzionale alla regolarità ed alla celerità della ripartizione.

Ne consegue che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né l'istanza di fissazione dell'udienza per la verifica, né quella volta ad una rimessione in termini del creditore rimasto inerte.

Riassumendo, dunque, se l'intervento del creditore sine titulo munito di diritto di prelazione risultante dai pubblici registri è ammissibile, in quanto rientrante nelle categorie ammesse dalla legge, anche se l'intervento è avvenuto in virtù di una garanzia prestata a favore di un soggetto estraneo al processo esecutivo, è del pari indiscutibile che il creditore privo del titolo esecutivo deve partecipare al procedimento di verifica del credito vantato assieme all'esecutato ed al debitore principale. Tuttavia, se l'udienza non viene fissata dal giudice ed i creditori interessati non ne fanno tempestivamente istanza, una volta iniziata la fase distributiva la verifica non sarà più consentita.

Qualora, erroneamente, il g.e. abbia comunque considerato l'intervento non titolato, il creditore concorrente che voglia dolersi dell'irritualità del predetto intervento potrà farlo ex art. 512 c.p.c. con una opposizione in sede di distribuzione.

Con tale condivisibile soluzione, la Cassazione aggiunge un ulteriore tassello alla lacunosa disciplina normativa in tema di intervento del creditore sine titulo (peraltro nella particolare fattispecie dell'espropriazione contro il datore di ipoteca), cogliendo l'occasione per sottolineare la differenza tra i requisiti richiesti per poter spiegare intervento e quelli necessari, invece, per poter partecipare alla distribuzione del ricavato, sottolineando l'indispensabilità dell'udienza di verifica del credito vantato dal creditore non titolato anche nella particolare ipotesi di espropriazione contro il terzo datore di ipoteca.

Riferimenti
  • Lai, L'intervento del creditore non titolato nell'espropriazione singolare, Roma, 2014.
  • Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2019, 1724 ss.
  • Storto, Sul problema dell'intervento dei creditori nell'espropriazione contro il terzo proprietario, in Riv. esec. forz., 2002,22 ss.
  • Ziino, Esecuzione forzata e intervento dei creditori,Palermo, 2004.
  • Ziino, Sub artt. 499-500, in La riforma del processo civile, a cura di Cipriani-Monteleone, Padova, 2007, 148 ss.

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